Humane Society International/Europe accoglie con favore le interrogazioni parlamentari a seguito della risoluzione del Parlamento Europeo che sollecita il divieto di importazione in tutta l'UE di trofei di caccia di specie regolamentate dalla CITES

Humane Society International


I sostenitori di HSI-Italia in piazza per dire basta alle importazioni di trofei di caccia

ROMA—In occasione del World Wildlife Day, l’Intergruppo Parlamentare per i Diritti degli Animali, ha presentato due interrogazioni parlamentari gemelle (una alla Camera dei Deputati e l’altra al Senato della Repubblica) rivolte al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica in merito alla necessità di introdurre un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione, da e per l’Italia, dei trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie protette, ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES).

Humane Society International/Europe (HSI/Europe) accoglie favorevolmente l’iniziativa sostenuta da numerosi onorevoli, senatori e senatrici, appartenenti a buona parte dell’arco parlamentare e attende una sollecita risposta dal Ministero, che dichiari se intende seguire le sollecitazioni del Parlamento europeo e l’esempio di altri paesi europei e vietare l’importazione di questi trofei di caccia che minacciano la sopravvivenza di molte specie in pericolo.

Infatti, a ottobre 2022, tramite una propria risoluzione, il Parlamento Europea ha esortato la Commissione e gli Stati Membri ad “adottare misure efficaci immediate nel quadro degli impegni delineati nella strategia dell’UE sulla biodiversità al fine di vietare l’importazione di trofei di caccia derivati da specie elencate nella CITES”. Tra il 2014 e il 2020, come riportato dai dati pubblicamente consultabili nel database CITES, i cacciatori di trofei hanno importato legalmente in Italia ben 437 trofei di caccia provenienti da specie di mammiferi protette a livello internazionale – come ippopotami, rinoceronti, elefanti, leoni, leopardi, orsi polari e moltissimi altri. Un simile divieto incontrerebbe il favore del 74% della popolazione italiana, come rivelano i risultati del sondaggio commissionato da HSI/Europe.

HSI/Europe, ha lanciato nel 2020 la campagna #NotInMyWorld, per fermare il coinvolgimento dell’Italia nella caccia al trofeo e ha già collaborato alla presentazione di una proposta di legge nel 2021 e una nel 2022, nonché di due emendamenti alla legge di bilancio a dicembre 2021 e 2022, nessuno dei quali, purtroppo, tradottosi in norme cogenti, sono entrati in vigore. Tali proposte non solo prevedevano un simile divieto per tutte le specie protette ai sensi della CITES, ma anche specifiche pene per la violazione e la confisca dei trofei, nonché lo stanziamento di fondi per la formazione delle Forze di Polizia, finalizzata al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di dette specie. Inoltre, a novembre 2022, l’organizzazione internazionale per la protezione degli animali, aveva rivolto un appello diretto al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, senza però ricevere riscontro.

L’Onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell’ambiente, dichiara: “Diversamente da quanto si potrebbe credere a prima vista, l’importazione, l’esportazione e la riesportazione di trofei di caccia da animali come tigri, rinoceronti, ippopotami, non è una pratica così marginale nel nostro Paese. Si tratta di numeri significativi in un contesto di quasi-estinzione delle popolazioni animali più minacciate, a maggior ragione se si considera che un patrimonio inestimabile potrebbe scomparire per futili motivi come il divertimento e l’esibizionismo dei cacciatori. Perciò chiedo che il governo intervenga con iniziative legislative e con il massimo impegno nelle sedi internazionali competenti per mettere fine a questa pratica anacronistica, peraltro invisa alla maggioranza della popolazione italiana”.

La Senatrice Dolores Bevilacqua del Movimento 5 Stelle afferma: “Con le nostre interrogazioni chiediamo con forza al Ministro di porre un freno a questa pratica crudele e neocoloniale, ascoltando la voce dei cittadini che si oppongono all’uccisione di animali con il solo scopo di «abbellire» il proprio salotto. Si tratta, per di più, di specie protette da norme internazionali e nazionali. Per limitare questa barbara e insensata pratica al Ministro basta solo indicare ai propri uffici di non rilasciare più licenze di importazioni. Ci auguriamo che lo faccia al più presto”.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI, dichiara: “È giunto il momento per il Governo italiano di agire con responsabilità, come ha chiesto il Parlamento Europeo. Sulla scia di Paesi Bassi, Francia e Belgio, da ultimo, nell’aprile 2022, anche il Ministero dell’Ambiente tedesco ha annunciato l’intenzione di restringere l’importazione di trofei di caccia, seguito dal Ministero dell’Agricoltura del medesimo paese che solo qualche settimana fa si è espresso pubblicamente contro la caccia al trofeo. Anche altri Stati Membri stanno attivamente valutando proposte per limitare o vietare l’importazione di trofei di caccia ed è ora che l’Italia si unisca a loro. Accogliamo pertanto con favore le interrogazioni parlamentari presentate alla Camera e al Senato e ci auguriamo che riceveranno pronta e adeguata risposta dal Ministro Fratin per contrastare efficacemente l’uccisione insensato di animali protetti”.

Cronologia dell’attività politica:

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Contatti:

Humane Society International


Homeless Animal Protection Society

ROMA—Humane Society International (HSI) ha inviato una squadra di soccorso in Turchia per aiutare migliaia di cani, gatti e altri animali colpiti dal devastante terremoto di magnitudo 7,8.

Da ieri e per le prossime settimane, l’Unità di soccorso animali di HSI, che viene mobilitata in caso di catastrofi, è in Turchia per assistere i gruppi locali nelle operazioni di primo soccorso degli animali feriti, nell’allestimento di ospedali veterinari da campo come, per esempio, ad Antakya, per ampliare la capacità di intervento nell’area e per distribuire cibo, acqua e forniture veterinarie di prima necessità. La squadra è composta da personale formato proveniente da Europa, Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Colombia e India.

HSI ha inoltre fornito fondi emergenziali al gruppo di soccorso locale Yuk Hayvanlarani Koruma Ve Kurtama Dernegi (Working Animals Rescue Foundation), consentendogli di inviare veterinari e veicoli d’intervento per portare forniture veterinarie e soccorso agli animali e alle persone che ne hanno più bisogno.

L’intervento di HSI viene guidato da Kelly Donithan, Direttrice dell’Unità di emergenza di HSI ed esperta soccorritrice, già attiva per portare aiuto agli animali colpiti dai passati disastri in Australia e Africa, a Beirut e nei Paesi vicini all’Ucraina. Nei giorni scorsi, Donithan è stata in costante contatto con i gruppi locali che stimano che centinaia di animali abbiano probabilmente perso la vita, in aggiunta alle decine di migliaia di persone tragicamente uccise dal terremoto. Migliaia di cani e gatti, equini e animali da allevamento hanno attualmente disperato bisogno di aiuto.

