Humane Society International e Fondazione CAVE CANEM partner del progetto IO NON COMBATTO: “Fenomeno sommerso collegato a criminalità organizzata, traffico di stupefacenti e di armi” – dal 1° marzo al 5 aprile una serie di incontri online a iscrizione gratuita rivolti a medici veterinari, educatori cinofili, forze dell’ordine, operatori di canili rifugio

Humane Society International


Chiara Muzzini/HSI and FCC

ROMA – Sei incontri online con alcuni tra i maggiori esperti italiani e internazionali per inquadrare il fenomeno dei combattimenti clandestini tra animali, imparare a intercettarne i segnali sul territorio, intervenire e riabilitare gli animali maltrattati sia dal punto di vista fisico che psicologico: si apre il 1° marzo un programma di formazione per la prevenzione e il contrasto dei combattimenti clandestini, promosso dalla sede italiana di Humane Society International (HSI) e Fondazione CAVE CANEM (FCC) nell’ambito del progetto IO NON COMBATTO.

Gli incontri – online fino al 5 aprile, fruibili gratuitamente in streaming in italiano con traduzione simultanea per i relatori stranieri – si rivolgono a medici veterinari, operatori e volontari di canili rifugio, educatori cinofili, Forze dell’Ordine, studenti di medicina veterinaria e giurisprudenza con l’obiettivo di stroncare una pratica illegale e crudele, tutt’altro che sconfitta nel nostro Paese. Il fenomeno dei combattimenti clandestini tra cani, infatti, prospera nel sommerso e si collega a criminalità organizzata, traffico internazionale di stupefacenti e di armi, comprese quelle da fuoco, pedo-pornografia e scommesse illegali attorno alle quali ruotano cospicue somme di denaro. I protagonisti dello “show”, però, non vincono mai: vivono nel terrore e spesso muoiono a causa delle ferite riportate. Non va meglio ai cosiddetti “sparring partners”, animali come cani, gatti, cinghiali, uccelli domestici e cani stessi, usati per l’addestramento e l’allenamento brutale dei combattenti.

Il progetto IO NON COMBATTO, nato sul finire del 2021, si pone l’obiettivo di offrire strumenti concreti contro questo fenomeno, attraverso attività di ricerca e divulgazione scientifica, operazioni sul campo, sensibilizzazione dell’opinione pubblica e formazione di personale specializzato. Il percorso formativo in sei incontri di due sessioni ciascuno esplora diversi aspetti del fenomeno: dall’inquadramento in ambito internazionale, a quello normativo e giuridico in ambito italiano, dai protocolli operativi da applicare in caso di sequestri giudiziari ai percorsi di recupero e inserimento in contesti familiari degli animali coinvolti, fino al collegamento con la devianza minorile e al fenomeno del link.

Tra i docenti del corso formativo: Janette Reever, Program Manager Animal Crimes and Investigations per Humane Society International, considerata una delle maggiori esperte statunitensi sui combattimenti tra cani e dei loro legami internazionali, con oltre 6.500 agenti delle Forze dell’Ordine formati alle spalle e 23 anni di esperienza sul campo e nelle aule di tribunale; Mirko Zuccari, Dog Trainer Manager della Fondazione CAVE CANEM ed educatore cinofilo specializzato in recupero sociale di cani maltrattati o psicologicamente traumatizzati, nonché consulente tecnico d’ufficio in occasione di sequestri giudiziari; Alessandro Fazzi, consulente tecnico giuridico del Senato oltre che di organizzazioni di tutela dei diritti animali tra cui HSI e FCC; Orlando Paciello, Professore di Patologia generale e anatomia patologica  dell’Università degli Studi di Napoli Federico II; Enrico Moriconi, medico veterinario e  Garante per i diritti degli animali della Regione Piemonte; Manuela Michelazzi, Direttore Sanitario del Parco Canile e Gattile del Comune di Milano; Giada Alessandroni avvocatessa e criminologa, socia della Società Italiana di Criminologia;  Paolo Zucca, Dirigente Veterinario e Lead Partner del Progetto Biocrime; Fiammetta Trisi, Dirigente del Centro per la Giustizia Minorile per il Lazio, l’Abruzzo e il Molise; Mike Harris, ex-agente del Federal Bureau of Investigation (FBI) che ha partecipato ad uno dei casi più importanti degli Stati Uniti che ha visto 367 cani coinvolti.

“I primi mesi del progetto hanno visto il salvataggio di sei cani coinvolti in questo criminoso circuito, confermando la necessità di fornire agli addetti ai lavori strumenti, conoscenze e competenze in materia di prevenzione dei combattimenti tra animali – affermano Martina Pluda Direttrice per l’Italia di HSI e Federica Faiella Vicepresidente FCC. “Siamo molto soddisfatte del piano formativo che andremo a proporre non solo per lo spessore dei docenti coinvolti ma anche per il taglio con risvolto più che operativo che verrà dato alle lezioni”.

La formazione è gratuita, le iscrizioni ai singoli incontri o al programma completo, riservate alle categorie professionali deputate alla repressione dal fenomeno dei combattimenti clandestini tra cani, sono attive online alla pagina: https://www.iononcombatto.it/  

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Contatti: 

Ufficio Stampa Chiarello Puliti & Partners 

Sara Chiarello, Francesca Puliti: 392 9475467; press@chiarellopulitipartners.com 

Gli attivisti della coalizione Dog Meat Free Indonesia, assieme a Humane Society International, applaudono le autorità che hanno dato un giro di vite ai trafficanti di migliaia di cani da carne

Humane Society International


Yoma Times Suryadi/AP Images for HSI

JAVA, IndonesiaHa avuto luogo il primo raid su larga scala della polizia indonesiana in un macello illegale di cani da carne: un uomo sospettato di essere un commerciante di carne di cane sull’isola di Java è stato arrestato e il carico del suo camion con 53 cani intercettato. La polizia di Sukoharjo si è infiltrata in un’operazione di traffico di cani a Java per arrivare al commerciante e macellaio, presumibilmente al centro di queste attività per più di 20 anni. Si sospetta che abbia coordinato le spedizioni verso il macello di centinaia di cani ogni mese, e ucciso in media 30 cani al giorno. Gli attivisti della coalizione Dog Meat Free Indonesia (DMFI), che si batte per un divieto nazionale sul commercio di carne di cane e di gatto, erano sulla scena per aiutare a salvare i cani trovati vivi. Tra di loro gli operatori di Humane Society International. L’operazione ha avuto luogo nelle prime ore del mattino del 24 novembre, quando il camion carico di 53 cani terrorizzati è arrivato al macello. Gli attivisti della DMFI hanno trovato i cani legati in sacchi di iuta, le loro bocche strette con spago, filo di ferro e fascette. La maggior parte dei cani erano emaciati e avevano meno di un anno di età, uno di loro era morto durante l’estenuante viaggio.

