Per HSI/Korea urge una rapida azione legislativa per “chiudere questo triste capitolo nella storia della Corea e abbracciare un futuro più etico per i cani”

Humane Society International / Europa


HSI

SEOUL—In un annuncio storico, il Governo della Corea del Sud ha dichiarato che entro la fine dell’anno in corso presenterà una proposta di legge per vietare l’industria della carne di cane, che vede fino a un milione di cani allevati e uccisi per il consumo umano ogni anno. In un incontro tenutosi oggi a Seoul tra il Ministero dell’Agricoltura, dell’Alimentazione e degli Affari Rurali, rappresentanti del partito esecutivo e gruppi animalisti coreani, tra cui Humane Society International/Korea (HSI/Korea), è stata annunciata una proposta di legge che, dalla data della sua approvazione, prevederà un periodo di transizione di tre anni. Ciò significa che il divieto entrerà in vigore nel 2027.

La proposta prevede anche compensazioni per aiutare gli allevatori, i commercianti, i macellai e i proprietari di ristoranti specializzati in carne di cane, legalmente registrati, a chiudere le poprie attività o a passare ad occupazioni alternative. Questa misura si ispira al programma “Models for Change” di HSI/Korea che dal 2015 ha lavorato con 18 allevatori di cani, in tutto il Paese, e ha permesso loro di passare alla coltivazione di piante e ortaggi, fornendo acqua e altri mezzi di sostentamento.

Questa notizia giunge a seguito di una crescente pressione pubblica e politica a favore di un divieto, che ha visto anche l’introduzione di cinque proposte di legge da parte dei membri dell’Assemblea Nazionale. La notizia è accolta con favore da HSI/Korea, uno dei principali gruppi animalisti che si batte per porre fine alla carne di cane in tutto il Paese.

JungAh Chae, Direttrice di Humane Society International/Korea, presente all’incontro con il Ministero, afferma: “La notizia che il Governo della Corea del Sud è finalmente deciso a vietare l’industria della carne di cane è come un sogno che si avvera per tutti noi che abbiamo lavorato instancabilmente per porre fine a questa crudeltà. La società coreana ha raggiunto un punto di svolta in cui la maggior parte delle persone ora rifiuta di mangiare cani e vuole vedere questa sofferenza relegata ai libri di storia. Con così tanti cani che soffrono inutilmente per una carne che quasi nessuno mangia, la proposta di legge del Governo offre un piano audace che ora deve essere urgentemente approvato dall’Assemblea, in modo che un divieto legislativo possa essere approvato il prima possibile per aiutare la Corea del Sud a chiudere questo triste capitolo della nostra storia e abbracciare un futuro più etico per i cani”.

Con l’acquisizione di maggiore consapevolezza in merito al benessere animale e con l’aumento dei numeri di cani domestici nelle case sudcoreane, che oggi sono oltre sei milioni, la domanda di carne di cane è diminuita. Gli ultimi sondaggi d’opinione, realizzati da Nielsen Korea su commissione di HSI/Korea, rivelano che l’86% dei sudcoreani non intende mangiare carne di cane in futuro e il 57% sostiene un divieto.

Humane Society International (HSI) riconosce che un breve periodo di transizione è inevitabile per lo smantellamento di questo commercio e per permettere agli attori coinvolti, dagli allevatori ai commercianti, di avviare altre attività. Tuttavia, HSI esorta il Governo a utilizzare questo periodo per collaborare con organizzazioni di protezione animale, come HSI/Korea, per salvare il maggior numero possibile di cani, in uno sforzo coordinato, sostenuto dallo Stato.

Il programma “Models for Change” di HSI/Korea ha permesso di salvare più di 2.700 cani in tutta la Corea del Sud e trovare loro famiglie adottive negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e in piccola parte in Corea del Sud. La maggior parte degli allevatori con cui HSI/Korea ha lavorato sperimenta crescenti pressioni sociali, familiari e finanziarie per abbandonare l’allevamento di cani.

Kitty Block e Jeff Flocken, rispettivamente Amministratrice Delegata e Presidente di Humane Society International, rilasciano una dichiarazione congiunta, affermando: “Questo è un giorno storico per la nostra campagna contro gli orrori dell’industria della carne di cane in Corea del Sud. Da molto tempo speravamo arrivasse. Avendo visitato allevamenti di cani destinati al consumo umano e visto in azione il programma ‘Models for Change’ di HSI/Korea, conosciamo troppo bene la sofferenza e la privazione che questi animali subiscono per un’industria il cui tempo è ora fortunatamente giunto al termine. Questo è l’inizio della fine dell’allevamento di cani per la loro carne in Corea del Sud. HSI è pronta a contribuire con la propria esperienza fino a quando ogni gabbia sarà vuota.”

Dati sulla carne di cane:

  • Anche se la maggior parte delle persone in Corea del Sud non mangia carne di cane, la convinzione che la zuppa di cane (bosintang) rinfreschi e rinvigorisca il corpo durante la calura estiva, in particolare durante il periodo del Bok Nal tra luglio e agosto, è ancora diffusa, soprattutto tra le generazioni più vecchie.
  • La maggior parte dei cani macellati per la loro carne in Corea del Sud viene uccisa per elettrocuzione; alcuni per impiccagione.
  • La carne di cane è vietata a Hong Kong, Singapore, Taiwan, in Thailandia, nelle Filippine, nonché nelle città cinesi di Shenzhen e Zhuhai, nella provincia di Siem Reap in Cambogia, in 32 città e reggenze indonesiane e nella provincia di Giacarta, in Indonesia.
  • Nonostante tutti questi divieti, si stima che ogni anno ancora 30 milioni di cani vengano uccisi per la loro carne in Asia.

Foto e video del lavoro di HSI/Korea (creare account per il download):

Petizione per mettere fine al crudele commercio di cani e gatti allevati per la loro carne in Asia

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

Oltre alla carne coltivata, viene vietato anche l’uso di termini come “burger” o “salame” per i prodotti a base vegetale; lo scopo dichiarato è la tutela del settore zootecnico

Humane Society International


HSI

ROMA—Con 159 voti favorevoli della maggioranza, 34 astenuti e 53 voti contrari delle opposizioni – a eccezione del Partito Democratico, che si è astenuto – oggi pomeriggio la Camera ha approvato in via definitiva, dopo un iter accelerato e blindato, il DDL a firma del ministro Lollobrigida, presentato il 28 marzo e fortemente sostenuto da Coldiretti, che vieta di produrre, vendere, somministrare, distribuire o promuovere alimenti a base di colture cellulari, prevedendo sanzioni da 10 a 60 mila euro. La motivazione del divieto è indicata nella necessità di “assicurare la tutela della salute umana” in base a un’interpretazione errata del principio di precauzione previsto dalla normativa comunitaria, ma si tratta di un evidente diversivo poiché la vera finalità è proteggere il settore zootecnico convenzionale che viene definito, erroneamente, “di rilevanza strategica per l’interesse nazionale”.

Le associazioni ALI – Animal Law Italia, Animal Equality, Compassion in World Farming Italia, ENPA – Ente Nazionale Protezione Animali, Humane Society International/Europe, OIPA – Organizzazione Internazionale Protezione Animali, LAV – Lega Anti Vivisezione, LEIDAA – Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, LNDC Animal Protection contestano la natura fortemente ideologica del divieto ed evidenziano le numerose criticità del provvedimento. Innanzitutto, con questa legge, il Governo si è appropriato di quelle che sono le prerogative dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) alla quale soltanto spetta l’approvazione della commercializzazione dei novel food secondo il diritto europeo, dopo un complesso iter volto a tutelare la salute dei consumatori valutando la sicurezza dei nuovi alimenti. Oltretutto, una volta che l’EFSA avrà dato il via libera, da un punto di vista economico gli unici penalizzati saranno gli imprenditori italiani, che non potranno produrre e commercializzare carne coltivata sul territorio nazionale, poiché secondo il diritto europeo non si potrà impedire la vendita in Italia da parte di aziende con sede in altri Paesi europei di un novel food approvato dall’EFSA come sicuro.

Le associazioni dichiarano: «Questo divieto è oggi del tutto inutile, poiché la carne coltivata non è stata ancora approvata per il consumo umano in Europa e quindi non può essere commercializzata, mentre diventerà inattuabile nel momento in cui, in futuro, EFSA dovesse pronunciarsi favorevolmente in merito. Non possiamo non considerare questo provvedimento un miope regalo alla lobby zootecnica, peraltro ignorando i danni che ne deriveranno per lo sviluppo del Paese: allontanerà gli investimenti e spingerà i ricercatori italiani all’estero, dove altri Paesi stanno investendo su queste tecnologie».