Donithan afferma: “Il terremoto ha portato devastazione e la tragica perdita di vite umane e animali. La squadra di emergenza di Humane Society International sta accorrendo per aiutare i gruppi locali. Alcuni animali vengono ancora estratti vivi dalle macerie, ma non sappiamo per quanto tempo ancora potranno reggere quelli invece sepolti. Inoltre, migliaia di cani e gatti salvati hanno urgente bisogno di cure veterinarie per far fronte a ferite, shock, disidratazione e malnutrizione. Diversi rifugi per animali nella zona colpita sono stati distrutti e HSI aiuterà anche a trasferire in sicurezza i loro animali, oltre a distribuire cibo, acqua e forniture veterinarie vitali laddove sono più necessarie. È straziante vedere persone e animali che subiscono l’impatto fisico e psicologico di un disastro di questa portata e noi vogliamo aiutare in ogni modo possibile”.

HSI interviene in caso di disastri in tutto il mondo per assistere gli animali e le comunità in difficoltà. In passato è intervenuta per fornire cure d’emergenza agli animali colpiti da eruzioni vulcaniche in Guatemala, terremoti mortali in Nepal, Ecuador e Messico, uragani, inondazioni improvvise e cicloni in India, Haiti e Mozambico, incendi boschivi in Australia e Cile, oltre ad aver aiutato i rifugiati e i loro animali domestici in fuga dalla guerra in Ucraina.

È possibile donare al fondo per le emergenze di HSI per permetterci di fornire aiuti vitali e finanziare gli interventi delle nostre squadre in situazioni emergenziali come questa:

Foto e video (creare account per il download)

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Contatto:

Le aste per la caccia al trofeo e altri prodotti porteranno una cifra stimata in 6 milioni di dollari per finanziare il continuo massacro di specie

Humane Society International


HSUS

ROMA—La prossima settimana, a Nashville, nel Tennessee, migliaia di cacciatori si riuniranno alla conferenza annuale del Safari Club International (SCI), con oltre 850 espositori provenienti da più di 30 Paesi. Il SCI è una delle più grandi associazioni venatorie del mondo, con rappresentanza lobbistica in oltre 100 Paesi. Più della metà di questi espositori saranno guide e organizzatori di viaggi di caccia al trofeo in danno ad alcune delle specie più minacciate al mondo, come elefanti e leoni, le cui popolazioni sono in declino globale. Durante l’evento, che si svolgerà dal 22 al 25 febbraio, saranno vendute e pubblicizzate anche battute di caccia ad altri animali statunitensi e autoctoni di altre regioni, tra cui leopardi, orsi polari, rinoceronti, ippopotami, lupi e orsi grizzly. Tra gli espositori anche coloro che venderanno gioielli, ninnoli e decorazioni realizzati con parti di questi e altri animali.

Quest’anno si stima che le aste porteranno al SCI quasi 6.000.000 di dollari per finanziare le proprie attività di lobby, che mirano alla riduzione delle protezioni attualmente previste dalla legge statunitense sulle specie minacciate di estinzione e alla promozione della caccia ai trofei.

Kitty Block, Presidente e amministratrice delegata di Humane Society of the United States, ha dichiarato: “Mentre la stragrande maggioranza degli americani disdegna la caccia ai trofei, il Safari Club International continua a raccogliere fondi sulla pelle di maestosi animali in tutto il mondo. Sia che si metta all’asta un viaggio di caccia da 100.000 dollari per uccidere orsi grizzly, alci e altre specie amate in Alaska, o da 143.000 dollari per cacciare leoni e leopardi in Zambia, il SCI trasforma animali selvatici minacciati, come elefanti e rinoceronti, in macabri oggetti che non valgono nulla di più di un trofeo da appendere alla parete. Sparare agli animali non solo causa loro immense sofferenze, ma distrugge le loro famiglie. Nashville dovrebbe rifiutare questa disgustosa glorificazione di una pratica che uccide e distrugge per puro divertimento”.

Humane Society of the United States e Humane Society International hanno analizzato tutti gli oggetti all’asta della prossima convention del 2023, che comprenderà oggettistica di vario tipo e battute di caccia al trofeo. L’analisi ha rilevato che:

  • Verranno messi all’asta circa 350 viaggi di caccia al trofeo per l’uccisione di 870 mammiferi negli Stati Uniti e all’estero, per un valore di circa 6 milioni di dollari.
  • Tra gli animali presi di mira ci sono elefanti, leoni, rinoceronti, leopardi, orsi polari, ippopotami, lupi, orsi grizzly, giraffe e linci.
  • Il valore di queste battute varia da 2.500 dollari per una caccia al cinghiale in California a 143.000 dollari per una caccia di 21 giorni a leoni, leopardi e altri animali selvatici in Zambia.
  • Altre battute internazionali includono una caccia grossa di 5 giorni in Nuova Zelanda del valore di 120.000 dollari, una caccia al rinoceronte bianco di 7 giorni in Sudafrica del valore di 100.000 dollari e una caccia al leopardo, al bufalo africano e ad altri ungolati selvatici di 14 giorni in Tanzania del valore di 85.000 dollari.
  • Tra le offerte c’è anche una caccia all’orso bruno e nero in Alaska di 10 giorni in compagnia del governatore dell’Alaska Mike Dunleavy, per un valore di 29.500 dollari.
  • Tra le principali destinazioni di caccia figurano Sudafrica, Canada, Spagna, Argentina e Nuova Zelanda.
  • Tra gli altri oggetti messi all’asta vi sono: un cappello di castoro tempestato di rubini del valore di 5.000 dollari; una coperta di volpe blu del valore di 30.000 dollari; una pelliccia di volpe argentata a figura intera del valore di 18.000 dollari; un giubbotto di visone del valore di 10.000 dollari; un cappotto di baby alpaca del valore di 2.100 dollari; una borsa in “autentica zebra delle pianure” del valore di quasi 800 dollari; un coltello con manico in osso di giraffa del valore di 2.400 dollari; e oltre 50 pacchetti di armi del valore di oltre 425.000 dollari.

Jeffrey Flocken, Presidente di Humane Society International, ha dichiarato: “È inconcepibile che le vite di questi animali da tutto il mondo, vengano vendute e messe all’asta a ricchi cacciatori d’élite. Il fatto che molte delle specie prese di mira dai cacciatori di trofei potrebbero scomparire nel corso della nostra vita è sconfortante. In poche parole, gli animali e il mondo naturale meritano di meglio.”

