International Fund for Animal Welfare, Eurogroup for Animals e Humane Society International/Europe avvertono che la decisione del Comitato Permanente della Convenzione di Berna rappresenta un pericoloso passo indietro per la biodiversità
Humane Society International / Europa
BRUXELLES, Belgio—La decisione odierna del Comitato Permanente della Convenzione di Berna di ridurre la tutela del lupo rappresenta un pericoloso passo indietro per la biodiversità e stabilisce un preoccupante precedente per la conservazione della fauna selvatica in Europa, secondo diverse organizzazioni per la protezione degli animali.
Riunitosi a Strasburgo questa settimana, il Comitato ha deciso di riclassificare il lupo da “strettamente protetto” a “protetto” ai sensi della Convenzione di Berna. L’International Fund for Animal Welfare (IFAW), Eurogroup for Animals e Humane Society International/Europe avvertono che questa scelta, dettata da motivazioni politiche, mina decenni di progressi, lenti ma costanti, nel recupero della specie.
“Questa decisione ignora la scienza e apre la porta a interferenze politiche negli sforzi di conservazione”, ha dichiarato Ilaria Di Silvestre, Direttrice delle Politiche e dell’Advocacy per l’Europa dell’IFAW. “Il lupo è ancora in pericolo in molte parti d’Europa e indebolire la sua protezione porterà solo a ulteriori conflitti e metterà a rischio la sua ripresa”.
La Dottoressa Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Humane Society International/Europe, ha aggiunto: “La decisione dell’UE di limitare le protezioni legali per i lupi stabilisce un pericoloso precedente per altre specie europee, come orsi e linci. Tutte le decisioni relative allo status di protezione delle specie selvatiche devono basarsi su prove scientifiche solide. Invece, le decisioni sui lupi sono chiaramente guidate dalla convenienza politica e riescono solo a compiacere gruppi di interesse, come i cacciatori, che preferiscono ricorrere ai fucili, anziché lavorare sulla convivenza con i grandi carnivori”.
Sebbene il lupo sia in fase di ripresa in alcune parti d’Europa, sei delle nove popolazioni di lupo europee restano classificate come “quasi minacciate” o “vulnerabili”. I conservazionisti sottolineano che le misure di protezione sono fondamentali per garantire che la specie raggiunga e mantenga uno stato di conservazione favorevole. Se fosse trasferito nella legislazione dell’Unione Europea, il declassamento dello status di protezione del lupo permetterebbe una maggiore flessibilità nella caccia, ma l’esperienza e le prove scientifiche hanno dimostrato che l’abbattimento è una soluzione inefficace per ridurre gli attacchi agli animali domestici, a differenza delle misure preventive attuate con successo da molti agricoltori in tutta l’UE.
Léa Badoz, Responsabile del Programma Fauna Selvatica di Eurogroup for Animals, ha commentato: “Il lupo rappresenta purtroppo l’ultima pedina politica, vittima di disinformazione. Ridurre la protezione non risolverà le sfide legate alla convivenza, né aiuterà gli agricoltori. Questa scelta si basa su malintesi e minaccia i lupi, senza fornire un reale supporto agli agricoltori e alle comunità locali, molte delle quali sono favorevoli alla convivenza con il lupo. Le misure di coesistenza già sperimentate devono rappresentare la priorità, e l’UE dovrebbe sostenerle finanziariamente”.
Le tre organizzazioni si impegnano a promuovere la convivenza con la fauna selvatica e a monitorare attentamente eventuali cambiamenti successivi alla Direttiva Habitat dell’UE, per garantire che la protezione delle specie europee non venga ulteriormente compromessa.
Quest’anno, i doni solidali di Humane Society International/Europe contribuiscono a tutelare gli animali più bisognosi e a promuovere la sostenibilità sociale e ambientale
Humane Society International / Europa
ROMA—Ciascuno di noi ha il potere di “dare un taglio alla crudeltà” nei confronti degli animali: “Cut the Cruelty” è il tema della campagna di Natale 2024 di Humane Society International/Europe che, grazie alla collaborazione con l’azienda vietnamita Bobi Craft, offre a ognuno di noi la possibilità di contribuire alla tutela di tutti gli animali tramite la scelta di doni solidali realizzati all’uncinetto in Vietnam.
Nata dalla volontà di promuovere l’arte dell’artigianato, sostenendo al contempo le comunità più povere e svantaggiate, Bobi Craft conta oggi 400 dipendenti, di cui il 98 per cento è rappresentato da donne e il 20 per cento da persone con disabilità. Cane, coniglio, foca, leone, pecora e volpe: che li si voglia regalare ai propri cari o appendere al proprio albero di Natale, tutti gli animaletti crochet sono confezionati a mano da artigiani e artigiane del Vietnam, alcuni dei quali appartenenti alle fasce più vulnerabili della popolazione, utilizzando cotone biologico e materiali riciclati.
La scelta delle specie non è casuale: ognuna di esse rappresenta una delle campagne di Humane Society International, e ciascun animaletto contribuisce simbolicamente a salvare tutti i suoi simili, che si tratti dei cani e dei gatti macellati per la loro carne o dei conigli impiegati nella sperimentazione animale; dei cuccioli di foca cacciati nel Canada settentrionale o dei leoni coinvolti nel commercio illegale di fauna selvatica; degli agnelli e degli altri animali confinati negli allevamenti o delle volpi uccise per la loro pelliccia.
HSI si batte da oltre venticinque anni per migliorare il rapporto uomo-animale, anche sulla base del principio “One Health”, secondo cui la salute dell’ambiente, degli esseri umani e delle altre specie sono strettamente collegate. Nell’ultimo anno, ha lavorato duramente per mettere in salvo gli animali colpiti dagli eventi meteorologici estremi, sempre più frequenti e intensi a causa della crisi climatica: la sua squadra di soccorso è intervenuta in aiuto della fauna selvatica e degli animali allevati e da affezione che si sono trovati a fronteggiare fenomeni come incendi, inondazioni e uragani. È intervenuta anche nelle zone di conflitto, fornendo assistenza vitale a più di 300mila animali dall’inizio della guerra in Ucraina.
HSI ha concorso inoltre all’approvazione, da parte del Parlamento sudcoreano, di un divieto che porrà fine all’allevamento di cani per la produzione di carne in Corea del Sud entro il 2027. Solo nell’ultimo mese, ha salvato sedici cani da una struttura che fungeva da macello e ristorante in una remota regione a sud del Vietnam, occupandosi della riabilitazione psicofisica degli animali e sostenendo la transizione del proprietario verso un nuovo modello di business, grazie al programma Models for Change.
Chiunque desideri contribuire all’ottenimento di risultati come questi, può farlo anche scegliendo di regalarsi o regalare gli altri doni solidali che sono disponibili sulla piattaforma di e-commerce dell’organizzazione: si spazia dalle decorazioni natalizie plastic-free, in cartone stampato su entrambi i lati, alla ciotola da viaggio pieghevole, lavabile e a basso impatto ambientale, passando per i foulard realizzati al 100 per cento in cotone Made in Italy da Calabrese 1924, disponibili in una serie di fantasie diverse che vedono come protagonisti cani e gatti multicolore.
Con ogni acquisto, l’acquirente o il destinatario del regalo riceverà una lettera personalizzata di HSI che attesterà l’impegno reale per gli animali e l’ambiente. Ogni regalo contribuisce a tutelare tutti gli animali da qualunque forma di crudeltà e diventa un dono per quelli più bisognosi, che necessitano di aiuti concreti come cibo, trasporti sicuri, cure veterinarie e terapie di riabilitazione.
