Urgente fermare il massacro a causa della costante riduzione della copertura di ghiaccio marino e della pandemia in corso

Humane Society International


Michael Bernard/HSI Canada

MONTREAL/ROMA—A fronte dei dati allarmanti, raccolti al largo della costa orientale del Canada, che rivelano una copertura di ghiaccio marino ai minimi storici, Humane Society International chiede al governo canadese di fermare la caccia commerciale alle foche. Gli scienziati del governo canadese prevedono un’elevata mortalità tra i cuccioli di foca appena nati, a causa dello scioglimento precoce del loro habitat che li costringe ad entrare in mare aperto, prima che siano abbastanza forti per sopravvivere in questo ambiente. Inoltre, permettere a centinaia di cacciatori di foche di operare negli spazi ristretti delle imbarcazioni adibite a questa attività, durante una pandemia, rappresenta un rischio inaccettabile per la salute pubblica.

“I cambiamenti climatici stanno causando un rapido deterioramento della copertura di ghiaccio marino al largo della costa orientale del Canada. Per le foche che si riproducono in questo habitat e che sono l’obiettivo dei cacciatori, è un disastro”, ha dichiarato Rebecca Aldworth, Direttrice di Humane Society International/Canada, da diciotto anni in prima linea e testimone diretta della caccia commerciale alle foche in Canada. “Nessun governo coscienzioso permetterebbe che i pochi cuccioli che sopravvivono a queste condizioni avverse senza precedenti, vengano uccisi solo per produrre articoli di moda. Inoltre, nessuna autorità sanitaria responsabile permetterebbe a questa pratica insensata e vergognosa di continuare durante una pandemia. Chiediamo al governo canadese di fare la cosa più giusta e ragionevole: fermare la caccia commerciale alle foche per tutto il 2021, nella regione del Canada atlantico”.

Gli scienziati del governo canadese affermano inequivocabilmente che le condizioni del ghiaccio marino nel Golfo di San Lorenzo e al largo dell’isola di Terranova continueranno a peggiorare e che, conseguentemente, l’elevata mortalità dei cuccioli avrà un grave impatto sulla popolazione di questi animali, appartenenti alla specie delle foche dalla sella, dette anche della Groenlandia. Un approccio precauzionale nella gestione della fauna selvatica precluderebbe chiaramente la caccia commerciale di una specie dipendente dai ghiacci, il cui habitat sta rapidamente scomparendo.

In particolare, il cambiamento climatico rende i metodi commerciali di uccisione delle foche ancora più disumani. Gli studi veterinari hanno enfatizzato la grave sofferenza che deriva dalla caccia in mare aperto o nelle dirette vicinanze dell’acqua. È stato infatti documentato un alto tasso di ferimenti che inducono le foche colpite ma non uccise a fuggire sotto la superficie dell’acqua, dove affogano lentamente e non vengono catturate. Con il deterioramento delle condizioni dei ghiacci, quasi la totalità delle attività commerciali di caccia alla foca avverrà in questo modo. Inoltre, quando questi animali vengono uccisi in mare o sul ghiaccio troppo fragile per sostenere il peso umano, vengono recuperati con dei ganci di metallo fissati su lunghe aste in legno, simili ad arpioni. Questo avviene senza che i cacciatori possano prima verificare e confermare che l’animale sia già morto. Ne consegue che molte foche vengono arpionate pienamente coscienti e issate sui ponti insanguinati delle barche, prima di essere colpite a morte.

Se il governo canadese si rifiuta di fermare definitivamente questo massacro, deve quantomeno sospendere la caccia commerciale per tutto il 2021. In mancanza anche di questa essenziale misura precauzionale, il governo canadese deve, quale condizione minima, emettere ordini per:

  1. Eliminare le quote assegnate alla regione del Golfo di San Lorenzo data la mortalità eccezionalmente alta dei cuccioli che si verificherà nella suddetta area;
  2. Rinviare la data di apertura della caccia nell’isola di Terranova dato il probabile ritardo delle nascite, causato dalle cattive condizioni del ghiaccio marino (come è accaduto nel 2011, anno in cui si sono registrate condizioni avverse);
  3. Proibire l’uccisione delle foche neonate che stanno subendo la prima muta (dette “ragged jacket”) per prevenire il massacro di massa di questi cuccioli ancora molto piccoli (come documentato nel 2011);
  4. Proibire di sparare e bastonare le foche in mare aperto o nelle dirette vicinanze dell’acqua per ridurre il numero di animali colpiti e datisi alla fuga durante la caccia;
  5. Proibire l’arpionaggio degli animali senza previa conferma della loro morte.

Scaricare le foto ed i filmati della caccia commerciale alle foche documentata da Humane Society International qui e qui

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Essenziale fermare gli emendamenti 171 e 72 del Parlamento Europeo perché una vera transizione ecologica deve passare per una transizione alimentare

Humane Society International


HSI

ROMA—In vista delle prossime consultazioni a tre sull’organizzazione comune dei mercati agricoli, Humane Society International, Essere Animali e Compassion in World Farming, chiedono alla Commissione Europea e agli Stati Membri nel Consiglio dell’UE di opporsi agli emendamenti 171 e 72 del Parlamento Europeo che potrebbero rappresentare delle restrizioni ingiustificate e sproporzionate per i prodotti lattiero-caseari a base vegetale. L’appello delle associazioni, contenuto in una lettera inviata al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli, sottolinea inoltre l’evidente contraddizione tra questi emendamenti e gli obiettivi di sostenibilità del Green Deal europeo, della Strategia Farm to Fork e del dichiarato impegno verso la transizione ecologica del Governo.

Il 23 ottobre scorso gli eurodeputati hanno votato su diverse proposte per la denominazione dei prodotti a base vegetale, respingendo l’emendamento 165, conosciuto come “veggie burger ban”, che avrebbe riservato l’utilizzo di termini come “bistecca”, “salsiccia” o “burger”, esclusivamente ai prodotti che contengono carne animale, accogliendo però gli emendamenti 171 e 72 sui prodotti lattiero-caseari a base vegetale.

Se accolto, l’emendamento 171 estenderebbe drasticamente le restrizioni già esistenti sulle denominazioni di latticini, introducendo nuovi divieti contro qualsiasi “uso diretto o indiretto” o “evocazione” di questi termini. Nella pratica, potrebbe implicare il divieto di utilizzare:

  • informazioni essenziali sulla salute e sugli allergeni come “alternativa senza lattosio ai prodotti lattiero-caseari”;
  • descrizioni sulla consistenza e il sapore come “cremoso” o “burroso”;
  • forme e colori di imballaggi che vengono adoperati anche dall’industria lattiero-casearia;
  • immagini di una bevanda bianca versata in un bicchiere o della schiuma di un cappuccino;
  • confronti sull’impatto climatico degli alimenti a base vegetale e dei latticini convenzionali.

L’emendamento 72, invece, introdurrebbe una significativa incertezza giuridica che potrebbe compromettere l’etichettatura degli alimenti a base vegetale in futuro.

