Le associazioni rappresentanti della coalizione italiana End the Cage Age hanno incontrato il Sottosegretario alla Salute, On. Gemmato, e il Consigliere del Ministro all’Agricoltura, On. Rossi, per la consegna della petizione contro l’uso delle gabbie negli allevamenti

Humane Society International / Europa


Essere Animali

ROMA—“Abbiamo portato all’attenzione del Governo la voce di 110.233 cittadine e cittadini italiani. Ci aspettiamo che l’Italia faccia la sua parte per la transizione ad un’Europa senza gabbie.” Questo il commento delle associazioni italiane per la tutela degli animali e dell’ambiente che lunedì 12 giugno hanno incontrato il Sottosegretario alla Salute On.le Marcello Gemmato e l’On.le Angelo Rossi, Consigliere del Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Lollobrigida, per consegnare le firme raccolte per la petizione #ItaliaControLeGabbie, lanciata a marzo dello scorso anno.

L’incontro è stato l’occasione per avviare un confronto sulla principale richiesta della petizione, ovvero quella di sostenere, in tutte le sedi europee, le istanze dell’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) End the Cage Age – che la Commissione europea ha accolto – inserendole all’interno della proposta di revisione della normativa europea sul benessere animale che verrà presentata entro la fine dell’anno.

Il Sottosegretario Gemmato ha dichiarato alle associazioni che “di fronte alla richiesta di 110.000 cittadini il Governo deve rispondere” ed entrambi i rappresentanti del Governo, riconoscendo la crescente importanza del benessere animale per i cittadini e per le produzioni del Made in Italy, hanno sottolineato l’importanza di un tavolo di confronto sul tema che coinvolga tutte le parti interessate. Entrambi i rappresentanti del Governo si sono poi impegnati a incontrare nuovamente le associazioni per continuare il confronto.

“L’incontro di lunedì è stato il primo passo per portare la questione dell’eliminazione delle gabbie negli allevamenti all’attenzione del Governo italiano – hanno commentato le associazioni dopo l’incontro – ci auguriamo che questo sia un segnale di apertura del dialogo su questo tema cruciale, sentito da tanti cittadini. Abbiamo espresso al Sottosegretario Gemmato e all’On. Rossi la piena disponibilità e opportunità di fare parte del tavolo di confronto con le parti, che possa seguire le diverse fasi della proposta di legislazione europea per l’eliminazione progressiva delle gabbie, che hanno entrambi menzionato.”

“È fondamentale che il Governo italiano prenda posizione contro le gabbie, per ridurre la sofferenza di milioni di animali ma anche per iniziare a traghettare la zootecnia italiana verso un futuro più etico e più sostenibile. Un Made in Italy che sia considerato ‘eccellenza’ non può che partire dall’abolizione delle gabbie. La nostra battaglia contro l’utilizzo delle gabbie negli allevamenti, per ridurre la sofferenza di milioni di animali, si accompagna anche all’esigenza concreta delle aziende italiane di avanzare sul tema del benessere animale. È quindi strategico che il Governo supporti la zootecnia italiana a compiere la transizione cage-free, appoggiando la fine dell’era delle gabbie e mettendo sin da subito in campo politiche economiche mirate e significative,” concludono le associazioni.

NOTE

  • La Coalizione italiana End the Cage Age è formata da 22 associazioni (Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, HSI/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus) la coalizione trae il proprio nome dall’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) End The Cage Age, che ha raccolto oltre 1 milione e 400 mila firme certificate in tutta Europa, ed è stata la prima ICE su un tema legato agli animali allevati a scopo alimentare ad avere successo, nonché la terza in assoluto per numero di firme nella storia dell’UE. Un risultato straordinario, che mostra in modo inequivocabile la sempre maggiore sensibilità dei cittadini verso le condizioni di vita degli animali allevati. Ed è proprio riconoscendo la voce forte e chiara dei cittadini che la Commissione Europea lo scorso 30 giugno ha dichiarato di accogliere le istanze dell’ICE End the Cage Age, impegnandosi pubblicamente a presentare entro il 2023 una proposta legislativa per eliminare gradualmente le gabbie.
  • La delegazione della Coalizione italiana End the Cage Age che ha incontrato i rappresentanti del Governo era formata (in ordine alfabetico) da: Animal Equality Italia, Animal Law Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, LNDC Animal Protection, HSI/Europe e LAV.
  • La petizione firmata da 110.233 persone nell’ultimo anno non è l’unico segno della posizione dei cittadini e cittadine italiani contro le gabbie. In un recente sondaggio condotto da YouGov per l’associazione Essere Animali, una netta maggioranza (quasi il 65%) considera inaccettabile l’utilizzo delle gabbie per le scrofe, in tutti i prodotti o come minimo nei prodotti DOP.
  • Tra i sondaggi in cui la maggioranza delle persone ha risposto affermando di considerare il metodo allevamento importante al momento dell’acquisto, ve ne è uno recente condotto dal settore zootecnico stesso     .
  • In Europa, ogni anno, oltre 300 milioni di animali vengono ancora allevati in gabbia per tutta o parte della loro vita, oltre 40 milioni nella sola Italia. Sono galline, conigli, scrofe, quaglie, vitelli, anatre e oche. Nelle gabbie non c’è benessere animale, la vita degli animali coinvolti è fatta solo da privazioni e sofferenza. Le problematiche dell’allevamento in gabbia sono riconosciute anche dalla comunità scientifica, come confermano i recenti pareri dell’EFSA, che raccomandano di allevare gli animali in sistemi alternativi alle gabbie.