Il provvedimento contiene anche il divieto di utilizzare denominazioni legate alla carne per prodotti trasformati a base di proteine vegetali, che entrerà in vigore dopo l’approvazione di un apposito decreto ministeriale, il quale conterrà “un elenco delle denominazioni di vendita degli alimenti che se ricondotte a prodotti vegetali possono indurre il cittadino che consuma in errore sulla composizione dell’alimento”. La gravità del provvedimento è radicata nel deliberato ostruzionismo nei confronti della diffusione di prodotti vegetali e nella maggiore confusione che gli oltre 22 mila consumatori abituali dovranno affrontare con denominazioni meno immediate.

«Questa legge danneggia un settore che negli ultimi anni ha avuto una crescita record per via delle scelte consapevoli dei consumatori, non certo perché indotti in errore. In Italia ci sono molte aziende all’avanguardia nel settore, che subiranno un danno enorme, poiché dovranno realizzare nuovamente tutto il packaging e la comunicazione, sottraendo risorse all’innovazione e al miglioramento del prodotto. Questo mette anche a rischio posti di lavoro, determinando di fatto una concorrenza sleale a favore delle sole produzioni tradizionali che peraltro, a differenza delle aziende che creano prodotti plant-based, sono già agevolate abbondantemente dall’Iva ridotta e dai contributi previsti dalla PAC, nonché da ulteriori aiuti statali», proseguono le associazioni.

Poche settimane fa il Governo aveva ritirato la bozza del DDL dalla procedura di notifica TRIS, prevista dalle norme comunitarie per i progetti di legge che introducono norme tecniche che possano creare ostacoli alla libera circolazione delle merci. Con questa mossa è stato possibile evitare che la Commissione europea e altri Stati membri fornissero osservazioni negative, che avrebbero potuto ritardare l’approvazione della legge fino a 18 mesi. Questo modus operandi però rende la legge potenzialmente inutile: infatti, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, una disposizione nazionale non notificata, quando avrebbe dovuto esserlo, può essere dichiarata inapplicabile nei confronti dei singoli dai tribunali nazionali, con tanto di condanna al risarcimento per danno per le opportunità economiche perse. Inoltre, la Commissione europea potrebbe comunque decidere di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione della libertà di circolazione, principio cardine dell’architettura europea, con applicazione di sanzioni elevate.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

Animal Law Italia, Essere Animali, Humane Society International/Europe e LAV accolgono con favore l’interrogazione parlamentare della Senatrice Dolores Bevilacqua, membro dell’Intergruppo Parlamentare per i Diritti degli Animali

Humane Society International / Europa


Jo-Anne McArthur 

ROMA—Le associazioni Animal Law Italia, Essere Animali, Humane Society International(Europe e LAV, tra le promotrici dell’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope (1.502.319 firme validate raccolte), accolgono favorevolmente e sostengono l’interrogazione parlamentare presentata dalla Senatrice Dolores Bevilacqua (Movimento 5 Stelle), membro dell’Intergruppo Parlamentare per i Diritti degli Animali, rivolta al Ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida in merito alla mancata adozione, a oltre un anno e nove mesi dalla scadenza stabilita dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022), del decreto per la cessione dei visoni ancora in vita e tutt’ora detenuti negli allevamenti vietati e dismessi.

In Italia, dal primo di gennaio 2022 è entrato in vigore il divieto di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia. Il 30 di giugno dello stesso anno è stata altresì decretata la chiusura degli allevamenti ancora presenti sul territorio nazionale. Nell’ambito di questi provvedimenti, sono stati inoltre allocati indennizzi per un totale di sei milioni di euro, i cui criteri di erogazione sono stati adottati il 30 dicembre 2022 in un decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 4 marzo 2023. Il medesimo decreto doveva regolare anche l’eventuale cessione degli animali ancora in vita a strutture autorizzate (accordando preferenza a quelle gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute), i requisiti strutturali e gestionali e la sterilizzazione degli animali.

Venendo meno a quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2022, il Ministro Lollobrigida – e il Ministro Patuanelli prima di lui – ignora la situazione dei circa 1.600 visoni che risultano attualmente in vita ma detenuti ancora in gabbia negli allevamenti di Capergnanica (CR), Ravenna e Castel di Sangro (AQ), in una situazione incompatibile con il loro benessere, la prevenzione di spillover zoonotici e gli obbiettivi stessi che il suddetto divieto intendeva perseguire. A gennaio 2022 i visoni ancora in vita erano 5.700. A novembre 2022, è stato confermato un focolaio di SARS-CoV-2 all’interno di un allevamento nel comune di Galeata (FC), risultando nell’abbattimento sanitario dei restanti 1.500 visoni della struttura. A maggio 2023 un altro contagio è stato riscontrato a Calvagese della Riviera (BS), portando all’abbattimento di oltre 1.500 visoni.

Le associazioni dichiarano: “È inaccettabile che da parte del Ministero non ci sia il minimo impegno a gestire una situazione così critica sia dal punto di vista del benessere animale, sia della salute pubblica. È chiaro che la strategia del Ministero è quella di aspettare che gli animali si infettino all’interno delle gabbie per poi avere la perfetta giustificazione per ucciderli, mentre gli allevatori continuano percepire indennizzi per tenerli nelle stesse precarie condizioni di prima. La pubblicazione del decreto è centrale, poiché solo a seguito della stessa sarà possibile permettere il trasferimento degli animali presso centri specializzati, salvando la vita di almeno alcuni dei visoni. Abbiamo pazientato e sollecitato già troppo. Accogliamo pertanto con favore l’interrogazione parlamentare della Senatrice Bevilacqua e auspichiamo una pronta e adeguata risposta dal Ministro Lollobrigida per poter chiudere definitivamente il triste capitolo dell’allevamento di animali da pelliccia in Italia.”

La Senatrice Dolores Bevilacqua, che ha presentato l’interrogazione, afferma: “L’immobilismo del Governo rispetto all’adozione di un decreto che possa finalmente mettere la parola fine agli allevamenti di animali per farne pelliccia è il riflesso di una scarsa sensibilità al benessere animale, che difficilmente può trovarsi una motivazione concreta che giustifichi altrimenti una simile mancanza. Spero che il Ministro Lollobrigida voglia al più presto rispondere all’interrogazione presentata, giustificando il ritardo accumulato e, finalmente, adottando il tanto agognato secondo decreto attuativo.”

Testo dell’interrogazione:

“Al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.

Premesso che:

la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), ai commi 980 e seguenti, ha previsto un divieto totale di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia;

la medesima legge ha previsto che, in deroga a tale divieto, gli allevamenti autorizzati (esclusivamente di visoni) potessero continuare a detenere gli animali già presenti nelle proprie strutture esclusivamente per il periodo necessario alla dismissione delle stesse e comunque non oltre il 30 giugno 2022, fermo restando il divieto di riproduzione degli animali;

come noto, al fine di indennizzare detti allevamenti, la stessa legge di bilancio 2022 ha previsto un fondo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023. Per erogare tali somme, l’individuazione dei criteri e delle modalità di corresponsione dell’indennizzo veniva demandata a un decreto, che doveva essere adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore di detta legge, del Ministero delle politiche agricole, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro della transizione ecologica, sentite le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Tale decreto interministeriale, adottato solamente il 30 dicembre 2022, è stato finalmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 4 marzo 2023, con il titolo: “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo, a favore dei titolari degli allevamenti di visoni (Mustela viso o Neovison vison), volpi (Vulpes vulpes, Vulpes Lagopus o Alopex Lagopus), cani procione (Nyctereutes procyonoides), cincillà (Chinchilla laniger) e di animali di qualsiasi specie per la finalita’ di ricavarne pelliccia”;

tuttavia, tale decreto non ottempera pienamente a quanto previsto dal comma 984 della citata legge di bilancio 2022 rispetto all’eventuale cessione degli animali e detenzione, con obbligo di sterilizzazione, presso strutture autorizzate, accordando preferenza a quelle gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute. Infatti, come ricordato da codesto Ministero in risposta a un’interrogazione della scrivente fornita il 26 gennaio 2023, dovevano ancora essere stabiliti requisiti strutturali e gestionali, come pure le modalità di attuazione degli interventi di sterilizzazione, che avrebbero dovuto essere definiti da un ulteriore decreto da adottare di concerto con il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, il Ministero della salute, le Regioni e le Province autonome, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto interministeriale, dunque entro giugno 2023;

considerato che:

a quanto risulta, una bozza del decreto che avrebbe dovuto introdurre i requisiti strutturali e gestionali necessari alla cessione degli animali a strutture autorizzate in preferenza gestite da associazioni animaliste riconosciute, anch’essa datata 30 dicembre 2022, è stata inviata all’Istituto Zooprofilattico delle Venezie (IZSVe) per ricevere un parere;

