158 specie di rane di vetro e 95 specie di squali e pesci chitarra ricevono una nuova protezione, mentre il commercio internazionale di parti di ippopotamo per scopi commerciali continuerà.

Humane Society International


Glass frog
GCF Collection/Alamy

PANAMA—Si è conclusa la XIX riunione della Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione, nota come CITES. Nelle ultime due settimane a Panama, i delegati dei 184 Paesi membri hanno esaminato 42 proposte, alcune finalizzate ad aumentare, altre, purtroppo, a diminuire la protezione di 356 specie di animali selvatici.

In particolare, a seguito delle decisioni assunte durante la XIX riunione, 345 specie animali selvatiche godranno di una nuova o maggiore protezione dal commercio internazionale: squali, pesci chitarra, razze, rane di vetro, lucertole, tartarughe e uccelli sono tra gli ordini e le specie di animali che hanno tratto beneficio da quanto concordato durante l’incontro. Le Parti hanno anche deciso di ridurre di 610 il numero di trofei di caccia di leopardo e di pelli per uso personale che possono essere esportati da alcuni paesi africani. Nello specifico, su richiesta di Kenya, Malawi ed Etiopia, la quota annuale di esportazione di leopardi dell’Etiopia è stata ridotta da 500 a 20 e il Kenya e il Malawi sono stati completamente rimossi dalle assegnazioni di quote di esportazione di questi felini. Fortunatamente, inoltre, le nazioni partecipanti hanno rifiutato di adottare alcune pericolose proposte che avrebbero, di fatto, aperto il commercio internazionale di corni di rinoceronte bianco meridionale e di avorio di elefante africano.

Una delle più grandi delusioni è stata, invece, l’incapacità delle Parti di aumentare la protezione degli ippopotami, con l’obiettivo ultimo di porre fine al commercio internazionale legale di loro parti, innanzitutto i denti d’avorio, a fini commerciali. L’Unione Europea, che ha espresso i suoi 27 voti contrari a questa proposta, ha dunque ignorato le richieste di aiuto da parte delle nazioni nei cui territori ricadono gli habitat dell’ippopotamo, lasciando aperta questa strada, attivamente utilizzata dai trafficanti di animali selvatici.

“95 specie di squali e pesci chitarra hanno ricevuto una nuova protezione nell’Appendice II della CITES”, ha dichiarato Rebecca Regnery, Senior director of wildlife di Humane Society International (HSI). “Queste specie sono minacciate dalla pesca non sostenibile e non regolamentata, che alimenta il commercio internazionale della loro carne e delle loro pinne e che ha determinato un forte declino della popolazione. Con l’inserimento nell’Appendice II, le Parti della CITES possono autorizzare il commercio solo se lo stesso non risulta dannoso per la sopravvivenza della specie in natura, dando a queste specie la tutela di cui hanno bisogno per riprendersi dal sovrasfruttamento”.

“Le rane di vetro hanno ricevuto una nuova protezione nell’Appendice II della CITES”, ha invece dichiarato Grettel Delgadillo, Vicedirettrice di HSI/America Latina. “Le rane di vetro riceveranno, finalmente, la protezione di cui hanno bisogno, a fronte dell’orribile, crescente e spesso illegale commercio internazionale di animali domestici. Era fondamentale che tutte le 158 specie di rane di vetro fossero incluse nell’Appendice II, poiché è difficile distinguere le differenti specie di rane di vetro in commercio. L’inserimento nell’Appendice II consentirà a queste rane, molto ricercate e minacciate, di trovarsi finalmente al riparo dal commercio internazionale di animali selvatici”.

“Su richiesta di Kenya, Malawi ed Etiopia, le parti hanno concordato di ridurre significativamente, ovvero di 610 leopardi all’anno, le quote di questi Paesi per le esportazioni di trofei di caccia di leopardo e di loro pelli per uso personale, eliminando del tutto le quote di Kenya e Malawi”, ha commentato Sarah Veatch, Director of wildlife policy di HSI. “Questo è importante perché le popolazioni di leopardi sono diminuite del 30% nelle ultime tre generazioni nell’Africa sub-sahariana – contrariamente a quanto riportato dalle stime eccessive di molti Paesi che praticano la caccia – e mancano dati adeguati a comprendere realmente la portata della situazione di conservazione del leopardo. Quote eccessive di caccia al trofeo, basate su interessi venatori stranieri – e non su dati scientifici – rappresentano una pericolosa pressione sui leopardi, i quali sono anche minacciati dalla perdita di habitat e da altri fattori. Anche se plaudiamo al passo compiuto questa settimana dalla CITES per proteggere questi animali iconici, le Parti hanno ancora molto lavoro da fare per azzerare le quote di esportazione del leopardo per tutti i Paesi, unico modo per proteggere davvero questa bellissima specie dalla scomparsa”.

“Siamo molto delusi dal fatto che le Parti non abbiano adottato una proposta per fermare il tragico e legale commercio internazionale di avorio e di altre parti di ippopotamo per scopi commerciali”, ha affermato Sophie Nazeri, wildlife program coordinator di HSI. “L’ippopotamo comune è minacciato dal bracconaggio per i suoi denti d’avorio, i quali vengono spesso riciclati nel commercio legale di avorio di ippopotamo. Purtroppo, le Parti e, in particolare, l’Unione Europea, hanno ignorato le richieste di aiuto degli Stati di habitat dell’ippopotamo e hanno lasciato aperta questa pericolosa e crudele strada utilizzata dai trafficanti di animali selvatici. Humane Society International continuerà a lottare per la protezione di questa incredibile specie”.

I membri della CITES hanno aumentato o fornito nuova protezione a:

  • 95 specie di squali, tra le quali 54 specie di squali requiem, lo squalo martello tiburo e tre altre specie di squali martello, nonché 37 specie di pesci chitarra, commercializzati a livello internazionale per le loro pinne e la loro carne;
  • Sette specie di razze d’acqua dolce e l’Hypancistrus zebra, commercializzati a livello internazionale per i pesci d’acquario;
  • 160 specie di anfibi, tra le quali 158 specie di rane di vetro, l’Agalychnis lemur e il Laotriton laoensis, commercializzati a livello internazionale come animali domestici esotici;
  • 52 specie di tartarughe, tra cui la tartaruga matamata dell’Amazzonia (Chelus fimbriata), la tartaruga matamata dell’Orinoco (Chelus orinocensis), la testuggine alligatore, la testuggine azzannatrice, cinque specie di tartarughe geografiche a testa larga, la tartaruga rugosa rosso-coronata, la tartaruga scatola indocinese, nove specie di tartarughe dell’ordine dei Rinoclemmidini, le tartarughe della specie Claudius angustatus, 19 specie di tartarughe del fango (appartenenti al genere Kinosternon), la  la grande tartaruga di fango dell’America centrale (Staurotypus triporcatus), le tartarughe della specie Staurotypus salvinii, altre sei specie della famiglia Kinosternidae, tre specie di tartarughe dal guscio molle e la tartaruga dal guscio molle di Leith, commercializzate a livello internazionale come animali domestici esotici, per la loro carne e per altre parti del corpo destinate al consumo umano;
  • Due specie di uccelli, lo shama groppabianca (Copsychus malabaricus) e il bulbul testapaglia (Pycnonotus zeylanicus), commercializzati a livello internazionale per il commercio di uccelli canori;
  • Tre specie di oloturie, comunemente detti cetrioli di mare, commercializzati a livello internazionale per il consumo umano;
  • 25 specie di lucertole, tra cui il drago d’acqua cinese, il Cyrtodactylus jeyporensis, il geco dall’elmetto, 21 specie di lucertole cornute e lo scinco dalla lingua blu (Tiliqua adelaidensis), commercializzate a livello internazionale come animali domestici esotici.