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David Paul Morris HSUS

PARIGI—L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha incluso, per la prima volta, il benessere degli animali nelle sue Linee guida per le imprese multinazionali sulla condotta aziendale responsabile, esortando le aziende a sostenere il benessere degli animali nelle loro politiche e pratiche. Queste linee guida, considerate un punto di riferimento globale per le pratiche commerciali etiche, potrebbero avere implicazioni positive di vasta portata per gli animali nei 38 Paesi membri dell’OCSE, che collettivamente rappresentano circa tre quarti del commercio globale.

Questa iniziativa mira ad accelerare l’adozione di pratiche commerciali rispettose del benessere degli animali da parte delle multinazionali – indipendentemente dalle dimensioni, dalla proprietà o dal settore – che operano o fanno affari con i Paesi membri dell’OCSE. Nell’ambito dell’attenzione che l’OCSE dedica da tempo al benessere degli animali nelle sue Linee guida per i test sulle sostanze chimiche, questo può avere un impatto su miliardi di animali negli allevamenti, nei laboratori, nelle aziende collegate agli animali da compagnia e in natura.

Le rinnovate linee guida dell’OCSE abbracciano la definizione di benessere animale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale, riconoscendo di fatto la senzienza degli animali. Sebbene tali linee guida non siano legalmente vincolanti per l’industria, i 38 governi firmatari dell’OCSE sono obbligati a istituire un meccanismo di reclamo. La possibilità di cambiamenti concreti è rafforzata dal fatto che il testo include disposizioni che consentono alla società civile di esprimere le proprie preoccupazioni attraverso tale meccanismo di reclamo e di coinvolgere direttamente le aziende, riconoscendo la loro responsabilità rispetto alla loro negligenza nei confronti del benessere degli animali lungo tutta la catena del valore.

Jeffrey Flocken, presidente di Humane Society International, afferma: “Se confrontiamo le innovative linee guida dell’OCSE con la triste realtà che miliardi di animali subiscono per il profitto delle aziende, la necessità di un’azione immediata diventa fin troppo evidente. Milioni di animali nei laboratori sono costretti a inalare dosi massicce di sostanze chimiche senza alcun sollievo dal dolore, le scrofe  negli allevamenti intensivi sono confinate in strette gabbie metalliche che le privano dei movimenti di base e milioni di animali negli allevamenti di animali da pelliccia sopportano un’esistenza monotona in minuscole gabbie prive di qualsiasi stimolo. Affinché gli standard globali dell’OCSE abbiano un impatto reale su questi animali, devono servire come un grido d’allarme per le aziende e i governi affinché agiscano per sradicare queste pratiche disumane”.

Marian Ingrams, direttore di OECD Watch, una rete globale di organizzazioni non governative che ha guidato l’advocacy della società civile per l’aggiornamento delle Linee guida dell’OCSE, afferma: “La significativa inclusione del benessere degli animali rappresenta uno dei miglioramenti più positivi e significativi, insieme all’inclusione di un linguaggio forte sul cambiamento climatico, che siamo stati in grado di ottenere nelle Linee guida aggiornate dell’OCSE, e che era atteso da tempo. Siamo entusiasti di aver collaborato con Humane Society International e altri alleati per ottenere questo importante successo per gli animali, le persone e il pianeta”.

Le ultime linee guida dell’OCSE riflettono una tendenza più ampia, che vede un numero maggiore di investitori, aziende e istituzioni dare attivamente priorità al benessere degli animali. Negli ultimi anni, molte istituzioni finanziarie hanno adeguato le proprie politiche ambientali, sociali e di governance e le procedure interne per includere il benessere degli animali. L’elenco comprende grandi istituzioni come l’International Finance Corporation (IFC), Rabobank e Standard Chartered. Nel 2011, circa 50 aziende si sono impegnate a porre fine all’acquisto e alla produzione di uova da galline in gabbia. Oggi, oltre 2.000 aziende in tutto il mondo hanno aderito a questo impegno. L’inclusione del benessere degli animali da parte dell’OCSE è uno dei tanti segnali che indicano l’importanza del benessere degli animali nei principi di base per una buona condotta aziendale.

Foto (creare account per il download) degli animali colpiti inclusi dalle nuove linee guida e utilizzati per l’alimentazione, l’intrattenimento, le pellicce, le sperimentazioni e il commercio legale di animali da compagnia.

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L’appello di Humane Society International: Il massacro di cani e gatti a Yulin deve finire

Humane Society International / Europa


AP Images for HSI

—Con l’avvicinarsi del solstizio d’estate, il 21 giugno, quando nella città di Yulin, nel sud della Cina, inizia la macellazione di migliaia di cani e gatti destinati al consumo umano, un nuovo sondaggio mostra che solo una minoranza  dei residenti di Yulin (il 19,3%) si oppone a un divieto di questo brutale commercio, mentre il 70% afferma che un divieto non avrebbe alcun impatto significativo sulla propria vita. Un numero considerevolmente maggiore di intervistati (l’81%) non ha espresso obiezioni a un divieto quando è stato chiesto loro se Yulin dovesse seguire le orme di città della Cina continentale come Shenzhen, che ha implementato un divieto sulla carne di cane e gatto nel 2020.