Lola Webber di Humane Society International, è stata una delle prime ad arrivare sulla scena. “Il mio cuore – racconta – batteva forte mentre ci avvicinavamo al camion, perché potevo sentire i lamenti dei cani e poi li ho visti tutti legati nei sacchi, i loro morbidi musi chiusi a forza. Erano traumatizzati e spaventati. Molti di loro portavano ancora il collare a testimonianza del fatto che sono stati portati via dalle loro famiglie, probabilmente rubati o presi dalla strada. Hanno sopportato il viaggio più orribile e terrificante, gettati nel retro di un camion per essere portati in questo mattatoio dove sarebbero stati colpiti alla testa prima che venisse tagliata loro la gola. Pensare alla paura che devono aver sopportato è semplicemente devastante. Siamo arrivati sul posto appena in tempo perché l’uccisione avviene di solito nelle prime ore del mattino. Siamo immensamente grati alle autorità per aver agito.  Per quelli di noi che si sono battuti a lungo per porre fine a questo commercio crudele, è stato un enorme privilegio poter salvare questi animali”.

Questo è solo il secondo grande arresto da parte della polizia in Indonesia e gli attivisti della DMFI sperano che possa segnare un punto di svolta nella campagna per un divieto sul commercio di carne di cane a livello nazionale. Nonostante l’impegno preso del governo nazionale, ad oggi solo l’azione dei governi regionali ha portato ad iniziative concrete contro questa pratica. Regioni e città come Karanganyar, Salatiga e Sukoharjo hanno approvato divieti espliciti nelle loro giurisdizioni, e DMFI spera che un altro arresto e un eventuale processo mandino un forte segnale agli altri commercianti di cani sul fatto che le loro attività sono illegali e saranno punite. Il mese scorso un commerciante di cani catturato dalla polizia del distretto di Kulon Progo è stato condannato a 10 mesi di prigione e a una multa di 10.000 dollari (150 milioni di IDR) dopo che le autorità lo hanno intercettato mentre trasportava illegalmente 78 cani per la macellazione e il consumo umano.

Tarjono Sapto Nugroho, capo dell’investigazione criminale della polizia di Sukoharjo dichiara: “Riceviamo molte denunce sulle operazioni illegali dei commercianti di carne di cane. La gente non vuole ospitare questo commercio o la macellazione nelle proprie comunità. I cani sono amici, non cibo, il commercio è già illegale ed è strettamente proibito dalla legge islamica. Il consumo di carne di cane è considerato cultura da alcuni, ma le culture si evolvono e anche noi dobbiamo farlo. Così abbiamo iniziato questa intercettazione e confisca per proteggere le nostre comunità e per sostenere gli sforzi del governo dello Javan centrale per sradicare la cultura e il commercio del consumo di carne di cane”.

La coalizione Dog Meat Free Indonesia ha condotto numerose indagini dal 2016, esponendo la brutale realtà del commercio di cani destinati al consumo umano. Ogni mese, decine di migliaia di questi cani vengono trasportati attraverso l’Indonesia, spesso attraversando i confini provinciali, mettendo a rischio le misure antirabbiche. Molti cani muoiono durante questo viaggio per colpi di calore, disidratazione o ferite inflitte durante la cattura e il trasporto.  I 53 cani salvati dal macello hanno immediatamente ricevuto attenzioni veterinarie dal team della DMFI e sono stati trasferiti in un rifugio temporaneo, dove riceveranno cure amorevoli per riportarli in salute. Le possibilità di poterli riunire con le loro famiglie sono probabilmente scarse, ma DMFI farà appelli locali. Il piano è che alcuni dei cani vengano adottati localmente tra l’appassionata comunità cinofila dell’Indonesia, altri saranno trasportati in aereo al rifugio temporaneo di Humane Society International in Canada, da dove l’organizzazione spera di trovare loro nuove famiglie adottive. Per sostenere il lavoro di HSI nei confronti di questi cani e di tutti gli animali in difficoltà è possibile donare su [hsi-europe.org/emergenzaindonesia]hsi-europe.org/emergenzaindonesia.

sondaggi mostrano costantemente che la stragrande maggioranza degli indonesiani non mangia i cani. Infatti, solo il 4,5% della popolazione lo fa e il 93% degli indonesiani a favore di un divieto a livello nazionale. Sul posto, la polizia ha confermato che il commerciante intercettato sarà perseguito per aver violato l’articolo 89 della Legge 41/2014 della Repubblica di Indonesia sulla zootecnia e la salute degli animali, che prevede pene tra i due e i cinque anni di reclusione, e/o una multa di almeno 150.000.000 Rupiah ($USD 10.500). La polizia si è anche impegnata ad ampliare le indagini su altre persone coinvolte in operazioni illegali che coinvolgono il commercio e la macellazione di cani.

Fatti relativi al commercio di carne di cane:

  • Ci sono sufficienti evidenze scientifiche che collegano in maniera diretta il commercio di carne di cane alla trasmissione della rabbia in molte parti dell’Asia dove opera il commercio di carne di cane, compresa l’Indonesia.
  • Il furto di cani per il commercio della carne è un problema serio in Indonesia. Dog Meat Free Indonesia ha intervistato molti residenti che hanno descritto le terribili esperienze vissute come furti a mano armata dei loro animali domestici durante la notte. Nonostante l’evidente violazione della legge, i furti sono raramente presi sul serio dalle forze dell’ordine, così i ladri rimangono spesso impuniti.
  • In tutta l’Asia, l’opposizione al commercio di carne di cane e di gatto sta aumentando, con un numero sempre crescente di paesi e territori (Taiwan, Hong Kong, Filippine, Thailandia e due grandi città della Cina continentale) che ne vietano il commercio e la macellazione, la vendita e il consumo. A settembre, il presidente della Corea del Sud Moon Jae-in ha suggerito che potrebbe essere il momento di considerare un divieto sulla carne di cane, e a novembre è stato annunciato che il suo gabinetto si riunirà per discuterne ulteriormente.
  • La coalizione Dog Meat Free Indonesia comprende Humane Society International, Animals Asia, FOUR PAWS, Animal Friends Jogja e Jakarta Animal Aid Network. La sue campagna ha ricevuto il sostegno di superstar globali e indonesiane, tra cui una lettera al presidente Joko Widodo nel 2018 che chiede un’azione per porre fine ai commerci di carne di cane e gatto del paese firmata da Simon Cowell, Sophia Latjuba, Yeslin Wang, Nadia Mulya, Lawrence Enzela, Cameron Diaz, Chelsea Islan, Ellen DeGeneres e Pierce Brosnan.