L’IZSVe ha fornito riscontro a tale richiesta in data 4 maggio 2023, fornendo un parere che indicava la necessità di mantenere gli animali in gabbia e forniva i requisiti strutturali delle stesse e delle strutture ospitanti, nonché i requisiti di biosicurezza e quelli gestionali. Inoltre, a seguito di richiesta di specifica rispetto alla possibilità di detenzione di visoni a terra, all’interno di recinzioni opportunamente costruite e arricchite, lo stesso IZSVe affermava, con precisazione del 15 settembre 2023, di ritenere la vita in gabbia quale metodo più appropriato;

considerato inoltre che:

l’allevamento di visoni allevati con lo scopo di produrre pellicce è stato vietato tanto per la crescente sensibilità e preoccupazione sociale per il benessere degli animali non umani, quanto per il rischio che questi allevamenti pongono dal punto di vista sanitario e che dunque l’attuale situazione risulta incompatibile con gli obbiettivi che il suddetto divieto intendeva perseguire;

i visoni detenuti all’interno degli allevamenti, che attualmente risultano in numero maggiore di 1.500 nei tre allevamenti che ancora detengono animali, continuano a condurre una vita che risulta non in linea con il loro benessere e rispetto delle loro caratteristiche etologiche e la loro sofferenza rischia di prolungarsi ancora a lungo, laddove si consideri che tali animali, se detenuti in cattività, possono vivere anche oltre i 10 anni;

continuano a essere riscontrati casi di contagio da Sars-CoV-2 all’interno di allevamenti di visoni, come accaduto a Calvagese della Riviera (BS), situazione che ha comportato l’abbattimento di oltre 1.500 animali ai sensi dell’ordinanza del Ministero della salute del 3 maggio 2023, o i casi mortali di influenza aviaria registrati in un allevamento di visoni in Spagna a ottobre 2022, identificati anche grazie al lavoro proprio dell’IZSVe e comunicati a gennaio 2023;

considerato infine che:

ai sensi del sopra citato decreto interministeriale del 30 dicembre 2022, gli allevatori continuerebbero a percepire indennizzi per la gestione e cura degli animali vivi ancora in allevamento pari ad euro 3,00 per animale al mese e per gestione e cura dell’impianto operativo in presenza di animali pari a euro 2,00 per animale al mese,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intende operarsi per giungere, nel più breve tempo possibile, all’adozione del secondo decreto interministeriale che stabilisce i requisiti strutturali e gestionali, necessario a permettere il trasferimento di almeno una parte dei visoni ancora detenuti presso gli allevamenti, ponendo la parola finale a questa attività anacronistica e garantendo la possibilità ai visoni ancora rimasti in vita di condurre un’esistenza che rispetti il loro benessere e le loro caratteristiche etologiche.”

FINE

Contatti stampa:

  • Eva-Maria Heinen, communications & PR manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Grazie al programma "Models for Change" di Humane Society International il proprietario ha deciso di uscire dal commercio e avviare una nuova attività

Humane Society International / Europa


Chau Doan | AP Images for HSI

THAI NGUYEN, Vietnam—cani, tra cui 19 cuccioli di pochi giorni, sono stati salvati da un macello di carne di cane a Thai Nguyen, in Vietnam, dopo che il proprietario si è convinto a chiudere definitivamente il commercio e cambiare attività. Il signor Hung ha comprato, venduto e macellato circa 20.000 cani per il commercio di carne negli ultimi sette anni, ma ha dichiarato che l’uccisione degli animali pesava molto sulla sua coscienza e si è sentito sollevato quando l’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International gli ha offerto una via d’uscita nell’ambito del suo programma “Models for Change”. Il signor Hung adesso aprirà un negozio di prodotti agricoli per la comunità locale.

La squadra di HSI è arrivata da Vietnam, Indonesia e India per prelevare i 44 cani dalla struttura del signor Hung e trasportarli in un rifugio presso l’Università di Scienze Agrarie e Forestali di Thai Nguyen, dove sono stati vaccinati contro la rabbia: i cani riceveranno cure veterinarie e riabilitative prima di essere resi disponibili per l’adozione sul territorio.

Circa 5 milioni di cani vengono uccisi ogni anno per il commercio della loro carne in Vietnam: la maggior parte di loro sono animali domestici rubati o randagi adescati sulle strade con esche avvelenate, o catturati con pistole taser, tenaglie o corde, oppure importati da Paesi limitrofi come la Cambogia. Tuttavia, la maggior parte dei cani del signor Hung gli erano stati venduti da famiglie rurali che allevavano cuccioli per integrare il loro reddito principale.

I commercianti di solito vanno di villaggio in villaggio in moto o in camion per raccogliere i cuccioli dalle comunità rurali. I cuccioli vengono stipati in piccole gabbie e portati in strutture come quella del signor Hung per essere ingrassati forzatamente; molti di loro soffrono di disidratazione, soffocamento, colpi di calore o perdono la vita durante il viaggio.

Prima della chiusura, i commercianti consegnavano circa 50 cuccioli ogni uno o due mesi alla struttura del signor Hung, dove venivano tenuti in gabbie sporche, senza ricevere cure veterinarie, per essere ingrassati durante un periodo di diverse settimane o mesi fino a raggiungere il peso adeguato alla macellazione ed essere venduti come “thịt chó” (carne di cane).

Le ricerche di HSI in altre parti del Vietnam hanno portato alla luce la crudele pratica dell’alimentazione forzata, praticata tramite l’inserimento di un tubo in gola in modo che il riso arrivasse direttamente nello stomaco dei cani. Pur affermando di non averla mai praticata, il signor Hung era a conoscenza di questa pratica. Oltre a vendere i cani ai macelli e ai ristoranti locali, uccideva uno o due cani al giorno, colpendoli con un coltello alla giugulare o al cuore, in piena vista degli altri cani. Un ciclo di sofferenza e brutalità che ha finito per esasperare lo stesso Hung.

“Guardavo i loro occhi imploranti – dichiara – e vedevo le loro code scodinzolare nervosamente mentre mi avvicinavo, e ogni volta diventava più difficile farlo. Arrivavano da me come cuccioli felici e pieni di vita, ma presto diventavano traumatizzati e spaventati. Alla fine, mi si è spezzato il cuore. I cani sono così leali e amichevoli che venderli o ucciderli mi sembrava un tradimento: pesava molto sulla mia coscienza. Quando ho saputo che il programma “Models for Change” di Humane Society International aveva aiutato un altro commerciante di Thai Nguyen a chiudere il suo macello e ristorante di carne di cane l’anno scorso, mi sono sentito sollevato nel sapere che c’era un modo per ricominciare la mia vita senza dover uccidere animali per vivere. Sono entusiasta della mia nuova attività e di sapere che tutti i miei cani avranno la vita felice che meritano, con famiglie che si prenderanno cura di loro”.

Oltre ad affrontare l’estrema crudeltà insita nel commercio di cani per il consumo umano, il programma di HSI contribuisce anche a contrastare la diffusione del mortale virus della rabbia in Vietnam. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la rabbia uccide ogni anno più di 70 persone in Vietnam: la maggior parte dei casi è causata dal morso di un cane, mentre altri casi accertati sono legati alla macellazione e al consumo di cani. Un’alta incidenza di cani positivi alla rabbia è stata documentata nei macelli della capitale, Hanoi. Che si tratti di traffico da Paesi vicini, cattura e trasporto a centinaia di chilometri attraverso il Vietnam o vendita per la macellazione da parte di famiglie locali, il commercio di carne di cane comporta il movimento e la macellazione in massa di cani di cui non si conoscono eventuali malattie o lo stato di vaccinazione, mettendo a repentaglio gli sforzi per controllare la diffusione della rabbia.

“Il commercio di carne di cane è un’attività crudele e pericolosa in Vietnam, che mette a rischio la salute della nazione per profitto, in violazione delle leggi esistenti”, sottolinea Phuong Tham, Direttore di Humane Society International per il Vietnam. “Hung è il secondo commerciante del Vietnam a partecipare al nostro programma “Models for Change”: l’auspicio è anche di sensibilizzare le autorità a impegnarsi in una strategia per fornire ai lavoratori del settore mezzi di sussistenza alternativi ed economicamente validi, sostenendo al contempo gli sforzi del Governo per eliminare la rabbia. Sebbene la carne di cane sia ancora diffusa in alcune zone del Paese, si registra una sempre maggiore opposizione a questa pratica tra la crescente popolazione di amanti degli animali domestici in Vietnam, frustrata dalla mancanza di azioni contro i ladri e i commercianti di cani senza scrupoli, che rubano gli amati compagni di vita delle persone. Con l’evoluzione del ruolo dei cani nella società, deve cambiare anche la legislazione per proteggerli dalla crudeltà e dallo sfruttamento”.

Il programma “Models for Change” di HSI è stato avviato in Vietnam l’anno scorso, dopo aver operato con successo dal 2015 in Corea del Sud, dove l’associazione ha chiuso 18 allevamenti di cani da carne e ha contribuito a creare un sostegno pubblico e politico per un divieto a livello nazionale. HSI ha portato il suo programma “Models for Change” in Vietnam l’anno scorso con la chiusura di un macello e di un ristorante per cani di proprietà di un vicino di casa del signor Hung. La chiusura ha spinto il signor Hung a contattare l’Università di Scienze Agrarie e Forestali di Thai Nguyen per un aiuto nel reinserimento dei suoi cani, che a sua volta ha chiesto ad HSI di fornire competenze e risorse per sostenere il salvataggio e formare veterinari locali per contribuire al successo a lungo termine del centro di recupero.