La convention annuale è una delle principali fonti di finanziamento del SCI per le sue estese attività di lobby, volte a estendere la stagione venatoria, eliminare le protezioni statali e federali statunitensi, fondamentali per la tutela della fauna selvatica in pericolo di estinzione, e a rendere più facile per i cacciatori importare trofei di caccia. In qualità di maggiore importatore mondiale di trofei di caccia di mammiferi regolamentati dalla CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione), gli Stati Uniti hanno importato oltre 72.600 trofei di caccia tra il 2014 e il 2018, di cui oltre 10.000 ottenuti da specie elencate come minacciate o in pericolo di estinzione dall’Endangered Species Act statunitense. Inoltre, l’anno scorso, il SCI avrebbe speso oltre 1.000.000 di sterline per fare pressione sul Regno Unito, contro una proposta di legge che avrebbe vietato l’importazione di trofei di caccia di specie regolamentate come leoni, leopardi, elefanti e lupi.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, afferma: “Convention di questo tipo sono spettacoli vergognosi di disprezzo della fauna selvatica e della biodiversità globale. Oltre gli Stati Uniti, solo qualche settimana fa a Dortmund si è tenuta “Jagd&Hund”, la più grande fiera venatoria d’Europa, con oltre 80 espositori di caccia al trofeo. È ora che su eventi come questi cali il sipario, come ha fatto IEG – Italian Exhibition Group Spa della Fiera di Vicenza, con la dismissione dell’HIT Show, la più grande fiera di caccia italiana. Anche a livello politico la direzione da prendere è chiara: vietare le importazioni, esportazioni e riesportazioni dei trofei di caccia ottenuti da specie protette a livello internazionale, come già fatto in paesi come i Paesi Bassi e la Francia e come ha esortato a fare il Parlamento Europeo in una mozione a ottobre 2022.”

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Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia: emheinen@hsi.org
  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

“La cittadinanza può contribuire a denunciare e arginare, nell’ottica di una totale eradicazione, il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani.”

Humane Society International


Jay Kim

ROMA—È stata pubblicata oggi da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS, promotrici del progetto IO NON COMBATTO, una guida al cittadino per riconoscere i segnali e denunciare la presenza di combattimenti tra cani. Tramite questo progetto, le due organizzazioni promotrici si stanno impegnando per contribuire a fornire gli strumenti necessari al contrasto del fenomeno dei combattimenti tra cani alle Forze di Polizia e a figure professionali chiave, quali medici veterinari ed educatori cinofili, nonché per educare la popolazione a riconoscerlo e adeguatamente denunciarlo: proprio alle cittadine e ai cittadini è rivolta la guida. 

Federica Faiella, Vicepresidente della Fondazione CAVE CANEM e Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe spiegano: “La cittadinanza può contribuire a denunciare e arginare, nell’ottica di una totale eradicazione, il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani. Per farlo, è però necessario che acquisisca conoscenza dei segnali che ne indicano la presenza e delle corrette modalità di acquisizione delle fonti probatorie, agendo sempre nel pieno rispetto delle modalità e dei ruoli stabiliti dalle norme vigenti, senza pensare di sostituirsi alla Polizia Giudiziaria e agli organi inquirenti, ma cercando di fornire loro tutti gli strumenti per un intervento efficiente ed efficace. Per questo motivo abbiamo voluto mettere a disposizione questa guida, gratuitamente scaricabile dal sito www.iononcombatto.it.”

I lettori avranno la possibilità, prima di tutto, di documentarsi sui combattimenti fra animali quale fenomeno sommerso, di portata nazionale e internazionale che coinvolge diverse specie animali, tra cui i cani, collegato a criminalità organizzata, traffico internazionale di stupefacenti e di armi, comprese quelle da fuoco, pedo-pornografia e scommesse illegali attorno alle quali ruotano cospicue somme di denaro. In Italia è un reato punito dall’art. 544-quinquies del Codice penale. 

La guida vuole anche fornire precise indicazioni sulle attività legate ai combattimenti tra animali, causa di gravi danni fisici e psicologici ai cani addestrati per combattere. A subire immense crudeltà sono anche i cosiddetti “sparring partners”, ovvero altri cani usati per l’addestramento brutale dei combattenti, nonché le fattrici, obbligate a riprodursi per portare avanti le linee genetiche “vincenti”. 

Una sezione è dedicata alle attrezzature, agli strumenti e agli altri segni che possono indicare la presenza in un determinato luogo di combattimenti tra cani o attività propedeutiche agli stessi quali l’allenamento e l’allevamento. Nella guida HSI/Europe e Fondazione CAVE CANEM segnalano ad esempio: 

  • La detenzione a catena; 
  • La presenza di cicatrici;
  • Vitamine, medicinali e farmaci veterinari; 
  • Tapis roulant, “spingpoles”, “jenny mills” o “cat mills”; 
  • Bastoni “apribocca”; 
  • Gabbie di contenimento per l’accoppiamento. 

“I combattimenti tra cani sono una pratica criminosa e sanguinaria, ancora diffusa in Italia, nonostante sia illegale da molti anni e fortemente contestata dall’opinione pubblica. Prima di sporgere una denuncia, può essere utile avere maggiore chiarezza sulle tipologie e razze di cani più frequentemente utilizzate, sui diversi ruoli che i cani ricoprono e quali sono gli oggetti o le situazioni che possono indicare la presenza di combattimenti o altre attività ad essi collegate. Invitiamo chiunque sia testimone di attività criminose in danno agli animali di non rendersi complice, di non guardare dall’altra parte, ma di denunciare!” – concludono Federica Faiella e Martina Pluda.

FINE 

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885 

In vendita viaggi di caccia alla fauna selvatica da oltre 80 espositori presenti alla Jagd&Hund

Humane Society International


Fiera di caccia Jagd & Hund Dortmund Germania Gennaio 2020. HSI.

ROMA—È iniziata ieri e continuerà fino al 29 gennaio, a Dortmund, in Germania, la più grande fiera di caccia d’Europa. Oltre 80 gli espositori nazionali e internazionali provenienti da Canada, Argentina, Namibia, Sudafrica, Germania, Spagna, Polonia e altri paesi, che partecipano alla fiera Jagd&Hund 2023, offrendo viaggi internazionali di caccia al trofeo, con un costo che varia dalle poche centinaia alle decine di migliaia di euro. L’obbiettivo è quello di uccidere elefanti, grandi felini, rinoceronti, orsi polari e numerose altre specie. In una lettera congiunta con 30 organizzazioni, Humane Society International/Europe ha chiesto al sindaco di Dortmund Thomas Westphal e al Consiglio comunale della città di fermare la vendita di viaggi di caccia al trofeo nella Westfalenhallen, sede della fiera.

Da anni Humane Society International lancia l’allarme sull’impatto che le fiere che promuovono viaggi di cacce al trofeo, come la Jagd&Hund, hanno sulla vendita di prodotti della fauna selvatica, sul benessere degli animali e sulla biodiversità.  Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato legalmente 437 trofei di caccia provenienti da specie di mammiferi protette a livello internazionale – come ippopotami, elefanti, leoni, leopardi orsi polari e persino un rinoceronte nero (in pericolo critico di estinzione). Molti di questi animali sono stati uccisi durante viaggi venduti proprio in fiere di caccia come la Jagd&Hund. È ora che l’industria e i decisori politici, a partire dai consigli comunali per arrivare fino ai governi nazionali e le istituzioni internazionali, mettano fine al loro sostegno alla caccia al trofeo.

Sylvie Kremerskothen Gleason, direttrice per la Germania di HSI/Europe, afferma: “Non è accettabile che nel 2023 sia ancora legale vendere, in una fiera in Germania, viaggi per sparare a specie protette per gioco e divertimento. Da anni sollecitiamo le autorità competenti della città di Dortmund a non permettere simili manifestazioni, ma queste tacciono e, così facendo, sostengono questa macabra industria che aggiunge un ulteriore pericolo alla sopravvivenza di specie che sono già sotto enorme pressione. È ora che prendano posizione contro la caccia al trofeo di specie in pericolo”.