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

La morte di Mopane ricorda tristemente quella di Cecil

Humane Society International


Chris Upton/Alamy Stock Photo

ROMA—Un possente leone di nome Mopane sarebbe stato ucciso da un cacciatore americano fuori dal Parco Nazionale di Hwange, nello Zimbabwe, la scorsa settimana. La morte di Mopane ha suscitato proteste internazionali; i dettagli emersi sulla sua uccisione sarebbero simili a quelli del leone Cecil, ucciso nel 2015 nella stessa zona. Con la sua imponente criniera, Mopane era ben noto alle guide turistiche locali e ai turisti internazionali che visitavano la zona per ammirare la sua bellezza.

Proprio come il tredicenne Cecil, adescato con una carcassa di elefante, fonti riferiscono che Mopane, maschio di circa 12 anni, è stato probabilmente attirato fuori dal Parco Nazionale di Hwange con un’esca e ucciso nello stesso posto, su un terreno adiacente al Parco. Come Cecil che guidava un branco di leoni, Mopane era noto per aver formato una coalizione con un altro leone maschio di nome Sidhule. Insieme formavano un branco con due femmine adulte e sei leoni di circa 16-18 mesi. La gente del posto temeva che Sidhule e Mopane sarebbero stati presi di mira dai cacciatori di trofei e hanno avviato una petizione per proteggerli. Sfortunatamente, Sidhule è caduto vittima di un cacciatore di trofei ed è stato ucciso nel 2019, esattamente due anni fa questo mese.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe afferma: “La depravazione che sta alla base della caccia ai trofei è evidente. Ma la terribile verità è che anche in Italia il governo facilita la caccia ai trofei di specie minacciate e in via di estinzione attraverso la mancata implementazione di divieti di importazione, esportazione e riesportazione di quei trofei, permettendo di continuare questo spargimento di sangue. Esortiamo quindi l’Italia ad agire in tal senso, a protezione di tutte le specie che vengono cacciate per divertimento all’estero e trasportate da e verso il nostro paese per raccapriccianti esibizioni. Ci stiamo lavorando concretamente su tutti i livelli e abbiamo lanciato una petizione #NotInMyWorld.“

Purtroppo, le uccisioni di Cecil e di Mopane non sono anomalie. Tra il 2009 e il 2018, 7.667 trofei di leoni sono stati commerciati a livello internazionale, anche negli Stati Uniti e nell’Unione Europea.

Informazioni aggiuntive:

  • Si stima che in Africa rimangano allo stato brado 000 leoni adolescenti.
  • I leoni sono specie infanticide. L’infanticidio si verifica quando i maschi adulti si impossessano di un nuovo territorio e uccidono i cuccioli che ci vivono per aumentare le opportunità di accoppiamento con le femmine-madri del nuovo
  • La rimozione dei leoni provocata dall’uomo, come la caccia ai trofei, disgrega il gruppo sociale e provoca l’infanticidio.
  • Mentre gli Stati Uniti sono il più grande importatore di trofei di caccia, l’UE ha superato gli Stati Uniti come il più grande importatore di trofei di leoni tra il 2016 e il 2018 secondo un nuovo rapporto di HSI/Europe.
  • A livello UE, l’Italia è il primo importatore di trofei di ippopotamo e il quarto più grande importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica

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Contatti:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia: emheinen.hsi@gmail.com
  • Martina Pluda, Direttrice per l‘Italia: mpluda@his.org; 371.4120885

Giornata storica frutto del lavoro di 170 ONG di tutta Europa di cui 21 italiane

Humane Society International


HSI

ROMA/BRUXELLESOggi, in una giornata storica per la protezione degli animali, la Commissione UE si è impegnata a eliminare gradualmente le gabbie negli allevamenti di animali in tutta l’UE entro il 2027. 

La Commissione prevede di vietare le gabbie per galline, scrofe, vitelli, conigli, anatre, oche e altri animali – oltre 300 milioni ogni anno in UE – con un’eliminazione graduale ma totale entro il 2027. La Commissaria europea per la salute Stella Kyriakides e la Vicepresidente della Commissione Věra Jourová lo hanno annunciato durante una conferenza stampa sulla risposta della Commissione all’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age”. L’ICE, che è la prima iniziativa di successo per gli animali d’allevamento, è stata firmata da ben 1,4 milioni di cittadini europei. 

La Commissione ha annunciato che intende “presentare una proposta legislativa entro la fine del 2023 per eliminare gradualmente e vietare definitivamente l’uso delle gabbie per tutte le specie e categorie di animali menzionate nell’iniziativa”. Affronterà anche la questione dei prodotti importati da paesi extra UE, impegnandosi a studiare “l’introduzione di regole o standard per i prodotti importati che siano equivalenti a quelli dell’UE”. Entro la fine del prossimo anno, la Commissione valuterà i dettagli della proposta legislativa che sarà presentata nel 2023 e che avrà bisogno dell’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’UE.

Le associazioni italiane che hanno promosso l’Iniziativa – Amici della terra Italia, Animal Aid, Animal Equality, Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, HSI/Europe – Italia, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’abolizione della caccia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, LEIDAA, OIPA, Partito Animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus, Lumen- hanno dichiarato: Il giorno tanto atteso è finalmente arrivato! Oggi la Commissione europea ha preso una decisione storica per migliorare le condizioni degli animali negli allevamenti europei. I cittadini hanno chiesto un cambiamento e la Commissione ha recepito il messaggio forte e chiaro, prendendo un impegno inequivocabile e visionario per eliminare gradualmente le gabbie.”