Sebbene il pretesto per l’introduzione di queste restrizioni sia la necessità di chiarezza e trasparenza, la loro effettiva introduzione metterebbe a rischio la capacità dei produttori di informare correttamente i consumatori sulla natura dei loro prodotti, impattando particolarmente quelli che non possono far uso di prodotti lattiero-caseari per ragioni mediche, legate ad allergie o intolleranze, o che hanno adottato uno stile di vita vegano o flexitariano per ragioni di salute, ambientali, religiose o etiche.

“Una protezione della denominazione che non permette nemmeno che un alimento sia presentato come alternativa a un prodotto lattiero-caseario è, a nostro avviso, sproporzionata e senza precedenti nel settore alimentare. Non tiene conto della volontà di un crescente segmento di consumatori che predilige cibi a base vegetale e del loro diritto ad essere correttamente e adeguatamente informati”, affermano i firmatari e rappresentati delle associazioni, Martina Pluda (HSI/Europe – Italia), Claudio Pomo (Essere Animali) e Annamaria Pisapia (CIWF Italia).

L’Unione Europea non deve dimenticare inoltre il proprio impegno ambientale, contenuto nel Green Deal europeo e nella strategia Farm to Fork. In Italia, il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, alla Conferenza preparatoria della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, ha sostenuto la necessità di diminuire la quantità di proteine animali sostituendole con quelle vegetali e parlato dei benefici per salute e ambiente legati a un cambio del modello di dieta aumentando le proteine vegetali. Un recente studio dell’Università di Oxford ha rivelato che, senza un taglio delle emissioni causate dal nostro sistema alimentare, sarà impossibile raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Nella sua strategia Farm to Fork, la Commissione Europea riconosce la necessità di passare a una dieta maggiormente a base vegetale ed esprime il suo desiderio di responsabilizzare i consumatori e rendere più facile scegliere diete sane e sostenibili. Incoraggiare una più ampia diffusione della dieta a base vegetale è un mezzo chiave per ridurre le emissioni di gas serra, l’uso di terreni e risorse idriche, oltre che per prevenire il declino della biodiversità globale e le molte pratiche d’allevamento in contrasto con il benessere animale. L’adozione di questi emendamenti sarebbe in diretto contrasto con questi obiettivi, creando inutili barriere normative all’adozione di una dieta a base vegetale. È pertanto essenziale fermare gli emendamenti 171 e 72 del Parlamento Europeo perché una vera transizione ecologica deve passare per una transizione alimentare”, concludono Martina Pluda (HSI/Europe – Italia), Claudio Pomo (Essere Animali) e Annamaria Pisapia (CIWF Italia).

FINE

Contatto:

Humane Society International chiede all’Italia di vietare permanentemente l'allevamento di animali da pelliccia per proteggere persone e animali

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

ROMA—Ieri sera il governo italiano ha annunciato che sospenderà ulteriormente l’allevamento di visoni destinati alla produzione di pellicce fino al 31 dicembre 2021, per prevenire un’ulteriore diffusione del virus SARS-CoV-2 che finora è stato rilevato in 2 allevamenti di visoni italiani. In Italia si trovano 6 allevamenti di visoni con circa 60.000 animali, 26.000 dei quali sono stati abbattuti a seguito delle disposizioni indicate nella precedente ordinanza, pubblicata a novembre 2020, dal Ministro della Salute Roberto Speranza. Undici paesi (inclusi nove Stati Membri dell’UE) hanno ufficialmente identificato animali positivi al virus negli allevamenti di visoni: Danimarca (290 strutture), Francia (1 struttura), Grecia (23 strutture), Italia (2 strutture), Lituania (2 strutture), Paesi Bassi (69 strutture), Polonia (1 struttura), Spagna (3 strutture), Stati Uniti (16 strutture), Svezia (13 strutture). Sono stati confermati casi anche negli Stati Uniti e in Canada.

Humane Society International, attiva a livello globale per porre fine al commercio di pellicce, accoglie con favore la notizia ma incoraggia l’Italia a porre fine definitivamente all’allevamento di animali da pelliccia, nell’interesse degli animali e della salute pubblica. A gennaio, HSI ha pubblicato un white paper scientifico che evidenzia il legame tra l’allevamento di animali da pelliccia, lo scarso benessere degli animali e le malattie zoonotiche infettive.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI, ha dichiarato: “Mentre accogliamo favorevolmente la decisione del governo italiano di sospendere l’allevamento di visoni per affrontare l’inaccettabile rischio legato al Covid-19, lo incoraggiamo a porre fine in modo permanente a questa industria crudele e pericolosa. Il confinamento di migliaia di animali in piccole gabbie metalliche per la produzione di pellicce causa terribili sofferenze e finché lo sfruttamento di specie selvatiche, tenute a stretto contatto tra loro in condizioni di scarso benessere, sarà tollerato, il potenziale per lo sviluppo di serbatoi di agenti patogeni zoonotici perdurerà.

Fermare l’allevamento di visoni per i prossimi mesi per poi far ripartire queste attività in futuro, è una strategia senza senso perché si ripresenteranno gli stessi identici rischi. Il governo ha già fallito nell’intraprendere misure precauzionali efficaci, poiché la sospensione iniziale tra novembre 2020 e febbraio 2021 ha interessato solo i mesi prima del consueto inizio del ciclo produttivo, un periodo in cui l’industria è comunque inattiva.

Prorogare la sospensione temporanea è un passo importante, ma se l’anno prossimo il governo consentirà la ripresa delle attività degli allevamenti di visoni in Italia, metterà gli interessi commerciali di questa industria prima della salute pubblica, ignorando inoltre la sofferenza di migliaia di animali.”

All’inizio del mese, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare ha riferito che tutti gli allevamenti di visoni sono da considerarsi a rischio per i focolai di Covid-19. Nel gennaio 2021, una valutazione del rischio pubblicata congiuntamente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE) ha riconosciuto l’Europa come una regione ad alto rischio in relazione all’introduzione e alla diffusione del virus SARS-CoV-2 negli allevamenti di animali da pelliccia, oltre che allo spill-over dagli allevamenti agli esseri umani e alla trasmissione del virus dagli allevamenti di animali da pelliccia alle specie selvatiche suscettibili. In particolare, ha valutato come “probabili” i fattori di rischio legati all’introduzione e alla diffusione del virus SARS-CoV-2 negli allevamenti di animali da pelliccia in Italia.