La Dott.ssa Jane Goodall, fondatrice del Jane Goodall Institute e ambasciatrice di pace delle Nazioni Unite, lancia un appello ai responsabili: “Il fatto che la caccia al trofeo di specie rare e in via di estinzione sia ancora legale è assolutamente scioccante! Per favore, fermate la vendita di viaggi organizzati per la caccia al trofeo alla fiera Jagd&Hund a Dortmund. Sostenete così la protezione degli animali e delle specie!”.

Anche il Wildlife Animal Protection Forum South Africa – una coalizione di organizzazioni non governative del Sudafrica, il cui territorio ospita numerosi degli habitat delle specie più cacciate – si è espresso contro la fiera della caccia e ha scritto una lettera aperta al sindaco di Dortmund. La lettera è stata firmata da oltre 90 organizzazioni, soprattutto sudafricane, tra cui membri del Forum e della Rete Pro Elephant, ed è stata appoggiata da ambientalisti di fama mondiale, veterinari della fauna selvatica, personalità internazionali, politici e avvocati ambientalisti.

La caccia al trofeo è un passatempo crudele per élite ricche, con conseguenze fatali per gli animali e impatti biologici ed ecologici dannosi di vasta portata. Eppure, ogni anno in Africa la caccia grossa uccide più di 120.000 animali. L’UE è il secondo importatore di trofei di caccia di specie protette a livello internazionale, dopo gli Stati Uniti. HSI/Europe è particolarmente preoccupata per la promozione, da parte dell’industria della caccia al trofeo, di metodi di uccisione crudeli pubblicizzati alla fiera Jagd&Hund e ha già individuato numerose offerte di viaggio che vi sono vendute che prevedono metodi di caccia vietati in Germania per la loro natura disumana, come la caccia con l’arco. Sembra, inoltre, che molti venditori stiano già violando le norme espositive della fiera, che stabiliscono chiaramente che la commercializzazione di viaggi con lo scopo di uccidere animali allevati e quelli tenuti in aree recintate, la cosiddetta “caccia in scatola” (o “canned hunting”).

La caccia al trofeo mina gli sforzi internazionali per proteggere le specie in pericolo, alimenta la domanda globale di parti e prodotti di animali e svela l’ipocrisia della presunta etica della caccia sportiva, pubblicizzata come “uso sostenibile”, come evidenziato in una lettera inviata al governo tedesco da un gruppo del Comitato etico dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), che chiede di porre fine alle importazioni tedesche di trofei di caccia di specie regolamentate. Nella campagna elettorale del 2020, il sindaco Westphal aveva promesso, in caso di assunzione dell’incarico, di istituire una commissione etica per esaminare in modo obiettivo la questione della caccia al trofeo e la relativa commercializzazione in fiera. A oggi, questa commissione etica non è stata nominata.

Nonostante la forte opposizione da parte dell’opinione pubblica tedesca, il Governo e i centri fieristici di Dortmund hanno continuato a facilitare il massacro di migliaia di animali, permettendo che queste fiere continuassero anno dopo anno. I sondaggi d’opinione mostrano che la stragrande maggioranza dei cittadini dell’UE (oltre l’80%) si oppone alla caccia al trofeo e vuole porre fine alle importazioni di trofei. In Sudafrica, una delle destinazioni più popolari per i turisti venatori, il 68% degli intervistati si è detto contrario alla caccia al trofeo.

Molti governi e leader del settore turistico stanno già agendo per porre fine al loro coinvolgimento nell’industria della caccia al trofeo. Alcuni dei maggiori fornitori di viaggi al mondo, tra cui Booking.com, TripAdvisor ed Expedia Group, hanno invitato il Governo sudafricano a porre fine alla caccia al trofeo e a concentrarsi su un futuro rispettoso della fauna selvatica. Oltre 170 associazioni da tutto il mondo chiedono la fine della caccia al trofeo e il Parlamento Europeo si è recentemente espresso a favore di un divieto di importazione dei trofei di caccia in tutta l’UE. Paesi Bassi, Finlandia e Francia vietano già l’importazione di trofei di caccia di alcune specie. Anche Regno Unito, Belgio, Italia, Spagna e Polonia ne stanno discutendo. Inoltre, all’inizio dell’anno la Germania si è ritirata dal Consiglio Internazionale della Caccia (CIC). Gli organizzatori della fiera Jagd&Hund dovrebbero prendere nota del fatto che in Italia, IEG Italian Exhibition Group SpA ha recentemente cancellato la più grande fiera della caccia del Paese, sottolineando il conflitto con i valori ecologici dell’azienda.

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Contatto:

Deluse Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM, promotrici del progetto IO NON COMBATTO: “È una questione di legalità che necessita di fondi e di un intervento legislativo decisivo, non può essere demandata esclusivamente alla società civile”

Humane Society International


Rescued from dogfighting in Italy
Chiara Muzzini/Fondazione Cave Canem.

ROMA—È stato pubblicato ieri l’elenco di emendamenti approvati dalla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, al disegno di Legge di Bilancio 2023. Tra questi non risulta purtroppo presente l’emendamento 114.03 che avrebbe introdotto “Disposizioni in materia di spese di custodia di animali impiegati nei combattimenti e affetti da problematiche comportamentali”, presentato a prima firma dell’On. Michela Vittoria Brambilla (Gruppo misto) e ispirato dal progetto IO NON COMBATTO, lanciato da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM per la repressione e la prevenzione del fenomeno criminoso dei combattimenti tra animali. Le due organizzazioni promotrici del progetto si dicono deluse di questa decisione, che priva le Forze di Polizia delle risorse per la formazione, necessaria a reprimere tali attività criminali presenti in Italia, e gli animali coinvolti nelle stesse della possibilità di intraprendere percorsi di recupero comportamentale e ricevere le attenzioni specialistiche per essere pienamente recuperati, nel rispetto del loro diritto all’adozione.

L’emendamento prevedeva lo stanziamento di €150.000 per la formazione tecnica e pratica specialistica del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri, e di €350.000 per coprire i costi di custodia e di recupero comportamentale derivanti dal sequestro e dalla confisca di animali impiegati in tali attività criminali, nonché di animali affetti da problematiche comportamentali.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe e Federica Faiella, Vicepresidente di FCC commentano: “Siamo allibite che il Governo non abbia ritenuto opportuno affrontare questa questione di legalità, investendo le giuste risorse pubbliche tramite un intervento legislativo deciso, ma demandando ancora una volta alla società civile di colmare le lacune del sistema. Il progetto IO NON COMBATTO, nato sul finire del 2021, si è da subito posto l’obiettivo di offrire strumenti concreti contro il fenomeno criminoso dei combattimenti tra animali, attraverso attività di ricerca e divulgazione scientifica, operazioni sul campo, sensibilizzazione dell’opinione pubblica e formazione di personale specializzato. Oltre ad aver portato a termine con successo il recupero comportamentale di alcuni cani salvati dalla crudeltà dei combattimenti, il progetto ha registrato oltre 1100 presenze, tra membri delle Forze di Polizia, medici veterinari, guardie zoofile ed educatori cinofili, al percorso formativo tenutosi a inizio 2022. Se l’emendamento 114.03 fosse passato, questo tipo di attività si sarebbero potute ampliare e svolgere su scala nazionale, generando un impatto ancora più significativo per eradicare la piaga criminale dei combattimenti tra animali. Ringraziamo comunque l’Onorevole Brambilla per aver raccolto lo spirito del nostro progetto e aver presentato una riforma normativa in tal senso.”