Il sondaggio, condotto dalla società di sondaggi cinese Suzhou Zhongyan Science and Technology Inc, è stato commissionato da Vshine, il partner cinese di Humane Society International (HSI) che si batte a livello globale per porre fine al commercio di carne di cane in Asia. HSI e Vshine sperano che i risultati del sondaggio dimostrino al governo di Yulin che c’è un ampio sostegno per l’adozione di misure esecutive volte a eliminare il commercio di carne di cane e di gatto, un business che seppur marginale viene mantenuto in vita da una piccola ma vocale minoranza di commercianti.

Nonostante la reputazione di Yulin quale hotspot per la carne di cane e di gatto, i risultati del sondaggio rivelano che la maggior parte dei residenti di Yulin (il 73%) consuma carne di cane o di gatto solo molto occasionalmente e il 18% dei residenti non la consuma affatto.

Riassunto dei risultati del sondaggio:

  • La maggior parte dei residenti di Yulin (il 73%) consuma carne di cane o di gatto solo occasionalmente (una o più volte all’anno). Sono relativamente pochi (il 24%) quelli che la mangiano regolarmente (almeno una volta alla settimana o al mese).
  • Il 18% degli abitanti di Yulin non mangia né carne di cane né di gatto.
  • Un numero significativamente maggiore di intervistati (l’81%) non ha espresso obiezioni a un divieto di commercio di carne di cane e gatto a Yulin (il 16,3% è d’accordo con un divieto, il 22,3% non è contrario a un divieto, il 42,1% non ha un’opinione su un divieto), rispetto a coloro che si oppongono a un divieto (il 19,3%).
  • Solo il 19,3% dei residenti di Yulin non è d’accordo con il divieto di vendita di carne di cane e gatto.
  • Il 70,3% dei residenti afferma che un divieto sul commercio di carne di cane e gatto a Yulin, non avrebbe alcun impatto (il 17,3%) o un impatto significativo (il 53%) sulla vita loro o delle loro famiglie.
  • Solo il 21,3% afferma che il divieto avrebbe un impatto negativo.
  • Il 67% di coloro che mangiano carne di cane la consuma in ristoranti o luoghi diversi dalla propria casa, a conferma del fatto che la carne di cane non è un alimento domestico.

Peter Li, specialista di politica cinese della Humane Society International, ha dichiarato: “Il brutale massacro di cani e gatti a Yulin è eticamente indifendibile ed è fonte di notevole discordia a livello nazionale. I risultati del sondaggio dimostrano che la maggior parte degli abitanti di Yulin non si oppone a un’azione governativa per eliminare il commercio di carne di cane e di gatto o ritiene che tale azione non avrebbe un impatto significativo sulla loro vita. Ci auguriamo che le autorità di Yulin si sentano incoraggiate da questo sondaggio a utilizzare le leggi esistenti per reprimere il festival della carne di cane di Yulin, in linea con le azioni di città come Shenzhen e Zhuhai, che hanno vietato il commercio di carne di cane e gatto, e in conformità con la politica nazionale che non riconosce cani e gatti come animali destinati al consumo umano. Per troppo tempo, Yulin è stata tenuta in ostaggio da una piccola, ma vocale minoranza di commercianti di carne di cane e di gatto che chiaramente non rappresentano la maggioranza dei residenti di Yulin. Gli hotspot per il consumo di cani e gatti nel sud della Cina non solo causano sofferenze a decine di milioni di cani e gatti, ma mettono anche a rischio gli sforzi di controllo antirabbico della Cina, consentendo il trasporto non tracciato di numeri elevati di cani e gatti attraverso il Paese. È ora di porre fine a questa miseria”.

Migliaia di cani e gatti vengono brutalmente macellati per il consumo umano a Yulin, in occasione del solstizio d’estate, ma questo evento è rappresentativo solamente di una frazione del commercio che avviene tutto l’anno in Cina. La maggior parte di questi animali sono animali rubati e randagi presi per strada. Nel corso degli anni, le autorità di Yulin hanno tentato diversi interventi di repressione del commercio, tra cui blocchi stradali per fermare i camion che entravano in città carichi di cani e gatti vivi. Nel 2020 le città di Shenzhen e Zhuhai hanno attuato divieti sul consumo di carne di cane e gatto e il Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali cinese ha rilasciato una dichiarazione ufficiale secondo cui i cani sono animali da compagnia e non “bestiame” destinato al consumo umano. Nonostante questi progressi, le autorità di Yulin non hanno attuato misure efficaci per vietare il commercio, anche se l’approvvigionamento di cani e gatti si basa principalmente su attività criminali.