“Questo rappresenta il cambiamento più grande nel sistema di sfruttamento degli animali per numero di animali coinvolti. L’annuncio di oggi rappresenta uno storico passo verso l’abolizione delle gabbie per 300 milioni di animali e pone un’importante pietra per il superamento dello sfruttamento degli animali a scopo alimentare. Resteremo concentrati sulle istituzioni europee fino a quando non realizzeranno questo progetto e saremo vigili per impedire che altri interessi ne moderino l’ambizione.”

“L’allevamento intensivo è la più grande crudeltà nei confronti di miliardi di animali – esseri senzienti – confinati in questi luoghi in tutto il mondo. Porre fine all’uso delle gabbie è un passo importante verso la fine dell’allevamento intensivo”.

L’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) End the Cage Age è stata lanciata l’11 settembre 2018 e si è chiusa esattamente un anno dopo, avendo ottenuto oltre 1,6 milioni di firme. Dopo il periodo di convalida delle firme, l’ICE ha superato facilmente la soglia richiesta di 1 milione di firme, con un totale di 1.397.113 firme validate in tutta Europa. Ha anche superato la soglia minima di firme in 18 stati membri dell’UE, sui sette richiesti. Questo rende l’ICE End the Cage Age:

  • la sesta ICE ad avere successo tra le 75 iniziative registrate negli ultimi dieci anni,
  • la terza con il più alto numero di firme,
  • la prima ICE di successo sul benessere degli animali d’allevamento.

Questa giornata storica è il frutto del lavoro di una coalizione di 170 ONG di tutta Europa di cui 21 italiane.

Note per i redattori:

1.               Per maggiori informazioni su End the Cage Age ECI, visitare:

https://www.endthecageage.eu/

2.               Per la comunicazione completa della Commissione Europea su End the Cage Age, visitare:

https://europa.eu/citizens-initiative/media/1085_en

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Contatto:

 Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

L’Italia importa centinaia di trofei di caccia compresi leoni africani, elefanti e rinoceronti neri

Humane Society International


Cathy Smith

ROMA—Un nuovo rapporto, pubblicato nella settimana che segna il sesto anniversario dell’uccisione del leone Cecil in Zimbabwe da parte di un cacciatore di trofei americano, rivela che l’Unione Europea è il secondo importatore di trofei di caccia al mondo, dopo gli Stati Uniti. “I numeri della caccia al trofeo: Il ruolo dell’Unione Europea nella caccia al trofeo a livello mondiale” pubblicato da Humane Society International/Europe, mostra che, tra il 2014 e il 2018, i paesi dell’UE hanno importato quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale , una media di quasi 3.000 trofei ogni anno, tra cui leoni africani, elefanti africani e rinoceronti neri in pericolo di estinzione. Sono stati importati anche zebre, ghepardi, pecore Argali dell’Asia quasi minacciate d’estinzione e orsi polari classificati come vulnerabili. Germania, Spagna e Danimarca contribuiscono con il 52% di tutti i trofei importati. Nel quinquennio analizzato, l’UE ha importato trofei prelevati da 889 leoni africani, 229 dei quali uccisi in libertà come Cecil.

Durante questi cinque anni, l’Italia ha importato 322 trofei di caccia di 22 specie di mammiferi elencate nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), come leopardi africani (29), orsi polari (3), lupi grigi (2), ghepardi (1) e l’Addax in pericolo di estinzione. (1). In particolare, l’Italia è il primo importatore UE di trofei di ippopotamo (145) e il quarto più grande importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica. Inoltre, il nostro paese ha svolto un ruolo significativo a livello UE nel commercio di trofei di elefanti africani, essendo il quinto importatore UE di questa specie.

Sebbene l’attenzione dei media tende a concentrarsi su casi che coinvolgono cacciatori di trofei statunitensi, come l’uccisione di Cecil da parte del dentista Walter Palmer o il selfie con la giraffa morta di Rebecca Francis, il rapporto di HSI dimostra che spesso il ruolo dei cacciatori dell’UE in questo passatempo mortale viene sottovalutato. Gli europei, e anche gli italiani, si recano regolarmente all’estero per uccidere specie iconiche e portarne a casa parti del corpo da esporre.

L’analisi completa di HSI dei dati commerciali della CITES mostra che una media di 2.982 trofei vengono importati dall’UE ogni anno, un numero che equivale a più di 8 trofei ogni giorno. I numeri delle importazioni di trofei sono cresciuti costantemente di quasi il 40% tra il 2014 e il 2018, nonostante i sondaggi di opinione mostrino che la stragrande maggioranza dei cittadini dell’UE (oltre l’80%) si oppone alla caccia ai trofei e vuole porre fine alle importazioni di trofei. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, secondo un sondaggio commissionata da HSI/Europe a Savanta ComRes, l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici. Inoltre, l’88% concorda sul fatto che agli italiani non debba essere consentito importare trofei di caccia da altri paesi e il 74% è favorevole a un divieto totale di esportazione ed importazione di trofei di animali morti da e per l’Italia.

Le statistiche sulle importazioni di trofei dell’UE per i singoli animali (2014-2018) includono:

  • 3,119 zebre di montagna di Hartmann;
  • 1,751 babbuini neri;
  • 1,415 orsi neri americani;
  • 1,056 orsi bruni, di cui 13 in Italia;
  • 952 elefanti africani, di cui 65 in Italia;
  • 889 leoni africani, di cui 22 in Italia (660 erano leoni allevati in cattività)
  • 839 leopardi africani, di cui 29 in Italia;
  • 794 ippopotami, di cui 145 in Italia;
  • 480 caracal;
  • 415 lichi rossi;
  • 297 ghepardo – l’UE è il più grande importatore di trofei di ghepardi al mondo, di cui 1 in Italia;
  • 65 orso polare, di cui 3 in Italia;
  • 6 trofei di rinoceronti neri in pericolo di estinzione, di cui 1 in Italia.