“Anche durante il periodo delle feste, con i nostri regali solidali, è possibile restare vicini agli animali, ovunque si trovino nel mondo, scegliendo un regalo che è soprattutto una testimonianza di amicizia, rispetto e amore verso i meno fortunati”, ha dichiarato Rosaclelia Ganzerli, Individual Giving Director di Humane Society International/Europe. “Ciascuno degli amigurumi (letteralmente, ‘animali all’uncinetto’) rappresenta una vita vera, un amico che conta su di noi. Più ne scegliamo, più grande sarà l’impatto del nostro aiuto. È un modo speciale per ricordare che gli animali sono amici fedeli e preziosi, e che insieme possiamo dare loro il futuro che meritano”.
A questo link è possibile visionare le foto degli amigurumi e delle specie animali che rappresentano. Si prega di inviare una mail a escuri@hsi.org per il download.
Humane Society International/Europe e Fondazione Cave Canem ETS accolgono in maniera particolarmente positiva le norme riguardanti il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani
Humane Society International / Europa
ROMA—Humane Society International/Europe e Fondazione Cave Canem ETS accolgono favorevolmente la prima approvazione, da parte della Camera dei Deputati, della proposta di legge (pdl) AC 30. La proposta, approvata il 20 novembre 2024, ha come prima firmataria e relatrice l’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, e ha l’obiettivo di introdurre “modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l’integrazione e l’armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali”.
Una delle novità più rilevanti della pdl – che, per divenire legge, dovrà essere approvata anche dal Senato della Repubblica – consiste nella modifica del titolo IX bis del codice penale: l’attuale versione “Dei delitti contro il sentimento dell’uomo per gli animali” si trasformerà nella nuova formula “Dei delitti contro gli animali”. Tale modifica, in linea con l’inserimento della tutela degli animali come esseri senzienti nella Costituzione italiana, identifica gli stessi come le parti lese in caso di reato.
HSI/Europe e Fondazione Cave Canem, organizzazioni ideatrici del progetto IO NON COMBATTO, volto a prevenire e contrastare i combattimenti tra cani, accolgono in maniera particolarmente positiva le nuove norme riguardanti tale fenomeno criminoso. È previsto, in particolare, un aumento delle pene per la violazione del divieto di combattimenti o di competizioni non autorizzate tra animali (art. 544 quinquies del codice penale): la pena detentiva aumenta da un minimo di un anno a un minimo di due anni e da un massimo di tre a un massimo di quattro anni. Sarà punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5mila a 30mila euro anche chi partecipa a qualsiasi titolo a tali attività criminali.
Inoltre, le misure di prevenzione previste dal codice antimafia potranno essere applicate anche ai soggetti che si dedicano abitualmente all’organizzazione di combattimenti tra animali e spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali (a esclusione di quelli regolamentati da leggi speciali come l’attività circense, i giardini zoologici e le manifestazioni storiche e culturali). Infine, gli animali sequestrati, anche per quanto riguarda quelli a vario titolo coinvolti nei combattimenti, potranno essere affidati definitivamente a enti o cittadini capaci di garantirne il benessere prima della conclusione dei procedimenti penali.
“Questo risultato va a consolidare il lavoro che stiamo portando avanti da ormai quattro anni in collaborazione con le Forze di polizia, la Magistratura e i rappresentanti del mondo accademico – dichiarano Alessandro Fazzi, Consulente rapporti istituzionali di HSI/Europe e Federica Faiella, Presidente della Fondazione Cave Canem – e costituisce anche un forte segnale della percezione che si ha del combattimento tra animali, quale parte di un circuito criminale dal forte connotato di pericolosità sociale, causa di sofferenze psicofisiche per gli animali coinvolti, nonché fonte di devianza minorile. Confidiamo che, nel corso dell’iter di approvazione della Legge di bilancio 2025, vengano approvati anche gli emendamenti ispirati alla nostra campagna relativi alla formazione delle Forze di polizia e alla riabilitazione degli animali coinvolti, due passi fondamentali per una vera implementazione delle norme”.
Anche l’On. Michela Vittoria Brambilla sottolinea che: “La formazione specialistica dei Carabinieri forestali e la riabilitazione psicofisica degli animali sequestrati o confiscati sono due pilastri della politica di contrasto all’odioso reato di organizzazione di combattimenti tra animali, in particolare tra cani. Il terzo è l’aumento delle pene, con estensione della punibilità ai semplici spettatori, previsto dal testo della pdl AC 30, di cui sono prima firmataria e relatrice. Mi auguro che sia tenuta nella dovuta considerazione l’esigenza di fermare un’attività non solo pericolosissima e letale per gli animali, vittime innocenti, ma indissolubilmente legata agli stessi gruppi criminali che si arricchiscono con il traffico di droga e il gioco illegale. Quelli che ci proponiamo di finanziare con l’emendamento sono investimenti indispensabili per salvare gli animali e metter fine a queste barbare competizioni, indegne di un Paese civile”.
L’AC 30 prevede, tra l’altro, un inasprimento delle pene per l’uccisione di animali “per crudeltà o senza necessità” (articolo 544 bis del codice penale). In particolare, la pena passa da un minimo di quattro mesi di reclusione a un minimo di sei mesi, e da un massimo di due anni di reclusione a un massimo di tre anni – che possono diventare quattro “se il fatto è commesso adoperando sevizie o prolungando volutamente le sofferenze dell’animale”. Viene inoltre introdotta una sanzione pecuniaria compresa fra 5mila e 60mila euro.
Inoltre, prevede l’inasprimento delle pene per il maltrattamento di animali e il traffico di cuccioli, mentre aumenta il valore delle sanzioni pecuniarie per l’organizzazione di spettacoli e manifestazioni vietati e per l’abbandono e detenzione degli animali in condizioni incompatibili. La condotta di tenere i cani alla catena, spesso connessa ai combattimenti e finora vietata solo da alcune leggi regionali, diventa illecito a livello nazionale, tranne nel caso in cui sia imposta “da documentate ragioni sanitarie, o da temporanee esigenze di sicurezza”.
FINE
Contatti stampa
Elisabetta Scuri, Media & Communications Manager Italy, HSI/Europe. escuri@hsi.org
Oggi a Roma la conferenza stampa sull’emendamento alla Legge di bilancio 2025 per un segno distintivo che identifichi i prodotti da filiere senza gabbie, considerato però inammissibile dalla Commissione Bilancio
Humane Society International / Europa
ROMA—“Sì alla trasparenza, no alle gabbie, sì al segno distintivo cage-free” è l’appello che alcune associazioni – Animal Equality Italia, Animal Law Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAV, Legambiente e LNDC Animal Protection – a nome della coalizione italiana End the Cage Age1 hanno rivolto al Parlamento, durante la conferenza stampa tenutasi presso la Sala stampa della Camera dei Deputati, dal titolo “La fine delle gabbie: opportunità e sfide per sostenere la transizione del settore zootecnico in Italia”.
Presenti diversi parlamentari delle forze di opposizione che si sono uniti alla richiesta della creazione di un segno distintivo “cage-free” (“senza gabbie”) per tutte le specie allevate nell’ambito della specifica etichettatura relativa al “Sistema di qualità nazionale per il benessere animale” (SQNBA2) che sarà sul mercato dall’anno prossimo.