Foto e video (creare account per il download):

FINE

Contatto:

Consegnate al Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica più di 4.000 cartoline firmate dalla popolazione italiana contro la caccia al trofeo

Humane Society International


Vincenzo Petitta, HSI/Europe

ROMA—Humane Society International/Europe ha consegnato più di 4.000 cartoline firmate da cittadini e cittadine italiani/e al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, che esortano il Ministro Gilberto Pichetto Fratin a vietare l’importazione, esportazione e ri-esportazione, verso e dall’Italia, dei trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie protette a livello internazionale. L’organizzazione per la protezione degli animali aveva lanciato nelle scorse settimane un esplicito appello alla popolazione italiana, invitandole, tramite un’apposita piattaforma, a firmare una cartolina indirizzata al Ministro Pichetto Fratin per sostenere la campagna #NotInMyWorld, in un momento politicamente cruciale per la tutela degli animali, visto l’insediamento del nuovo governo. “È ora che dall’estero si mandino cartoline, non trofei di caccia!”, questo lo slogan che accompagna la consegna delle cartoline.

La caccia al trofeo mette a rischio la conservazione di moltissime specie animali, uccise per divertimento, nonostante la loro protezione sia regolamentata dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES) a causa del calo demografico. Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato legalmente 437 trofei di caccia provenienti da specie di mammiferi protette a livello internazionale – come ippopotami, elefanti e leoni – nonostante l’86% degli Italiani si opponga a tale pratica.

La consegna delle cartoline a Roma rappresenta la più recente attività della campagna #NotInMyWorld, lanciata a settembre 2021 da HSI/Europe per sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere i governi nazionali dell’Unione Europa ad agire contro la caccia al trofeo. La campagna chiede infatti all’UE e a tutti gli Stati Membri di introdurre un divieto di importazione di trofei di caccia ottenuti da animali elencati dalla CITES.

In Italia, la campagna ha già fatto diversi, importanti progressi, tra i quali spiccano la petizione lanciata da HSI/Europe, che ha finora raccolto più di 43.000 firme in Italia, nonché la presentazione della prima proposta di legge sull’argomento. Questa proposta di legge presentata durante la scorsa legislatura e recentemente riproposta in Parlamento, è stata elaborata per rispondere alle criticità legate al coinvolgimento dell’Italia nella caccia al trofeo, sollevate dal rapporto pubblicato nel 2021 da HSI/Europe. Il rapporto evidenzia altresì il ruolo prominente in questa pratica dell’Unione Europea, che risulta il secondo importatore mondiale di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti, compresi quelli di specie minacciate e in via di estinzione.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, ha dichiarato: “Chiediamo al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin di fare la propria parte per porre fine a questa attività crudele, dannosa e neo-coloniale, implementando in Italia un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione di trofei di caccia provenienti da specie protette. Un primo, cruciale passo per fermare il coinvolgimento dell’Italia in questa macabra pratica. In attesa che il Parlamento possa discutere e approvare la proposta di legge, già presentata nella precedente e nell’attuale legislatura, riteniamo che sia giunto il momento che il Governo italiano prenda le distanze dall’uccisione di animali a rischio e in via di estinzione, come stanno già facendo altri paesi europei e come ha recentemente chiesto anche il Parlamento Europeo. Europei e italiani si recano regolarmente all’estero per uccidere specie protette e portarne a casa parti del corpo come “souvenir” da esporre come suppellettili, tavolini, tappeti o decorazioni d’interni. È ora che dall’estero si mandino cartoline, non trofei di caccia!”

Foto della consegna delle cartoline sono disponibili al seguente link (creare account per il download)

INVITO STAMPA

Il 22 novembre p.v. alle ore 18:00 HSI/Europe e Rivista Africa – testata autorevole sulle tematiche riguardanti il continente africano – ospiteranno l’evento online “Safari – Animali nel mirino”. Metteremo a confronto punti di vista opposti sulla caccia al trofeo e ascolteremo le ragioni e le testimonianze di chi si batte ogni giorno per salvaguardare gli animali e la biodiversità dell’Africa (e non solo). Parleremo degli sforzi per la conservazione della fauna selvatica, della caccia al trofeo tra miti e realtà, delle minacce alle specie protette, del delicato equilibrio tra esseri umani e il resto del mondo animale. Programma e link per effettuare l’iscrizione gratuita.

FINE

Contatto:

Il video diffuso dalla coalizione End the Cage Age per chiedere al nuovo Governo italiano di sostenere il divieto di allevamento in gabbia, già annunciato dalla Commissione UE e richiesto da cittadini e cittadine dell’Unione europea

Humane Society International


Essere Animali

ROMA—Una nuova indagine, realizzata dal team investigativo di Essere Animali e diffusa dalla coalizione italiana End the Cage Age, documenta le condizioni di due allevamenti di quaglie situati in Lombardia e Veneto, le regioni italiane con il maggior numero di allevamenti di questa specie, fornendo un quadro molto preoccupante. Pur essendo poco conosciuto, l’allevamento di quaglie per la produzione di uova e carne coinvolge in Italia un numero di animali tutt’altro che irrisorio. Secondo la Banca Dati Nazionale del Ministero della Salute, nel 2021, nel nostro Paese, sono state macellate oltre 8,5 milioni di quaglie. 

Dalle immagini raccolte emerge che gli animali sono allevati all’interno di capannoni, rinchiusi in gabbie spoglie e prive di qualunque arricchimento ambientale, delle dimensioni di circa 1 metro di lunghezza per 0,5 metri di larghezza, disposte in serie una a fianco all’altra e su più piani. All’interno di ciascuna gabbia sono ammassate circa 50 quaglie che, una volta raggiunta la maturità sessuale, risultano avere a disposizione ognuna una superficie di soli 100 cmq, ovvero uno spazio di 10 cm x 10 cm. In tali condizioni, gli animali non possono in alcun modo muoversi liberamente e soddisfare le proprie esigenze comportamentali come correre, volare, esplorare e razzolare. Inoltre, densità elevate impediscono agli animali più deboli di trovare riparo da animali più aggressivi, provocando un aumento degli episodi di aggressività, la cui causa è da ricercare anche nella totale assenza di arricchimenti ambientali, come ad esempio un substrato dove razzolare e becchettare o in cui fare i bagni di sabbia. Le quaglie manifestano il loro disagio beccandosi o strappandosi a vicenda le penne. 