DATI:

  • Il 27 ottobre 2020, è stato reso pubblico il fatto che il virus SARS-CoV-2 era stato rilevato, con due campioni positivi, in un allevamento di visoni in Lombardia nell’agosto del 2020. Questo fatto è stato rivelato solo dopo la presentazione di un’istanza di accesso agli atti alle autorità competenti, da parte dell’organizzazione LAV. L’OIE è stata notificata solamente il 30 ottobre.
  • Il 2 febbraio 2021 sono stati confermati altri cinque visoni con positività al SARS-Cov-2 in un allevamento di visoni in Veneto. Inoltre, sempre nello stesso allevamento, test sierologici compiuti su un campione di 60 visoni hanno rilevato una sieroprevalenza di oltre il 90%, rivelando che quasi tutti gli animali sono stati a contatto con il virus.
  • Si stima che 53 milioni di visoni vengano allevati per la loro pelliccia in più di 20 paesi in tutto il mondo. I primi tre per numero di animali allevati sono in Europa (dati del 2018): Danimarca (17,6 milioni di visoni), Polonia (5 milioni di visoni) e Paesi Bassi (4,5 milioni di visoni).
  • Nel 2019 la Cina ha allevato 11,6 milioni di visoni, dato in calo rispetto ai 20,6 milioni di visoni del 2018.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è vietato nel Regno Unito dal 2003, ed è proibito e/o è in fase di dismissione in numerose nazioni europee come l’Austria, il Belgio, la Bosnia-Erzegovina, la Repubblica Ceca, la Croazia, la Macedonia, i Paesi Bassi, la Norvegia, il Lussemburgo, la Serbia, la Slovacchia, la Slovenia e l’Ungheria. Più recentemente il governo irlandese si è impegnato a porre fine all’allevamento di animali da pelliccia e la Francia farà lo stesso entro il 2025.
  • Anche la Bulgaria, l’Estonia, la Lituania, il Montenegro, la Polonia e l’Ucraina stanno attualmente considerando di vietare gli allevamenti di animali da pelliccia e in Finlandia il partito di maggioranza ha recentemente annunciato il suo sostegno ad un divieto.

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

“L'UE deve agire a nome dei milioni di galline e altri animali trattati in questo modo crudele”

Humane Society International


HSI 

ROMA—Un gruppo internazionale di scienziati ha inviato una ha inviato una lettera a sostegno dell’appello dei cittadini europei per porre fine all’uso delle gabbie per gli animali allevati in tutta l’UE. Tra gli scienziati, l’etologa e conservazionista Jane Goodall, PhD, DBE, Messaggero di Pace delle Nazioni Unite e fondatrice del Jane Goodall Institute. La lettera chiede alla Commissione europea di eliminare gradualmente l’uso di tutte le gabbie negli allevamenti.

Più di 140 scienziati, tra cui anche 12 italiani, hanno inviato una lettera all’UE a sostegno dell’iniziativa dei cittadini europei End the Cage Age, che ha ottenuto 1,4 milioni di firme, sollecitando l’UE a porre fine all’uso delle gabbie per gli animali negli allevamenti.

La dottoressa Jane Goodall, etologa e conservazionista, convinta sostenitrice della fine dell’uso delle gabbie negli allevamenti animali, ha commentato: “La maggior parte delle persone oggi comprende che gli uccelli sono esseri senzienti. Abbiamo osservato galline salvate da allevamenti intensivi – ognuna aveva una personalità distinta, tutte mostravano emozioni come il piacere e la paura. Un numero crescente di ricerche scientifiche lo sostiene, e non c’è dubbio che la vita racchiusa in una piccola gabbia causi grandi sofferenze. L’UE deve agire a nome dei milioni di galline e altri animali trattati in questo modo crudele”.

Nonostante il trattato UE riconosca gli animali come esseri senzienti, oltre 300 milioni di maiali, galline, conigli, anatre e quaglie sono confinati in gabbie in tutta Europa. La maggior parte delle gabbie sono anguste e negano agli animali lo spazio per muoversi liberamente. La ricerca scientifica mostra che le gabbie hanno gravi svantaggi intrinseci per il benessere degli animali, che la lettera dettaglia. L’abbandono dell’allevamento in gabbia porterebbe un cambiamento storico nel nostro sistema alimentare e di allevamento incidendo positivamente sulla vita di centinaia di milioni di animali all’anno.

Le associazioni italiane che fanno parte della Coalizione End The Cage hanno dichiarato: “Siamo orgogliosi di avere la dottoressa Jane Goodall e tutti gli altri scienziati ad appoggiare la fine dell’uso delle gabbie negli allevamenti animali. La campagna End the Cage Age ha il sostegno di oltre 170 organizzazioni europee, decine di membri del Parlamento europeo, il Comitato europeo delle Regioni e 1,4 milioni di cittadini dell’UE. Gli animali in gabbia vivono vite miserabili, ed è semplicemente inaccettabile. La Commissione europea deve impegnarsi in una legislazione che metta fine all’era delle gabbie per sempre”.

Note per i redattori:

  1. Le 21 associazioni italiane che fanno parte della coalizione End the Cage Age sono: Amici della terra Italia, Animal Aid, Animal Equality, Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, HSI/Europe – Italia, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’abolizione della caccia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, LEIDAA, OIPA, Partito Animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus, Lumen.
  2. L’etologa e conservazionista e antropologa Dr Jane Goodall, PHD, DBE, Fondatrice – Il Jane Goodall Institute e Messaggero di Pace delle Nazioni Unite, è considerata la principale autorità mondiale sugli scimpanzé. Ha lavorato molto sulla conservazione e sul benessere degli animali e ha fondato l’organizzazione globale per la conservazione e la fauna selvatica The Jane Goodall Institute.
  3. La lettera degli scienziati è indirizzata alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen; al vicepresidente Frans Timmermans, responsabile dello European Green Deal; alla commissaria Stella Kyriakides, responsabile della salute e della sicurezza alimentare, e al commissario Janusz Wojciechowski, responsabile dell’agricoltura e dello sviluppo rurale.
  4. Dal 2018, Compassion in World Farming guida una coalizione di 170 organizzazioni di tutta Europa per sostenere l’iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age”. Nel periodo di un anno concesso per la raccolta delle firme, l’Iniziativa ha ricevuto 1,4 milioni di firme verificate dai cittadini di tutti gli Stati membri dell’UE. Il 2 ottobre 2020 le firme sono state presentate alla Commissione europea, che presto deciderà la sua risposta.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Senza la tutela degli animali non può concretizzarsi una reale protezione dell’ambiente e una vera transizione ecologica

Humane Society International


ROMA—Inserire la tutela degli animali come esseri senzienti nella Costituzione, per garantire davvero che la protezione dell’ambiente sia completa di tutte le forme di vita presenti in natura: è la richiesta contenuta in una lettera indirizzata al nuovo presidente del Consiglio, Mario Draghi, al ministro Cingolani, alla presidenza e ai capigruppo della prima commissione Affari Costituzionali del Senato, da Animal Law Italia insieme con HSI/Europe – Italia, OIPA Italia Onlus, LAV Onlus, ENPA Onlus, Save the Dogs and Other Animals, Essere Animali OdV, Legambiente Onlus, LNDC Animal Protection, Animal Equality Italia Onlus, CIWF Italia Onlus.