La certificazione “cage-free” darebbe rilievo positivo ai prodotti provenienti da sistemi che non fanno uso di gabbie, riconoscendo l’impegno delle numerose aziende agroalimentari – tra cui molte italiane – che stanno eliminando gradualmente le gabbie dalle loro filiere3. Sono già oltre 1.400 le aziende alimentari europee che si sono impegnate a non utilizzare le gabbie per l’allevamento delle galline impiegate nell’industria delle uova e ben oltre la metà di queste aziende ha già realizzato i propri impegni per vendere o utilizzare solo uova cage-free anche per i prodotti confezionati, mentre altre si sono impegnate a eliminare le gabbie per l’allevamento di scrofe e conigli4. In Italia, tre importanti produttori del settore suinicolo hanno preso impegni pubblici e concreti per eliminare le gabbie per le scrofe dalle proprie filiere, generando un impatto economico positivo e allargando le possibilità per l’export del Made in Italy verso mercati esteri ed europei che presentano standard più elevati, come Regno Unito e Svezia.
I parlamentari presenti hanno raccolto questa istanza presentando un apposito emendamento alla Legge di bilancio 2025, con cui si chiede l’introduzione di un chiaro segno distintivo “cage-free” all’interno dell’attuale sistema di certificazione SQNBA per valorizzare il sistema produttivo italiano che ha già fatto investimenti. Tuttavia, la Commissione Bilancio ha dichiarato l’emendamento inammissibile.
“Siamo sorpresi e sconcertati che l’emendamento per la creazione del bollino ‘cage-free’ sia stato dichiarato inammissibile” – dichiarano le associazioni. “Sarà stata una svista o un mero errore formale, sarebbe inspiegabile perdere l’occasione, a costo quasi zero, per migliorare le condizioni degli animali allevati e, soprattutto, far uscire dal buio e dall’anonimato l’impegno delle tante aziende agroalimentari italiane che stanno eliminando gradualmente le gabbie dalle loro filiere. Per far ciò queste aziende hanno compiuto investimenti a proprie spese e il minimo che Parlamento e Governo possono fare è permettere loro di rendere riconoscibili i loro prodotti da quelli che invece arrivano da animali in gabbia. Questa svista non chiude la questione, ci attendiamo che la battaglia politica per il riconoscimento di questo importante strumento di giustizia e trasparenza venga, con eventuali modifiche, raccolta e vinta da tutto il Parlamento sin da questa Legge di bilancio”.
Dopo il saluto del Vicepresidente della Camera On.le Sergio Costa, sono intervenuti le deputate On. Eleonora Evi (PD) e On. Giulia Pastorella (Azione), e i deputati On. Alessandro Caramiello (M5S) e On. Devis Dori (AVS), con la moderazione di Cristina Del Tutto, Direttrice di Radio Parlamentare. Era presente anche l’On. Benedetto Della Vedova (+Europa), fra i firmatari dell’emendamento.
In Europa, ogni anno oltre 300 milioni di animali allevati a fini alimentari – di cui almeno 40 milioni in Italia – trascorrono ancora tutta la vita o gran parte della vita in gabbia. Gli animali tenuti in gabbia sono rinchiusi in ambienti spogli, in condizioni di sovraffollamento o di totale privazione di contatti sociali, incapaci di girarsi su loro stessi o di esprimere anche i più basilari comportamenti naturali della specie. La ricerca scientifica dimostra che le gabbie sono gravemente dannose per il benessere degli animali: posizione da cui non si discostano, ma anzi confermano, i più recenti pareri scientifici dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare5 (EFSA).
Tuttavia, mentre a livello normativo europeo le cose, anche se lentamente, si stanno muovendo6, la transizione verso sistemi senza gabbie da parte delle aziende del settore alimentare è già iniziata; riflesso, questa, anche della sensibilità dei cittadini-consumatori sul tema.
In occasione della conferenza stampa è stata proiettata la recentissima video-inchiesta realizzata da Compassion in World Farming (CIWF) in alcuni allevamenti di conigli italiani e polacchi. Immagini sconvolgenti, che hanno mostrato le drammatiche condizioni in cui vive la stragrande maggioranza dei 14 milioni di conigli allevati.
In Italia, cresce l’interesse pubblico verso il benessere animale, come dimostrano l’Eurobarometro 2023 – secondo cui il 93% dei cittadini italiani ritiene importante che gli animali allevati abbiano spazio sufficiente per muoversi, sdraiarsi e alzarsi – e il sondaggio realizzato da Youtrend/Quorum per la campagna Vote4Animals, in vista delle elezioni europee dello scorso giugno, secondo cui 3 su 4 persone vorrebbero la fine delle crudeli pratiche diffuse negli allevamenti intensivi.
On. Sergio Costa dichiara: “La vita in gabbia per gli animali è veramente pesante e contrasta con tutti i principi di benessere animale, costringendoli ad uno straziante ergastolo. Saremmo felici se questo diventasse un emendamento governativo, è una speranza, forse un’utopia, ma è quella che seguiamo, quella di un futuro senza gabbie”.
On. Eleonora Evi (PD) afferma: “Siamo riusciti a mettere sullo stesso tavolo tutte le opposizioni, che hanno presentato insieme questo emendamento, che chiede una cosa semplice e chiara: riempire di significato la certificazione SQNBA che attualmente è una scatola vuota. Un’etichetta distintiva consentirebbe la possibilità di scelta ai consumatori e sosterrebbe quegli allevatori che la transizione a sistemi non in gabbia l’hanno già fatta”.
On. Giulia Pastorella (Azione) dice: “Condividiamo l’importanza di riconoscere lo sforzo di tutti quegli allevatori che hanno già investito in sistemi senza gabbie. È importante evitare fenomeni di ‘cage-free washing’ per spingere sempre più aziende a intraprendere una vera transizione verso sistemi senza gabbie e i consumatori a fare scelte consapevoli”.
On. Alessandro Caramiello (M5S) aggiunge: “Questo Governo non è né animalista né ambientalista, perciò sono scettico. Ci vuole una rivoluzione culturale, anche alimentare: si mangia troppa carne. Bisogna fare capire ai cittadini e alle aziende – che vanno accompagnate nella transizione – che gli animali non possono essere tenuti in queste condizioni”.
On. Devis Dori (AVS) dichiara: “Ringrazio tutte le associazioni animaliste, che sono uno stimolo e un importante pungolo per la politica, che spesso se non sente il fiato sul collo resta ferma. È importante creare sinergia, tra le associazioni, i partiti di opposizione, e anche la maggioranza: oltre a chiedere uno stop alle gabbie negli allevamenti per tutti gli animali, auspico che si possano marginalizzare le lobby che sono alla ricerca del mero profitto e non del benessere animale come i cacciatori e gli allevamenti intensivi”.
“È urgente istituire il segno distintivo cage-free all’interno della nuova etichettatura sul benessere animale che altrimenti risulterebbe veramente vuota di significato. I consumatori hanno diritto alla trasparenza e alle aziende virtuose deve venire riconosciuto il valore aggiunto (e il vantaggio competitivo) di allevare senza le crudeli gabbie”, concludono le associazioni.
A questo link è possibile scaricare le immagini dell’evento e altri materiali utili.
FINE
NOTE AI MEDIA
La coalizione italiana End the Cage Age è formata da: Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, HSI/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus.
In Italia, a novembre 2022, è stato introdotto il “Sistema di qualità nazionale benessere animale” (SQNBA) con l’obiettivo di “qualificare la gestione del processo di allevamento degli animali destinati alla produzione alimentare, distinti per specie, orientamento produttivo e metodo di allevamento, compresa la gestione delle emissioni nello stabilimento” (art. 1, co. 1, decreto SQNBA).