Le immagini dell’investigazione mostrano un elevato numero di quaglie prive di parte del piumaggio e alcuni animali agonizzanti o morti all’interno delle gabbie. Inoltre, ogni volta che sono spaventate, ad esempio all’entrata del personale in allevamento, le quaglie tentano di fuggire e istintivamente spiccano il volo, colpendo con la testa il piano superiore delle gabbie, la cui altezza è di soli 20 cm, e rischiando di ferirsi gravemente. Un’ulteriore problematica è causata dalla pavimentazione in rete metallica delle gabbie, che può causare agli animali malformazioni e ferite alle zampe, aumentando così il rischio di infezioni e malattie, ma anche essere una trappola mortale per i pulcini, che possono rimanere incastrati con le zampe nelle maglie della rete. 

“Non si tratta di piccole aziende familiari, gli allevamenti di quaglie sono sistemi intensivi dove gli animali vengono rinchiusi in condizioni drammatiche. È vergognoso che nel nostro Paese e in Europa simili metodi di allevamento siano ancora consentiti”, commenta la coalizione.

Attualmente non esiste una legislazione specie-specifica che tuteli le quaglie allevate per la produzione di uova o carne nell’Unione europea. Le quaglie allevate per la produzione di uova trascorrono tutti gli 8 mesi della loro in vita in gabbia, mentre quelle allevate per la carne sono macellate a 5-6 settimane di vita. Lo stress e la frustrazione che derivano da queste condizioni di stabulazione, oltre a provocare sofferenza agli animali, indeboliscono il loro sistema immunitario e aumentano la possibilità che contraggano malattie, la cui trasmissione è facilitata dall’estrema vicinanza tra individui. Le conseguenze non riguardano solo il benessere degli animali, poiché il frequente utilizzo di antibiotici somministrati negli allevamenti intensivi aumenta il rischio che patogeni, pericolosi anche per la salute umana, sviluppino resistenze ad antibiotici normalmente utilizzati in medicina umana. 

Lo scorso 30 giugno 2021, la Commissione europea si è impegnata a vietare definitivamente l’uso delle gabbie negli allevamenti entro il 2027. Entro il 2023 verrà presentata una proposta legislativa per avviare la transizione e la graduale dismissione. Un risultato straordinario ottenuto grazie ai 1,4 milioni di persone che hanno firmato l’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) End the Cage Age, la prima riguardante le condizioni degli animali negli allevamenti intensivi a raggiungere questo obiettivo. 

“Nell’Unione europea, milioni di animali allevati a scopo alimentare sono ancora rinchiusi in gabbia. È giunto il momento di vietare questo crudele metodo di allevamento. Il ruolo dell’Italia e del nuovo Governo italiano può essere fondamentale in questo importante passo di civiltà. Chiediamo a Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura e a Orazio Schillaci, Ministro della Salute di prendere una posizione netta contro l’utilizzo delle gabbie, sostenendo l’impegno preso dalla Commissione europea e le richieste dei cittadini, promuovendo anche a livello nazionale l’adozione di una normativa che ne vieti l’utilizzo”, conclude la coalizione.

Materiale: 

  • Video dell’investigazione negli allevamenti italiani di quaglie; 
  • Fotografie dell’investigazione, liberamente utilizzabili con il credit: End the Cage Age / Essere Animali. 

FINE

Note alla stampa: 

L’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age” è stata lanciata nel 2018 per chiedere la fine dell’uso di ogni tipo di gabbia per allevare animali a scopo alimentare, sostenuta da oltre 170 associazioni in 28 paesi: la più grande coalizione europea di ONG mai riunitasi. L’Iniziativa si è conclusa come da normativa europea un anno dopo, con il risultato eccezionale di 1,4 milioni di firme certificate. 

In Italia la campagna è sostenuta da 22 organizzazioni: Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, HSI/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus. 

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885 

Ripresentata la proposta di legge ispirata dalla campagna di Humane Society International/Europe per vietare l’importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie protette

Humane Society International


HSI

ROMA—Il tema della caccia al trofeo è tornato sull’agenda politica italiana con la nuova presentazione, da parte dell’On. Michela Vittoria Brambilla (Gruppo Misto), della proposta di legge volta a introdurre un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione, da e per l’Italia, dei trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie protette, ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES). Una proposta di legge dallo stesso tenore era già stata presentata nel 2021 da alcuni deputati del Movimento 5 Stelle con il supporto di Humane Society International/Europe che sta attualmente portando avanti una campagna a livello europeo sul tema. L’iniziativa dell’On. Brambilla, la prima a raccogliere il testimone in questa lotta, ha rimesso all’ordine del giorno, già nei primissimi giorni di questa nuova legislatura, un tema spesso ignorato dalla politica. Quest’iniziativa segue i segnali postivi che arrivano da Bruxelles, dove, recentemente, il Parlamento europeo  ha approvato una risoluzione che chiede di vietare in tutta l’UE l’importazione di trofei di caccia di specie protette dalla CITES.

L’On. Brambilla, che è stata Presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali durante la XVIII legislatura ed è tuttora Presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente (LEIDAA), ha presentato la proposta di legge durante la prima seduta parlamentare, il 13 ottobre 2022. Il testo proposto prevede la pena, in caso di violazione del divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie CITES, dell’arresto fino a tre anni e dell’ammenda fino a €200.000 e €300.000 in casi di recidiva, nonché della confisca dei trofei di caccia che, sentita la Commissione CITES, saranno distrutti o utilizzati a fini didattici.

Secondi i dati CITES, nel quinquennio dal 2014 al 2020, l’Unione europea, secondo importatore mondiale di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti, ha importato più di 20.000 trofei di caccia di animali appartenenti a 79 specie protette a livello internazionale, di cui 427 in Italia, inclusi ippopotami, elefanti, leoni, leopardi orsi polari e persino un rinoceronte nero (in pericolo critico di estinzione).