Alcuni dati:

  • Il cosiddetto Festival del litchi e della carne di cane di Yulin non è un evento tradizionale. È stato lanciato nel 2010 dai commercianti nel tentativo di incoraggiare il consumo di carne di cane e aumentarne le vendite. Prima del 2010, a Yulin non veniva venduta carne di cane o di gatto.
  • Un sondaggio del 2016 ha rilevato che il 69,5% delle persone in Cina non ha mai mangiato carne di cane.
  • Il periodo estivo vede un aumento del consumo di carne di cane anche in Corea del Sud, dove la zuppa di carne di cane o “bosintang” viene spesso consumata dai cittadini più anziani per sconfiggere il caldo. I sondaggi mostrano che la maggioranza dei sudcoreani (l’87,5%) non consuma carne di cane o non intende farlo in futuro. Sia il presidente Yoon Suk-yeol che la first lady Kim Keon-hee si sono espressi a favore di porre fine a questa pratica.
  • La carne di cane è vietata a Hong Kong, a Taiwan, in Thailandia, a Singapore e nelle Filippine, oltre che nelle città cinesi di Shenzhen e Zhuhai, nella provincia di Siem Reap in Cambogia e in 21 città e reggenze in Indonesia. Si stima che circa 30 milioni di cani all’anno vengano ancora uccisi per la loro carne in tutta l’Asia.

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L’obbiettivo delle autorità è combattere la diffusione della rabbia e la crudeltà verso gli animali

Humane Society International


Khalisya Anjani/Dog Meat Free Indonesia

GIACARTA—L’attrice hollywoodiana Kim Basinger, il comico Ricky Gervais e l’attore britannico Peter Egan si sono uniti agli attivisti della coalizione Dog Meat Free Indonesia (DMFI) per celebrare la notizia che la capitale dell’Indonesia, Giacarta, ha vietato il commercio di carne di cane e gatto. Le star hanno inviato un video messaggio dopo che il Dipartimento per la Sicurezza Alimentare e l’Agricoltura ha confermato che Giacarta è diventata la ventunesima giurisdizione in Indonesia a vietare il commercio di carne di cane e gatto. La decisione arriva in risposta a un’intensa campagna di DMFI, che ha denunciato la grave crudeltà sugli animali e i rischi per la salute umana derivanti da malattie zoonotiche come la rabbia.

In tutta l’Indonesia, più di un milione di cani e innumerevoli gatti vengono uccisi ogni anno per la loro carne. La maggior parte di loro sono animali randagi o d’affezione rubati e trafficati illegalmente verso i centri dove c’è maggiore richiesta. Molti muoiono durante il viaggio a causa di colpi di calore, della disidratazione o delle ferite riportate durante la cattura e il trasporto. Quelli che sopravvivono vengono portati in macelli improvvisati dove vengono uccisi a bastonate di fronte agli altri cani. Le indagini di DMFI indicano che a Giacarta circa 9.520 cani al mese, o 340 cani al giorno, vengono uccisi per il consumo umano.

Lola Webber, Direttrice delle campagne per porre fine alla carne di cane di Humane Society International, membro di DMFI, ha affermato: “Il divieto al commercio di carne di cane e gatto nella capitale indonesiana Giacarta è estremamente significativo, non solo per le migliaia di animali uccisi ogni anno in questa città, ma anche perché riconosce che questo business crudele ha il potenziale di diffondere la rabbia. Lo status di città senza rabbia di Giacarta è messo a rischio ogni giorno dal perdurare del commercio di carne di cane, che ogni giorno porta in città animali di cui non si conosce lo stato di salute. Ci auguriamo che il Governo indonesiano faccia il passo successivo, vietando definitivamente questo terribile commercio, in modo che nessun altro cane o gatto debba più subire questa crudeltà in futuro”.

Il divieto è stato annunciato ufficialmente dal Dipartimento per la Sicurezza Alimentare e l’Agricoltura di Giacarta. Ibu Ir. Suharini Eliawati M.Si, capo del Dipartimento, ha dichiarato: “I progressi attuali consistono nella formazione di un regolamento alimentare per vietare il commercio di carne di cane e l’emissione di una direttiva del Governatore. Il piano prevede anche di educare le persone a non consumare carne di cane e a essere proprietari responsabili degli animali”.

Un rappresentante della Polizia di Giacarta ha dichiarato: “Siamo molto favorevoli e pronti ad aiutare a familiarizzare venditori e bancarelle che ancora vendono carne di cane con questa direttiva. Questo deve essere fatto in modo che i commercianti abbiano il tempo di trovare un lavoro alternativo”.

La notizia è stata accolta favorevolmente da alcune celebrità come l’attrice Kim Basinger, il comico Ricky Gervais e l’attore britannico Peter Egan, che attraverso dei videomessaggi hanno ringraziato le autorità di Giacarta.

Kim Basinger ha detto: “Grazie al governatore Heru per aver compiuto questo passo coraggioso e potente per vietare il crudele e pericoloso commercio di carne di cane a Giacarta. Le sue azioni inviano un messaggio molto chiaro: i cani non sono cibo. Queste leggi che vietano la carne di cane avranno un forte impatto, proteggendo sia gli animali che le persone. I cani sono un vero dono per tutti noi, sono nostri leali compagni e devono essere protetti dal commercio incredibilmente crudele della loro carne”.

Ricky Gervais ha affermato: “Vorrei aggiungere la mia voce a quella di milioni di altre persone che chiedono di vietare il commercio di carne di cane in Indonesia. Il messaggio è chiaro: i cani non sono cibo”.