I combattimenti fra animali sono un fenomeno criminale sommerso, di portata nazionale e internazionale che coinvolge diverse specie animali, tra cui i cani, collegato a criminalità organizzata, traffico internazionale di stupefacenti e di armi, comprese quelle da fuoco, pedo-pornografia e scommesse illegali attorno alle quali ruotano cospicue somme di denaro. In Italia è un reato punito dall’art. 544-quinquies del Codice penale.

Il coinvolgimento in queste attività causa gravi danni fisici e psicologici ai cani addestrati per combattere. A subire immense crudeltà sono anche i cosiddetti “sparring partners”, ovvero altri cani usati per l’addestramento brutale dei combattenti, nonché le fattrici, obbligate a riprodursi per portare avanti le linee genetiche “vincenti”.

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Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

HSI/Europe: “Ci auguriamo che anche la Camera dei Deputati agisca con risolutezza affinché la Romania possa diventare il ventesimo Paese europeo a vietare l’allevamento di animali da pelliccia”

Humane Society International


Kateryna Kukota

BUCHAREST, Romania—Il Senato rumeno ha votato a favore di una proposta di legge per vietare l’allevamento di cincillà e visoni, in seguito alla diffusione di un’indagine di Humane Society International/Europe che ha rivelato le scioccanti sofferenze negli allevamenti di animali da pelliccia del Paese. I risultati indicano 86 deputati a favore, 16 contro e 8 astenuti.

Andreea Roseti, Direttrice per la Romania di HSI/Europe, ha accolto con favore il voto, affermando che: “L’ampio sostegno trasversale a questa proposta di legge al Senato è un forte segnale circa la volontà del Parlamento rumeno di porre fine alla crudele pratica di allevare e uccidere animali per l’ottenimento della loro pelliccia. Siamo soddisfatti della rapidità dell’iter legislativo di questa proposta di legge e ci auguriamo che, quando nei prossimi mesi il testo approderà alla Camera dei Deputati, l’Aula agisca con risolutezza affinché la Romania possa diventare il ventesimo Paese europeo a vietare l’allevamento di animali da pelliccia. Il continente europeo può essere considerato un pioniere nel porre fine alla sofferenza degli animali per la produzione di pellicce, prodotti che vengono rifiutata da sempre più consumatori, stilisti, rivenditori e decisori politici di tutto il mondo.”

Il lavoro sulla proposta di legge è stato avviato nell’ottobre di quest’anno. La stessa è stata poi presentata all’Ufficio permanente della Camera dei Deputati il 7 novembre e presentata e registrata al Senato lo stesso giorno.

I cincillà e i visoni sono le uniche specie di animali considerati “da pelliccia” che vengono allevate in modo intensivo in Romania. In caso di successo, il divieto segnerebbe quindi la fine dell’allevamento di animali con la finalità di ricavarne pellicce nel Paese. A settembre di quest’anno, HSI/Europe ha divulgato i risultati delle indagini condotte in diversi allevamenti di cincillà in Romania, documentando gravi problemi di benessere animale, tra cui il confinamento in piccole gabbie di rete metallica, cicli riproduttivi perpetui per le femmine e una totale noncuranza dei bisogni e comportamenti naturali della specie.

Il voto in Romania arriva mentre cresce il sostegno in tutta Europa per un divieto di allevamento e commercializzazione di pellicce in tutta l’UE. L’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope, lanciata a maggio e sostenuta da oltre 70 organizzazioni, ha già raccolto più di 1,1 milioni di firme di cittadini europei.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

HSI/Europe esorta una presa di responsabilità da parte del Governo italiano su tutti i temi animali

Humane Society International


HSI

ROMA—Due emendamenti alla Legge di Bilancio 2023, sostenuti da Humane Society International/Europe, sono stati presentati dall’On. Michela Vittoria Brambilla (Gruppo Misto) a nome dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali. Solo il primo emendamento che riguarda i combattimenti tra animali sarà oggetto di discussione nell’ambito dell’iter di approvazione della Legge di Bilancio. Invece, nessuna possibilità è stata data al secondo emendamento che mira a bloccare l’importazione di trofei di caccia in Italia. Delusione per l’assenza, all’interno dell’intera Legge di Bilancio, di fondi per la transizione cage-free per gli animali allevati a fini alimentari.

HSI/Europe accoglie con favore la segnalazione dell’emendamento 114.02 contenente “disposizioni in materia di spese di custodia di animali impiegati nei combattimenti e affetti da problematiche comportamentali” che passerà ora alla discussione in Aula, prima alla Camera dei Deputati e poi al Senato della Repubblica. L’emendamento, inspirato dal progetto IO NON COMBATTO, lanciato da HSI/Europe e dalla Fondazione CAVE CANEM per la repressione e la prevenzione del fenomeno criminoso dei combattimenti tra animali, già vietati dall’articolo 544-quinquies del codice penale, prevede lo stanziamento di €150.000 per la formazione tecnica e pratica specialistica del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri, e di €350.000 per coprire i costi di custodia e di recupero comportamentale derivanti dal sequestro e dalla confisca di animali impiegati in tali attività criminali, nonché di animali affetti da problematiche comportamentali.

HSI/Europe, che dal 2020 con la campagna #NotInMyWorld, si batte per fermare il coinvolgimento dell’Italia nella caccia al trofeo, consta con dispiacere che, invece, l’emendamento 114.012 sulla “formazione e addestramento delle forze di polizia finalizzati al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di specie di fauna e flora minacciati di estinzione e divieto di importazione, esportazione, e ri-esportazione dei trofei di caccia” è stato dichiarato inammissibile dalla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati. L’emendamento prevedeva non solo suddetto divieto per tutte le specie protette ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), ma anche specifiche pene per la violazione e la confisca dei trofei, nonché lo stanziamento di fondi per la formazione delle forze di polizia, finalizzata al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di dette specie.