Nel 2021, dieci aziende alimentari leader in Europa hanno espresso il loro appoggio all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age inviando una lettera congiunta alla Commissione Europea e ai parlamentari europei, sostenendo la richiesta dell’Iniziativa di eliminare gradualmente le gabbie.
Nei suoi ultimi pareri scientifici sul benessere degli animali, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha raccomandato di non utilizzare più le gabbie per galline ovaiole, scrofe da riproduzione, quaglie e anatre per tutelare il benessere di queste specie.
Il 5 settembre è stato pubblicato il report frutto del Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura dell’UE, nel quale si esorta la Commissione a presentare entro il 2026 le proposte per realizzare la promessa eliminazione delle gabbie dagli allevamenti europei. Inoltre, in occasione delle audizioni parlamentari per i ruoli nel nuovo esecutivo UE, il Commissario candidato a Salute e benessere animale ha dichiarato di volersi occupare di questo tema quanto prima.
Nel 2021, in risposta all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, che aveva raccolto con successo oltre 1,4 milioni di firme certificate attraverso l’impegno di oltre 170 associazioni europee, la Commissione UE aveva assunto un chiaro impegno formale a presentare entro la fine del 2023 una proposta legislativa per vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti europei. Tuttavia, l’esecutivo UE non ha ancora tenuto fede all’impegno preso.
Purtroppo, rende noto Humane Society International/Europe, l’emendamento sui trofei di caccia è stato giudicato inammissibile
Humane Society International / Italia
ROMA—Contrasto dei combattimenti tra animali, in particolare tra cani, e divieto di importazione di trofei di caccia di specie animali minacciate di estinzione: questi i punti principali dei tre emendamenti alla Legge di bilancio 2025 sostenuti da Humane Society International/Europe a prima firma dell’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali; dell’On. Sergio Costa, Vicepresidente della Camera e dello stesso Intergruppo, e dell’On. Susanna Cherchi, membro dell’Intergruppo.
Solo gli emendamenti 82.0180 e 119.03, contenenti disposizioni volte alla “formazione dei Carabinieri” e al “contrasto dei combattimenti tra animali”, sono stati giudicati ammissibili e saranno presi in esame dal Parlamento. I due emendamenti, rispettivamente a firma dei deputati Cherchi, Carmina, Costa, Dell’Olio, Donno e Torto e dei deputati Brambilla, Costa, Longi, Evi e Dalla Chiesa, prendono spunto dal progetto IO NON COMBATTO, ideato da Humane Society International/Europe e Fondazione Cave Canem Onlus con l’obiettivo di contrastare il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani, già vietati in Italia dall’articolo 544 quinquies del codice penale.
Entrambi propongono, nello specifico, lo stanziamento di € 150.000 per la formazione specialistica del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri, e di € 350.000 per coprire i costi di custodia e di riabilitazione psicofisica degli animali sequestrati o confiscati a seguito del loro coinvolgimento nelle suddette attività criminali, nonché affetti da problematiche comportamentali.
Quello del combattimento tra animali, in particolare tra cani, è un fenomeno che risulta spesso associato al traffico di stupefacenti e al gioco d’azzardo, che incide in maniera profondamente negativa sul benessere psicofisico delle specie e delle razze coinvolte—in particolare, gli American Pit Bull Terrier—e che può coinvolgere anche cittadini minorenni, portandoli a sviluppare insensibilità verso la sofferenza degli animali, entusiasmo per la violenza e mancanza di rispetto per la legge.
“La formazione specialistica dei Carabinieri forestali e la riabilitazione psicofisica degli animali sequestrati o confiscati sono due pilastri della politica di contrasto all’odioso reato di organizzazione di combattimenti tra animali, in particolare tra cani. Il terzo è l’aumento delle pene, con estensione della punibilità ai semplici spettatori, previsto dal testo della pdl AC30, di cui sono prima firmataria e relatrice. Mi auguro che sia tenuta nella dovuta considerazione l’esigenza di fermare un’attività non solo pericolosissima e letale per gli animali, vittime innocenti, ma indissolubilmente legata agli stessi gruppi criminali che si arricchiscono con il traffico di droga e il gioco illegale. Quelli che ci proponiamo di finanziare con l’emendamento sono investimenti indispensabili per salvare gli animali e metter fine a queste barbare competizioni, indegne di un Paese civile”, ha dichiarato l’On. Michela Vittoria Brambilla.
Anche l’emendamento 82.0202, giudicato inammissibile per “estraneità di materia”, avrebbe previsto lo stanziamento di fondi da destinare alla formazione e all’addestramento delle Forze di polizia, finalizzati in questo caso “al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di specie di fauna e flora minacciate di estinzione”. Tale emendamento, a firma dei deputati Costa, Cherchi, Caramiello, Carmina, Dell’Olio, Donno, Torto, Fontana, L’Abbate, Morfino e Santillo, avrebbe inoltre previsto l’introduzione di un “divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia” di specie minacciate di estinzione, accanto a specifiche pene da comminare ai trasgressori.
“Siamo contrariati dalla decisione di inammissibilità sull’emendamento che introduceva il divieto di importazione dei trofei di caccia di specie a rischio estinzione. Purtroppo questo non ci sorprende, visto l’atteggiamento di gran parte della maggioranza verso la tutela degli animali in generale e sul tema in particolare. La nostra battaglia sul tema proseguirà, proveremo a ripresentare l’emendamento alla prima occasione utile. Chiediamo che i partiti di Governo siano disposti ad ascoltarci, anche rispetto alle altre proposte per la tutela degli animali presentate alla Legge di bilancio”, ha dichiarato l’On. Sergio Costa.
Fra il 2013 e il 2022, l’Unione Europea ha importato trofei di caccia provenienti da oltre 27.000 animali appartenenti a specie protette dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), posizionandosi come il secondo importatore mondiale dopo gli Stati Uniti d’America. L’Italia, nello stesso periodo, ha importato 492 trofei, appartenenti a specie come l’elefante africano, l’orso polare, il rinoceronte nero, il leone e il leopardo.
Con la campagna #NotInMyWorld, HSI/Europe mira a sensibilizzare Governi e aziende sul tema. La pratica della caccia al trofeo non contribuisce né al sostentamento delle comunità locali, cui viene destinata solo un’infinitesima parte delle entrate, né alla conservazione degli ambienti naturali: al contrario, mette a rischio interi ecosistemi, in cui l’equilibrio fra erbivori e carnivori è fondamentale. L’ecoturismo è un’alternativa più sostenibile e più redditizia, capace di generare risorse e posti di lavoro per sostenere la conservazione e l’occupazione locale.
“Abbiamo accolto con grande favore la presentazione, anche a questa Legge di bilancio, di questi emendamenti, da parte di un largo numero di deputati e deputate di differenti partiti, anche di maggioranza”, ha concluso Alessandro Fazzi, Consulente rapporti istituzionali di Humane Society International/Europe. “Per quanto riguarda il fenomeno dei combattimenti tra cani, legato ad altre pratiche criminali come il traffico di stupefacenti e il gioco d’azzardo, esso ha effetti devastanti sia sugli animali coinvolti sia sul tessuto sociale, soprattutto per le giovani generazioni. L’approvazione degli emendamenti che prevedono fondi specifici volti al suo contrasto rappresenterebbe un passo concreto verso la protezione degli animali. Purtroppo, invece, il Presidente della V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) della Camera dei Deputati ha giudicato inammissibile l’emendamento relativo all’importazione ed esportazione di trofei di caccia di specie animali a rischio estinzione. Siamo delusi, poiché il divieto di importazione ed esportazione dei trofei di caccia di specie minacciate avrebbe rappresentato un segnale forte e necessario per porre fine a pratiche che mettono a rischio l’equilibrio degli ecosistemi e vanificano gli sforzi per la conservazione”.