Mentre Germania, Spagna, Danimarca, Austria, Svezia, Francia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia sono i principali stati membri dell’UE importatori di trofei, l’Italia è stata uno dei cinque paesi ad aver importato almeno 1 trofeo di rinoceronte nero in pericolo critico di estinzione, contribuendo al 17% delle importazioni UE di questa specie. Namibia, Sud Africa, Canada, Russia, Argentina, Kirghizistan e Stati Uniti rappresentano i primi paesi esportatori verso l’UE.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, afferma: “I cacciatori di trofei dell’UE uccidono per divertimento molte migliaia di animali selvatici in tutto il mondo, comprese le specie in via di estinzione o minacciate, e l’Italia è una destinazione importante per i trofei. Oltre alla crudeltà, mentre il mondo sta affrontando una crisi della biodiversità, è irresponsabile consentire alle élite ricche di sparare alle specie in pericolo per puro piacere. Impallinare, imbalsamare, imballare, farsi consegnare ed esporre a casa gli animali uccisi e loro parti del corpo, è ciò che motiva questi cacciatori. Un divieto d’importazione dei trofei in più paesi dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare l’uccisione di questi animali. Chiediamo all’Italia di introdurre un divieto di importazione, esportazione e riesportazione di tutte le specie che vengono uccise per divertimento all’estero e trasportate da e verso il paese per essere tristemente esposte”.

La caccia ai trofei non ha alcuna rilevanza per la conservazione o per il sostegno alle comunità locali. I cacciatori pagano enormi somme di denaro per uccidere gli animali più forti e imponenti per divertimento, esibizionismo e vanto. Inseriscono i loro successi nei registri tenuti dalle organizzazioni di caccia ai trofei, come ad esempio il Safari Club International che attribuisce punti per l’uccisione degli animali più grandi. Gli studi dimostrano che in genere solo il 3% delle entrate ricavate dalla caccia ai trofei viene destinato alle comunità locali. L’ecoturismo per l’osservazione della fauna selvatica genera molto più reddito e posti di lavoro per sostenere la conservazione e l’occupazione locale.

Martina Pluda di HSI in Italia afferma: “Uccidere gli animali più grandi o più forti, che svolgono un importante ruolo, mette a rischio la conservazione delle specie, sconvolge le strutture sociali di mandrie, branchi e gruppi e indebolisce i pool genetici delle popolazioni selvatiche che già vivono sotto continua e forte minaccia. L’argomento della conservazione è una farsa messa in circolazione da persone che sanno che è sgradevole semplicemente ammettere che provano piacere nelll’uccidere animali per divertimento e selfie. Con così tanto in gioco, e la stragrande maggioranza dei cittadini italiani contrari all’uccisione, è tempo che l’Italia adotti misure efficaci”.

Alcuni paesi europei hanno adottato un numero ancora limitato di misure per frenare le importazioni di trofei di caccia. Oltre al divieto della Francia di importare trofei di leoni nel 2015, i Paesi Bassi hanno vietato l’importazione di trofei di oltre 200 specie nel 2016. Nel febbraio 2021 il primo ministro del Regno Unito ha espresso l’intenzione del suo governo di porre fine all’importazione di trofei e nel marzo di quest’anno il parlamento finlandese ha presentato una mozione che propone un divieto di importazione di trofei. Il rapporto di HSI/Europe rivela la misura impressionante in cui i paesi dell’UE favoriscono l’industria globale della caccia ai trofei. Questo dovrebbe ispirare gli Stati membri a introdurre divieti totali il più rapidamente possibile.

Link alla petizione italiana #NonNelMioMondo lanciata oggi da HSI/Europe per chiedere all’Italia di mettere fine alle crudeli esportazioni e importazioni dei trofei di caccia e all’uccisione di animali protetti: https://action.hsi-europe.org/bastacacciaaltrofeo

Foto e video (creare account per il download):
https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=TrophyHuntingReport0621

INVITO STAMPA
Il 30 giugno p.v., HSI/Europe ospiterà l’evento online ” Trophy Hunting: Conservation tool, or a threat to wildlife? (Caccia ai trofei: strumento di conservazione o una minaccia per la fauna selvatica?)”, in collaborazione con MEPs for Wildlife e altre ONG. Presentato dall’eurodeputata Manuela Ripa (Verdi/EFA, Germania), e con interventi della dott.ssa Audrey Delsink (biologa specializzata in elefanti africani di HSI), della dott.ssa Paula Kahumbu (CEO di WildlifeDirect), dell’avvocato ambientale Lenin Tinashe Chisaira, di Jorge Rodriguez (DG Environment) e del dott. David Scallan (European Federation for Hunting and Conservation), l’evento porrà la domanda se la caccia ai trofei eserciti una pressione insostenibile sulle specie in via di estinzione o, come affermato i suoi esponenti, contribuisca alla conservazione della fauna selvatica e alle popolazioni locali. Per partecipare, HSI invita a
registrarsi al seguente link: https://www.eventbrite.co.uk/e/trophy-hunting-conservation-tool-or-a-threat-to-wildlife-tickets-155634080725

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Contatti:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & Press Manager Italia: emheinen.hsi@gmail.com
  • Martina Pluda, Direttrice per l‘Italia: mpluda@his.org; 3714120885

Note:

HSI/Europe ha ottenuto i dati per questo rapporto dal sito web WCMC-CITES Trade Database (https://trade.cites.org/) il 4 marzo 2021. Sono stati analizzati i dati commerciali per gli anni 2014-2018, filtrando per le specie di mammiferi (“Classe” = “Mammalia”) e utilizzando tabelle comparative, con le importazioni calcolate sulla base della quantità segnalata dall’importatore e le esportazioni calcolate sulla base della quantità segnalata dall’esportatore. Per stimare il numero totale di mammiferi commerciati come trofei, sono stati analizzati diversi termini: il termine “trofeo” per scopi “personali” e “trofeo di caccia” per tutte le specie, così come i termini specifici per ogni specie (come “corpi”, “pelli”, “tappeti”, ecc.) per lo scopo “trofeo di caccia”.

Un sondaggio di opinione rappresentativo condotto nel marzo 2021 e commissionato da HSI/Europe ha raccolto opinioni in Spagna, Italia, Danimarca, Germania e Polonia. I risultati rivelano che l’85% degli intervistati non supporta la caccia ai trofei di specie protette a livello internazionale. Una percentuale simile (81%) ritiene inoltre che le persone non dovrebbero essere autorizzate a importare trofei di animali morti da altri paesi. In Italia sono stati intervistati un totale di 2.168 adulti italiani.

Dal 2016, l’UE ha superato gli Stati Uniti come il più grande importatore al mondo di trofei di leoni allevati in cattività dopo che gli Stati Uniti hanno inserito il leone africano nel suo Endangered Species Act.