Infine, tra le grandi tematiche completamente assenti nella Legge di Bilancio, HSI/Europe, quale membro della Coalizione End the Cage Age, sottolinea la mancanza di previsioni riguardanti la transizione ad allevamenti cage-free, per la quale non è stato stanziato neanche un euro. Tra galline ovaiole, scrofe, conigli, quaglie e vitelli, sono ben 40 milioni gli animali allevati in gabbia ogni anno in Italia. L’Iniziativa dei Cittadini Europei “End the Cage Age” ha raccolto il consenso di oltre 1,4 milioni di cittadini UE, che hanno chiesto di vedere la fine dell’era delle gabbie in Europa. Si tratta di una transizione fattibile, oltre che doverosa e non più rinviabile. Il Governo italiano può e deve fare la differenza, puntando a un cambio di passo a livello nazionale, che faccia primeggiare l’Italia con politiche economiche mirate al sostegno di tale necessaria evoluzione.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe ha commentato: “La formazione delle Forze di polizia è l’arma migliore per fermare i criminali che ancora si divertono e arricchiscono scommettendo sulla pelle di poveri cani, la cui vita può migliorare se al sequestro da una situazione di abuso segue un percorso di recupero comportamentale. I fondi proposti dall’emendamento ispirato dal progetto IO NON COMBATTO sono essenziali per dare a questi cani una seconda chance e una vita degna, lontana dai combattimenti e fuori dal canile. Siamo invece delusi dall’impossibilità di portare avanti un divieto di importazione dei trofei di caccia. Avrebbe rappresentato un atto di responsabilità da parte dell’Italia nei confronti della fauna selvatica e un allineamento rispetto alla richiesta del Parlamento Europeo alla Commissione di intraprendere azioni urgenti per proibire l’importazione di trofei di caccia derivati da specie elencate dalla CITES. Inoltre, l’Italia avrebbe potuto unirsi ad altri Paesi europei nella regolamentazione del commercio di trofei di specie a rischio, attesa da tempo. Infine, dispiace constatare che il Governo non abbia ritenuto attuale e opportuno sostenere la transizione verso sistemi di allevamento cage-free, Nel 2023 la Commissione Europea presenterà la propria proposta legislativa per eliminare progressivamente le gabbie dagli allevamenti europei ed è meglio che l’Italia non si faccia cogliere impreparata nel sostenere questo inevitabile e debito passo in avanti. In generale serve maggiore responsabilità e sensibilità da parte del Governo su TUTTI i temi animali: sia che si tratti di cani, che di fauna selvatica e animali allevati a fini alimentari. Ringrazio l’On. Brambilla per l’instancabile sforzo su tutti i fronti!”

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

Le associazioni Essere Animali, Humane Society International/Europe e LAV: “Ci appelliamo al Ministro Francesco Lollobrigida affinché emani il decreto, atteso da gennaio, per attuare l’eventuale cessione dei visoni e alla Commissione Europea per vietare in tutta l’UE allevamenti e commercio di pellicce”

Humane Society International


Kristo Murrimaa, Oikeutta Elaimille

GALEATA, Italia—È stato reso noto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale il terzo focolaio italiano di SARS-CoV-2 all’interno di un allevamento di visoni, situato nel comune di Galeata (FC), ormai chiuso a seguito del divieto di allevamento entrato in vigore il primo di gennaio 2022. Nonostante tale divieto, ad oggi non è stato emanato il Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, di concerto con i Ministri della Salute e della Transizione Ecologica recante “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo a favore dei titolari degli allevamenti di visoni, volpi, cani procione, cincillà e di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia, nonché la disciplina delle cessioni e della detenzione dei suddetti animali”, con scadenza 31 gennaio 2022. Le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe e LAV lanciano un appello al Ministro dell’Agricoltura e della Sicurezza Alimentare Francesco Lollobrigida e richiamano all’attenzione la necessità di vietare allevamento e commercio di pellicce in tutte l’Unione Europea, tramite l’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope.

“Da gennaio attendiamo il decreto interministeriale per avviare lo svuotamento degli ultimi 5 allevamenti dove ancora sono stabulati e ammassati, in minuscole gabbie, più di 5.000 visoni. È evidente come l’inazione dei Ministeri competenti stia continuando a rappresentare un rischio per la salute pubblica e continui ad ignorare i principi più basilari di benessere animale. Chiediamo al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida di intervenire con urgenza dando concreta attuazione a quanto sancito con la legge di bilancio 2022 e consentire quindi il trasferimento di almeno alcuni dei visoni ancora rinchiusi nelle gabbie degli allevamenti intensivi” – dichiarano le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe e LAV.

In Italia si sono già verificati 2 focolai di coronavirus in allevamenti di visoni per la produzione di pellicce, ad agosto 2020 a Capralba (Cremona) e gennaio 2021 a Villa del Conte (Padova).  Nel mese di novembre, nell’ambito dello screening diagnostico obbligatorio finalizzato a intercettare l’eventuale introduzione del coronavirus SARS-CoV-2 in allevamenti di visoni (screening disposto dall’ex-Ministro della Salute Roberto Speranza a dicembre 2020) e che consiste nella effettuazione di 60 tamponi ogni 15 giorni in ogni allevamento a prescindere dalla numerosità dei visoni presenti, sono stati individuati due visoni positivi alla infezione da coronavirus in un terzo allevamento, a Galeata (FC). Dalla pubblicazione risalente al 24 novembre, sul database online del dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale, risulta che sono stati sottoposti a tampone (real-time PCR) per la manifestazione di segni clinici compatibili con l’infezione. Sebbene sia stato segnalato il decesso di un visone, non è chiaro se i restanti animali siano stati abbattuti o se altri siano morti a causa dell’infezione. AGGIORNAMENTO al 7 dicembre 2022: La Commissione Europea ha confermato l’abbattimento sanitario dei restanti 1.522 visoni dell’allevamento.

L’allevamento in questione è quello sito nel territorio del comune di Galeata (FC) e, insieme agli altri allevamenti di Ravenna frazione San Marco (640 visoni), Capergnanica (Cremona, 1.180 visoni), Calvagese della Rivera (Brescia, 1.800 visoni), e Castel di Sangro (L’Aquila, 18 visoni), è una delle ultime strutture in Italia dove ancora migliaia di visoni “riproduttori” sono rinchiusi nelle gabbie.

Questi animali sarebbero stati utilizzati per l’avvio di un nuovo ciclo produttivo nel 2021, ma in seguito al temporaneo divieto alla riproduzione (disposto e prorogato dall’allora Ministro della Salute come misura anti-Covid essendo questi allevamenti riconosciuti come potenziali serbatoi del coronavirus) e al successivo divieto permanente all’allevamento di visoni e ogni altro animale per la produzione di pellicce (approvato in via definitiva con specifico emendamento alla legge di Bilancio 2022, L.234 del 30 dicembre 2021, articolo 1 commi 980-984 e che, di fatto, stando ai dati della produzione italiana, ha evitato lo sfruttamento di almeno 60.000 visoni l’anno), sono rimasti in una sorta di limbo non potendo essere uccisi per finalità commerciali (l’ottenimento della pelliccia) o per esigenze di salute pubblica (in assenza di conclamata infezione da coronavirus) e non potendo essere liberati in natura (in quanto predatori non autoctoni e potenziali reservoir del virus pandemico).

Secondo le disposizioni della Legge 234/2021 che ha bandito gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce, il Ministro dell’Agricoltura avrebbe dovuto disciplinare, mediante decreto, le modalità di indennizzo per gli allevatori di visoni e l’eventuale cessione di questi animali a strutture gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste. Se il Decreto fosse stato adottato nei tempi previsti, fine gennaio, probabilmente, almeno parte dei visoni all’epoca presenti negli allevamenti in dismissione, avrebbero potuto essere accasati in altre strutture diminuendo così la densità di popolazione e, di conseguenza, l’assembramento di animali particolarmente suscettibili alla infezione da coronavirus SARS-CoV-2.