Le associazioni: «L’ennesima riprova del “malessere animale” nei sistemi in gabbia italiani ed europei. L’UE deve fare la sua parte, e presentare la proposta di divieto al più presto possibile»
Humane Society International / Europa
ROMA—Una nuova video-inchiesta realizzata da Compassion in World Farming e resa pubblica ieri dalla coalizione italiana End the Cage Age, di cui fa parte anche Humane Society International/Europe, punta ancora una volta i riflettori sulle sofferenze patite dagli animali allevati a scopo alimentare in gabbia e, con esse, la necessità di un divieto a livello europeo che metta fine a questo sistema crudele e obsoleto.
La pubblicazione della video-inchiesta avviene in concomitanza con un passaggio fondamentale per il nuovo esecutivo europeo: l’avvio delle udienze a Bruxelles per la nomina dei nuovi Commissari, inclusi quelli chiamati in causa sul tema dell’allevamento in gabbia. La Commissione UE – fanno appello le associazioni – deve tener fede alla parola data e presentare il promesso divieto dell’utilizzo delle gabbie nell’allevamento.
Le sconvolgenti immagini, filmate in allevamenti italiani e polacchi, mostrano conigli in gabbie così piccole da impedire loro di allungare completamente le zampe, che masticano disperatamente le grate in un gesto di frustrazione, e altri costretti a condividere il poco spazio con altri esemplari morti.
Anche negli allevamenti italiani gli investigatori hanno trovato conigli stipati in piccole gabbie sovraffollate, senza sufficiente spazio in altezza. In un allevamento, poi hanno assistito a parte della inquietante procedura per la raccolta del seme per l’inseminazione artificiale, che consisteva anche nel forzare un coniglio maschio a rapporti sessuali con un suo compagno. A quanto affermato dall’allevatore, si trattava di una pratica per “scaldare” i maschi.
In un altro caso, gli investigatori hanno osservato due tipi di gabbie cosiddette “arricchite”. Sebbene queste avessero più spazio in verticale e in orizzontale, erano comunque troppo piccole per permettere ai conigli di fare salti consecutivi, il che è un elemento essenziale per garantire loro condizioni di vita più rispettose. In più, la maggior parte delle gabbie aveva comunque la pavimentazione metallica e mancava di arricchimenti ambientali come gli elementi masticabili, cruciali per il benessere psicofisico dei conigli. Le gabbie “arricchite”, seppure rappresentino un minimo miglioramento rispetto alle gabbie “convenzionali”, non rispettano le esigenze di benessere dei conigli.
Le immagini mostrano conigli:
stipati in gabbie così piccole da non potersi allungare, saltare o sollevare sulle zampe posteriori, tutti comportamenti naturali fondamentali altamente motivati;
confinati in gabbie individuali, nonostante siano animali sociali;
morti o malati, che giacevano senza vita con le orecchie rosicchiate o incapaci di sollevare la testa accanto ai conigli vivi;
privi di materiali da rosicchiare per limare i denti in costante crescita, spinti così a masticare le grate della gabbia o le orecchie dei compagni;
stabulati su scomode pavimentazioni di rete metallica, con conseguenti ferite alla cute, piaghe sulle zampe o lesioni ai garretti;
(in due allevamenti) che ansimavano per via delle alte temperature;
(in un allevamento) con la gran parte del loro corpo privo di pelliccia, probabilmente per via di una parassitosi o un’infezione.
In Italia nel 2023 sono stati macellati 14,5 milioni di conigli, la stragrande maggioranza dei quali proveniente da allevamenti intensivi in gabbia.
Ma ciò che è stato osservato dagli investigatori in Italia e Polonia è rappresentativo delle condizioni della maggior parte degli allevamenti di conigli in tutta l’UE, in cui non sono tutelate neanche le più basilari necessità comportamentali dei conigli.
Purtroppo, a causa del ritardo della Commissione Europea nel vietare l’allevamento in gabbia e dell’assenza di leggi specie-specifiche che proteggano il benessere dei conigli allevati nell’UE, queste riprese ritraggono condizioni di allevamento agghiaccianti, ma perfettamente legali.
In Europa, ogni anno vengono macellati circa 77 milioni di conigli*. Si stima che il 90% di essi sia allevato in gabbia, compresa la quasi totalità degli esemplari impiegati nella riproduzione.
Nel 2021, in risposta all’Iniziativa dei cittadini europei End the Cage Age, che aveva raccolto con successo oltre 1,4 milioni di firme certificate, la Commissione UE aveva assunto un chiaro impegno formale a presentare entro la fine del 2023 una proposta legislativa per vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti europei. Tuttavia, l’esecutivo UE non ha ancora tenuto fede al proprio proposito.
Solo poche settimane fa, CIWF ha lanciato un nuovo report che mostra come alcune delle maggiori aziende agro-alimentari europee stiano transitando con successo a sistemi senza gabbie, non solo nel caso dei conigli, già implementati da Paesi come l’Austria, il Belgio e i Paesi Bassi. Una chiara dimostrazione della loro fattibilità.
La stragrande maggioranza dei cittadini in Europa – nove su dieci – ritiene che gli animali non dovrebbero essere allevati in gabbie individuali. Al contempo, dal Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura dell’UE è emerso un diffuso consenso nel settore agroalimentare secondo cui le gabbie devono essere eliminate gradualmente e la proposta di revisione della normativa sul benessere animale pubblicata al più tardi entro il 2026.
“Questa video-inchiesta dimostra ancora una volta quanto sosteniamo da sempre,” commentano le associazioni. “E cioè che non può esistere benessere animale in gabbia. Qui non si tratta di ‘mele marce’ del sistema, ma dello standard comune di ‘malessere animale’ che riguarda la quasi totalità degli allevamenti di conigli in Italia e nell’UE.”
“Alternative più rispettose sono possibili e già in uso in tutto il mondo,” concludono. “La Commissione Europea deve fare la sua parte e tenere fede al suo impegno formale a presentare la proposta per vietare l’allevamento in gabbia per tutti gli animali allevati al più presto possibile.”
CIWF ha inviato una sintesi della propria inchiesta ai membri del Parlamento Europeo e funzionari della Commissione Europea, mentre invita la società civile a fare appello all’esecutivo UE affinché la proposta legislativa per mettere fine all’uso delle gabbie nella zootecnia sia una priorità e venga inclusa in modo esplicito nel Programma di lavoro della Commissione.
La Coalizione italiana End the Cage Age è formata da 22 organizzazioni (Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Humane Society International/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus).
Le informazioni disponibili sulla portata dell’allevamento di conigli all’interno dell’UE sono limitate, ma in base a un report della Commissione UE del 2017, al 2016 venivano allevati e macellati ogni anno circa 119 milioni di conigli a livello commerciale, più altri 61 milioni in allevamenti familiari. Da allora, l’UE non ha pubblicato dati sul numero di conigli, ma in base ai dati pubblicati attraverso le dashboard del CIRCABC (Communication and Information Resource Center for Administrations, Businesses and Citizens) sul tonnellaggio di carne di coniglio prodotta si evince che al 2022, il numero di conigli è sceso a circa 70-80 milioni all’anno. Ciò è in linea con i dati pubblicati dalla FAO, in base al quale si stima che in Unione Europea nel 2022 siano stati macellati 72.196.700 conigli.