Peter Egan ha dichiarato: “Grazie al governatore Heru per la leadership e compassione dimostrata nel prendere provvedimenti per vietare il commercio di carne di cane a Giacarta. Le sue azioni proteggeranno gli animali e salvaguarderanno la salute e il benessere delle comunità. Mi unisco a milioni di altre persone che chiedono di vietare il commercio di carne di cane in tutta l’Indonesia per proteggere decine di migliaia di cani da crudeltà inimmaginabili e anche per celebrare la grande compassione e la bellezza naturale e culturale dell’Indonesia.”

Karin Franken, Coordinatrice nazionale della coalizione DMFI, ha accolto con favore la notizia: “A nome della coalizione Dog Meat Free Indonesia e dei milioni di cittadini indonesiani che hanno a cuore cani e gatti, vorrei esprimere il nostro più profondo apprezzamento per l’adozione di queste misure volte a salvaguardare la salute e il benessere di persone e animali. Il divieto di Giacarta è un esempio da seguire per altre giurisdizioni e contribuirà a sensibilizzare l’opinione pubblica sui gravi rischi e sulle sofferenze animali legate a questo commercio.”

Il divieto è stato pubblicato dal Servizio di Sicurezza Alimentare, Marittima e della Pesca di Giacarta con la Lettera d’appello numero 4493/-1823.55 che limita il traffico di animali che trasmettono la rabbia e di prodotti animali non alimentari, per motivi di tutela della salute pubblica. Il provvedimento riguarda la cosiddetta Area speciale della città di Giacarta, l’area metropolitana più popolosa dell’Indonesia, che comprende la capitale, cinque città satellite e tre reggenze complete, tra cui parti delle province occidentali di Giava e Banten.

ALCUNI DATI:

  • Un sondaggio Nielsen del gennaio 2021, commissionato da DMFI, ha rivelato che il 93% degli indonesiani è favorevole a un divieto nazionale e solo il 4,5% ha mai consumato carne di cane.
  • Il commercio di carne di cane è ora vietato in 21 città e reggenze dell’Indonesia: Karanganyar, Sukoharjo, Semarang, Blora, Brebes, Purbalingga, Mojokerto, Temanggung, Jepara e Magelang; Salatiga, Malang, Semarang, Magelang, Blitar, Mojokerto, Medan, Surabaya e Giacarta.
  • Oltre alle 21 località indonesiane, in tutta l’Asia il commercio, la macellazione, la vendita e il consumo di cani sono vietati o terminati anche a Taiwan, Hong Kong, nelle Filippine, in Tailandia e in due grandi città della Cina continentale. In Corea del Sud una task force istituita dal governo sta attualmente valutando un divieto. Il presidente Yoon Suk-yeol ha dichiarato che non si opporrebbe a un divieto sulla carne di cane, a patto che ci sia un consenso sociale, e la first lady Kim Keon-hee ha parlato pubblicamente del suo desiderio di porre fine al consumo di carne di cane.
  • Dog Meat Free Indonesia è una coalizione di organizzazioni nazionali e internazionali per la protezione degli animali che comprende Jakarta Animal Aid Network, Animal Friends Jogja, Humane Society International, Animals Asia e FOUR PAWS. La coalizione denuncia la brutalità di questo business e si batte per la sua messa al bando a causa della crudeltà che infligge agli animali e dei rischi per la salute pubblica.

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

In vendita cacce non autorizzate al leone allevato in cattività, centinaia di battute a rinoceronti, leopardi, elefanti; riscontrate potenziali violazioni di legge e dell’etica venatoria; trovati prodotti realizzati con pelli e artigli

Humane Society International


HSUS

ROMA—Una scioccante indagine sotto copertura pubblicata da Humane Society of the United States (HSUS) e da Humane Society International (HSI) ha messo in luce l’ipocrisia con cui l’industria della caccia al trofeo promuove l’uccisione di specie in pericolo. La convention del Safari Club International (SCI), tenutasi a Nashville, Tennessee, USA, dal 22 al 25 febbraio, ha ospitato oltre 850 espositori provenienti da più di 140 Paesi che vendevano cacce al trofeo e prodotti realizzati con pelli e artigli di animali. L’evento ha portato al SCI circa 6 milioni di dollari, fondi che servono a promuovere le sue attività di lobbying a livello globale volte a far decadere le leggi e i regolamenti che proteggono le specie vulnerabili dalla caccia al trofeo, compreso l’Endangered Species Act americano.

L’UE è il secondo più grande importatore di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti; i cacciatori di trofei europei possono importare legalmente i loro sanguinosi souvenir. Nell’ambito della campagna europea #NotInMyWorld, Humane Society International/Europe chiede ai governi degli Stati Membri dell’UE, compreso quello italiano, l’immediato divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione di trofei di caccia, ottenuti da specie protette a livello internazionale.

Questa convention annuale è uno dei più importanti eventi di vendita di viaggi di caccia al trofeo al mondo. Sono state offerte cacce al trofeo in almeno 65 Paesi, la maggior parte delle quali in Sudafrica, Canada, Namibia, Zimbabwe e Nuova Zelanda. Quasi 100 aziende hanno offerto battute di caccia all’elefante, almeno 115 al leopardo, 98 al leone e alla giraffa, 89 all’ippopotamo e 39 al rinoceronte. Sui siti web degli espositori erano offerti anche animali in pericolo di estinzione, come l’elefante africano di foresta e il rinoceronte nero, oltre ad animali in cattività come l’orice scimitarra, una specie classificata come estinta in natura e allevata quasi esclusivamente per la caccia al trofeo.