Questo grave ritardo nella gestione degli oltre 5.000 visoni ancora presenti negli allevamenti chiusi non costituisce solo un problema di benessere animale (bisogna considerare che, di fatto, questi visoni sono rinchiusi nelle stesse gabbie di pochi centimetri quadrati da ormai almeno 2 anni, e probabilmente anche 3 o 4 anni trattandosi di animali “riproduttori”), ma rappresenta un oggettivo potenziale pericolo anche per la salute pubblica. La catena di contagio uomo-visone-uomo (con un salto di specie di ritorno e con un virus mutato) è stata ampiamente documentata sin dai primi casi segnalati in Olanda a maggio 2020 (report “L’allevamento di animali da pelliccia, il COVID-19 e i rischi di malattie zoonotiche”, gennaio 2021).

“Per evitare il rischio di formazione di nuovi focolai di coronavirus in allevamenti di visoni europei, e per risparmiare la vita di milioni di animali sfruttati solo per il valore della loro pelliccia, invitiamo chi ancora non lo avesse fatto a sostenere, con una firma, la petizione di Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe” con la quale stiamo chiedendo alla Commissione Europea di vietare in tutta l’UE gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce e il commercio, compreso l’import, di prodotti di pellicceria. Entro maggio 2023 dobbiamo raggiungere 1 milione di firme in tutta l’UE, ad oggi già oltre 600.000 europei hanno dato il proprio consenso” – concludono le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe, LAV.

FINE

APPROFONDIMENTO

  • Focolai di coronavirus in allevamenti italiani di visoni:

Capralba (Cremona), primo focolaio. Con oltre 26.000 visoni era il più grande allevamento italiano di visoni. Nell’agosto 2020 un lavoratore addetto alla gestione dei visoni è risultato positivo al coronavirus; sono seguiti accertamenti diagnostici sugli animali (ma non uno screening in tutti gli allevamenti come sarebbe stato più sensato fare) da cui sono emerse alcune positività. Tutti i visoni sono poi stati abbattuti a dicembre 2020, dopo anche ulteriore conferma di intercorsa infezione con test sierologici.

Villa del Conte (Padova), secondo focolaio. In assenza di uno screening obbligatorio (nonostante il focolaio rilevato ad agosto a Capralba) tutti gli allevamenti italiani di visoni hanno potuto portare a termine il ciclo produttivo. Così è stato anche per l’allevamento di Villa del Conte che, nel 2020, ha potuto ricavare pellicce dai circa 10.000 visoni all’epoca presenti e immetterle nel circuito commerciale. Solo a gennaio 2021, con l’avvio dello screening obbligatorio è risultato che quelle pellicce erano state ottenute da animali positivi al coronavirus e potenzialmente sono state ulteriore vettore per la diffusione del virus.  I circa 3.000 visoni “riproduttori” rimasti in allevamento dopo il 2021 e risultati positivi, anche ai test sierologici, sono stati abbattuti il 14 dicembre 2021.

Galeata (FC), terzo focolaio. Focolaio intercettato il 9 novembre 2022. I test condotti il 14 novembre 2022 hanno identificato due casi, ed è stato segnalato un decesso. La Commissione Europea ha confermato l’abbattimento sanitario dei restanti 1.522 visoni dell’allevamento.

  • Ulteriore situazione di malagestione dei visoni negli allevamenti italiani:

Castel di Sangro (AQ), moria di visoni per intossicazione alimentare. 1.035 visoni sono morti di una morte improvvisa ed estremamente dolorosa a causa di una intossicazione alimentare. Dagli accertamenti condotti dalle autorità sanitarie, agli animali è stata somministrata carne di pollo avariata o contaminata. In allevamento sono rimasti meno di 20 visoni.

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

Aggiornato il 13 dicembre 2022

Il caso dei conigli e delle quaglie affrontato in un evento organizzato da Animal Equality, CIWF Italia, Essere Animali e HSI/Europe per la coalizione italiana End The Cage Age

Humane Society International


HSI in Italy

ROMA—“La transizione verso allevamenti senza gabbie per tutti gli animali è fattibile, oltre che doverosa” è ciò che hanno affermato Animal Equality, CIWF Italia Onlus, Essere Animali e Humane Society International/Europe nell’evento organizzato per la coalizione italiana End the Cage Age, al fine di discutere il passaggio a sistemi cage-free per conigli e quaglie, con la presentazione di un report in merito, realizzato dal Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) e presentato durante il convegno Senza gabbie è possibile – Dare seguito all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, tenutosi ieri a Roma, presso Spazio Europa. 

In Europa, ogni anno, oltre 300 milioni di animali (galline, scrofe, vitelli, conigli, quaglie e anatre) vengono ancora allevati in gabbia, per tutta o una parte significativa della loro vita. Oltre 40 milioni di loro solo in Italia. In risposta all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, la Commissione Europea si è impegnata a proporre entro il 2023 una normativa per eliminare l’utilizzo delle gabbie nell’allevamento.

Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia, che ha moderato i lavori del convegno, ha dichiarato: “Siamo fieri, oggi, di potere gettare luce sulla situazione degli animali più dimenticati tra quelli che soffrono nelle gabbie, italiane ed europee: i conigli e le quaglie. Milioni e milioni di individui privati di tutto ciò che renderebbe la loro vita almeno maggiormente compatibile con i loro bisogni etologici. Non esageriamo dicendo che la vita in gabbia per loro è una vera tortura.”

Alice Trombetta, direttrice di Animal Equality Italia, ha ricordato il percorso compiuto per arrivare al successo dell’Iniziativa dei Cittadini Europei “End the Cage Age” che, con la straordinaria mobilitazione dei cittadini, ha condotto alla raccolta di 1.4 milioni di firme certificate. Ha sostenuto: “Non è tempo per le esitazioni, né tantomeno per un dietro front. È tempo di abbracciare con entusiasmo una versione migliore della nostra società. Liberare gli animali dall’incubo delle gabbie, un incubo che NOI abbiamo creato, è il minimo che possiamo fare per loro.”

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha sottolineato come la transizione ad allevamenti senza gabbie sia tanto più urgente per i conigli e le quaglie, animali non protetti da alcuna normativa specie-specifica europea o nazionale: “Sebbene l’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea richiami l’Unione Europea e gli Stati Membri a tenere pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, le specie protagoniste dell’incontro odierno languono in gabbia e un in vuoto legislativo da colmare urgentemente.”

Animali stipati in spazi piccolissimi, come ha ricordato Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali, illustrando le scioccanti immagini raccolte dalla sua organizzazione in allevamenti delle due specie in questione: “Risale al 2012 la nostra prima inchiesta sulle gabbie; anche la nostra ultima, di queste settimane. Queste immagini ci rendono tristi e arrabbiati. Sono passati dieci anni e le cose devono cambiare” ha ribadito.