Il tema peraltro è già all’ordine del giorno della prima Commissione del Senato, chiamata a esaminare alcune proposte di legge costituzionale in materia di tutela ambientale, motivo per il quale dopo l’impegno assunto da Draghi durante le repliche sulla fiducia al Senato a inserire lo sviluppo sostenibile nella Costituzione, quale fondamentale strumento per preservare il Pianeta per le future generazioni, nell’ottica di un ridisegnato rapporto dell’uomo con l’ambiente e l’ecosistema, le associazioni chiedono che si dia spazio alla richiesta di inserire nella carta costituzionale anche la tutela degli animali in quanto “esseri senzienti”.

Fino a oggi, infatti, nella legislazione italiana gli animali sono considerati ancora come “res”, oggetti, secondo l’antica concezione del diritto romano, quindi privi di quelle tutele specifiche che riguardano gli esseri senzienti, nonostante sia ormai acclarato che essi provino sentimenti a tutti gli effetti e, nel caso di animali da compagnia, siano parte integrante delle famiglie che li accolgono.

Non può, quindi, concretizzarsi una reale protezione dell’ambiente e una vera transizione ecologica, tema cardine del discorso del presidente Draghi, senza una svolta seria e completa nella tutela costituzionale degli animali che sono “anche” parte integrante di quell’ambiente da proteggere: ogni anno si estinguono innumerevoli specie animali; la pandemia ha dimostrato come un rapporto squilibrato con il mondo animale sia pericoloso anche per l’essere umano. Inoltre, l’articolo 13 del Trattato di Lisbona richiama gli Stati membri dell’Unione Europea a tutelare gli animali in quanto esseri senzienti, e ciò è già realtà in Paesi quali Germania, Austria e Svizzera. E vi sono altri esempi internazionali, come l’articolo 51 della Costituzione indiana che indica, quale dovere di ogni cittadino, proteggere e provare compassione verso le creature viventi.

“Pertanto, auspichiamo che Governo e Parlamento, condividendo uno sguardo costantemente rivolto al futuro – conclude la lettera – sapranno cogliere l’opportunità storica che si profila per dare rilievo costituzionale ad una tematica che interessa tutti gli italiani che, grazie alla stretta relazione con cani, gatti e altri animali da compagnia, hanno profondamente rinnovato la loro relazione con gli animali. Ricordiamo che oltre un milione di cittadini, in prima persona, presta la propria attività di volontariato in questo ambito”.

Oggetto: Impegno Presidente Draghi/Appello per l’inserimento della tutela degli animali nella Costituzione/Richiesta approvazione Ddl in I Commissione Affari Costituzionali Senato

I sottoscritti, rappresentanti delle principali realtà attive nella protezione degli animali, nell’augurare buon lavoro al Presidente del Consiglio Mario Draghi ed al nuovo Governo in vista dell’importante impegno volto a contribuire alla ricostruzione dell’Italia, sono fiduciosi che finalmente la tutela dell’ambiente e la transizione ecologica siano adeguatamente perseguite essendo state inserite tra le priorità dell’esecutivo, come chiaramente ribadito dal Presidente Draghi nel discorso programmatico al Senato e nella replica agli interventi sulla fiducia.

In particolare, apprezziamo l’impegno a inserire lo sviluppo sostenibile nella Costituzione, quale fondamentale strumento per preservare il Pianeta per le future generazioni, nell’ottica di un ridisegnato rapporto dell’uomo con l’ambiente e l’ecosistema.

Nell’accogliere con estremo favore tale volontà, ci appelliamo a Governo e Parlamento affinché, nello spirito di alcuni dei Disegni di Legge all’esame della I Commissione Affari costituzionali del Senato, sia enunciata anche la tutela degli animali nella nostra Carta costituzionale, come già accade in quelle di altri Paesi particolarmente attenti alla tutela dei diritti di tutti, quali la Germania e la Svizzera.

In particolare, riteniamo sia giunto il momento che gli animali siano riconosciuti nella Costituzione come esseri senzienti, recependo l’accresciuta sensibilità della popolazione nei confronti del benessere animale. Ricordiamo anche che in virtù dell’art. 13 del Trattato di Lisbona, peraltro, l’Unione e gli Stati membri sono già richiamati a tutelare gli animali in quanto esseri senzienti.

Pertanto, auspichiamo che Governo e Parlamento condividendo uno sguardo costantemente rivolto al futuro sapranno cogliere l’opportunità storica che si profila per dare rilievo costituzionale ad una tematica che interessa tutti gli italiani che, grazie alla stretta relazione con cani, gatti e altri animali da compagnia, hanno profondamente rinnovato la loro relazione con gli animali e che vede oltre un milione di cittadini che, in prima persona, prestano la propria attività di volontariato in questo ambito.

Fiduciosi nella Vostra attenzione e sensibilità verso la presente richiesta, inviamo i nostri più cordiali saluti e auguri di buon lavoro.

Avv. Alessandro Ricciuti — Animal Law Italia

Martina Pluda — HSI/Europe – Italia

Massimo Comparotto — OIPA Italia Onlus

Gianluca Felicetti — LAV Onlus

Carla Rocchi — ENPA Onlus

Sara Turetta — Save the Dogs and Other Animals

Simone Montuschi — Essere Animali OdV

Antonino Morabito — Legambiente Onlus

Piera Rosati — LNDC Animal Protection

Alice Trombetta — Animal Equality Italia Onlus

Federica Di Leonardo — CIWF Italia Onlus

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

adidas diventa la 1500ª azienda di abbigliamento a aderire al programma Fur Free Retailer

Humane Society International


ROMA—Oggi, il gigante dell’abbigliamento sportivo adidas ha annunciato il proprio impegno verso un futuro senza pellicce, nonché l’adesione al programma globale Fur Free Retailer. Sebbene al momento adidas non venda prodotti con pelliccia animale, il suo dichiarato impegno viene accolto favorevolmente dalle organizzazioni animaliste.

Humane Society International, che si batte a livello globale per porre fine al crudele commercio di pellicce, si unisce alla Fur Free Alliance nel dare il benvenuto ad adidas, la 1500ª azienda di abbigliamento a unirsi al programma Fur Free Retailer.

Frank Henke, Senior Vice President per la Sostenibilità di adidas, afferma: “adidas sta rivisitando in ottica sostenibile tutti gli aspetti della sua gamma di prodotti, così come delle rispettive operazioni commerciali. Già dal 2018 utilizziamo esclusivamente cotone sostenibile; dal 2024 utilizzeremo solo poliestere riciclato e quest’anno presenteremo la prima scarpa da corsa interamente riciclabile. Allo stesso tempo, anche i prodotti vegani con le iconiche tre strisce sono sempre di più: dall’anno scorso, per esempio, le amatissime classiche sneaker Stan Smith e Superstar sono disponibili in versione vegana. La rinuncia definitiva alle pellicce sottolinea il nostro impegno nella ricerca di innovazioni nel campo dei materiali sostenibili e nella crescente implementazione degli stessi“.