Il commercia della carne di cane:

  • Il Vietnam è la patria del commercio di carne di cane e di gatto più prolifico del Sud-est asiatico, con una macellazione stimata di circa cinque milioni di cani e un milione di gatti all’anno. Alcuni consumatori credono, nonostante l’assenza di prove scientifiche, che la carne di cane abbia proprietà medicinali e possa aumentare la virilità maschile.
  • Le ricerche di HSI suggeriscono che la carne di cane è consumata da circa il 40% della popolazione, ma non è una prelibatezza costosa: a Thai Nguyen costa dai 150.000 ai 200.000 VND ($6-$8) al piatto.
  • Mentre la vendita e il consumo di carne di cane non sono illegali in Vietnam, sia la movimentazione trans-provinciale non regolamentata di cani che il furto di animali domestici sono reati. I funzionari di diverse città, tra cui Hanoi e Hoi An, si sono impegnati a porre fine al commercio, ma la legge viene raramente applicata.
  • I furti di animali domestici e l’arresto dei ladri sono spesso riportati dai media vietnamiti e i proprietari devastati spesso ricomprano i loro amati compagni se hanno la fortuna di ritrovarli dopo la cattura.
  • Il legame tra la trasmissione della rabbia e il commercio di carne di cane in Vietnam è stato chiaramente identificato dall’OMS[1]. I dati dell’Istituto Nazionale di Igiene ed Epidemiologia del Vietnam mostrano che una percentuale significativa di pazienti viene infettata dal virus dopo aver ucciso, macellato o mangiato cani, o dopo essere stata morsa. Nel 2018 e nel 2019, le autorità di Hanoi e Ho Chi Minh City hanno rispettivamente invitato i cittadini a non consumare carne di cane per ridurre il rischio di trasmissione della malattia.
  • Nel luglio 2023, il Comitato del Popolo della Provincia di Dong Nai e HSI hanno firmato un accordo triennale, unico nel suo genere, per collaborare nella lotta al commercio di carne di cane e di gatto, attuando un programma di vaccinazione antirabbica, scoraggiando il consumo di carne di cane e di gatto attraverso campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, sostenendo le attività delle Forze dell’Ordine contro il traffico di cani e gatti, promuovendo il benessere degli animali da compagnia e aiutando i lavoratori dell’industria della carne di cane e di gatto a passare a mezzi di sussistenza alternativi.

Foto e video delle operazioni di chiusura del mattatoio per cani

Per sostenere il lavoro di HSI in Asia e nel mondo

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

[1] Hampson, K., 2009. Mission Report: Vietnam. WHO

I risultati del sondaggio sostengono la richiesta rivolta alla Commissione di rispettare la promessa fatta in merito al divieto dell’allevamento in gabbia

Humane Society International / Europa


Pig farm in Italy
Jo-Anne McArthur/Essere Animali

BRUXELLES—Oggi la Commissione Europea ha pubblicato i tanto attesi risultati del sondaggio Eurobarometro, sulle opinioni dei cittadini dell’UE riguardo alla tutela degli animali. Come previsto, i dati del sondaggio confermano che la stragrande maggioranza degli europei (l’84%) ritiene che il benessere degli animali allevati debba essere maggiormente garantito. In tutti gli Stati Membri dell’UE, almeno otto su dieci intervistati ritengono che assicurare che gli animali non siano tenuti in gabbie sia un fattore importante nel rispettare le nostre responsabilità etiche verso gli animali.

La Dottoressa Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Humane Society International/Europe, ha commentato: “I risultati dell’Eurobarometro resi noti oggi, confermano inequivocabilmente lo straordinario sostegno dei cittadini, in tutti gli Stati Membri, a favore del rafforzamento del benessere degli animali. Era ormai noto che questo sondaggio fosse stato condotto molti mesi fa, ma si rumoreggiava che la dirigenza della Commissione avesse nascosto i risultati a causa della loro riluttanza ad adempiere agli impegni in materia di benessere animale presi sia nella strategia UE Farm to Fork che nella risposta formale all’Iniziativa dei Cittadini Europei ‘End the Cage Age’ per porre fine all’era delle gabbie.”

Durante un’audizione parlamentare all’inizio di questo mese, il Vicepresidente della Commissione Maroš Šefčovič, il nuovo responsabile del Green Deal europeo, ha rotto il silenzio della Commissione sulla sua incapacità di consegnare il pacchetto di proposte legislative promesso, per rivedere ed ampliare il campo di applicazione della legislazione dell’UE attualmente vigente in materia di benessere degli animali. Šefčovič ha segnalato che tutte le proposte, tranne quella sulla protezione degli animali durante il trasporto, sono state accantonate. In vista delle elezioni europee, l’Eurobarometro rappresenta un forte richiamo al fatto che invece i cittadini si interessano del benessere degli animali. I risultati di questo sondaggio sottolineano l’importanza e la necessità da parte dell’Europa di rimanere fedele al suo impegno ad eliminare l’allevamento in gabbia.

“Ignorare l’ampio sostegno dei cittadini per un miglioramento del benessere degli animali e non onorare gli impegni della Commissione per attuare queste riforme legislative è un affronto ai milioni di cittadini dell’UE che desiderano standard migliori per gli animali allevati”, afferma la Dottoressa Swabe. “A pochi mesi dalle elezioni europee, il dietrofront della Commissione sul benessere animale rischia di erodere la fiducia degli europei nei confronti delle istituzioni europee e del loro reale impegno per avanzare gli interessi dei cittadini.”

Il sostegno per un rafforzamento legislativo della protezione degli animali non proviene solo dal pubblico in generale. Il programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione della Commissione (REFIT), che mira a garantire che le leggi dell’UE raggiungano i loro obiettivi, ha stabilito che la legislazione sul benessere animale vigente non è più adeguata. L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha fornito pareri scientifici sulla tutela del benessere degli animali negli allevamenti, che evidenziano che questi animali hanno esigenze di benessere complesse che non possono essere soddisfatte all’interno di gabbie e spazi confinati.

Per quanto riguarda il benessere degli animali allevati, i risultati del sondaggio Eurobarometro rivelano, ad esempio, che:

  • Il 90% degli europei ritiene che le pratiche agricole e di allevamento debbano soddisfare determinati requisiti etici di base.
  • Il 91% ritiene che sia importante proteggere il benessere degli animali allevati (come maiali, bovini, pollame, ecc.) per garantire loro condizioni di vita decenti.
  • L’84% ritiene che nel proprio paese, il benessere degli animali allevati debba essere rafforzato rispetto alla situazione attuale.
  • Il 67% dichiara di voler essere maggiormente informato rispetto alle condizioni in cui vengono allevati gli animali nel proprio paese.
  • Oltre otto intervistati su dieci ritengono importante che in tutti i 27 Stati Membri dell’UE venga assicurato che gli animali allevati abbiano cibo a sufficienza e un ambiente adeguato a soddisfare le loro esigenze di base (ad esempio, fango, paglia, ecc., a seconda della specie).
  • In tutti gli Stati Membri, più di otto intervistati su dieci ritengono importante garantire agli animali allevati spazio sufficiente per potersi muovere, sdraiare e alzare.
  • In tutti gli Stati Membri, almeno otto intervistati su dieci ritengono che sia importante assicurare che le persone che lavorano a contatto con gli animali e li maneggiano, abbiano competenze e formazione sufficienti per rispettare le responsabilità etiche nei loro confronti.
  • In tutti gli Stati Membri, oltre tre quarti degli intervistati ritengono che sia importante rispettare le responsabilità etiche verso gli animali vietando la mutilazione/amputazione di alcune parti del loro, salvo in casi in cui sia necessario per proteggere la sicurezza degli operatori/allevatori (in tal caso verrà utilizzata l’anestesia).
  • Il 75% ritiene inaccettabile la pratica di uccidere i pulcini maschi appena nati.
  • Più di sei europei su dieci ritengono che le norme europee in tema di benessere animale dovrebbero vigere anche per l’import alimentare da paesi extra-UE.
  • Sei europei su dieci sarebbero disposti a pagare di più per prodotti provenienti da sistemi di allevamento rispettosi del benessere animale. Sei europei su dieci hanno indicato che, per l’acquisto di alimenti, cercano etichette che identificano prodotti provenienti da sistemi di allevamento virtuosi.