Il Dr. Marcello Volanti, medico veterinario che si occupa di allevamenti biologici, biodinamici ed estensivi ha confermato che la necessità di relegare l’allevamento in gabbia al passato ha anche solide ragioni scientifiche. Ha infatti dichiarato: “Non si può parlare di benessere in gabbia, perché conigli e quaglie sono impossibilitati nel movimento e nell’espressione dell’etogramma di specie. Questi animali vivono in uno stato di permanente sofferenza che non comprendono ma sopportano per grande capacità di adattamento. Lo stare in gabbia comporta all’animale una serie di gravi problematiche fisiche e psicologiche”.

Una parte importante del convegno ha riguardato la presentazione del report “Valutazione dell’impatto economico dell’eliminazione delle gabbie negli allevamenti di conigli da ingrasso e quaglie”, realizzato dal Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) per conto di CIWF Italia, Essere Animali e Humane Society International/Europe, che analizza in dettaglio i costi di passaggio a sistemi cage-free per conigli da ingrasso e quaglie, sia ovaiole che allevate per la loro carne, in Italia.

Per quanto riguarda i conigli le gabbie bicellulari, che non danno alcuna garanzia in termini di benessere animale, possono essere sostituite dai sistemi park, ovvero in recinti sopraelevati e privi di copertura, in cui gli animali sono in grado di esprimere alcuni dei loro comportamenti naturali più elementari, come quello di saltare e nascondersi. Per quanto riguarda le quaglie, le gabbie in cui sono stipate decine di animali, possono essere sostituite da sistemi “free-to-fly”.

Secondo lo studio, nelle 4 regioni che allevano l’80% dei conigli “da ingrasso” (Veneto, Piemonte, Lombardia e Friuli Venezia-Giulia) il costo totale di investimento per effettuare la dismissione delle gabbie e il passaggio al sistema park ammonterebbe a €152 milioni. Per le quaglie invece, su base nazionale, a €1,7 milioni per quelle produttrici di uova, mentre €810.000 per quelle allevate per la loro carne.

Alessandro Gastaldo, ricercatore del CRPA, illustrando il report realizzato da un gruppo di lavoro composto anche da Paolo Rossi e Ambra Motta, ha dichiarato: “Anche nei comparti minori, come quelli dei conigli e delle quaglie, stanno destando sempre maggiore interesse le tecniche alternative di allevamento che puntano a un miglioramento del benessere animale, soprattutto agendo sull’a eliminazione delle gabbie per tutto il ciclo di vita dell’animale. Con questi sistemi è possibile migliorare la qualità di vita dei soggetti allevati, in particolare dai punti di vista della socializzazione, della libertà di movimento e della maggiore stimolazione sensoriale, con possibilità per gli animali di assumere comportamenti più consoni all’indole specifica, con forte riduzione dei comportamenti anomali (stereotipie motorie). I costi di questa riconversione sono risultati pari a €29-53 per posto coniglio da ingrasso e a €5,45 e €2,63 rispettivamente per quaglie ovaiole e da ingrasso.”

A nome di tutta la coalizione italiana End The Cage Age, Animal Equality, CIWF Italia, Essere Animali e Humane Society International/Europe hanno rinnovato l’appello al Governo italiano a dare il proprio fondamentale contributo sia sostenendo il divieto legislativo delle gabbie a livello europeo sia avviando, tramite politiche economiche mirate, la transizione cage-free anche in ambito nazionale: “Lo studio del CRPA ha mostrato fattibilità e costi. Non ci sono più scuse per ritardare oltre; ora è solo una questione di volontà. Chiediamo al Governo italiano di investire nella transizione cage-free senza indugi” hanno detto le associazioni.

L’evento ha visto gli interventi anche delle parlamentari Eleonora Evi (Alleanza Verdi e Sinistra), Michela Vittoria Brambilla (Misto) e Alessandra Maiorino (Movimento 5 Stelle).

L’Onorevole Eleonora Evi ha ricordato: “Una mobilitazione straordinaria di cittadini europei e il lavoro instancabile di moltissime ONG hanno portato ad ottenere l’impegno storico da parte della Commissione Europea di proporre nel 2023 una legislazione per abbandonare l’allevamento in gabbia. Ora tocca alla politica ascoltare i richiami della scienza e agire. Non ci sono più scuse, la transizione verso sistemi di allevamento cage-free sono fattibili. E l’Italia, ancora fanalino di coda, deve fare la sua parte, sia a livello nazionale che europeo per porre fine una volta per tutte alla barbarie dell’allevamento in gabbia.”

L’Onorevole Michela Vittoria Brambilla ha dichiarato: “Al Governo del mio paese, e agli stessi operatori economici del settore, chiedo di appoggiare convintamente la transizione ad un allevamento senza gabbie per il quale si è già impegnata la Commissione Europea. Allo scopo non bisogna avere esitazioni a spendere di più: “Tutto ciò che serve”, per una battaglia di modernità e di civiltà.”

La Senatrice Alessandra Maiorino ha infine sostenuto che: “Passare ad un sistema di allevamento senza gabbie non solo è possibile, ma è doveroso per rispettare il benessere degli animali e tutelare la salute umana. Non dimentichiamo però che tale istanza nasce soprattutto da un’accresciuta presa di coscienza e sensibilità dei cittadini e delle cittadine rispetto ad un sistema che vede ancora degli esseri senzienti, gli animali, appunto, sfruttati alla stregua di una semplice merce, costringendoli a subire trattamenti inumani. Come Movimento 5 Stelle abbiamo sposato la causa “End the Cage Age”, inserendola anche nel nostro programma politico, in quanto siamo convinti che sia necessario trovare un nuovo equilibrio tra uomo e ambiente.”

Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia, chiudendo l’evento, ha concluso: “Un divieto legislativo all’uso delle gabbie in allevamento è, tra tante, la conquista più grande che possiamo ottenere nel prossimo futuro. Con l’impegno della Commissione Europea, siamo molti più vicini a realizzarla. Continueremo a lavorare senza sosta affinché queste gabbie infernali vengano relegate al passato per tutti gli animali, compresi quelli più dimenticati, come conigli e quaglia.”

Foto dell’evento (creare account per il download):

NOTA

Formata da 22 associazioni* la coalizione trae il proprio nome dall’a Iniziativa dei cittadini europei (ICE) “End The Cage Age”, che ha raccolto oltre 1 milione e 400 mila firme certificate in tutta Europa, ed è stata la prima ICE su un tema legato agli animali allevati a scopo alimentare ad avere successo, nonché la terza in assoluto per numero di firme nella storia dell’Unione Europea. Un risultato straordinario, che mostra in modo inequivocabile la sempre maggiore sensibilità dei cittadini verso le condizioni di vita degli animali allevati.  Ed è proprio riconoscendo la voce forte e chiara dei cittadini che la Commissione Europea lo scorso 30 giugno ha dichiarato di accogliere le istanze dell’a ICE “End the Cage Age”, impegnandosi pubblicamente a presentare entro il 2023 una proposta legislativa per eliminare gradualmente le gabbie, con l’obiettivo di arrivare, entro il 2027, al divieto totale del loro impiego nell’Unione Europea.

* Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, HSI /Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

 

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