Marchi come adidas sanno che i consumatori vogliono prodotti sostenibili e di qualità. Siamo quindi entusiasti che la politica fur-free di adidas sia stata consolidata dall’adesione al programma Fur Free Retailer. La pelliccia è dannosa per gli animali, per il pianeta e per i brand, ed è per questo che ci stiamo impegnando per un futuro senza pellicce“, dice Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International.

Aderendo al programma Fur Free Retailer, adidas promette di impegnarsi per un futuro senza pellicce. Il fatto che adidas continui a espandere la propria gamma di prodotti vegani ci rende particolarmente felici. Adottare un numero sempre crescente di alternative animal-friendly è la strategia migliore per prevenire la sofferenza degli animali a lungo termine“, sostiene Thomas Pietsch, esperto in materia di FOUR PAWS.

È con entusiasmo che diamo il benvenuto ad adidas in qualità di 1500ª brand che si unisce al nostro programma Fur Free Retailer. Impegnarsi ad adottare una politica fur-free non è solo indice di sensibilità, ma anche di lungimiranza. I consumatori di oggi sostengono i brand che si mostrano attenti al benessere animale e ambientale: scegliendo di utilizzare materiali sostenibili, adidas si afferma come leader del settore“, spiega Brigit Oele, Program Manager della Fur Free Alliance.

L’impegno di adidas rappresenta un traguardo importante per il Fur Free Retailer, un programma attivo in oltre 25 paesi in tutto il mondo che si basa sulla capacità dei grandi brand di moda – tra cui Prada, Gucci, Zara e H&M – di suscitare una reazione a catena in materia di politiche fur-free.

Il fenomeno del fur-free si sta diffondendo in tutto il mondo, procedendo di pari passo al crescente interesse per il benessere animale. Negli ultimi anni, più di una decina di Paesi europei ha introdotto il divieto alla produzione di pellicce, tra cui Norvegia, Belgio e Paesi Bassi; mentre negli Stati Uniti la California ne ha vietato la vendita.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Il programma Fur Free Retailer è l’iniziativa leader a livello mondiale che mette in contatto le imprese fur-free e i consumatori alla ricerca di prodotti etici. Attivo in oltre 25 paesi, il programma Fur Free Retailer è un’iniziativa internazionale della Fur Free Alliance, una coalizione globale di oltre 50 organizzazioni per la protezione animale che lavora per porre fine all’allevamento e all’uccisione degli animali per la produzione di pellicce.

Humane Society International pubblica un rapporto scientifico sulla diffusione del Covid-19 tra gli allevamenti di visoni in Europa, “Potenziali mutazioni: a rischio l’efficacia del vaccino” Migliaia di mail al ministro della Salute Speranza

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

ROMAUn milione di firme per dire stop agli allevamenti di animali da pelliccia: è l’obiettivo della petizione globale lanciata da Humane Society International (HSI), assieme al network Fur Free Alliance, che ha raccolto circa 15mila sottoscrizioni nei primi 10 giorni. “Ci sono ragioni di ordine economico, ambientale, di salute pubblica e non da ultimo di benessere animale per chiudere gli allevamenti. Tra queste – dichiara Martina Pluda, Direttrice HSI per l’Italia – la seria possibilità che si produca una nuova variante del virus, che potrebbe compromettere l’efficacia del vaccino”.

La campagna, a cui si può aderire online dal sito, ha suscitato la mobilitazione della community che dopo aver firmato la petizione globale ha inviato oltre 3mila mail al Ministro della Salute in questi primi giorni.

A sostegno dell’appello il White Paper scientifico in materia di “Allevamento di animali da pelliccia, Covid-19 e il rischio di malattie zoonotiche”, recentemente pubblicato da HSI e contenente le evidenze scientifiche che dimostrano come il Coronavirus possa saltare avanti e indietro tra visone e uomo, producendo mutazioni che potrebbero mettere a rischio l’efficacia dei vaccini fin qui rilasciati e in fase di distribuzione.

Ad oggi, il virus è stato rilevato nel visone in quasi 400 allevamenti, di almeno 9 Stati Membri come Danimarca, Paesi Bassi, Svezia, Lituania, Grecia, Spagna, Francia e anche in Italia dove sono stati abbattuti 26,000 visoni. Il SARS-CoV-2 è stato rilevato anche in 16 allevamenti negli Stati Uniti e in uno in Canada.

L’allevamento di animali da pelliccia rappresenta, pertanto, un grave rischio per la salute umana. Questo è il motivo principale per cui la Danimarca, un paese che alleva 17 milioni di visoni per una popolazione che non arriva a 6 milioni di persone, ha compiuto la scelta radicale di abbattere la sua intera mandria. Per lo stesso motivo i Paesi Bassi si sono adoperati per la chiusura anticipata della loro industria, che era comunque destinata ad una progressiva dismissione entro il 2024.

Inoltre, i focolai di Covid-19 negli allevamenti di visoni hanno attirato l’attenzione pubblica sul fatto che la pelliccia viene prodotta confinando animali selvatici in maniera intensiva, in piccole gabbie metalliche addossate le une alle altre. Le specie dotate di pelliccia più comunemente allevate, ovvero i visoni e le volpi, sono predatori carnivori, fortemente attivi e curiosi, con una vita sociale complessa. A differenza della maggior parte degli altri animali considerati d’allevamento, volpi e visoni sono animali solitari, che allo stato selvatico coprono lunghe distanze. La smisurata energia di questi animali è confinata in gabbie e nidi artificiali che in genere hanno una dimensione di 90x30x45cm. Lo stress derivato dal confinamento e dalla convivenza forzata li porta spesso a combattimenti, ferimenti, casi di cannibalismo e morte. Non solo questi animali selvatici in cattività sono molto stressati e quindi immunodepressi, ma sono ammassati in prossimità delle secrezioni respiratorie e degli escrementi degli altri individui. Ciò ha permesso al SARS-CoV-2 di diffondersi praticamente senza freni.

Anche le immagini più recenti immortalate negli allevamenti di animali da pelliccia europei, che presumibilmente rispettano gli standard di benessere dell’industria della pelliccia, rivelano animali che mostrano comportamenti stereotipati, automutilazione, cannibalismo, ferite non trattate. La conclusione che si può trarre è che gli standard volontari dell’industria della pelliccia non solo sono inadeguati, ma possono anche essere considerati come ‘humane washing’.

Da sempre Humane Society International sostiene la chiusura definitiva di tutti gli allevamenti di animali da pelliccia per proteggere il benessere degli animali, l’ambiente e la salute umana, anche attraverso operazioni di lobby nei confronti di governi, brand moda e big player del retail. Ma anche sensibilizzando i cittadini ad un acquisto più consapevole: ad esempio attraverso la shopping guide pubblicata online, che permette di distinguere pelli e pellicce sintetiche da quelle vere, informando sul modo in cui vengono prodotte, normalmente attraverso procedure dolorose e crudeli nei confronti degli animali.