L’UE è anche un esportatore di trofei di caccia, comprese specie straniere e specie autoctone rigorosamente protette dalla direttiva Habitat dell’UE. I trofei più significativi esportati dall’UE provenivano dall’orso bruno, dalla pecora berbera, dal leopardo africano, dall’ippopotamo, dalla zebra di montagna di Hartmann, dal lupo grigio e dall’elefante africano. I primi cinque stati membri dell’UE che esportano trofei di mammiferi di specie UE e non UE sono stati Romania, Francia, Spagna, Danimarca e Croazia. Durante il periodo di analisi, l’UE ha esportato 246 trofei di orso bruno, 9 trofei di lince eurasiatica (Lynx lynx) e 35 trofei di lupo grigio. I principali paesi di origine per i trofei di orso bruno esportati dall’UE sono stati Romania, Svezia, Croazia, Germania e Slovenia, mentre i principali paesi di origine per i trofei di lince eurasiatica esportati dall’UE sono stati Svezia, Russia e Lettonia. Romania, Spagna, Bulgaria, Lettonia e Russia sono stati i principali paesi di origine dei trofei di lupo grigio esportati dall’UE.

Un momento storico nella lotta alla crudele industria delle pellicce dice Humane Society International

Humane Society International


Nathan Hobbs/iStock.com 

ROMA/MONTREAL—Canada Goose ha annunciato che porrà fine all’uso di tutte le pellicce nei suoi prodotti. Il marchio fermerà l’acquisto di pellicce entro la fine del 2021 e terminerà la produzione di capi con pelliccia entro la fine del 2022.

Rebecca Aldworth, direttrice esecutiva di Humane Society International/Canada, dichiara: “Applaudiamo Canada Goose per aver deciso di porre fine all’uso delle pellicce, una decisione compassionevole e al passo con i tempi. Questo è un momento storico nella lotta alla crudele industria delle pellicce. I parka con finiture in pelliccia di coyote, marchio di fabbrica Canada Goose, possono ora essere sostituiti da capi senza pelliccia che simboleggiano una moda sostenibile e cruelty-free, adatta al consumatore del ventunesimo secolo. Questo è un passo avanti importante per la protezione degli animali e testimonia il cambiamento delle abitudini dei consumatori. Non c’è dubbio, il futuro della moda è senza pelliccia”.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Un commissario europeo per il benessere animale

Humane Society International


Aumsama, iStock.com

ROMA—Per tutelare gli animali, il loro benessere, i loro elementari diritti è necessario che questi temi abbiano maggior rilievo in Europa, nelle istituzioni comunitarie che sulla materia prendono le decisioni più importanti. Lo scopo della campagna #EUforAnimals, cui aderiscono oltre trenta associazioni europee – tra cui le italiane Animal Equality Italia, Animal law, Enpa, Humane Society International/Europe – Italia, Lav, Leidaa, Oipa,  la Federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente – e oltre un centinaio di parlamentari europei di tutti i gruppi, è quello di inserire esplicitamente il “benessere degli animali” tra le mansioni del commissario competente, che è e deve essere il commissario alla Salute (non il titolare dell’Agricoltura). In questo modo non solo la tutela degli animali sarà rafforzata, ma il responsabile politico sarà sollecitato ad assumere un atteggiamento più propositivo e progressivo, con un chiaro mandato e risorse adeguate.

A tale scopo – spiegano le associazioni promotrici – invitiamo tutti i nostri sostenitori e simpatizzanti, e chiunque voglia che gli animali siano rispettati e tutelati, a sottoscrivere sulla pagina https://www.euforanimals.eu/it la petizione “Chiediamo un commissario europeo per il benessere animale”. Basta compilare i pochi campi obbligatori, eventualmente indicando l’organizzazione tramite la quale si aderisce alla campagna, per far sentire più chiara e più forte, nel prossimo futuro, la voce degli animali nell’Unione europea. Gli europarlamentari italiani sono invitati a comunicare il loro sostegno a una delle organizzazioni promotrici. 

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia; mpluda@hsi.org; 3714120885

Con il solstizio d'estate inizia il consumo di carne di cane a Yulin

Humane Society International


Vshine 68 dogs saved from Yulin arrive at HSI partner shelter in northeast China

ROMA/PECHINO—Alla vigilia del solstizio d’estate, periodo in cui inizia il consumo di cane di carne, alcuni attivisti cinesi della regione del Guangxi hanno intercettato, appena fuori dalla città di Yulin, un camion pieno di cani. Il veicolo trasportava 68 animali terrorizzati ed esausti, diretti ai macelli di Yulin, dopo aver già sopportato un lungo viaggio in autostrada senza cibo né acqua. Gli attivisti avevano esortato le autorità di Yulin a istituire più posti di blocco per fermare i camion in arrivo e confiscare i cani, ma in assenza di un’azione ufficiale hanno preso in mano la situazione e hanno fermato l’autocarro da soli.

I 68 cani sono stati stipati ed ammassati in gabbie di metallo arrugginito nel caldo soffocante. Ansimanti e traumatizzati, riuscivano a malapena a muoversi. Molti di loro erano in cattive condizioni di salute fisica, con infezioni agli occhi. Molti altri hanno invece mostrato dei comportamenti tipici degli animali domestici, rivelandone la loro provenienza quali pet rubati alle loro case e famiglie.

Foto da Yulin, giugno 2021 (creare account per il download)

Liang Jia, un attivista del Guangxi, ha dichiarato: “È stato frustrante vedere i camion pieni di cani arrivare a Yulin quando le autorità avrebbero dovuto fermarli e confiscare i cani. Così abbiamo deciso di salvarli da soli, aspettato e intervenendo sull’autostrada. Quando è arrivato un camion, gli abbiamo intimato di fermarsi e abbiamo convinto l’autista del camion a consegnare i cani perchè erano chiaramente animali domestici rubati, per i quali non aveva i documenti richiesti per legge. I cani ci hanno dato la zampa, proprio come farebbe un cane di casa, e avevano denti sani, il che significa che qualcuno si prendeva cura di loro prima di essere stati prelevati illegalmente. Le autorità di Yulin hanno la responsabilità di proteggere la salute pubblica, anche se non si preoccupano degli animali come facciamo noi. Questi poveri cani sembrano provati e per fortuna ora riceveranno cure veterinarie, ma chissà quali malattie avrebbero potuto portare al mercato.”

I cani sono stati trasferiti in una struttura temporanea per riposare, recuperare le forze e ricevere le cure veterinarie necessarie, prima di intraprendere il viaggio verso un rifugio supportato da Humane Society International (HSI).