Nel 2020, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare ha riportato che uno dei principali effetti della privazione di materiali adatti all’espressione del comportamento di rosicchiamento nei conigli è il reindirizzamento di tale comportamento verso la gabbia o addirittura verso i loro simili. Per quanto riguarda le problematiche legate allo spazio insufficiente, l’EFSA indica che la lunghezza di un salto è di 70 cm, a seconda delle dimensioni del coniglio, e che il Consiglio d’Europa raccomanda che i conigli allevati a scopo sperimentale debbano essere in grado di completare tre salti consecutivi.
Circa 300 milioni di animali sono rinchiusi in gabbia nell’Unione Europea ogni anno, incluso il 40% delle galline (quasi 152 milioni), il 94% dei conigli (circa 70 milioni) e il 96% delle scrofe (10 milioni). Gli animali tenuti in gabbia sono rinchiusi in ambienti spogli, in condizioni di sovraffollamento o di totale privazione di contatti sociali, incapaci di girarsi su loro stessi o di esprimere anche i basilari comportamenti naturali.
Secondo l’Eurobarometro 2023, il 94% dei cittadini dell’UE ritiene importante che gli animali allevati dispongano di uno spazio sufficiente per muoversi, sdraiarsi e alzarsi, e l’89% ritiene importante che gli animali allevati non siano tenuti in gabbie singole.
HSI/Europe celebra una decisione storica per la protezione degli animali in Romania
Humane Society International / Europa
BUCAREST—Humane Society International/Europe celebra oggi una vittoria epocale per la protezione degli animali in Romania: il Parlamento rumeno ha votato a stragrande maggioranza per vietare l’allevamento di visoni e cincillà per la produzione di pellicce, le uniche due specie allevate a tale scopo nel paese. Questa decisione all’avanguardia è il risultato di quasi due anni di dibattiti politici e di una campagna costante da parte dell’ufficio rumeno di HSI/Europe e di altre organizzazioni impegnate nella tutela degli animali. La Romania diventa così il 22° paese in Europa a vietare l’allevamento di animali per la produzione di pellicce, segnando un traguardo significativo nella campagna globale di HSI per porre fine alla crudele pratica di allevare e uccidere animali in nome della moda di indossare pellicce.
Andreea Roseti, Direttrice per la Romania di HSI/Europe, ha dichiarato: “Il voto di oggi non rappresenta solo una decisione innovativa per la protezione degli animali in Romania e un traguardo legislativo, ma anche un’affermazione chiara del crescente impegno del nostro paese verso il benessere degli animali. Vietando l’allevamento di animali per la produzione di pellicce, la Romania compie un passo significativo verso una società più etica, in cui gli animali non sono più considerati alla stregua di merci per l’industria della moda. Insieme, possiamo proteggere questi esseri vulnerabili dalla sofferenza”.
“Estendiamo i nostri più sentiti ringraziamenti al popolo rumeno e a tutti coloro che hanno firmato petizioni e inviato lettere, le cui voci hanno fatto la differenza in questo percorso. Il vostro supporto impedirà la sofferenza di migliaia di animali e speriamo che questa legge ci avvicini all’introduzione di un divieto che ponga fine all’allevamento di animali per la produzione di pellicce in tutta l’UE”.
Il disegno di legge è stato originariamente proposto dopo che HSI/Europe ha condotto un’inchiesta sotto copertura che ha svelato le condizioni critiche in cui versavano gli animali allevati allo scopo di produrre pellicce in Romania. I filmati hanno mostrato come i cincillà fossero rinchiusi all’interno di gabbie metalliche piccole e sporche, per poi essere uccisi a pochi mesi di vita in camere a gas improvvisate o tramite la rottura del collo.
Il disegno di legge è stato approvato dalla Camera dei Deputati; una volta promulgato, allevare animali per produrre pellicce diverrà illegale in Romania a partire dal 1° gennaio 2027. Anche se la legislazione deve essere promulgata dal presidente Klaus Iohannis e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore, si prevede che questo passaggio avverrà senza ritardi.
Oltre il 67 per cento dei cittadini rumeni e delle cittadine rumene è favorevole a vietare l’allevamento di animali per la produzione di pellicce, stando a un sondaggio commissionato da HSI/Europe, cosa che sottolinea come l’opinione pubblica sia contraria all’industria delle pellicce. Inoltre, la campagna di HSI/Europe in Romania ha raccolto più di 74.000 firme a favore della chiusura degli allevamenti, che sono state consegnate al Parlamento rumeno.
L’industria della pelliccia è in declino in Romania: il numero degli allevamenti è sceso drasticamente, passando da oltre 150 nel 2013 a circa una dozzina nel 2022, compresi due grandi allevamenti di visoni che producono circa 100.000 pellicce di visone e 15.000 pellicce di cincillà all’anno. Il divieto approvato in Romania tiene conto anche dei rischi per l’ambiente e per la salute umana derivanti dall’allevamento di animali per la produzione di pellicce, inclusa la diffusione di malattie zoonotiche, posizionando la Romania all’interno del più ampio movimento europeo che promuovere il benessere animale e l’adozione di pratiche sostenibili.
È possibile visionare foto e video a questo link. Per il download, si prega di inviare una mail a escuri@hsi.org .
NOTE
Decine di milioni di animali soffrono e muoiono ogni anno a causa del commercio globale di pellicce, la maggior parte dei quali è allevata in sterili gabbie in modalità intensiva.
L’allevamento di animali per la produzione di pellicce è stato vietato in 22 paesi europei, fra cui 16 Stati membri dell’UE (Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia), oltre a Bosnia ed Erzegovina, Guernsey, Norvegia, Regno Unito, Macedonia del Nord e Serbia. Inoltre, Svizzera e Germania hanno attuato regolamenti rigorosi che hanno di fatto messo fine alla pratica, mentre Danimarca, Svezia e Ungheria hanno imposto misure che hanno interrotto l’allevamento di alcune specie. Sono in corso discussioni politiche sull’introduzione di un divieto in Bulgaria e Svezia.
I visoni di quasi 500 allevamenti per la produzione di pellicce in 13 paesi d’Europa e Nord America sono risultati positivi al COVID-19, mentre l’influenza aviaria ad alta patogenicità A(H5N1) è stata finora riscontrata in 72 allevamenti (uno in Spagna e 71 in Finlandia). Milioni di visoni, volpi artiche, volpi rosse, cani procione e zibellini sono stati uccisi per motivi di salute pubblica.
Dieci marchi di moda in Romania si sono impegnati a rinunciare alla pelliccia dopo aver collaborato con Humane Society International/Europe, diventando i primi designer in Romania a unirsi al programma globale Fur Free Retailer. Ioana Ciolacu, Muse um Concept, REDU, OCTAVIA CHIRU, Katerini, Hooldra, Feeric Fashion Week, Scapadona, Axente e Lenca si aggiungono ai quasi 1.600 marchi di moda, rivenditori e designer in 25 paesi nel mondo che fanno parte del programma Fur Free Retailer, tra cui Adidas, H&M, Zara, Gucci, Moncler e Prada. L’ultimo brand italiano che si è aggiunto alla lista, nell’agosto 2024, è il Max Mara Fashion Group.