L’On. Michela Vittoria Brambilla, presidente di LEIDAA ha dichiarato: “Dal 14 al 25 novembre, a Panama, 184 Paesi membri della CITES esamineranno 52 proposte per aumentare o diminuire le misure di protezione di 600 specie di animali e piante selvatiche. È essenziale che l’Italia faccia la sua parte, in questa sede. Ma il nostro Paese può fare da sé molte cose per elevare il livello di protezione delle specie minacciate, ad esempio vietare l’importazione, l’esportazione e la ri-esportazione di trofei di caccia da animali come tigri, rinoceronti, ippopotami, pratica invisa all’opinione pubblica italiana e non così marginale come si potrebbe credere a prima vista, non solo per i numeri che sono significativi in un contesto di quasi-estinzione delle popolazioni animali più a rischio, ma per la natura stessa della caccia al trofeo, che sacrifica un patrimonio inestimabile al divertimento e all’esibizionismo dei cacciatori. Perciò mi auguro di raccogliere ampio consenso in Parlamento con la proposta di legge che ho depositato in questo inizio di legislatura e che porterò avanti con la massima convinzione”.

In Italia, l’importazione dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie protette perché minacciate di estinzione è tuttora legale, e questa proposta di legge volta a fermarla incontra il pieno favore della popolazione italiana. Infatti, recenti sondaggi dimostrano che l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici e il 74% è a favore di un divieto di importazione di trofei di caccia nel nostro Paese. Inoltre, la petizione #NotInMyWorld lanciata da HSI/Europe in Italia ha già raccolto più di 42.000 firme ed è dello scorso settembre la notizia che HIT Show, la più grande fiera venatoria italiana che ospitava anche operatori specializzati in caccia al trofeo, sia stata dismessa dal gruppo fieristico vicentino che la organizzava, per incompatibilità con la propria mission e con i valori ambientali.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, ha dichiarato: “È del tutto incomprensibile e irresponsabile che il nostro Paese non abbia ancora preso le distanze da questa pratica coloniale, crudele e deleteria per il futuro di moltissime specie. Per la natura competitiva che caratterizza la caccia al trofeo, gli animali presi di mira sono quelli che presentano le caratteristiche fisiche tipiche – criniera folta, zanne lunghe, corna sviluppate – di individui adulti, in piena età riproduttiva e che spesso ricoprono le funzioni di guida e protezione, quindi particolarmente importanti per la sopravvivenza e l’integrità genetica di quella specie. Un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia di specie protette in più Stati Membri dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare l’uccisione di questi animali. È giunto il momento per il Governo italiano di agire con responsabilità, come stanno già facendo altri paesi europei e come ha chiesto il Parlamento Europeo. Ringraziamo l’Onorevole Brambilla per il suo impegno politico verso questa causa.”

FINE

Contatto:

Nel Programma di lavoro presentato ieri la Commissione ha anticipato la revisione delle norme sul benessere animale al terzo trimestre del 2023, citando la campagna End The Cage Age

Humane Society International / Europa


HSI

BRUXELLES—La Coalizione italiana End the Cage Age accoglie con favore la decisione della Commissione Europea di anticipare la revisione delle norme europee per il benessere animale dal quarto al terzo trimestre del 2023, così come emerge dal programma di lavoro adottato il 18 ottobre. Un’anticipazione non irrilevante considerando che nel 2024 si terranno le prossime elezioni europee e i tempi sono quindi serrati.

“È un’ottima notizia: nonostante le pressioni delle lobby, la Commissione Europea sta dando seguito, anche in tempi più rapidi del previsto, alla propria promessa di proporre una legge contro l’uso delle gabbie negli allevamenti europei entro il 2023. L’iter legislativo europeo può richiedere diversi anni. Con le elezioni del Parlamento Europeo e le nomine dei nuovi Commissari dietro l’angolo, nel 2024, il tempo per mantenere la promessa e mettere fine all’era delle gabbie non è molto. Il fatto che la Commissione europea stia dando priorità a questo dossier prima del previsto è di ottimo auspicio” – commenta la Coalizione italiana End the Cage Age, composta da 22 organizzazioni tra cui Humane Society International/Europe.

Nel suo programma di lavoro, inoltre, la Commissione cita esplicitamente la campagna End the Cage Age, sostenuta da 1,4 milioni di cittadini europei, iniziata da Compassion in World Farming e sostenuta da oltre 170 associazioni europee di cui 22 italiane.

Oltre a porre fine all’uso delle gabbie negli allevamenti, si prevede che – tra i vari punti – la Commissione riveda le norme esistenti per proteggere pesci e pulcini maschi da metodi di macellazione crudeli e che rafforzi le norme di protezione di tutte le specie allevate e per il trasporto di animali vivi.

Una volta presentata, la proposta legislativa della Commissione dovrà essere approvata dal Consiglio dell’Unione Europea, formato dagli Stati Membri, e dal Parlamento Europeo.  L’attenzione della Coalizione ora è quindi rivolta all’Italia, che con il prossimo Governo ha un’occasione unica per fare la propria parte per milioni di animali ancora confinati in gabbia nel nostro Paese.

“È fondamentale che l’Italia sia fra i Paesi in seno al Consiglio della UE che sosterranno senza indugio gli sforzi della Commissione. Ci aspettiamo che il nuovo Governo dia pieno appoggio a questa iniziativa di civiltà, chiesta a gran voce da decine di migliaia di italiani per mettere fine una volta per tutte alle sofferenze di oltre 300 milioni di animali in Europa, di cui più di 40 milioni solo in Italia, ogni anno” – conclude la Coalizione.

FINE

Nota alla stampa:

L’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age” è stata lanciata nel 2018 per chiedere la fine dell’uso di ogni tipo di gabbia per allevare animali a scopo alimentare, sostenuta da oltre 170 associazioni in 28 paesi: la più grande coalizione europea di ONG mai riunitasi. L’Iniziativa si è conclusa come da normativa europea un anno dopo, con il risultato eccezionale di 1.4 milioni di firme certificate.

La coalizione italiana End The Cage Age è costituita da 22 organizzazioni: Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI-Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Humane Society International/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus.

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

 

La Conferenza Stato-Regioni si è espressa sullo schema di Decreto interministeriale su indennizzi e cessione degli animali, le organizzazioni animaliste non sono d’accordo

Humane Society International


Mink on a fur farm
HSI

ROMA—Mercoledì 12 ottobre, la Conferenza Stato-Regioni è stata convocata per esprimere il proprio Parere allo schema di Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, di concerto con i Ministri della Salute e della Transizione Ecologica recante “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo a favore dei titolari degli allevamenti di visoni, volpi, cani procione, cincillà e di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia, nonché la disciplina delle cessioni e della detenzione dei suddetti animali”, e che il Ministro Stefano Patuanelli ha emanato con oltre sei mesi di ritardo. Le organizzazioni per la protezione degli animali Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAV e LEIDAA chiedono ai Ministri competenti di non prenderla in considerazione, convinte che le proposte ivi contenute siano dannose per gli animali ancora detenuti negli allevamenti chiusi.