Il dottor Peter Li, specialista in politica cinese di Humane Society International, sostenitore dei salvataggi di cani dal commercio di carne in Cina, ha dichiarato: “Questi attivisti sono il simbolo di una nuova generazione in Cina, che si oppone fermamente al commercio di cani e gatti per la loro carne e sono pronti ad agire per fermarlo in posti come Yulin. La verità è che la maggior parte dei cinesi, compresi i residenti di Yulin, non mangia carne di cane. La sofferenza di questi animali a Yulin è ovviamente una tragedia, ma dobbiamo dire basta a questo brutale commercio sempre e in tutta la Cina, non solo per pochi giorni a giugno ed in un’unica città. HSI agisce durante tutto l’anno ed in tutto il paese per mettere fine al commercio di cani e gatti. Dopo un calvario terrificante, questi 68 cani sono fortunatamente al sicuro, ma per altre migliaia di cani a Yulin e per milioni di animali in tutto il paese, la crudeltà continua. Attraverso il furto di cani, il trasporto illegale tra province e la macellazione crudele, il commercio non solo sottopone gli animali a sofferenze indicibili, ma espone la salute pubblica al rischio di diffusione della rabbia e altre malattie zoonotiche. Queste dovrebbero essere ragioni sufficienti affinché le autorità cinesi pongano fine a questo commercio una volta per tutte”.

Dati sul commercio della carne di cane in Cina:

  1. La maggior parte delle persone in Cina non mangia abitualmente i cani. Infatti, la carne di cane viene consumata solo raramente dal 20% dei cinesi. Un sondaggio del 2017 (condotto da enti no-profit cinesi registrati e personale di ricerca del governo municipale di Yulin) ha rivelato inoltre, che anche a Yulin il 72% degli abitanti non mangia regolarmente carne di cane, nonostante gli sforzi dei commercianti di carne di cane per promuoverla. A livello nazionale, un sondaggio del 2016 condotto dalla società di sondaggi cinese Horizon e commissionato dalla China Animal Welfare Association in collaborazione con Humane Society International e Avaaz, ha rivelato che la maggior parte dei cittadini cinesi (il 64%) vuole che il festival di Yulin venga fermato. Inoltre, più della metà (il 51,7%) ritiene che il commercio di carne di cane dovrebbe essere completamente vietato e la maggioranza (il 69,5%) non ha mai consumato carne di cane.
  2. Nel 2020 il Ministero per l’agricoltura e gli affari rurali cinese ha dichiarato ufficialmente che i cani sono da considerarsi animali da compagnia e non “bestiame” destinato al consumo. L’annuncio è arrivato con la pubblicazione da parte del ministero dell’“Elenco delle Risorse Genetiche di Bestiame e Pollame” (Directory of Genetic Resources of Livestock and Poultry). Nello stesso anno, due grandi città della Cina – Shenzhen e Zhuhai – hanno vietato il consumo di carne di cane e gatto, una decisione sostenuta secondo i sondaggi da quasi il 75% dei cittadini cinesi (sondaggio condotto nell’aprile 2020 sul portale online ifeng.com che ha intervistato 378 milioni di cinesi).
  3. Quando nel 2010 il festival a Yulin si è tenuto per la prima volta, 15.000 cani sono stati uccisi durante i giorni principali dell’evento. Le pressioni cinesi e internazionali hanno portato questa cifra a ridursi fino a circa 3.000 cani. Tuttavia, molte centinaia di animali vengono ancora uccisi ogni giorno nelle settimane che precedono il festival.
  4. Si stima che ogni anno circa 30 milioni di cani vengano uccisi in tutta l’Asia per la loro carne, circa 10-20 milioni solo in Cina.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

“Utilizzare la pelle e la pelliccia di animali selvatici per l'industria della moda è immorale"

Humane Society International


RT-Images/iStock.com 

ROMA–Israele è diventato il primo paese al mondo a vietare la vendita di pellicce per l’industria della moda. Il divieto entrerà in vigore tra sei mesi. Humane Society International, che si batte a livello globale per porre fine alla crudeltà causata dalla produzione di pellicce, spera che il divieto di Israele ispiri altri paesi a fare lo stesso, come ad esempio il Regno Unito che sta attualmente considerando un simile divieto.

Il divieto di Israele prevede alcune eccezioni: si può fare uso di pellicce “per la ricerca scientifica, l’educazione o l’istruzione, e per motivi religiosi o per tradizione”. Questo permetterebbe, ad esempio, la vendita di shtreimel, i cappelli di pelliccia tradizionalmente indossati dagli uomini ortodossi durante lo Shabbat e le feste. Un’esenzione simile esiste nello stato americano della California, dove la vendita di pellicce è stata vietata nel 2019.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International (HSI), ha detto: “La decisione presa da Israele, primo paese al mondo a vietare la vendita di pellicce, segna un momento storico per la protezione degli animali. Anche con l’esenzione per gli abiti tradizionali, senza la quale questo divieto difficilmente sarebbe passato, Israele invia un chiaro messaggio che le pellicce sono immorali, inutili e anacronistiche. Attendo con ansia il giorno in cui anche l’Italia si metterà al passo coi tempi e vieterà non solo il crudele allevamento di animali da pelliccia ma anche la vendita di pellicce, risparmiando la vita a milioni di animali che soffrono in modo indicibile.”

P.J Smith, Head of Fashion policy della Humane Society of the United States (HSUS), ha aggiunto: “Vietando la vendita di pellicce, Israele sta mettendo in chiaro che la crudeltà sugli animali non ha posto nella società di oggi. West Hollywood lo ha fatto nel 2011, aprendo la strada alla California nel 2019 e ora interi paesi stanno approvando leggi simili. Questo è un grande giorno per gli animali.”

La Ministra per l’ambiente Gila Gamliel, che ha introdotto il divieto, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “L’industria della pelliccia causa la morte di centinaia di milioni di animali in tutto il mondo e infligge crudeltà e sofferenze indescrivibili. Usare la pelle e la pelliccia degli animali selvatici per l’industria della moda è immorale e certamente innecessario. I cappotti di pelliccia animale non possono coprire la brutalità dell’industria che li produce. La firma di questi regolamenti renderà il mercato della moda israeliano più rispettoso dell’ambiente e molto più gentile verso gli animali.”