Nel frattempo si allunga la lista dei luxury brand che hanno aderito all’appello per una moda cruelty free, da Giorgio Armani a Gucci, da Bottega Veneta a Versace, Chanel, Miu Miu, Prada, oltre a templi dello shopping come Macy’s, Bloomingdales e Nordstrom. La fashion industry si sta muovendo in direzione animal-free, studiando pelli a base di ananas, funghi o sottoprodotti dell’industria del vino, pellicce sintetiche realizzate a partire dal mais e piumini sostenibili e biodegradabili.

Il White Paper rilasciato da HSI individua alcuni interventi fondamentali per arginare i fattori di rischio derivanti dagli allevamenti, in attesa della chiusura definitiva: divieto di riproduzione e trasporto degli animali allevati per la pelliccia dentro e fuori dai confini nazionali, screening regolari, sostegno economico agli allevatori per convertire l’attività e restrizioni preventive per scoraggiarne di nuove. “L’ordinanza emessa dal Ministro della Salute il 21 novembre 2020, per sospendere temporaneamente le attività degli allevamenti di visoni in Italia, scade il 28 febbraio: cosa è stato fatto fin qui? Per affrontare seriamente il problema è necessario che il Ministro della Salute renda tale sospensione permanente. È ora di rendersi conto che il rischio che la persistenza degli allevamenti di animali da pelliccia rappresenta per la società supera i limitati benefici economici che offre alla piccola minoranza coinvolta in questa pratica disumana”, conclude Pluda.

Ufficio Stampa PS Comunicazione

Sara Chiarello, Francesca Puliti 392 9475467

info@pscomunicazione.it

Humane Society International chiede a Svezia – e Italia – di vietare permanentemente l'allevamento di animali da pelliccia per proteggere persone e animali

Humane Society International


ROMA—Oggi il governo svedese ha annunciato che sospenderà l’allevamento di visoni destinati alla produzione di pellicce per tutto il 2021, per prevenire un’ulteriore diffusione del virus SARS-CoV-2 che finora è stato rilevato in 13 allevamenti di visoni svedesi. In Svezia si trovano circa 40 allevamenti di visoni e nel 2020 questo settore ha prodotto circa 500.000 pelli di visone.

Humane Society International, attiva a livello globale per porre fine al commercio di pellicce, accoglie con favore la notizia ma incoraggia la Svezia a porre fine definitivamente all’allevamento di animali da pelliccia, nell’interesse degli animali e della salute pubblica. Secondo le dichiarazioni rilasciate dal governo svedese, i riproduttori non saranno infatti abbattuti.

La Svezia non è l’unico paese a sospendere temporaneamente l’allevamento di animali da pelliccia: a novembre 2020, il Ministro della Salute italiano, Roberto Speranza, ha emesso un’ordinanza per sospendere l’allevamento di visoni fino al 28 febbraio 2021. Poiché questa scadenza è ormai prossima, HSI chiede anche all’Italia di rendere tale sospensione permanente, emanando un divieto definitivo.

A gennaio, HSI ha pubblicato un white paper scientifico che evidenzia il legame tra l’allevamento di animali da pelliccia, lo scarso benessere degli animali e le malattie zoonotiche infettive.

Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per HSI/Europe, ha dichiarato: “Mentre accogliamo favorevolmente la decisione del governo svedese di sospendere l’allevamento di visoni, lo incoraggiamo a porre fine in modo permanente a questa industria crudele e pericolosa. Il confinamento di milioni di animali in piccole gabbie metalliche per la produzione di pellicce causa terribili sofferenze e, come hanno concluso diversi scienziati, può rappresentare un rischio reale per la salute pubblica, quale potenziale serbatoio del virus SARS-CoV-2. Le autorità svedesi hanno anche riconosciuto che le misure di biosicurezza adottate finora si sono rivelate insufficienti. La Svezia ha fatto un passo importante, ma ora deve dare la priorità alla salute pubblica e al benessere animale. Chiediamo inoltre a tutti gli Stati Membri che ancora permettono l’allevamento di animali da pelliccia di vietarli”.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI, ha dichiarato: Se a marzo il governo italiano consentirà la ripresa delle attività degli allevamenti di visoni in Italia, metterà gli interessi commerciali di questa industria prima della salute pubblica. Questo è inaccettabile. Il fatto che gli allevamenti di animali da pelliccia tengano un numero elevato di animali in situazioni di scarsissimo benessere, in cui la malattia può facilmente diffondersi, presenta le condizioni ideali per renderli delle vere e proprie fabbriche di virus e tutto questo per un prodotto frivolo, di cui nessuno ha bisogno. L’unico provvedimento utile e necessario per tutelare gli animali e le persone è il definitivo divieto d’allevamento di animali da pelliccia. Incoraggiamo l’Italia a seguire l’esempio di molti altri paesi europei”.

DATI:

  • Si stima che 53 milioni di visoni vengano allevati per la loro pelliccia in più di 20 paesi in tutto il mondo. I primi tre per numero di animali allevati sono in Europa (dati del 2018): Danimarca (17,6 milioni di visoni), Polonia (5 milioni di visoni) e Paesi Bassi (4,5 milioni di visoni). Nel 2019 la Cina ha allevato 11,6 milioni di visoni, dato in calo rispetto ai 20,6 milioni di visoni del 2018.
  • Otto Stati Membri dell’UE hanno ufficialmente identificato visoni positivi al virus negli allevamenti: Danimarca (290 strutture), Francia (1 struttura), Grecia (21 strutture), Italia (1 struttura), Lituania (2 strutture), Paesi Bassi (70 strutture), Spagna (3 strutture), Svezia (13 strutture). Sono stati confermati casi anche negli Stati Uniti e in Canada.
  • L’allevamento di pellicce è vietato nel Regno Unito dal 2003, ed è proibito e/o è in fase di dismissione in numerose nazioni europee come l’Austria, il Belgio, la Bosnia-Erzegovina, la Repubblica Ceca, la Croazia, la Macedonia, i Paesi Bassi, la Norvegia, il Lussemburgo, la Serbia, la Slovacchia, la Slovenia e l’Ungheria. Più recentemente il governo irlandese si è impegnato a porre fine all’allevamento di animali da pelliccia e la Francia farà lo stesso entro il 2025.
  • Anche la Bulgaria, l’Estonia, la Lituania, il Montenegro, la Polonia e l’Ucraina stanno attualmente considerando di vietare gli allevamenti di animali da pelliccia e in Finlandia il partito di maggioranza ha recentemente annunciato il suo sostegno ad un divieto.
  • Negli Stati Uniti, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce nel 2019, in seguito a divieti simili in città come Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood.

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

Essere Animali, Humane Society International e LAV chiedono la chiusura immediata degli allevamenti di animali considerati da pelliccia in Italia, nell’interesse del benessere degli animali e della salute pubblica.

Con una lettera aperta rivolta al Ministro della Salute Roberto Speranza, le sopracitate associazioni sottolineano la necessità di implementare l’unica soluzione adeguata a fermare la diffusione e la mutazione del virus, nonché evitare la compromissione dell’efficacia di futuri vaccini, rinnovando pertanto l’appello a vietare la riproduzione, l’allevamento, e l’uccisione di animali per fini legati alla produzione di pellicce, attività crudele e non essenziale.