Nel Parere rilasciato, le Regioni di fatto ritardano la possibilità di accasamento dei visoni proponendo di rimandare ad ulteriore Decreto interministeriale la regolamentazione della sterilizzazione obbligatoria dei visoni rimasti negli allevamenti e dei requisiti strutturali e gestionali che le strutture dovranno garantire per essere ritenute idonee all’accoglimento degli animali.

“Ci appelliamo ai Ministri uscenti ma ancora direttamente competenti sino a formazione del nuovo Governo, Stefano Patuanelli, Roberto Speranza e Roberto Cingolani, affinché non diano seguito al Parere emesso dalla Conferenza Stato-Regioni ma prendano i giusti provvedimenti per dare seguito a quanto stabilito dalla Legge di Bilancio che ha vietato l’allevamento di animali per la produzione di pellicce e ha previsto l’eventuale cessione degli oltre 5.000 visoni, attualmente intrappolati in una sorta di limbo senza fine” – affermano Essere Animali, HSI/Europe, LAV e LEIDAA.

Come osservano in una nota le associazioni, la proposta di modifica allo schema di Decreto incrementa anche del 30% le varie voci di indennizzo previste per gli allevatori e sostituisce i “verbali ispettivi dell’Autorità veterinaria” finalizzati a documentare l’effettiva numerosità di visoni presenti nei singoli allevamenti, con una non ben identificata “altra documentazione ufficiale”.

Risulta inoltre problematica la previsione che “qualora si ravvisasse da parte dell’autorità competente un rischio di compromissione delle condizioni di benessere” nel periodo che intercorre tra la data di vigenza del Decreto che stanzia gli indennizzi e l’effettivo trasferimento dei visoni, “potrà essere consentita la soppressione degli animali”. Tale previsione è innanzitutto palesemente insensata poiché le gabbie degli allevatori, in cui attualmente si trovano i visoni, sono le stesse che sino allo scorso anno erano considerate idonee per stabulare gli animali per la produzione di pellicce. Inoltre, le associazioni ritengono che la previsione di abbattimento sia in violazione del Codice penale, art.544-bis, per cui “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

HSI esorta le Parti ad aumentare la protezione per ippopotami, rane di vetro, squali, leopardi, elefanti africani e rinoceronti bianchi

Humane Society International


Hippopotamus with Cattle Egret on back, in reeds at edge of River Nile at Murchison Falls National Park, Uganda

WASHINGTON—La XIX riunione della Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), si riunirà dal 14 al 25 novembre a Panama, dove i delegati dei 184 Paesi membri esamineranno 52 proposte per aumentare o diminuire le misure di protezione di 600 specie di animali e piante selvatiche. Tra le questioni principali sul tavolo, vi sono proposte di maggiore tutela per ippopotami, elefanti, rane di vetro e squali e la modifica delle quote annuali di esportazione dei trofei di caccia di leopardo.

Esperti di Humane Society International (HSI) parteciperanno all’incontro per fare pressione sui Paesi membri, affinché sostengano le proposte che potrebbero contribuire a garantire che le specie non siano ulteriormente spinte verso l’estinzione dallo sfruttamento e dal commercio internazionale di loro parti del corpo e prodotti da esse derivanti. La delegazione HSI sarà disponibile per commenti durante i lavori.

Di seguito un elenco delle specie sulle quali vi sarà un maggiore focus durante la riunione, così come altre proposte che verranno discusse:

Ippopotami: Dieci nazioni africane propongono di includere l’ippopotamo nell’Appendice I della CITES, vietando di fatto il commercio internazionale di parti e prodotti derivanti da questa specie. Gli ippopotami sono minacciati dalla perdita e dalla frammentazione del loro habitat, dai bracconieri interessati alla loro carne, pelle e all’avorio e dai cacciatori di trofei. Si prevede che gli attuali livelli di sfruttamento legale e illegale porteranno a un declino della popolazione selvatica, indicando la necessità di adottare un livello di protezione più elevato per questa specie. All’inizio di quest’anno, HSI ha pubblicato un’indagine sotto copertura sulla vendita di parti di ippopotamo negli Stati Uniti.

Adam Peyman, Director of wildlife programs di HSI, ha dichiarato: “Gli ippopotami sono considerati una specie iconica dell’Africa, eppure l’entità del commercio internazionale delle loro parti del corpo e dei prodotti che ne derivano, come zanne, denti, pelli, teschi e trofei, è sconvolgente. Esortiamo le Parti della CITES ad adottare questa proposta per garantire la fine di questo commercio. La vendita di parti di animali, insieme ad altre minacce che gravano sugli ippopotami, li sta spingendo sull’orlo dell’estinzione”.

Rane di vetro: Quattordici nazioni dell’America centrale e meridionale propongono di includere la famiglia delle rane di vetro nell’Appendice II della CITES. Dodici membri di questa famiglia sono altamente minacciati, ma è quasi impossibile distinguerli da altre specie che risultano meno minacciate, sottolineando la necessità di adottare maggiore protezione per tutte le specie di rane di vetro. L’inserimento nell’Appendice II della Convenzione fornirebbe un monitoraggio cruciale e metterebbe in atto misure per garantire che il commercio sia legale.

Grettel Delgadillo, Vicedirettrice di HSI America Latina, ha dichiarato: “Le rane di vetro, con la loro pelle traslucida, sono una famiglia di specie sorprendente. Purtroppo, è proprio questa che interessa i commercianti senza scrupoli che contrabbandano rane vive dall’America centrale e meridionale per venderle come animali domestici. È fondamentale che le Parti della CITES adottino questa proposta per arginare il commercio illegale di questi animali rari e mettere in atto un monitoraggio seriod el commercio legale, per prevenire il traffico di animali esotici, venduti come domestici”

Squali: Ci sono tre proposte per inserire nell’Appendice II diverse famiglie di squali e specie simili. Le proposte riguardano l’inserimento nell’Appendice II di squali appartenenti alla famiglia dei Carcarinidi, squali martello e pesci chitarra (imparentati con gli squali). Tutte queste specie hanno un basso tasso riproduttivo e diverse specie di ciascuno di questi gruppi sono altamente minacciate. Le pinne sono i principali prodotti che vengono commerciati a seguito della pesca di tali specie. Poiché le pinne di queste specie sono praticamente indistinguibili da quelle di altre, è necessario che tutte vengano inserite nell’Appendice II, in modo che il loro commercio a livello internazionale possa essere monitorato e legale.

Rebecca Regnery, Senior director of wildlife di HSI, ha dichiarato: “Le popolazioni di diverse specie di squali e pesci chitarra hanno registrato un declino del 70-90%. È inconcepibile che il commercio di pinne di queste specie minacciate non venga monitorato per garantirne la legalità, soprattutto perché ogni anno vengono uccisi circa 100 milioni di squali per le loro pinne. Esortiamo le Parti della CITES ad adottare le proposte di inserire gli squali appartenenti alla famiglia dei Carcarinidi, i pesci martello e i pesci chitarra nell’Appendice II prima che sia troppo tardi”.