Jane Halevy, fondatrice dell’International Anti-Fur Coalition (IAFC) e promotrice di questo divieto per oltre un decennio, ha detto: “La IAFC ha promosso una proposta di legge per vietare la vendita di pellicce in Israele dal 2009. Applaudiamo il governo israeliano per aver finalmente fatto questo passo storico verso l’esclusione delle pellicce dal mondo della moda. Tutti gli animali soffrono orribilmente per mano di questa industria crudele e anacronistica. Niente è più forte di un’idea il cui tempo è ormai giunto. Uccidere gli animali per la produzione di pellicce dovrebbe diventare illegale ovunque, è ora che i governi di tutto il mondo vietino la vendita di pellicce”.

L’allevamento di animali da pelliccia è stato proibito e/o è in fase di dismissione in numerose nazioni europee come Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Macedonia, Paesi Bassi, Norvegia, Lussemburgo, Serbia, Slovacchia, Slovenia e Regno Unito. Più recentemente il parlamento estone ha votato a favore di un divieto sull’allevamento di animali da pelliccia e l’Ungheria ha vietato l’allevamento di visoni e volpi, mentre in Francia si sta discutendo un divieto di allevare visoni e l’Iralnda si è impegnata a presentare una legislazione in merito entro quest’anno.

L’opinione pubblica in merito all’uso della pelliccia è cambiata rapidamente negli ultimi anni e sempre più stilisti, tra cui Gucci, Prada, Chanel, Burberry, Versace e Armani, hanno adottato politiche aziendali fur-free.

Negli Stati Uniti, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce nel 2019, dopo divieti simili in città come Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, i legislatori delle Hawaii e del Rhode Island hanno introdotto proposte di divieto alla vendita di pellicce, così come altre città del Minnesota e del Massachusetts.

Foto e video dell’ultima investigazione di HSI in Finlandia (2019):

https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=FinlandFurFarm1019

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Giornata storica per la lotta per un'Europa senza gabbie, ora la Commissione Europea deve agire

Humane Society International


HSI

ROMA—La fine dell’era delle gabbie nell’Unione Europea da ieri è più vicina. Il Parlamento Europeo ha infatti esortato la Commissione Europea a vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti entro il 2027, approvando una risoluzione sull’iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age” con una maggioranza schiacciante: 558 membri del Parlamento Europeo (MEP) a favore, 37 contro e 85 astensioni. La risoluzione esorta la Commissione a rivedere l’obsoleta direttiva europea sugli animali d’allevamento per eliminare gradualmente i crudeli sistemi di allevamento in gabbia. Questo eviterà che più di 300 milioni di animali – come galline, maiali e conigli – siano ancora tenuti in gabbie anguste ogni anno.

La risoluzione approvata ieri sottolinea anche che tutti i prodotti immessi sul mercato dell’UE – compresi quelli importati – devono essere conformi ai futuri standard senza gabbie. Inoltre, la risoluzione ha rimarcato la necessità di fornire adeguati incentivi e programmi finanziari per sostenere gli allevatori nella transizione verso sistemi senza gabbie.

Le 21 associazioni italiane (Amici della terra Italia, Animal Aid, Animal Equality, Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, HSI/Europe – Italia, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’abolizione della caccia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, LEIDAA, OIPA, Partito Animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus, LUMEN APS) che hanno sostenuto l’iniziativa dei cittadini europei hanno dichiarato: “I cittadini dell’UE stanno aspettando da anni di vedere un divieto delle gabbie. Pertanto, siamo lieti che il Parlamento Europeo abbia preso una posizione ferma contro le gabbie e abbia ascoltato gli 1,4 milioni di cittadini europei che hanno sostenuto “End the Cage Age”. Ora la palla è nel campo della Commissione. Ci aspettiamo di vedere il passaggio dalle parole all’azione, con un calendario ambizioso che ponga fine all’uso di questi strumenti di tortura obsoleti, le gabbie”.

Il Parlamento Europeo ha anche chiesto alla Commissione di “presentare proposte per vietare l’alimentazione forzata crudele e inutile di anatre e oche per la produzione di foie gras”. I deputati hanno spinto la Commissione ad accelerare la revisione della legislazione UE sul benessere degli animali, chiedendo che sia completata entro il 2022 invece del 2023, come attualmente previsto. Questo può garantire che il divieto delle gabbie negli allevamenti animali sarà introdotto entro il mandato dell’attuale Commissione, che lascerà l’incarico nel 2024.

L’eurodeputata Eleonora Evi, co-presidente del gruppo di lavoro del Parlamento Europeo sull’allevamento senza gabbie, ha dichiarato ieri: “Oggi è una giornata storica per la lotta per un’Europa senza gabbie. Adottando, con un’ampia maggioranza una risoluzione che chiede l’eliminazione graduale dell’uso delle gabbie negli allevamenti animali dell’UE, il Parlamento Europeo ha portato l’UE un passo più vicino a porre finalmente fine alla crudele pratica dell’allevamento in gabbia, che ogni anno condanna oltre 300 milioni di animali a vivere in gabbia. Con questa risoluzione inviamo un messaggio inequivocabile alla Commissione europea, che ora deve presentare una proposta legislativa per porre fine all’era delle gabbie e permettere una transizione verso metodi di allevamento più umani, sostenibili e sani in tutta l’UE”.

Il Commissario per la salute, Stella Kyriakides, ha partecipato al dibattito sulla risoluzione e ha espresso il suo sostegno all’ICE “End the Cage Age”. Ha commentato che l’impegno della Commissione per migliorare il benessere degli animali “rimane un imperativo morale, sanitario ed economico”. 

La Commissione ha in programma di annunciare la sua risposta all’ICE “End the Cage Age” il 30 giugno di quest’anno, che dovrebbe risultare in una proposta di nuova legislazione. La proposta avrebbe bisogno dell’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’UE.

Note per i redattori

  1. La prima bozza della risoluzione è stata adottata il 21 maggio 2021 dalla Commissione agricoltura del Parlamento europeo, con 39 voti a favore e 4 contrari. Nella sessione plenaria di ieri a Strasburgo sono stati adottati due emendamenti aggiuntivi, tra cui la richiesta di vietare l’alimentazione forzata.
  2. Per maggiori informazioni sull’iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age”, visitare:

https://www.endthecageage.eu/

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia:  mpluda@hsi.org; 3714120885

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