L’indagine ha rivelato che le battute di caccia venivano vendute a partire da 2.500 dollari fino ad arrivare alla cifra di 143.000 dollari, con la possibilità di “aggiungere” altri animali oltre agli obiettivi principali. La maggior parte delle battute di caccia ai carnivori africani erano pubblicizzate con “esche incluse”, una pratica che utilizza carcasse di altri animali, come impala e zebre, o altri oggetti per attirare le specie bersaglio, violando l’etica della caccia leale e causando problemi di conservazione, in quanto attira gli animali dalle aree protette alle zone di caccia.

Tra i risultati più rivelatori dell’indagine c’è una conversazione registrata con un espositore che ha incoraggiato l’investigatore a programmare una caccia al rinoceronte bianco prima che sia troppo tardi, poiché la specie è sull’orlo dell’estinzione. Ha dichiarato: “Il rinoceronte è quello che verrà escluso presto dall’importazione negli Stati Uniti a causa della diminuzione del numero di esemplari… e se vuoi qualcosa di africano, devi prendere il rinoceronte il prima possibile”.

Gli espositori hanno anche parlato di “aggirare le regole” e di infrangere le politiche per concludere una vendita. Un venditore ha violato la policy della Convenzione contro la promozione della caccia al leone in cattività, una pratica crudele e insensata condannata dai governi sudafricano e statunitense e da molti altri. Ha detto all’investigatore: “Si possono cacciare… leoni allevati in cattività in Sudafrica, perché in questo modo non si ha un impatto sui leoni selvatici… ma loro… catturano i loro animali; sono più selvatici che mai”. Un altro ha detto all’investigatore di HSUS/HSI: “… abbiamo cacciatori che non possono proprio camminare… facciamo un piccolo strappo alle nostre regole e spariamo dal camion… non abbiamo problemi”. La caccia da un veicolo è illegale in molti luoghi perché viola l’etica della caccia leale e comporta numerosi rischi per la sicurezza.

Kitty Block, Presidente e Amministratrice delegata di Humane Society of the United States, ha dichiarato: “Nonostante la crescente indignazione da parte dell’opinione pubblica per la caccia al trofeo, la convention del Safari Club International continua a celebrare l’uccisione insensata di animali, per farne nient’altro che oggetti e trofei impagliati. Che sia chiaro: Questa è un’industria che mette a rischio la fauna selvatica più minacciata ed ecologicamente importante. In quanto uno dei maggiori mercati al mondo per i trofei di caccia ottenuti da specie in pericolo, il governo degli Stati Uniti ha la responsabilità di porre fine alle importazioni di questi trofei”.

Jeff Flocken, Presidente di Humane Society International, ha dichiarato: “Animali come elefanti, rinoceronti e leopardi svolgono ruoli cruciali nei rispettivi ecosistemi, con molte altre specie che dipendono dal delicato equilibrio che forniscono. Purtroppo, questi stessi animali sono anche molto ambiti dai cacciatori di trofei, che spesso prendono di mira gli individui più grandi di una specie, indebolendo il pool genetico e persino causando il crollo di piccole popolazioni. Nel mezzo di questa crisi della biodiversità, in cui oltre un milione di specie rischiano l’estinzione, la comunità globale deve impegnarsi a proteggere gli animali selvatici evitando pratiche crudeli come la caccia ai trofei”.

Al convegno sono stati offerti centinaia di articoli di lusso e customizzabili, tra cui set di valigie in pelle di elefante che vanno dai 10.000 ai 18.000 dollari e gioielli realizzati con artigli di leopardo. Sia gli elefanti che i leopardi africani sono coperti dall’US Endangered Species Act. Gli espositori hanno anche offerto cappotti di lince per 14.000 dollari e borse di zebra per 2.350 dollari. Diversi venditori hanno esposto o messo in vendita oggetti ricavati da specie in pericolo, in potenziale violazione della legge statunitense. In uno stand, ad esempio, un’azienda di tassidermia ha pubblicizzato i propri servizi esponendo corni di un rinoceronte nero, una specie a rischio di estinzione, nonostante la legge dello Stato del Tennessee proibisca l’uso commerciale delle specie in pericolo.

Tra i viaggi di caccia messi all’asta c’erano una caccia al leone, al leopardo e a diverse specie di ungulati in Zambia, del valore di 143.000 dollari; una caccia all’orso bruno, all’ariete di Dall, all’alce, all’orso nero e al caribù in Alaska, dal costo di 100.000 dollari; una caccia al rinoceronte bianco in Sudafrica per 100.000 dollari; una caccia in scatola (“canned hunting”) all’antilope bongo in Texas, valutata 41.870 dollari e una caccia all’orso polare venduta per 100.000 dollari.