Quote di trofei di caccia di leopardo: Sebbene il leopardo sia minacciato di estinzione e la caccia al trofeo sia una delle principali minacce alla sua sopravvivenza, le Parti della CITES hanno stabilito quote di esportazione per 12 paesi, che consentono l’esportazione annuale di un massimo di 2.648 trofei o pelli di leopardo. Queste quote controverse non sono basate su dati scientifici.  Due paesi, il Kenya e il Malawi, chiedono l’eliminazione delle loro quote, mentre l’Etiopia chiede che la sua quota annuale venga ridotta da 500 a 20 leopardi. Tuttavia, questo lascia nel mirino i leopardi dei restanti nove paesi, tra cui Tanzania e Zimbabwe che hanno una quota oltraggiosa di 500 leopardi per nazione.

Proposte per i rinoceronti bianchi meridionali e gli elefanti africani: HSI esorta i Paesi membri a opporsi a una pericolosa proposta che ridurrebbe la protezione CITES per i rinoceronti bianchi meridionali in Namibia, gravemente minacciati dai bracconieri interessati al loro corno. Se adottata, la proposta allenterebbe il controllo sul commercio internazionale dei trofei di caccia di questa specie. Inoltre, HSI sostiene una proposta per aumentare la protezione CITES degli elefanti africani in Botswana, Namibia, Zimbabwe e Sudafrica, che aumenterebbe la regolamentazione del commercio internazionale di trofei di caccia. Visti i gravi e permanenti impatti della caccia al trofeo sulla sopravvivenza delle specie, è imperativo che i Paesi membri limitino il commercio mondiale dei trofei di caccia delle specie elencate nella Convenzione.

Sarah Veatch, Director of wildlife policy di HSI, ha dichiarato: “La CITES è il meccanismo di controllo internazionale per il commercio tra i Paesi membri, dei trofei di caccia di leopardi, elefanti, rinoceronti, leoni e moltissimi altri animali. Trattandosi di trofei “ambiti”, è indispensabile che i membri adottino un approccio precauzionale. Le quote basate su dati obsoleti, inaffidabili o su metodi imprecisi sono inaccettabili e devono essere invalidate. Le Parti della CITES hanno l’opportunità di dare a queste specie le protezioni e la supervisione necessarie per evitarne lo sfruttamento; le invitiamo ad agire prima di raggiungere un punto di non ritorno”.

I membri della delegazione di Humane Society International alla CITES sono:

  • Jeff Flocken, Presidente HSI
  • Rebecca Regnery, HSI senior director wildlife, Stati Uniti.
  • Madison Miketa, HSI wildlife scientist, Stati Uniti.
  • Sarah Veatch, HSI director, wildlife policy, Stati Uniti.
  • Sophie Nazeri, HSI wildlife program coordinator Stati Uniti.
  • Grettel Delgadillo, Vicedirettrice HSI/America Latina, Costa Rica
  • Lawrence Chlebek, biologo marino, HSI Australia
  • Mai Nguyen, wildlife program manager, HSI in Vietnam

FINE

Contatto: Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia: emheinen.hsi@gmail.com

 

Il bilancio dell’iniziativa delle tredici associazioni per le elezioni

Humane Society International


HSI

Roma—I punti programmatici delle tredici organizzazioni promotrici del manifesto Anche gli Animali Votano, sottoscritti interamente da cinque forze politiche e ripresi in parte e per singoli obiettivi dagli altri partiti, saranno portati nel Parlamento, che si insedierà il prossimo 13 ottobre, da un gruppo di nove deputati e senatori che lo hanno sottoscritto personalmente (Bellucci – FdI, Bonelli – Verdi, Brambilla – Fi, Evi – Verdi, La Carra – PD, Rando – PD, Zan – PD, Zanella – Verdi, Zaratti – Verdi), al quale si aggiungeranno almeno altri otto parlamentari sensibili ai temi animalisti (Biancofiore – Noi Moderati, Costa – M5S, Dalla Chiesa – Fi, Di Lauro – M5S, Frassinetti – FdI, Maiorino – M5S, Rizzetto – FdI, Unterberger – Svp).

A loro vanno i complimenti e le speranze di Animal Equality Italia, Animalisti Italiani, Animal Law Italia, CiWF Italia, ENPA, Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAC, LAV, LEIDAA, LNDC Animal Protection, OIPA e Save the Dogs and Other Animals, con l’auspicio che si creino su ogni tema ampie maggioranze trasversali, come quelle che si registrano nel Paese fra i cittadini sulla tutela degli animali, a partire dai temi che hanno visto in campagna elettorale la convergenza degli impegni programmatici della maggior parte dei partiti: l’inasprimento e la maggiore efficacia delle sanzioni contro il maltrattamento e l’abbandono degli animali, la prevenzione del randagismo e il sostegno alle adozioni responsabili di cani e gatti, la riduzione dell’IVA su cibo e prestazioni veterinarie oggi soggetti a tassazione come beni di lusso, l’istituzione di un Garante nazionale dei diritti degli animali, la realizzazione di campagne di formazione e informazione sul rispetto degli animali e l’educazione ambientale. Le organizzazioni chiedono quindi che questi temi si concretizzino in nuove ed efficaci Leggi.

Sono invece fortemente preoccupate per gli animali selvatici, “stretti” nel programma di Governo del centrodestra fra “la necessità della salvaguardia della biodiversità anche attraverso l’istituzione di riserve naturali” e la promessa di “interventi di contrasto alla proliferazione della fauna” – tanto più perché in contrasto con il nuovo articolo 9 della Costituzione che ha inserito tra i principi fondamentali della Repubblica la tutela della biodiversità, dell’ambiente e degli animali – nonché per l’impegno di questi partiti a incentivare i sistemi intensivi d’allevamento degli animali.

Già nelle prossime settimane e mesi i nuovi Governo e Parlamento dovranno affrontare delle scadenze molto importanti in merito alla tutela degli animali e la salute pubblica, sulle quali le associazioni richiamano l’attenzione della politica. Dalla scadenza per l’emanazione del Decreto Legislativo attuativo del Ministero della Cultura per il superamento dell’uso degli animali in circhi e spettacoli viaggianti ai Decreti ministeriali attuativi sulla Legge per la tutela degli animali esotici, dal divieto di triturazione dei pulcini maschi negli allevamenti avicoli al sostegno in sede europea alla prossima proposta della Commissione di Bruxelles per l’eliminazione progressiva delle gabbie negli allevamenti zootecnici così come la sorte dei quasi 6.000 visoni riproduttori chiusi negli aboliti allevamenti per pellicce.