I suoi suggestivi scatti di resti di animali contribuiscono a fare pressione sui decisori politici affinché rafforzino le misure a tutela delle specie in pericolo e vietino le importazioni di trofei di caccia
La foto vincitrice di Jaschinski mostra l’applicazione di una nuova polvere magnetica su una zanna di elefante sequestrata. Questa tecnica consente di individuare impronte digitali fino a 28 giorni dopo che i bracconieri hanno maneggiato le zanne, risolvendo le criticità dovute alla porosità dell’avorio. Oltre 200 kit per l’utilizzo di questa polvere sono stati distribuiti alle autorità di frontiera in Africa e Asia, per essere impiegati nei casi di traffico di avorio, artigli di tigre e corni di rinoceronte. Il metodo è apprezzato per la sua semplicità e la sua efficacia, nel caso in cui non si possa fare ricorso alle analisi del DNA.
“Che sia per i trofei o per soddisfare la domanda di avorio, i dati dimostrano che rischiamo di assistere all’estinzione di una delle specie più iconiche entro il 2040”, dichiara Jaschinski. “Perdere i nostri splendidi elefanti in nome dello sport, del potere e dell’avidità è semplicemente inaccettabile. Individuare le impronte digitali sull’avorio e su altri resti di animali selvatici sequestrati è una tecnica importante nell’analisi forense che alimenta la speranza di arrestare e persino smantellare intere filiere commerciali. Se non riusciamo a salvare le specie più carismatiche, che speranze ci sono per le altre? Sono grata a organizzazioni come Humane Society International/Europe per aver amplificato questi temi e aver fatto pressione per un’azione politica concreta volta a rafforzare la protezione della fauna selvatica e, in particolare, porre fine all’importazione di trofei di caccia”.
HSI/Europe ammira lo straordinario lavoro di Jaschinski e ha collaborato con lei alla realizzazione della mostra “Natura morta. In consegna.”, nell’ambito della campagna #NotInMyWorld. La campagna di HSI si concentra sulla caccia al trofeo, ovvero sull’uccisione legale e insensata di animali selvatici per sport, che ha gravi impatti ambientali, etici, sociali ed economici. Specie in pericolo come l’ippopotamo, l’elefante africano, il leone, il leopardo, l’orso bruno e l’orso polare vengono trasformate in oggetti privi di vita – dagli apribottiglie ai posacenere –, resi tali dalla canna di un fucile e immortalati dall’obiettivo della fotocamera. HSI/Europe chiede all’Unione Europea e ai suoi Stati membri di vietare le importazioni di trofei di caccia e invita le aziende a smettere di sostenere questa pratica. La mostra “Natura morta. In consegna.” è già stata allestita a Roma e Varsavia, con l’intento di portarla in altre città per esporre queste opere che rivelano come animali maestosi vengano uccisi dai cacciatori di trofei e trasformati in oggetti inanimati e lugubri per mera soddisfazione personale.
Attraverso il suo lavoro, la fotografa, che vive a Londra, esplora il rapporto tra uomo e natura e le sue implicazioni. Nota per il suo stile distintivo, documenta i crimini contro la fauna selvatica e collabora con autorità internazionali e organizzazioni ambientaliste. Come cofondatrice di Photographers Against Wildlife Crime™ e creatrice di The Evidence Project, promuove la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e l’azione politica per proteggere la fauna selvatica e gli habitat naturali.
Ruud Tombrock, direttore esecutivo di HSI/Europe, si congratula con Jaschinski per il suo premio e sottolinea l’urgenza di un intervento politico: “I suggestivi scatti di Britta Jaschinski svelano la cruda realtà dietro la caccia al trofeo e l’immenso dolore e sfruttamento degli animali che essa comporta, inviando un messaggio forte ai decisori politici europei affinché prendano misure decisive per fermare l’importazione di questi assurdi trofei. Non si tratta solo di proteggere singoli animali, ma di preservare interi ecosistemi e salvaguardare il futuro delle specie a rischio in tutto il mondo”.
Tra il 2013 e il 2022, l’Unione Europea ha importato oltre 27.000 trofei di animali tutelati dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), posizionandosi come il secondo importatore mondiale di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti. Tra le specie coinvolte, ci sono animali come ippopotami, rinoceronti, leoni e orsi polari.
A livello globale, si è sviluppato un forte movimento contro l’industria della caccia al trofeo. Molti paesi, come Colombia, Costa Rica, India, Kenya, Singapore, Sud Sudan e altri, hanno già vietato questa pratica e/o il commercio di trofei di caccia, a livello totale o parziale. In altri paesi, come Argentina, Australia, Belgio, Canada, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Stati Uniti e altri, sono in vigore delle restrizioni nazionali sul commercio di trofei di caccia che vanno al di là dei requisiti minimi della CITES. Anche il settore privato si è posizionato come leader globale nell’ambito della sostenibilità e della responsabilità ambientale, con 45 società di trasporti che hanno vietato il trasporto di alcune o di tutte le tipologie di trofei di caccia sui loro vettori, fra cui alcune delle compagnie aeree appartenenti ai cinque principali gruppi aerei del mondo e ai tre maggiori gruppi aerei dell’UE.
A questo link è possibile scaricare la foto premiata (si prega di creare un account).
HSI/Europe e Fondazione Cave Canem ribadiscono la necessità di facilitare l’adozione di animali sequestrati altrimenti destinati a trascorrere anni nei canili in attesa dell’eventuale confisca a fine procedimento penale
Humane Society International / Europa
ROMA—Humane Society International/Europe e Fondazione Cave Canem Onlus, impegnate nella prevenzione e repressione dei combattimenti fra cani con il progetto IO NON COMBATTO, ringraziano il Vicepresidente della Camera dei Deputati, Sergio Costa, per aver accolto il loro appello e chiesto al Ministero della Giustizia di sviluppare strategie efficaci per contrastare questi crimini e stabilire procedure chiare per la gestione degli animali sequestrati, che tengano maggiormente conto del loro benessere fisico e psicologico e delle eventuali esigenze specifiche di accasamento e riabilitazione. Le due organizzazioni auspicano dunque che il Ministro Carlo Nordio prenda provvedimenti in tempi rapidi.
I combattimenti fra cani, spesso associati ad altre attività criminali, sono puniti, in Italia, dall’art. 544 quinquies del codice penale. Tuttavia, poiché gli animali sono contemporaneamente considerati beni mobili ed esseri senzienti, la loro tutela in ambito penale presenta un carattere a volte ondivago. Una soluzione che potrebbe contribuire a risolvere questo problema, come sostengono HSI/Europe e Fondazione Cave Canem accanto ad altre organizzazioni, è quella del deposito cauzionale. Questo strumento consiste nel versamento di una somma per l’affido definitivo dei cani sequestrati e spesso traumatizzati a enti o privati che siano in grado di garantirne il benessere e il recupero psicofisico, invece di accasarli in strutture temporanee e non idonee per la durata – spesso alquanto estesa – del procedimento penale, il cui esito è altresì incerto.
In caso di assoluzione, la somma verrà corrisposta agli imputati; in caso di condanna, la stessa verrà versata nel Fondo Unico di Giustizia. Come esposto in un convegno a riguardo, tenutosi ad aprile al Campidoglio, le due organizzazioni ritengono che il deposito cauzionale sia, in considerazione delle norme vigenti, uno strumento da diffondere il più possibile: da un lato, consente di svincolare facilmente l’animale sequestrato dall’esito del procedimento penale, senza dover attendere un’eventuale confisca a seguito di condanna penale, agevolandone l’adozione in tempi rapidi; dall’altro, determina un significativo risparmio per le casse dello Stato.