Alcuni dati:

  • Nel 2020, la Commissione Europea ha presentato la strategia Farm to Fork per un sistema alimentare equo, sano ed eco-sostenibile nell’ambito del pacchetto di politiche di punta del Green Deal europeo. Questa strategia includeva l’impegno a rivedere la legislazione esistente in materia di benessere animale, per allinearla alle più recenti evidenze scientifiche, ampliarne il campo di applicazione, renderne più semplice l’applicazione e garantire un livello più elevato di benessere animale. Il pacchetto legislativo doveva essere pubblicato nel terzo trimestre del 2023.
  • Nel 2021, in risposta all’Iniziativa dei Cittadini Europei “End the Cage Age”, che ha raccolto quasi 1,4 milioni di firme valide, la Commissione ha anche promesso di presentare, entro la fine del 2023, proposte per porre fine alla detenzione in gabbia degli animali allevati.
  • L’Eurobarometro è lo strumento ufficiale di sondaggio utilizzato dalla Commissione Europea, dal Parlamento Europeo e da altre istituzioni e agenzie dell’UE per monitorare l’opinione pubblica sulle e le attitudini degli europei riguardo a specifiche tematiche legate all’UE.
  • Prima della pubblicazione odierna, il rapporto speciale dell’Eurobarometro numero 442 sulle Attitudini degli Europei in merito al Benessere degli Animali era l’indagine su scala europea più recente su questa questione, risalente al 2016. In quel momento, il 94% degli intervistati ha dichiarato di ritenere importante garantire il benessere degli animali allevati.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International/Europe: ‘E’ ora che l’Italia le vieti. Lo chiede il 74% degli italiani!’

Humane Society International / Europa


HSI

ROMA—Humane Society International/Europe lancia oggi uno strumento di protesta digitale per rinnovare l’appello al Governo italiano, in particolare al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, di introdurre un divieto di importazione per i trofei di caccia ottenuti da specie protette a livello internazionale, dando la possibilità alla stragrande maggioranza degli italiani che si oppone alla crudele pratica della caccia al trofeo di rivolgersi con una mail direttamente al Ministro.

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe, afferma: “Non possiamo che rafforzare il nostro appello e continuare a dare voce all’opinione pubblica italiana di fronte al vergognoso silenzio e immobilismo politico che permettere alle élite di continuare ad uccidere animali in via di estinzione per divertimento, mettendo a rischio la conservazione di moltissime specie che già vivono sotto continua e forte pressione antropica. Oltremodo, il contesto attuale in cui si moltiplicano i casi corruzione e di battute illegali nell’industria della caccia al trofeo è agghiacciante. Invitiamo italiani e italiane a unirsi a noi nel chiedere nuovamente al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin di fare la propria parte per porre fine al coinvolgimento dell’Italia in questa attività crudele e dannosa. È inaccettabile che il Ministro non abbia mostrato il minimo interesse a tutelare specie che rischiano di scomparire per il macabro hobby di pochi. Urge introdurre in Italia un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione di trofei di caccia provenienti da specie protette. Lo chiede il Parlamento Europeo, lo chiede il 74% degli italiani.”

I dati sulle importazioni di trofei di caccia dimostrano il coinvolgimento dell’Italia nell’industria della caccia ai trofei. Tra il 2014 e il 2021, l’Italia ha infatti importato 442 trofei di caccia provenienti da mammiferi protetti dalla CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione )—come ippopotami, rinoceronti, elefanti, leoni— nonostante l’86% degli Italiani si opponga alla caccia al trofeo e il 74% sia a favore di un divieto di importazione dei trofei.

A ottobre 2022, il Parlamento Europeo ha adottato a maggioranza una risoluzione, nella quale chiedeva la fine delle importazioni di trofei di caccia appartenenti a specie protette negli Stati Membri dell’Unione Europea. In Italia, però, non è ancora stato introdotto un divieto, anche se sono già state presentate due proposte legislative a riguardo, sia alla Camera dei Deputati, sia al Senato.

Dall’inizio della campagna #NotInMyWorld, HSI/Europe ha dato voce agli italiani, lanciando una petizione rivolta al Governo italiano, che ha ad oggi raccolto più di 50.000 firme, e consegnando, lo scorso novembre, oltre 4.000 cartoline firmate dai cittadini al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. A questo si è recentemente aggiunta la pubblicazione, il 1° settembre 2023, di una lettera aperta su Il Corriere della Sera, sempre rivolto al Ministro, supportata anche da un imponente tweet-storm. Oggi, l’organizzazione chiama nuovamente all’azione i suoi sostenitori per chiedere un immediato divieto sulle importazioni, esportazioni e ri-esportazioni dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie minacciate di estinzione; un appello concreto al Ministro Gilberto Pichetto Fratin che ad oggi non ha ancora accettato il confronto e accolto le istanze di HSI/Europe.

In attesa che il Parlamento possa discutere e approvare le proposte di legge, presentate nell’attuale legislatura, HSI/Europe chiede che il Ministro Pichetto Fratin acceleri i tempi, emanando un decreto che ponga immediatamente fine all’importazione di trofei di caccia di animali appartenenti a specie minacciate, elencate dalla CITES. È necessario che il Governo italiano prenda le distanze dall’uccisione di animali a rischio e in via di estinzione, come stanno già facendo altri paesi europei come i Paesi Bassi, il Belgio, la Francia e la Finlandia e come ha recentemente chiesto anche il Parlamento Europeo.

Link per partecipare alla protesta digitale diretta al Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin.

Cronologia dell’attività politica in Italia:

Approfondimento sulla caccia al trofeo:

  • Il 14 luglio il Consiglio dei Ministri del Governo federale belga ha approvato una proposta legislativa per l’introduzione di un divieto di importazione di trofei di caccia ottenuti da specie animali in via di estinzione. Il progetto di legge di Zakia Khattabi, Ministro del Clima, dell’Ambiente, dello Sviluppo sostenibile e del Green Deal, fa seguito al voto unanime del Parlamento federale del Belgio, che nel marzo 2022 ha appoggiato una risoluzione che chiedeva al Governo di porre un freno al rilascio di permessi di importazione di trofei per un’ampia lista di specie minacciate e in pericolo.
  • Il 21 giugno 2023 l’Assemblea francese ha adottato a stragrande maggioranza (113 voti a favore, un voto contrario) un emendamento che aiuterà in modo significativo le autorità doganali a limitare l’importazione in Francia di trofei di caccia di alcune specie animali in via di estinzione. Questo voto coincide con una nuova proposta legislativa di divieto presentata il 23 maggio scorso e si aggiunge alle restrizioni adottate nel 2015 all’importazione di trofei di leone.
  • Nel marzo 2023, i legislatori britannici della Camera dei Comuni hanno presentato una proposta di legge che vieterebbe l’importazione di trofei di caccia di oltre 6.000 specie regolamentate a livello internazionale, tra cui elefanti, rinoceronti e leopardi. Il disegno di legge è attualmente all’esame della Camera dei Lord.
  • Nel 2022 la Finlandia ha vietato l’importazione di trofei di caccia di specie protette non provenienti dall’UE elencate nell’Allegato A e di 12 specie protette dell’Allegato B del Regolamento UE sul commercio della fauna selvatica.
  • Nel 2022 il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione che chiede di porre fine all’importazione nell’UE di trofei di caccia di specie protette.
  • Nel 2016, i Paesi Bassi hanno vietato l’importazione di trofei di caccia di oltre 200 specie.
  • L’inchiesta sotto copertura, rilasciata dalla testata italiana Kodami a giugno 2023, realizzata alla più grande fiera di caccia in Europa “Jagd&Hund” (Dortmund, Germania) da ulteriore conferma dell’ipocrisia che si cela dietro l’industria della caccia al trofeo ed evidenzia l’importanza di un divieto di importazione dei trofei di caccia.
  • Sempre più aziende del settore dei trasporti stanno implementando policy contro il trasporto di questi oggetti; qui un elenco di oltre 30 compagnie aeree, di trasporto e altre aziende del settore che lo hanno fatto.

FINE

Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International/Europe: “L’UE deve vietare le importazioni e le vendite di pellicce per proteggere gli animali e l’ambiente.”

Humane Society International / Europa


Fur farm
Claire Bass/HSI

ROMA—L’impatto ambientale della produzione di pellicce di visone, volpe e cane procione supera di gran lunga quello di altri materiali utilizzati nella moda, tra cui il cotone e persino il poliestere e l’acrilico, usati per la produzione di pellicce finte. Questo è quanto emerge da un nuovo rapporto realizzato dalla società di consulenza Foodsteps, commissionato da Humane Society International/UK e revisionato dal rinomato esperto di sostenibilità Isaac Emery. Il rapporto dimostra che la narrazione dell’industria della pellicceria, che presenta la pelliccia some “il materiale più ecologico disponibile” è ingannevole e un’operazione di greenwashing nei confronti di consumatori e rivenditori.

Secondo lo studio, la pelliccia ha le più alte emissioni di gas serra per chilogrammo rispetto ad altri materiali, tra cui anidride carbonica, metano e ossido di azoto. L’impronta carbonica di un chilogrammo di pelliccia di visone è 31 volte superiore a quella del cotone e 25 volte a quella del poliestere. Per quanto riguarda il consumo idrico, le tre pellicce animali sono le peggiori tra tutti i materiali studiati: 104 volte più alte dell’acrilico, 91 volte più del poliestere e cinque volte più del cotone. Anche gli accessori in pelliccia, come i bordi sui cappucci delle giacche e i pon-pon su cappelli e scarpe, hanno un prezzo ecologico più alto rispetto alle loro controparti in acrilico. Ad esempio, lo studio stima che un pon-pon in pelliccia di cane procione su un cappello, abbia un’impronta carbonica quasi 20 volte superiore dell’acrilico.

Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono utilizzati per la produzione di pellicce in tutto il mondo. Solo in Europa sono stati allevati e uccisi circa 10 milioni di visoni, volpi e cani procione. Il rapporto di HSI mostra che un divieto di allevamento di animali da pelliccia in tutta Europa farebbe risparmiare quasi 300.000 tonnellate di CO2 equivalenti, pari alle emissioni annuali di anidride carbonica di circa 44.000 cittadini dell’UE. Si risparmierebbero inoltre circa 3.700 tonnellate di inquinamento idrico e 11.800 tonnellate di emissioni atmosferiche. Inoltre, le grandi quantità di escrementi prodotti dagli animali negli allevamenti sono dannose per l’ambiente. La produzione di pelliccia richiede enormi quantità di acqua, sale e l’uso di sostanze chimiche come il cromo e la formaldeide – elencati come cancerogeni tossici – per evitare la decomposizione naturale della pelle e della pelliccia.

La Dottoressa Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Humane Society International/Europe, afferma: “Questo nuovo studio accende i riflettori sulle affermazioni dell’industria della pellicceria in merito alla sua compatibilità ambientale, sbugiardandole. Presentare la pelliccia animale come più sostenibile rispetto a quella sintetica è greenwashing e i consumatori non devono farsi ingannare. Considerato il suo impatto ambientale, l’industria della pellicceria è un grande inquinatore, che la cui impronta ecologica è superiore a quella della produzione di materiali come il cotone e l’acrilico. La pelliccia di visone, ad esempio, ha un’impronta carbonica che supera di 7 volte quella della carne bovina e di 34 volte quella avicola. Questa industria minaccia l’ambiente e sottopone gli animali a condizioni di vita e di morte raccapriccianti. L’UE deve rispondere al milione e mezzo di firme di cittadine e cittadine UE, raccolte tramite l’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope.”

Si stima che tra il 2% e l’8% delle emissioni di gas serra a livello globale siano riconducibili all’industria della moda, che è inoltre un importante inquinatore di acqua. Limitare l’impronta ambientale della settore moda è quindi fondamentale per rispettare gli impegni internazionali sul cambiamento climatico. HSI/Europe ritiene che questo nuovo rapporto fornisca prove inconfutabili sulla necessità di eliminare l’impronta ambientale sproporzionata del commercio globale di pellicce, anche vietando l’importazione e la vendita di pellicce nell’UE.

Principali risultati del rapporto:

  • L’impronta carbonica di 1 kg di pelliccia di visone (309,91 kg di CO2-eq) è 31 volte superiore a quella del cotone, 26 volte a quella dell’acrilico e 25 volte a quella del poliestere. Anche la pelliccia di cane procione e la pelliccia di volpe hanno un’impronta carbonica elevata, circa 23 volte peggiore di quella del cotone e 18 volte peggiore di quella del poliestere.
  • La pelliccia di visone produce emissioni atmosferiche 271 volte superiori a quelle dell’acrilico, 215 volte superiori a quelle del cotone e 150 volte superiori a quelle del poliestere. La pelliccia di volpe e di cane procione produce emissioni atmosferiche circa 104 volte superiori a quelle dell’acrilico, 83 volte a quelle del cotone e 57 volte a quelle del poliestere.
  • Per ogni chilogrammo di pelliccia prodotto sono necessari quasi 30.000 litri di acqua. Il consumo idrico medio delle tre tipologie di pelliccia (visone, volpe, cane procione) è 104 volte superiore a quello dell’acrilico, 91 volte a quello del poliestere e 5 volte a quello del cotone.
  • La produzione di tutti e tre i tipi di pelliccia ha un impatto devastante sull’inquinamento idrico; la pelliccia di visone produce quasi 400 volte l’inquinamento idrico per chilogrammo del poliestere, e in media tutte e tre le pellicce sono 100 volte più inquinanti del cotone e 75 volte più dell’acrilico.

Humane Society International (HSI) ritiene che, con l’aumento di materiali innovativi di nuova generazione, a base biologica, tra cui la pelliccia sintetica realizzata con materie prime di origine vegetale, i materiali privi di animali diventeranno sempre più ecologici. L’Institute for Faux Fur di Parigi ha lanciato una tabella di marcia, delineando modi innovativi di produrre pellicce sintetiche, chiamata SMARTFUR, basata sui principi dell’economia circolare. Nel settembre 2019, Stella McCartney ha stretto una partnership con DuPont per lanciare KOBA® Fur Free Fur, la prima pelliccia sintetica al mondo completamente riciclabile, realizzata con materie prime di origine vegetale e poliestere riciclato. Successivamente, i fondatori Ashwariya Lahariya e Martin Stübler hanno lanciato BioFluff, il primo prodotto di pelliccia a base vegetale al mondo.

Il rapporto di HSI si basa sui dati pubblicati dal gruppo francese di moda Kering – diventato fur-free – nei propri bilanci “Environmental Profit & Loss”, per incoraggiare un maggiore avvicinamento alla sostenibilità nel settore della moda.

Il rapporto esamina l’impatto dei materiali lungo tutta la catena di approvvigionamento, compresa la produzione di materie prime, la lavorazione, la produzione, l’assemblaggio e tutte le operazioni necessarie fino alla vendita al dettaglio. Sebbene questa analisi del ciclo di vita dell’industria della moda non consideri lo smaltimento a fine vita, HSI/Europe sottolinea che tutti gli indumenti possono finire in discarica, e gli articoli con pelliccia animale non fanno eccezione.

La Dottoressa Swabe aggiunge: “Tutti i materiali hanno in qualche misura un’impronta carbonica ma il nuovo rapporto di HSI dimostra che la produzione di pellicce animali ha un impatto ambientale molto più significativo. Giacche bordate di pelliccia, cappelli con pon-pon e altri articoli di moda usa e getta hanno la stessa probabilità di finire in discarica della pelliccia sintetica. La verità è che l’allevamento intensivo di milioni di animali e la lavorazione delle loro pelli con sostanze chimiche non possono mai essere definiti naturali o sostenibili.”

Approfondimento sull’eliminazione delle pellicce:

  • La maggior parte dei principali stilisti del mondo ha introdotto politiche fur-free, tra cui tutti i sei marchi del gruppo Kering – Saint Laurent, Brioni, Gucci, Alexander McQueen, Balenciaga e Bottega Veneta – oltre a nomi come Valentino, Prada, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel.
  • L’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope, sostenuta da ben 1,5 milioni di firme, dimostra l’ampio sostegno dei cittadini dell’Unione Europea che esortano la Commissione Europea a vietare l’allevamento di animali da pelliccia e la vendita di prodotti di pellicceria nel mercato europeo.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è già vietato in molti Paesi dell’UE, tra cui Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Serbia, Slovacchia e Slovenia. Lituania, Polonia e Romania stanno attualmente valutando la possibilità di introdurre simili divieti.
  • Negli Stati Uniti, lo Stato della California ha vietato la vendita di pellicce nel 2019. In totale, 13 città statunitensi hanno vietato la vendita di pellicce, mentre Israele è diventato il primo Paese al mondo a vietare la vendita di pellicce nel 2021.
  • I visoni di oltre 480 allevamenti in 12 Paesi, tra cui Italia, Polonia, Svezia e Danimarca, sono stati trovati infetti da SARS-CoV-2. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il potenziale di trasmissione e diffusione zoonotica negli allevamenti di animali da pelliccia. Nell’ottobre 2022, un focolaio di influenza aviaria ad alta patogenicità (H5N1) in un allevamento di visoni n Spagna ha indotto autorevoli virologi a definirlo “un campanello di allarme” per porre immediatamente fine a questa pratica.

FINE

Cliccare QUI per scaricare il rapporto.

Cliccare QUI per visionare la video-animazione sull’impronta ambientale del commercio di pellicce.

Contatto:

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  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Un divieto provvisorio vieta la caccia al trofeo di elefanti africani in Sudafrica

Humane Society International / Europa


Simon Eeman/Alamy Stock

CITTÀ DEL CAPO—Humane Society International ha appreso dell’uccisione di un elefante maschio, durante una tragica battuta di caccia al trofeo, tenutasi il 3 settembre 2023, in una riserva nella provincia di Limpopo, in Sudafrica. L’elefante ha sofferto terribilmente a causa degli otto colpi da arma da fuoco che lo hanno lasciato ferito e agonizzante a lungo, prima di morire.