Le organizzazioni firmatarie dell’appello #AncheGliAnimaliVotano monitoreranno l’attività politica per rappresentare richieste legislative alle Istituzioni, verificare il rispetto degli impegni presi, contrastare eventuali minacce alla fauna selvatica e al benessere degli animali e continueranno con sempre più forza nelle attività che coinvolgono tutta la cittadinanza, per gli animali.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; +39 3714120885

 

Gli attivisti chiedono alla Romania di diventare il ventesimo Paese europeo a vietare questo business crudele

Humane Society International


HSI in Romania

BUCAREST, Romania—Dopo la diffusione di un’indagine sotto copertura di Humane Society International/Europe, che ha portato alla luce gravi problemi di benessere animale, la Romania potrebbe diventare il ventesimo Paese europeo a vietare l’allevamento di animali da pelliccia. Questa è la richiesta di HSI/Europe che ha consegnato un dossier con le evidenze emerse dall’indagine al Primo Ministro rumeno Nicolae Ciucă, con la richiesta formale al Governo di introdurre un divieto nazionale di allevamento di animali da pelliccia. Inoltre, in seguito ad un confronto con HSI/Europe, i deputati del Partito Nazionale Liberale hanno presentato in Parlamento una proposta di legge per vietare l’allevamento di visoni e cincillà.

Nella prima inchiesta mai realizzata sugli allevamenti di cincillà in Romania, le riprese effettuate da HSI/Europe rivelano che gli animali vivono confinati in piccole gabbie metalliche, ammucchiate una sull’altra in locali senza finestre, in condizioni di sporcizia, con cumuli di escrementi sul pavimento. I filmati mostrano cuccioli di cincillà che a fatica camminano sul filo metallico delle gabbie e scivolano attraverso le maglie, e cincillà adulti che masticano freneticamente le sbarre.

Nonostante siano animali sociali, i cincillà sono tenuti singolarmente (tranne per la gestazione) e hanno a disposizione solo una frazione dello spazio che occuperebbero in natura, potendo saltare fino a un metro di altezza e a due metri di lunghezza. All’investigatore di HSI/Europe è stato raccontato che le femmine sono sottoposte a cicli di gravidanza continui, che possono ricominciare anche solamente poche ore dopo il parto. Gli allevatori adoperano un sistema di accoppiamento poligamo del tutto innaturale e molto stressante, che consente allo stesso animale maschio di riprodursi con un massimo di dieci femmine, alle quali vengono applicati collari per evitare che scappino durante l’accoppiamento. In diversi filmati si vedono inoltre, cincillà tenuti a testa in giù per la coda, una pratica contraria ai pareri veterinari e legata al rischio di rottura della stessa.

L’indagine viene rilasciata in un momento in cui, in tutta Europa, migliaia di cittadini UE richiedono, mediante l’Iniziativa dei cittadini europei Fur Free Europe, un divieto di allevamento di animali da pelliccia e di commercializzazione dei prodotti di pellicceria in tutta l’UE. L’iniziativa deve contare con un milione di firme convalidate per ottenere una risposta formale dalla Commissione Europea.

Andreea Roseti, Direttrice per la Romania di HSI/Europe, ha dichiarato: “Questa indagine fornisce prove scioccanti delle privazioni che questi animali subiscono per l’industria della pelliccia. Una simile crudeltà getta vergogna sulla Romania e speriamo che la nostra indagine segni l’inizio della fine di questa industria. Sono certa che la maggior parte dei cittadini rumeni sarà inorridita nell’apprendere che, dietro porte chiuse, migliaia di teneri cincillà stanno soffrendo in silenzio per superflui e frivoli capi d’abbigliamento. L’allevamento di animali da pelliccia non ha futuro in una società moderna e compassionevole. Ecco perché 19 Paesi in Europa hanno vietato completamente questa pratica. Chiediamo al Primo Ministro rumeno Ciucă di imporre rapidamente un divieto totale di allevamento di animali da pelliccia di qualunque specie, per porre fine a questa atroce sofferenza. I migliori stilisti e produttori di tutto il mondo stanno eliminando le pellicce dalle loro collezioni e speriamo che l’industria della pellicceria venga presto relegata ai libri di storia. Questa è l’occasione per la Romania di essere dalla parte giusta della storia.”

In Romania, a differenza dell’allevamento di visoni, in cui gli animali sono alloggiati in file di gabbie in zone rurali, l’allevamento di cincillà avviene tipicamente in locali o addirittura seminterrati di edifici in aree anche residenziali. Le condizioni di privazione riscontrate da HSI/Europe non soddisfano le cinque libertà fondamentali del benessere animale e i requisiti della Direttiva 98/58/CE. L’indagine solleva anche interrogativi sui metodi utilizzati per uccidere gli animali. Alcuni allevatori hanno dichiarato all’investigatore di HSI di praticare su di loro la rottura del collo, una pratica che non rientra tra i metodi di uccisione autorizzati per i cincillà (Regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio). Un altro allevatore ha mostrato all’investigatore la sua camera a gas fatta in casa con una pentola a pressione, mentre un altro ha rivelato carcasse di cincillà conservate in un congelatore.

Il Professor Alastair MacMillan, consulente veterinario che ha visualizzato i filmati, ha dichiarato: “Gli allevamenti intensivi in cui questi cincillà sono costretti a vivere, ammassati uno sull’altro, non soddisfano quasi nessuna delle misure fondate sul principio riconosciuto internazionalmente delle Cinque Libertà del Benessere Animale. I cincillà sono animali naturalmente molto socievoli ma in questi allevamenti sono tenuti in gabbie individuali. Hanno un forte desiderio di correre, saltare, scavare, cercare cibo e fare i bagni di sabbia. Nelle loro minuscole gabbie, prive di arricchimento, non possono esprimere questi comportamenti naturali in misura significativa, provocando loro frustrazione e disagio psicologico. Dover poggiare su reti metalliche causa dolore e lesioni alle loro delicate zampe e rappresenta chiaramente una sfida fisica per i piccoli. La dislocazione cervicale, cioè la rottura del collo dell’animale, è un metodo assolutamente inadatto per uccidere i cincillà. Se questo metodo è quello di routine, come ammettono alcuni allevatori, rappresenta sicuramente per molti una fine orribile di una vita miserabile.”

L’analisi di HSI/Europe mostra che un divieto di allevamento di animali da pelliccia in Romania avrebbe un impatto economico minimo poiché l’industria è in notevole declino da tempo. Gli allevatori hanno dichiarato all’investigatore di HSI/Europe che i prezzi delle pelli sono scesi drasticamente da 40 euro a 25 euro l’una e che l’allevamento di cincillà non è economicamente sostenibile come unica occupazione. Un allevatore di cincillà ha affermato che in passato produceva 4.000 pelli all’anno, mentre ora sono circa 1.500. Nel 2013, la Romania ha prodotto 200.000 pelli di visone, 30.000 di cincillà e 2.000 di volpe, esportando prodotti di pellicceria per un valore di 1.585.098 euro. Nel 2021 il valore delle esportazioni è sceso a 762.359 euro e le statistiche più recenti mostrano che la produzione di pellicce si è dimezzata a 100.000 visoni e 15.000 cincillà. Le informazioni finanziarie visionate dall’investigatore mostrano che i due allevamenti di visoni rimasti in Romania hanno registrato profitti pari a zero ogni anno dal 2014 al 2021 e impiegano solo 46 persone.