In data 28 febbraio 2021 terminerà la sospensione delle attività dei sette allevamenti ancora attivi in Italia, indetta con un’ordinanza del Ministro della Salute il 21 novembre 2020. Le associazioni esortano il Ministro a rendere tale sospensione permanente, emanando un divieto definitivo come hanno già fatto molti Stati Membri dell’UE o grandi paesi produttori, come l’Olanda, dove sono avvenuti contagi fra i visoni e fra visoni ed esseri umani, che non hanno esitato a fermare questo tipo di allevamenti.

Covid e visoni: Ministro vieti gli allevamenti, è l’unica soluzione adeguata

Lettera aperta a firma delle Associazioni:

Essere Animali, Humane Society International, LAV

Onorevole Ministro Speranza,

Con questa lettera le associazioni firmatarie si rivolgono a Lei per sottolineare nuovamente l’urgente bisogno di prendere l’unico provvedimento utile a fermare e prevenire la diffusione di potenziali serbatoi di SARS-CoV-2, il virus che causa il Covid-19, radicata nel confinamento e nello sfruttamento sistematico degli animali considerati da pelliccia nel nostro Paese: il divieto immediato alla riproduzione, all’allevamento e all’uccisione di animali per la produzione di pellicce e la chiusura delle sette strutture ancora operative in Italia.

Gli animali presenti negli allevamenti soffrono di stress cronico e di scarso benessere, il che può compromettere la risposta del sistema immunitario. Il visone, in particolare, è suscettibile a malattie respiratorie e il SARS-CoV-2 si è diffuso praticamente senza freni in questa specie selvatica allevata in maniera intensiva, in piccole gabbie metalliche addossate le une alle altre, in contrasto con i suoi bisogni etologici ed il benessere animale. L’allevamento industriale di visoni e altre specie considerate da pelliccia è una pratica profondamente disumana, nonché assolutamente non essenziale.

L’allevamento di animali considerati da pelliccia rappresenta, pertanto, un grave rischio per la salute umana. In Europa si moltiplicano i casi di allevamenti di visoni presso i quali sono stati rilevati casi di positività, sia degli animali sia degli addetti, al SARS-CoV-2. Sono orma quasi 400 i focolai accertati negli allevamenti europei di visoni, in almeno nove Stati Membri. Alcuni presentano ceppi virali mutati che potrebbero mettere a repentaglio l’efficacia di un vaccino – rischio segnalato anche dal Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie. Questo è il motivo principale per cui la Danimarca, paese tra i maggiori produttori di pellicce, ha preso la decisione di abbattere tutti i milioni di visoni presenti nel Paese, dopo che un quarto dei suoi 1.147 allevamenti è stato colpito. Per la stessa ragione i Paesi Bassi si sono adoperati per la chiusura anticipata dell’industria olandese, già destinata ad una progressiva dismissione entro il 2024. Anche l’Ungheria, pur non avendo strutture produttrici, ha imposto un divieto per evitare che allevatori provenienti da altre nazioni possano spostare le loro attività nel territorio magiaro.

Come diffuso dalla LAV ad ottobre 2020, casi positivi sono stati rilevati e confermati già ad agosto 2020 anche in un allevamento di visoni in Italia. Sebbene questa scoperta fosse rilevante per il coordinamento degli sforzi per arginare l’attuale pandemia da coronavirus, questa è stata accolta con l’inerzia più totale da parte delle istituzioni. La situazione è grave, anche in considerazione delle violazioni delle norme sanitarie dettate dal Suo Ministero, come mostrato dalle investigazioni apparse nei mezzi di informazioni nel mese di novembre 2020. Le stesse investigazioni, così come molte altre pubblicate negli ultimi anni e da ultimo quelle rilasciate a dicembre 2020 da Essere Animali in merito all’abbattimento di 26.000 visoni in Lombardia, attirando l’attenzione pubblica su un’industria che non è mai stata e non potrà mai essere etica e compatibile con il benessere animale.

L’Italia è uno dei pochi Paesi dell’UE, che ancora consente l’allevamento dei visoni. La scelta di non adottare misure efficaci per sradicare i potenziali serbatoi di SARS-CoV-2, è da ritenersi irresponsabile e irragionevole considerata la scoperta che questo coronavirus può saltare avanti e indietro tra visone e uomo. Il sequenziamento del genoma virale ha dimostrato che l’infezione nel visone può portare a pericolose mutazioni delle proteine spike che, se trasmesse all’essere umano, potrebbero minacciare l’efficacia dei vaccini necessari. Come evidenziato dal rapporto “L’allevamento di animali da pelliccia, il COVID-19 e i rischi di malattie zoonotiche” pubblicato a gennaio 2021 dalla Humane Society International, se l’infezione da SARS-CoV-2 si riversasse nei mustelidi selvatici, questi avrebbero il potenziale per diventare un serbatoio permanente di infezione per l’uomo e altre specie animali.

Alla luce dei rischi sanitari posti dall’allevamento di animali considerati da pelliccia e degli evidenti problemi relativi al benessere animale, Essere Animali, Humane Society International e LAV Le chiedono di vietare per legge, con effetto immediato, la riproduzione, l’allevamento e l’uccisione di animali per fini legati alla produzione di pellicce e chiudere le ultime sette strutture di questo tipo presenti in Italia.

Gianluca Felicetti, Presidente LAV

Simone Montuschi, Presidente Essere Animali

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International

Humane Society International pubblica un rapporto scientifico sulla diffusione del Covid-19 tra gli allevamenti di visoni in Europa e chiama in causa il Ministro Speranza, “Ci sono ragioni di ordine economico, ambientale, di salute pubblica e di benessere animale per chiudere gli allevamenti. La sospensione temporanea indetta a novembre scade il 28 febbraio: cosa è stato fatto?”

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

Urgente: divieto di riproduzione e trasporto, screening e sostegno economico per convertire l’attività

ROMA—Divieto di riproduzione e trasporto degli animali allevati per la pelliccia dentro e fuori dai confini nazionali, screening regolari, sostegno economico per convertire l’attività e restrizioni preventive per scoraggiarne di nuove: Humane Society International (HSI), l’unica organizzazione attiva a livello locale e internazionale per proteggere tutti gli animali – in natura, nei laboratori, negli allevamenti e in ambiente domestico – con campagne globali e attività sul campo in più di 50 paesi, pubblica un White Paper scientifico in materia di Allevamento di animali da pelliccia, il Covid-19 e il rischio di malattie zoonotiche e propone 6 misure provvisorie d’emergenza, necessarie per arginare il contagio in attesa dell’attuazione di un divieto d’allevamento definitivo. Chiamando in causa direttamente il Ministro per la Salute Roberto Speranza.