“Per quanto possa sembrare assurdo e contro ogni tipo di natura, i reati di maltrattamento di animali sono ancora molto diffusi in Italia, nonostante il grande sforzo delle Forze dell’ordine. Ho scritto al Ministro Nordio dicendo che è cruciale che il Ministero della Giustizia sviluppi strategie efficaci per prevenire e contrastare questi crimini, ma è altrettanto importante stabilire procedure chiare per la gestione degli animali sequestrati. Possiamo e dobbiamo garantire un futuro di serenità e benessere a questi esseri senzienti, glielo dobbiamo!”, ha dichiarato Sergio Costa, Vicepresidente della Camera dei Deputati.
“Nei casi di combattimenti tra cani o altre gravi forme di maltrattamento di animali, oltre al tempestivo intervento delle Forze di polizia è necessaria la collaborazione, intesa come spiccata sensibilità procedurale, della magistratura. Considerando quanto possono essere incerti i tempi e gli esiti dei procedimenti penali, è importante che si agisca nel miglior interesse dell’animale che sicuramente non è rappresentato dalla permanenza, per anni e anni, in un canile, in attesa della confisca, privandolo del diritto all’adozione. È quindi necessario delineare, diffondere e standardizzare l’uso di strumenti legali, come il deposito cauzionale, per dare a questi animali la possibilità di una nuova vita il prima possibile e confidiamo che il Ministro Nordio condivida questa posizione”, dichiarano Martina Pluda e Federica Faiella, rispettivamente Direttrice per l’Italia di HSI/Europe e Presidente della Fondazione Cave Canem.
Il processo Green Hill, come evidenziato dal Vicepresidente Costa, è un esempio della bontà di questo strumento giuridico, che ha permesso di trovare nuove famiglie a quasi tremila cani sequestrati da un allevamento in provincia di Brescia, che li avrebbe destinati alla sperimentazione. In considerazione dei molteplici vantaggi che il deposito cauzionale garantisce, lo stesso potrebbe essere adottato quale best practice dalla magistratura, facilitando l’adozione di animali che, altrimenti, si troverebbero probabilmente a trascorrere molteplici anni all’interno di canili o altre strutture di accoglienza o, ancora peggio, tornare nelle mani dei loro maltrattatori.
Per questo, HSI/Europe e Fondazione Cave Canem auspicano che il Ministro Carlo Nordio valuti presto la standardizzazione di tale misura, garantendo una gestione più etica degli animali sequestrati e offrendo loro l’opportunità di una nuova vita. Con la piena ripresa dei lavori parlamentari, le due organizzazioni mirano a trovare sostegno politico per la presentazione di un emendamento volto a prevedere, nella prossima Legge di bilancio, lo stanziamento di appositi fondi da destinare alla formazione specialistica delle Forze di polizia e alla copertura dei costi di custodia e di recupero comportamentale degli animali vittime di reato, a partire dai combattimenti tra cani.
FINE
Crediti della fotografia in allegato: Chiara Muzzini/Fondazione Cave Canem
Contatti stampa:
Elisabetta Scuri, Media & Communications Manager Italy, HSI/Europe. escuri@hsi.org
SEUL, Corea del Sud—È stato pubblicato ieri il tanto atteso “piano base” del Governo della Corea del Sud per porre gradualmente fine al commercio di carne di cane. Gli attivisti di Humane Society International/Korea hanno accolto la notizia come un “importante traguardo in questo storico percorso” e hanno esortato altri paesi dell’Asia a seguire l’esempio. Tuttavia, secondo HSI/Korea, sono necessarie ulteriori azioni per prevenire le terribili sofferenze dei cani.
Sangkyung Lee, responsabile della campagna di HSI/Korea per porre fine al commercio della carne di cane, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “La pubblicazione del piano del governo per la graduale dismissione dell’industria della carne di cane in Corea del Sud rappresenta un importante traguardo in questo storico percorso che vi porrà fine una volta per tutte. Speriamo che altri paesi asiatici, dove il commercio della carne di cane persiste nonostante l’opposizione pubblica, seguano l’esempio della Corea del Sud, affinché la nostra legge speciale e il piano base possano fungere da catalizzatori per simili prese di posizione etiche in tutto il mondo. HSI/Korea è pronta a fornire ulteriori consigli al Governo sul benessere dei cani e a salvarli quando possibile, affinché le vittime di questa brutale industria abbiano la possibilità di una vita felice”.
Riguardo al piano di sostegno finanziario per gli allevatori di cani destinati alla produzione di carne, la referente di HSI/Korea ha commentato: “Siamo delusi che il piano base del governo preveda aiuti finanziari per gli allevamenti di cani sulla base del numero di animali allevati. Sebbene siano stati fissati limiti in base alla capacità dichiarata degli impianti di smaltimento dei rifiuti, questo approccio rischia di portare a un improvviso aumento del numero di cani allevati al solo scopo di ottenere più indennizzi, alimentando le nascite di cuccioli destinati a soffrire. Questo approccio va nella direzione opposta rispetto allo scopo della legge speciale e rischia di esporre ancora più cani a crudeltà, rendendo la gestione da parte del Ministero dell’Agricoltura, delle Risorse Alimentari e degli Affari Rurali di questi animali ancora più difficoltosa. Esortiamo il Ministero a rivalutare la decisione e a optare invece per un importo fisso o un pacchetto di aiuti basato sul piano di transizione di ciascun allevatore”.
Riguardo alla gestione dei cani durante e dopo il periodo di transizione, Lee ha aggiunto: “Sono chiaramente necessarie discussioni urgenti sulle azioni prioritarie da intraprendere per arrestare la nascita di cuccioli negli allevamenti durante la fase di transizione. Il Governo nazionale deve impegnarsi attivamente con le amministrazioni locali e le organizzazioni di tutela degli animali, come HSI/Korea, per garantire che gli allevatori separino immediatamente gli esemplari di sesso maschile e femminile negli allevamenti per fermare le attività riproduttive. Non c’è alcun motivo per far nascere altri cuccioli innocenti in questa crudele industria proprio ora che l’obiettivo è quello di porvi fine”.
Note:
Con oltre 6 milioni di cani domestici che vivono nelle case dei coreani, la domanda di carne di cane è ai minimi storici. Stando a un sondaggio condotto da Nielsen Korea nel 2023, l’86% degli abitanti della Corea del Sud non è intenzionato a consumare carne di cane in futuro e il 57% è favorevole all’introduzione di un divieto.
Dal 2015, HSI/Korea ha aiutato 18 allevatori di cani in tutta la Corea del Sud a passare alla coltivazione di vegetali come peperoncino e prezzemolo, o alla consegna dell’acqua e ad altre attività economiche nell’ambito del programma Models for Change.
La Corea del Sud si unisce a un numero crescente di paesi in tutta l’Asia che hanno vietato il commercio di carne di cane (con diversi gradi di applicazione), tra cui Hong Kong, Taiwan, le Filippine, l’India, la Thailandia e Singapore, oltre alle città di Shenzhen e Zhuhai nella Cina continentale, la provincia di Siem Reap in Cambogia e più di 60 città, distretti e province dell’Indonesia.
A questo link è possibile visionare le foto e i video raccolti da HSI/Korea a testimonianza della chiusura degli allevamenti di cani per la produzione di carne. Si prega di contattare escuri@hsi.org per scaricare gli asset desiderati.