Sebbene il mercato della pellicceria sia in declino, gli articoli in pelliccia di cincillà hanno ancora un prezzo elevato. Un cappotto foderato di pelliccia di cincillà di Yves Salomon viene venduto da Harrods, nel Regno Unito, a 12.600 sterline. Il sito spagnolo di articoli per la casa Dentro Home, invece, vende una coperta di cincillà a 124.950 euro. La pelliccia di cincillà è utilizzata anche da Fendi e Loro Piana.

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di HSI/Europe afferma: “Secondo i dati commerciali più recenti, tra il 2020 e il 2021 l’Italia ha importato dalla Romania pellicce grezze, conciate e articoli di abbigliamento e accessori di pellicceria per un valore combinato di oltre 1.200.000 euro. Finché l’Italia continuerà a importare pellicce da paesi come la Romania, continueremo a essere complici della sofferenza di questi animali. L’investigazione di HSI/Europe e questi dati sottolineano non solo la necessità per la Romania di vietare gli allevamenti di animali da pelliccia, ma anche per l’intera Unione Europea di fare un passo avanti imponendo un divieto di commercio e importazione di prodotti di pellicceria.”

Alcuni dati:

  • Ogni anno nel mondo più di 100 milioni di animali vengono uccisi per la loro pelliccia, ovvero tre animali uccisi ogni secondo per la loro pelliccia.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è stato vietato in 19 Paesi europei, tra cui Malta, l’Irlanda, l’Estonia, la Francia, l’Italia e più recentemente la Lettonia. Discussioni politiche su un possibile divieto sono in corso anche in Lituania, Spagna e Polonia. Altri due Paesi (Svizzera e Germania) hanno implementato norme così severe da impedire di fatto l’allevamento di animali da pelliccia, mentre altri tre Paesi (Danimarca, Svezia e Ungheria) hanno imposto misure che hanno posto fine all’allevamento di alcune specie.
  • Dall’aprile 2020 sono stati documentati focolai di Covid-19 in oltre 480 allevamenti di visoni da pelliccia in 12 paesi in Europa e Nord America. Le pellicce hanno anche un prezzo elevato per l’ambiente tra le emissioni di CO2 prodotte dagli allevamenti, il deflusso del letame nei laghi e nei fiumi e l’uso di sostanze chimiche tossiche e cancerogene, come il cromo e la formaldeide, per conciare e conservare le pelli.
  • Un numero crescente di stilisti e retailer stanno eliminando le pellicce dalle loro collezioni e dagli scaffali. Solo negli ultimi anni, Canada Goose, Oscar de la Renta, Valentino, Gucci, Burberry, Versace, Chanel, Prada e altri marchi di alto profilo hanno messo in atto politiche fur-free.

Foto e video dell’investigazione (creare account per il download). Le riprese si sono svolte tra aprile e ottobre 2021 in quattro allevamenti di cincillà in Transilvania e nelle regioni circostanti a nord e a sud.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

HSI/Europe accoglie con favore la decisione di Italian Exhibition Group SpA di non riproporre HIT Show per la sua incompatibilità con i valori ambientali

Humane Society International


Trophy hunting “Not In My World” action in Rome, Italy, on October 20th, 2021.

VICENZA, Italia—Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe commenta come segue l’annuncio di IEG Italian Exhibition Group SpA di dismettere HIT Show, la fiera della caccia:

“Accolgo con favore la decisione di IEG Italian Exhibition Group SpA di non riproporre più HIT Show, la fiera della caccia più grande d’Italia con 40.000 visitatori e centinaia di espositori internazionali ogni anno. Secondo le ricerche di Humane Society International/Europe, tra questi anche numerosi operatori specializzati – i cosiddetti “outfitters” – in viaggi di caccia al trofeo di specie protette. Nella nota, la società che gestisce la fiera di Vicenza, ha sottolineato l’incompatibilità di questa manifestazione con i valori ambientali e con la propria mission. Un sentimento condiviso anche dall’opinione pubblica italiana, anche per quanto riguarda la questione della caccia al trofeo. Infatti, secondo un sondaggio di HSI/Europe, l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici.

I cacciatori di trofei dell’UE uccidono per divertimento molte migliaia di animali selvatici in tutto il mondo, comprese le specie in via di estinzione o minacciate, e l’Italia è una destinazione importante per i trofei. Oltre alla crudeltà e alla perdita di animali che potrebbero contribuire ad un pool genetico diversificato, mentre il mondo sta affrontando una crisi della biodiversità, è irresponsabile consentire alle élite ricche di sparare alle specie in pericolo per puro piacere e di promuovere questa pratica come attività ludica. Le fiere di caccia sono un’importante vetrina per gli outfitters che offrono su macabri listini la possibilità di cacciare per diverse migliaia di euro leoni, elefanti, ippopotami e moltissime altre specie. La dismissione di HIT Show è un forte colpo all’industria e un chiaro segnale.

Impallinare, imbalsamare, imballare, farsi consegnare ed esporre a casa gli animali uccisi e le loro parti del corpo, è ciò che motiva questi cacciatori. Un divieto d’importazione dei trofei in più paesi dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare l’uccisione di questi animali. Già dalla scorsa legislatura, la campagna #NotInMyWorld di HSI/Europe chiede all’Italia di introdurre un divieto di importazione, esportazione e riesportazione dei trofei di caccia ottenuti da specie protette a livello internazionale. Con la presentazione di una proposta di legge in merito avevamo compiuto il primo passo. Confido che il prossimo Governo vorrà lavorare per raggiungere finalmente questo obbiettivo assieme a noi e agli italiani.”

Alcuni dati:

  • Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato 437 trofei di caccia provenienti da specie protette a livello internazionale come ippopotami, elefanti, leoni, leopardi, ghepardi, orsi bruni e orsi polari.
  • In particolare, l’Italia è stata uno dei cinque paesi ad aver importato almeno 1 trofeo di rinoceronte nero in pericolo critico di estinzione.
  • Secondo un sondaggio commissionato da HSI/Europe a Savanta ComRes, l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici; l’88% concorda sul fatto che agli italiani non debba essere consentito importare trofei di caccia da altri paesi; il 74% è favorevole a un divieto totale di esportazione e importazione di trofei di animali morti da e per l’Italia.
  • La petizione lanciata da HSI/Europe in Italia ha già raccolto oltre 45.000 firme

FINE

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