Materiale stampa dell’investigazione:

FINE

Contatto:

I cani saranno trasferiti negli Stati Uniti in cerca di adozione mentre l’allevatore Yang coltiverà cavoli e altri ortaggi

Humane Society International


 Jean Chung/HSI

SEUL―Nella provincia sudcoreana del Chungcheong, l’allevatore di carne di cane Yang (73), è il più recente ad aver aderito al programma Models for Change di Humane Society International/Korea, realizzato dall’organizzazione internazionale per la protezione degli animali, nell’ambito degli sforzi volti a porre fine all’industria della carne di cane nel Paese. Grazie alla collaborazione con HSI/Korea, il signor Yang sta terminando la sua attività da allevatore di cani e sta compiendo la transizione verso la coltivazione di cavoli e altri ortaggi. I quasi 200 cani e cuccioli del suo allevamento, inizialmente destinati al macello, saranno invece trasferiti negli Stati Uniti dove inizierà la ricerca di famiglie adottive.

La chiusura arriva in un momento di crescente sostegno pubblico e politico per porre fine all’industria della carne di cane. L’anno scorso, infatti, la First Lady Kim Keon-hee si è espressa pubblicamente a favore di un divieto. Inoltre, gli ultimi sondaggi dimostrano che la maggior parte dei sudcoreani (85%) non mangia carne di cane e il 56% è favorevole a un divieto. Nel dicembre 2021, il Governo ha formato una task force per presentare raccomandazioni sulla questione ma, a seguito di ripetuti ritardi, HSI/Korea sta sollecitando il Governo ad avviare un programma di dismissione ispirato a Models for Change.

Il signor Yang ha allevato cani destinati al consumo umano per 27 anni nella città di Asan-si. Ora è d’accordo sul fatto che la soluzione migliore per l’industria della carne di cane in Corea del Sud sia la dismissione e lui stesso vuole abbandonare questa attività. Il suo allevamento, a differenza di molti altri nel Paese, è legalmente registrato, ma egli ritiene che non abbia futuro.

Yang ha affermato: “Nei primi anni dell’industria, nessuno denunciava gli allevamenti di cani da carne per violazioni o disapprovava l’industria. Ma con il passare del tempo, sono apparsi gruppi animalisti come HSI/Korea; il mondo sta cambiando, così come il popolo coreano. Sono un membro dell’associazione degli allevatori di cani e so come sta andando la Dog Meat Task Force. Il risarcimento e il periodo di transizione sono i problemi attuali. Ma a prescindere dalle raccomandazioni della Task Force, avevo comunque intenzione di lasciare il settore tra qualche anno; quindi, quando ho parlato con HSI/Korea ho capito che era una buona occasione per mollare subito. Ho intenzione di continuare a coltivare cavoli e di condividere i miei raccolti con la popolazione locale. HSI salverà gli animali e io aiuterò la gente con i miei cavoli”.

Lanciato nel 2015, Models for Change vede HSI/Korea collaborare con gli allevatori che, come il signor Yang, vogliono uscire dal settore e aiutarli a passare a mezzi di sostentamento alternativi e umani.

Sangkyung Lee, responsabile della campagna End Dog Meat di HSI/Korea, ha dichiarato: “Molti dei cani di questo allevamento sono chiaramente traumatizzati dall’esperienza vissuta e avranno bisogno di amore e pazienza per iniziare a guarire. Allevatori come il signor Yang sono il simbolo del cambiamento in Corea del Sud, perché una nuova generazione di amanti degli animali come me non vuole che questa sofferenza continui. Spero che il Governo ci ascolti; il nostro programma Models for Change sta dimostrando che c’è un desiderio di cambiamento e una via per un futuro in cui i cani sono solo amici, non cibo”.

Questo è il diciottesimo allevamento di cani da carne chiuso definitivamente da HSI/Korea. Dall’inizio del programma oltre 2.700 cani sono stati salvati e hanno trovato famiglie adottive negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e, in piccola parte, in Corea del Sud.

Il signor Yang è felice che i cani del suo allevamento abbiano ora la possibilità di un nuovo futuro. Ha dichiarato: “Lavorando con HSI/Korea sono rimasto sorpreso e illuminato dal modo in cui il team interagisce con i cani. Anche con i vestiti ricoperti di escrementi di cane, continuavano a sorridere e a parlare gentilmente con i cani senza alcun dispiacere. Sono rimasto un po’ scioccato. Ho capito che HSI attribuisce agli animali un valore molto più alto di quello che facessi io, che ho avuto a che fare con i cani per quasi 30 anni. Sono felice che questi cani vadano in un buon posto e non mi fa piacere vederli morire. Mi dispiace per loro”.

Alcuni dati:

  • Si stima che fino a un milione di cani siano allevati e confinati, in condizioni spaventose, in migliaia di allevamenti in tutta la Corea del Sud, per essere uccisi e destinati al consumo umano.
  • I cani soffrono immensamente sia fisicamente che psicologicamente, trascorrendo la loro intera vita in piccole gabbie di filo metallico, senza cibo, acqua, stimoli, comfort, riparo o cure veterinarie adeguate. La morte avviene per elettrocuzione.
  • HSI/Korea è la sede di Seoul dell’organizzazione internazionale per la protezione degli animali Humane Society International che si batte in tutta l’Asia (Cina, Indonesia, Corea del Sud, India e Vietnam) per porre fine al commercio di carne di cane.

Foto e video della chiusura dell’allevamento e del salvataggio (creare account per il download).

Foto e video delle operazioni pre-salvataggio (creare account per il download).