Questo tragico episodio rappresenta una violazione dei permessi di caccia e del divieto provvisorio pronunciato dell’Alta Corte del Sudafrica, emesso dopo l’azione legale condotta con successo da Humane Society International/Africa (HSI/Africa) contro il Dipartimento delle Foreste, della Pesca e dell’Ambiente, nel 2022. L’ordine del tribunale vieta esplicitamente l’assegnazione di permessi per la caccia al trofeo di elefanti africani, leopardi e rinoceronti neri in Sudafrica.

L’elefante è stato ucciso nella Maseke Game Reserve, situata all’interno della Balule Nature Reserve, durante una battuta di caccia alla quale hanno partecipato il cliente, una guida venatoria, un rappresentante della riserva e un fuciliere di riserva. Secondo una lettera pubblicata dalla Balule Nature Reserve, il cliente ha sparato il primo colpo, ferendo l’elefante. Il rappresentante della riserva e la guida hanno sparato invano altri colpi per abbatterlo. L’elefante ferito ha cercato di fuggire nella vicina Grietjie Game Reserve, una riserva di ecoturismo, dove la caccia al trofeo è vietata. L’animale ferito è stato seguito a piedi e da un elicottero nella Maseke Game Reserve, dove è stato infine ucciso con altri colpi. Secondo quanto riferito, l’elefante è stato colpito da otto pallottole prima di morire, agonizzante per le ferite riportate.

Tony Gerrans, Direttore Esecutivo di Humane Society International/Africa, afferma: “Siamo inorriditi da questa tragedia. La Corte Suprema ha ordinato lo stop alla caccia di elefanti. La conclusione della lettera secondo cui questa battuta è avvenuta illegalmente è sbagliata. Inoltre, nessun animale dovrebbe mai provare il dolore e la sofferenza di questo elefante. La pratica della caccia al trofeo non è solo profondamente disumana, ma rappresenta anche una grave minaccia per la nostra biodiversità e danneggia la reputazione globale del Sudafrica come destinazione turistica sostenibile e responsabile. Ferire, cacciare e uccidere qualsiasi animale in questo modo è inaccettabile”.

La Balule Nature Reserve fa parte delle Riserve Naturali Private Associate (APNR), un gruppo di riserve naturali di proprietà privata confinanti con il Parco Nazionale Kruger. Gli animali possono muoversi liberamente attraverso i confini delle riserve vicine. All’interno dell’APNR ci sono alcune riserve in cui è consentita la caccia al trofeo e altre dove invece è proibita. Questo significa che gli animali protetti di una riserva, o addirittura del Parco Nazionale Kruger, potrebbero essere uccisi dai cacciatori di trofei di un’altra riserva.

Sarah Veatch, Director of Wildlife Policy di Humane Society International, dichiara: “Questo incidente desta grave preoccupazione anche al di fuori del Sudafrica: richiama l’attenzione sulla dilagante malagestione, sulla mancanza di sorveglianza e sulla natura crudele del business della caccia al trofeo a livello globale. Questo episodio ricorda la tragedia del leone Cecil in Zimbabwe, che ha sofferto per oltre dieci ore, per le ferite causategli da una freccia, prima di essere ucciso da un cacciatore di trofei. Ciò accade molto più spesso di questi due casi. Le violazioni dei permessi e i casi documentati di sofferenza, come quelli di questo elefante e di Cecil, sono manifestazioni di una cultura molto diffusa, che ignora e disprezza gli animali e le leggi del settore”.

“Questo incidente dimostra ancora una volta quanto sia disumano cacciare animali senzienti solo per vantarsi e per esporre parti del loro corpo come trofei su una parete. Troppi animali in pericolo e minacciati di estinzione continuano a soffrire e a morire all’interno delle cosiddette “riserve naturali” per questo sanguinario sport”, prosegue Tony Gerrans. “HSI/Africa ha contestato permissivismo del Governo nei confronti di questa orribile attività e chiediamo a tutti gli attori del settore di attenersi all’ordinanza dell’Alta Corte sudafricana che non permette di autorizzare la caccia di elefanti, leopardi e rinoceronti neri fino a quando non ci sarà un pronunciamento diverso”.

Foto da scaricare (creare account per il download)

Nota dell’editore: Queste foto ritraggono elefanti che si trovano in un’altra località del Sudafrica, la Makalali Game Reserve. Queste immagini non sono state scattate nella Maseke Game Reserve o nella Balule Nature Reserve e non si tratta dell’elefante a cui è stato sparato.

FINE

Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org;  3338608589
  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

La Senatrice Bevilacqua e HSI/Europe: Un passo fondamentale per fermare il coinvolgimento dell'Italia in questa pratica anacronistica e crudele che mette a rischio la sopravvivenza di molte specie selvatiche

Humane Society International / Europa


HSI

ROMA—Oggi la Senatrice Dolores Bevilacqua (Movimento 5 Stelle) ha ri-presentato al Senato un disegno di legge (Atto Senato n. 822) ispirato alla campagna #NotInMyWorld di Humane Society International/Europe (HSI/Europe) per porre fine al crudele commercio di trofei di caccia, che favorisce lo sfruttamento di specie come leoni, leopardi ed elefanti, spingendole verso l’estinzione. In Italia è tuttora legale importare trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie protette a livello internazionale perché minacciate di estinzione e uccise da nostri connazionali durante costose battute di caccia all’estero.

La proposta di legge prevede:

  • il divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione, da e per l’Italia, dei trofei di caccia di specie protette ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES);
  • una pena, in caso di violazione del divieto, che prevede l’arresto fino a tre anni e un’ammenda fino a 200.000 euro e 300.000 euro in casi di recidiva, nonché la confisca dei trofei di caccia che, sentita la Commissione CITES, saranno distrutti o utilizzati a fini didattici.

La Senatrice Dolores Bevilacqua dichiara: “Autorevoli sondaggi rilevano che la stragrande maggioranza degli italiani è contro la barbara moda dell’importazione dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie in via di estinzione. È il momento di tradurre questa sensibilità in una norma che faccia fare all’Italia un passo avanti nella lotta a questa dannosa e inaccettabile pratica e le permetta di restare al passo con gli sviluppi negli Stati Membri dell’UE, che stanno discutendo o hanno già introdotto una simile previsione nei vari ordinamenti nazionali. Anche il Parlamento Europeo ha chiesto di colmare le lacune delle attuali normative europee sul commercio di animali selvatici, chiedendo agli Stati membri di adottare proposte legislative che criminalizzino il commercio di trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie a rischio di estinzione. Ispirati dalla campagna #NotInMyWorld di HSI/Europe, che ha posto il problema al centro della discussione pubblica e politica, abbiamo oggi ripresentato al Senato un disegno di legge già depositato alla Camera, tanto nella scorsa quanto nella presente legislatura, perché siamo convinti che sia giunto il momento che anche l’Italia si unisca al crescente numero di paesi che adotta il divieto di importazione di trofei di caccia di animali in pericolo da paesi terzi.”

Tra il 2014 e il 2021, l’Italia ha importato legalmente ben 442 trofei di caccia provenienti da specie di mammiferi protette a livello internazionale, come ippopotami, rinoceronti neri, elefanti africani, leoni, leopardi, ghepardi, giaguari, orsi polari e moltissimi altri, nonostante la caccia al trofeo di questi animali sia fortemente osteggiata dal 88% della popolazione italiana.  L’Italia è risultata uno dei due Paesi ad aver importato un trofeo di tigre, uno dei cinque Paesi ad aver importato un trofeo di rinoceronte nero, il quinto Paese importatore di trofei di elefanti africani (107 trofei) e il primo Paese importatore di trofei di ippopotamo (160 trofei). Tra le specie importate risultano anche il leone, il leopardo, il ghepardo, il giaguaro, l’orso polare e altre ancora. Un quadro dettagliato sul ruolo dell’UE e dell’Italia nell’industria della caccia ai trofei è contenuto nel rapporto di HSI/Europe “I numeri della caccia al trofeo: Il ruolo dell’Unione europea nella caccia al trofeo a livello mondiale”.

Una proposta di legge dallo stesso tenore era già stata presentata nel 2021 da alcuni deputati del Movimento 5 Stelle con il supporto di HSI/Europe. A ottobre 2022, all’inizio della nuova legislatura, l’On. Brambilla ha ripresentato tale proposta di legge, nuovamente alla Camera. Oggi, il deposito del disegno di legge da parte della Senatrice Bevilacqua, nell’altro ramo del Parlamento, testimonia la rilevanza del tema anche a livello politico. In Italia, nell’ambito della campagna #NotInMyWorld di HSI/Europe, è stata lanciata una petizione per chiedere al Governo italiano di vietare l’importazione, esportazione e riesportazione dei trofei di caccia, che ad oggi ha raccolto quasi 50.000 firme.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe, afferma: “È del tutto incomprensibile e inaccettabile che il business insostenibile e crudele della caccia al trofeo goda ancora delle possibilità di offrire battute di caccia come attività ludica e di commerciare animali selvatici minacciati come oggetti, laddove altrimenti tali attività sarebbero proibite. HSI/Europe lo denuncia da anni e recenti indagini sotto copertura lo confermano. Non possiamo permettere che questo continui; la politica deve porre fine al massacro della fauna selvatica. La caccia al trofeo è attualmente sottoposta a intenso scrutinio politico in Europa, con divieti al commercio dei trofei di caccia già approvati o al vaglio di diversi Stati Membri. È giunto anche il momento per l’Italia di agire con responsabilità per porre fine a una pratica deleteria, anacronistica ed elitaria che non ha nulla a che vedere con la conservazione delle specie e della biodiversità. Per tale motivo, ci auguriamo una rapida calendarizzazione del testo, alla Camera o al Senato, per la discussione e, confidiamo, l’approvazione”.