“Ci sono ragioni di ordine economico, ambientale, di salute pubblica e non da ultimo di benessere animale per chiudere gli allevamenti. Tra queste – dichiara Martina Pluda, Direttrice HSI per l’Italia – la seria possibilità che si produca una nuova variante del virus, che potrebbe compromettere l’efficacia del vaccino. L’ordinanza emessa dal Ministro Speranza il 21 novembre 2020, per sospendere temporaneamente le attività degli allevamenti di visoni in Italia, scade il 28 febbraio: cosa è stato fatto fin qui per arginare i fattori di rischio? Per affrontare seriamente il problema è necessario che il Ministro della Salute renda tale sospensione permanente”. A livello mondiale, assieme al network Fur Free Alliance, l’organizzazione sta lanciando proprio in questi giorni una petizione popolare per dire basta agli allevamenti di animali da pelliccia, tra cui visoni, volpi e cani procione, compilabile online.

Alla base della petizione non c’è soltanto una motivazione etica nei confronti degli animali, ma ragioni di salvaguardia ambientale e della salute umana, come si legge nel rapporto scientifico. “Da aprile 2020, quando è stato confermato il primo caso di Covid-19 nel visone americano in un allevamento nei Paesi Bassi, questa malattia zoonotica ha continuato a imperversare tra le mandrie di visoni allevati in vari Stati Membri dell’Unione Europea, così come negli Stati Uniti. In alcuni paesi ciò ha portato all’abbattimento preventivo di milioni di animali; mentre in altri le autorità governative hanno richiesto solamente l’attuazione di misure di biosicurezza per cercare di scongiurare un’ulteriore trasmissione”, si legge nel report. Ad oggi, il virus è stato rilevato nel visone in quasi 400 allevamenti, di almeno 9 Stati Membri come Danimarca, Paesi Bassi, Svezia, Lituania, Grecia, Spagna, Francia e anche in Italia dove sono stati abbattuti 26,000 visoni. Il SARS-CoV-2 è stato rilevato anche in 16 allevamenti negli Stati Uniti e in uno in Canada.

“La scelta di non adottare misure per sradicare i serbatoi potenziali di SARS-CoV-2 – prosegue l’analisi di HSI – è stata messa in discussione dalla scoperta che questo coronavirus può saltare avanti e indietro tra visone e uomo. Il sequenziamento del genoma virale ha dimostrato che l’infezione nel visone può portare a pericolose mutazioni delle proteine spike, le quali, se trasmesse alle popolazioni umane, potrebbero potenzialmente minacciare l’efficacia dei vaccini necessari per porre fine a questa pandemia globale da coronavirus”.

L’allevamento di animali da pelliccia rappresenta, pertanto, un grave rischio per la salute umana. Questo è il motivo principale per cui la Danimarca, un paese che alleva 17 milioni di visoni per una popolazione che non arriva a 6 milioni di persone, ha compiuto la scelta radicale di abbattere la sua intera mandria. Per lo stesso motivo i Paesi Bassi si sono adoperati per la chiusura anticipata della loro industria, che era comunque destinata ad una progressiva dismissione entro il 2024.

Inoltre, i focolai di Covid-19 negli allevamenti di visoni hanno attirato l’attenzione pubblica sul fatto che la pelliccia viene prodotta confinando animali selvatici in maniera intensiva, in piccole gabbie metalliche addossate le une alle altre. Le specie dotate di pelliccia più comunemente allevate, ovvero i visoni e le volpi, sono predatori carnivori, fortemente attivi e curiosi, con una vita sociale complessa. A differenza della maggior parte degli altri animali considerati d’allevamento, volpi e visoni sono animali solitari, che allo stato selvatico coprono lunghe distanze. La smisurata energia di questi animali è confinata in gabbie e nidi artificiali che in genere hanno una dimensione di 90x30x45cm. Lo stress derivato dal confinamento e dalla convivenza forzata li porta spesso a combattimenti, ferimenti, casi di cannibalismo e morte.

Non solo questi animali selvatici in cattività sono molto stressati e quindi immunodepressi, ma sono ammassati in prossimità delle secrezioni respiratorie e degli escrementi degli altri individui. Il visone, in particolare, è suscettibile a malattie respiratorie e ciò ha permesso al SARS-CoV-2 di diffondersi praticamente senza freni.

Anche le immagini più recenti immortalate negli allevamenti di animali da pelliccia europei, che presumibilmente rispettano gli standard di benessere dell’industria della pelliccia, rivelano animali che mostrano comportamenti stereotipati, automutilazione, cannibalismo, ferite non trattate. La conclusione che si può trarre è che gli standard volontari dell’industria della pelliccia non solo sono inadeguati, ma possono anche essere considerati come ‘humane washing’.

Humane Society International sostiene inequivocabilmente la chiusura definitiva di tutti gli allevamenti di animali da pelliccia per proteggere il benessere degli animali, l’ambiente e la salute umana. Nel frattempo, l’organizzazione raccomanda di adottare le seguenti misure preventive d’emergenza:

  1. Fermare la riproduzione e la ripopolazione negli allevamenti di visoni in cui sono stati abbattuti gli animali;
  2. Vietare tutti i trasporti transfrontalieri di visoni vivi e il trasporto di visoni vivi tra gli allevamenti all’interno dei confini nazionali;
  3. Proibire l’esportazione e l’importazione di pelli grezze di visone;
  4. Attuare un programma obbligatorio e regolare di test per il Covid-19 (con sequenziamento obbligatorio del genoma) sui visoni e altre specie da pelliccia allevate come cani procione e volpi, compresa la registrazione obbligatoria di tutte le attività collegate all’allevamento, per i paesi in cui è ancora consentito l’allevamento di animali da pelliccia e fino a quando tutti gli allevamenti di visoni non avranno cessato l’attività;
  5. Fornire un sostegno economico proporzionato agli allevatori di animali da pelliccia esclusivamente per coprire i costi di smantellamento delle attività di allevamento di animali da pelliccia, di riqualificazione professionale e di assistenza per la transizione verso altre attività (senza animali coinvolti);
  6. Adottare restrizioni preventive per la riproduzione, il trasporto e l’import/export di cani procione e volpi vive, oltre che di pelli grezze di queste specie, al fine di eliminare anche qualsiasi rischio potenziale di trasmissione di malattie dovuto al commercio di queste specie.

“Per l’immediata protezione della salute pubblica è necessario intraprendere queste azioni. Tuttavia, nel lungo termine, il solo modo per proteggere definitivamente sia la salute dell’uomo sia il benessere degli animali è di porre fine in modo permanente all’allevamento di animali da pelliccia nei paesi in cui è ancora legalmente consentito. Rinnovo pertanto l’appello al Ministro della Salute Roberto Speranza ad agire responsabilmente. È ora di rendersi conto che il rischio che la persistenza degli allevamenti di animali da pelliccia rappresenta per la società supera i limitati benefici economici che offre alla piccola minoranza coinvolta in questa pratica disumana”, conclude Pluda.

Ufficio Stampa PS Comunicazione

Sara Chiarello, Francesca Puliti 392 9475467

info@pscomunicazione.it

Learn More Button Inserter