Cronologia dell’attività politica in Italia:

Approfondimento:

  • Il 14 luglio il Consiglio dei Ministri del Governo federale belga ha approvato una proposta legislativa per l’introduzione di un divieto di importazione di trofei di caccia ottenuti da specie animali in via di estinzione. Il progetto di legge di Zakia Khattabi, Ministro del Clima, dell’Ambiente, dello Sviluppo sostenibile e del Green Deal, fa seguito al voto unanime del Parlamento federale del Belgio, che nel marzo 2022 ha appoggiato una risoluzione che chiedeva al Governo di porre un freno al rilascio di permessi di importazione di trofei per un’ampia lista di specie minacciate e in pericolo.
  • Il 21 giugno 2023 l’Assemblea francese ha adottato a stragrande maggioranza (113 voti a favore, un voto contrario) un emendamento che aiuterà in modo significativo le autorità doganali a limitare l’importazione in Francia di trofei di caccia di alcune specie animali in via di estinzione. Questo voto coincide con una nuova proposta legislativa di divieto presentata il 23 maggio scorso e si aggiunge alle restrizioni adottate nel 2015 all’importazione di trofei di leone.
  • Nel marzo 2023, i legislatori britannici della Camera dei Comuni hanno presentato una proposta di legge che vieterebbe l’importazione di trofei di caccia di oltre 6.000 specie regolamentate a livello internazionale, tra cui elefanti, rinoceronti e leopardi. Ildisegno di legge è attualmente all’esame della Camera dei Lord.
  • Nel 2022 la Finlandia ha vietato l’importazione di trofei di caccia di specie protette non provenienti dall’UE elencate nell’Allegato A e di 12 specie protette dell’Allegato B del Regolamento UE sul commercio della fauna selvatica.
  • Nel 2022 il Parlamento federale belga ha chiesto all’unanimità al Governo di interrompere immediatamente il rilascio di permessi di importazione di trofei di specie protette da specifiche normative commerciali internazionali.
  • Nel 2022 il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione che chiede di porre fine all’importazione nell’UE di trofei di caccia di specie protette.
  • Nel 2016, i Paesi Bassi hanno vietato l’importazione di trofei di oltre 200 specie.
  • L’inchiesta sotto copertura, rilasciata dalla testata italiana Kodami a giugno 2023, realizzata alla più grande fiera di caccia in Europa “Jagd&Hund” (Dortmund, Germania) da ulteriore conferma dell’ipocrisia che si cela dietro l’industria della caccia al trofeo ed evidenzia l’importanza di un divieto di importazione dei trofei di caccia.
  • Sempre più aziende del settore dei trasporti stanno implementando policy contro il trasporto di questi oggetti; qui un elenco di oltre 30 compagnie aeree, di trasporto e altre aziende del settore che lo hanno fatto.

FINE

Contatto:

Humane Society International / Europa


HSI

BRUXELLES—La Commissione Europea ha annunciato oggi un piano europeo per eliminare gradualmente i test per le sostanze effettuati sugli animali, ma non di proteggere il divieto UE sui test cosmetici sugli animali, in risposta all’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “Save Cruelty Free Cosmetics – Commit to a Europe Without Animal Testing” firmata da 1,2 milioni di cittadini europei.

Mentre le associazioni accolgono con favore il piano per eliminare definitivamente i test sugli animali per i prodotti chimici e le proposte a lungo termine per ridurre ed eliminare gradualmente l’uso degli animali nella ricerca e nell’istruzione, la Commissione ha scandalosamente ignorato gli appelli dei cittadini a mantenere il divieto di test cosmetici sugli animali, attualmente in vigore e introdotto nel 2009.

Nonostante questo divieto, i test sugli animali per le sostanze chimiche manipolate da chi opera nel settore o che possono essere rilasciate nell’ambiente sono ancora richiesti dal Regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals) per la registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche nell’UE. È inoltre preoccupante che gli aggiornamenti proposti al Regolamento REACH prevedano un aumento di test chimici sugli animali nei prossimi anni. Piuttosto che aspettare che i tribunali dell’UE risolvano la questione sulla base di un un caso attualmente in corso, le istanze dei cittadini devono essere immediatamente tenute in considerazione per prevenire ulteriori sofferenze degli animali.

Nel 2020, nell’UE e in Norvegia 7,9 milioni di animali hanno sofferto nei laboratori, tra cui conigli, topi, gatti e cani. Le sostanze vengono fatte ingoiare loro con la forza, vengono infettati con malattie debilitanti, subiscono danni cerebrali attraverso interventi chirurgici, sono manipolati geneticamente, esposti a dolore acuto e utilizzati in programmi di riproduzione che perpetuano questo ciclo di sofferenza. Sebbene la Commissione stia esplorando azioni per accelerare lo sviluppo e l’uso di metodi senza animali, questi non costituiscono la riforma radicale richiesta dai cittadini dell’UE tramite l’ICE.

L’ICE è stata lanciata ad agosto 2021 dalle organizzazioni per la protezione degli animali Cruelty Free Europe, Eurogroup for Animals, European Coalition to End Animal Experiments, Humane Society International/Europe e People for the Ethical Treatment of Animals, con il sostegno dei brand The Body Shop e Dove. L’ICE ha chiesto il rafforzamento e la protezione dell’attuale divieto di test cosmetici sugli animali, la trasformazione della normativa sulle sostanze chimiche per porre fine ai test sugli animali, un impegno a eliminare gradualmente tutti i test sugli animali in Europa.

Gli impegni positivi assunti dalla Commissione in risposta all’ICE includono quanto segue:

  • Sviluppare una tabella di marcia per porre fine a tutti i test sugli animali, obbligatori per prodotti chimici industriali, pesticidi, biocidi e medicinali per uso umano e veterinario;
  • Esplorare la creazione di un comitato scientifico di esperti per fornire consulenza sullo sviluppo e l’adozione di approcci senza animali;
  • Proporre un’azione da parte della European Research Area, per coordinare le politiche nazionali volte a sostituire l’uso di animali nei laboratori e accelerare lo sviluppo e l’attuazione di metodi senza animali;
  • Organizzare uno o più seminari con esperti per determinare le aree di ricerca prioritarie in futuro, al fine di accelerare la transizione verso una scienza senza animali.

I cittadini ora si aspettano che tutti i soggetti coinvolti si adoperino per garantire che le misure suggerite dalla Commissione abbiano un impatto significativo. Gli organizzatori dell’ICE continueranno a monitorare e sostenere ulteriori misure, ove necessario.

Sabrina Engel, Presidente del comitato organizzatore dell’ICE, afferma: “I cittadini europei hanno ribadito che la sperimentazione sugli animali non ha posto nella società moderna. Mentre accogliamo con favore le azioni positive per sostituire l’uso di animali nella sperimentazione e nei test chimici, condanniamo fermamente la Commissione per non aver posto fine alla sofferenza di migliaia di animali utilizzati nei test cosmetici. La Commissione deve ora proporre modifiche significative alla normativa e alle politiche esistenti per indirizzare gli Stati Membri, le autorità di regolamentazione e gli organismi di valutazione sulla strada verso l’eliminazione gradualmente tutti i modi in cui vengono impiegati gli animali nei laboratori. Pertanto, chiediamo a tutti gli attori coinvolti di perseguire gli obiettivi dell’ICE.”

FINE

Note

  • Briefing sull’ICE “Save Cruelty Free Cosmetics – Commit to a Europe without Animal Testing”.
  • Questa è la seconda ICE sul tema che ha superato il milione di firme, dopo “Stop Vivisection” nel 2015, e una di nove ICE che ha avuto successo su oltre 100 presentate.
  • Nel 2020, nell’UE e in Norvegia, sono stati utilizzati 7,9 milioni di animali per esperimenti o per la riproduzione e il mantenimento di animali geneticamente modificati. Altri 10 milioni di animali vengono tenuti in gabbia senza essere utilizzati in procedure o vengono impiegati come parte della catena di approvvigionamento dei laboratori, sia per la riproduzione sia affinché le loro parti del corpo possano essere utilizzate negli esperimenti.
  • Ai fini dell’adempimento dei requisiti REACH, si stima che 4,2 milioni di animali siano stati utilizzati o saranno presto utilizzati in analisi sistemiche di tossicità (Knight et al. 2023).

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

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