Pagina di donazione per sostenere gli sforzi di HSI

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International/Europe accoglie con favore le interrogazioni parlamentari a seguito della risoluzione del Parlamento Europeo che sollecita il divieto di importazione in tutta l'UE di trofei di caccia di specie regolamentate dalla CITES

Humane Society International


I sostenitori di HSI-Italia in piazza per dire basta alle importazioni di trofei di caccia

ROMA—In occasione del World Wildlife Day, l’Intergruppo Parlamentare per i Diritti degli Animali, ha presentato due interrogazioni parlamentari gemelle (una alla Camera dei Deputati e l’altra al Senato della Repubblica) rivolte al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica in merito alla necessità di introdurre un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione, da e per l’Italia, dei trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie protette, ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES).

Humane Society International/Europe (HSI/Europe) accoglie favorevolmente l’iniziativa sostenuta da numerosi onorevoli, senatori e senatrici, appartenenti a buona parte dell’arco parlamentare e attende una sollecita risposta dal Ministero, che dichiari se intende seguire le sollecitazioni del Parlamento europeo e l’esempio di altri paesi europei e vietare l’importazione di questi trofei di caccia che minacciano la sopravvivenza di molte specie in pericolo.

Infatti, a ottobre 2022, tramite una propria risoluzione, il Parlamento Europea ha esortato la Commissione e gli Stati Membri ad “adottare misure efficaci immediate nel quadro degli impegni delineati nella strategia dell’UE sulla biodiversità al fine di vietare l’importazione di trofei di caccia derivati da specie elencate nella CITES”. Tra il 2014 e il 2020, come riportato dai dati pubblicamente consultabili nel database CITES, i cacciatori di trofei hanno importato legalmente in Italia ben 437 trofei di caccia provenienti da specie di mammiferi protette a livello internazionale – come ippopotami, rinoceronti, elefanti, leoni, leopardi, orsi polari e moltissimi altri. Un simile divieto incontrerebbe il favore del 74% della popolazione italiana, come rivelano i risultati del sondaggio commissionato da HSI/Europe.

HSI/Europe, ha lanciato nel 2020 la campagna #NotInMyWorld, per fermare il coinvolgimento dell’Italia nella caccia al trofeo e ha già collaborato alla presentazione di una proposta di legge nel 2021 e una nel 2022, nonché di due emendamenti alla legge di bilancio a dicembre 2021 e 2022, nessuno dei quali, purtroppo, tradottosi in norme cogenti, sono entrati in vigore. Tali proposte non solo prevedevano un simile divieto per tutte le specie protette ai sensi della CITES, ma anche specifiche pene per la violazione e la confisca dei trofei, nonché lo stanziamento di fondi per la formazione delle Forze di Polizia, finalizzata al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di dette specie. Inoltre, a novembre 2022, l’organizzazione internazionale per la protezione degli animali, aveva rivolto un appello diretto al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, senza però ricevere riscontro.

L’Onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell’ambiente, dichiara: “Diversamente da quanto si potrebbe credere a prima vista, l’importazione, l’esportazione e la riesportazione di trofei di caccia da animali come tigri, rinoceronti, ippopotami, non è una pratica così marginale nel nostro Paese. Si tratta di numeri significativi in un contesto di quasi-estinzione delle popolazioni animali più minacciate, a maggior ragione se si considera che un patrimonio inestimabile potrebbe scomparire per futili motivi come il divertimento e l’esibizionismo dei cacciatori. Perciò chiedo che il governo intervenga con iniziative legislative e con il massimo impegno nelle sedi internazionali competenti per mettere fine a questa pratica anacronistica, peraltro invisa alla maggioranza della popolazione italiana”.

La Senatrice Dolores Bevilacqua del Movimento 5 Stelle afferma: “Con le nostre interrogazioni chiediamo con forza al Ministro di porre un freno a questa pratica crudele e neocoloniale, ascoltando la voce dei cittadini che si oppongono all’uccisione di animali con il solo scopo di «abbellire» il proprio salotto. Si tratta, per di più, di specie protette da norme internazionali e nazionali. Per limitare questa barbara e insensata pratica al Ministro basta solo indicare ai propri uffici di non rilasciare più licenze di importazioni. Ci auguriamo che lo faccia al più presto”.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI, dichiara: “È giunto il momento per il Governo italiano di agire con responsabilità, come ha chiesto il Parlamento Europeo. Sulla scia di Paesi Bassi, Francia e Belgio, da ultimo, nell’aprile 2022, anche il Ministero dell’Ambiente tedesco ha annunciato l’intenzione di restringere l’importazione di trofei di caccia, seguito dal Ministero dell’Agricoltura del medesimo paese che solo qualche settimana fa si è espresso pubblicamente contro la caccia al trofeo. Anche altri Stati Membri stanno attivamente valutando proposte per limitare o vietare l’importazione di trofei di caccia ed è ora che l’Italia si unisca a loro. Accogliamo pertanto con favore le interrogazioni parlamentari presentate alla Camera e al Senato e ci auguriamo che riceveranno pronta e adeguata risposta dal Ministro Fratin per contrastare efficacemente l’uccisione insensato di animali protetti”.

Cronologia dell’attività politica:

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Contatti:

Humane Society International


Homeless Animal Protection Society

ROMA—Humane Society International (HSI) ha inviato una squadra di soccorso in Turchia per aiutare migliaia di cani, gatti e altri animali colpiti dal devastante terremoto di magnitudo 7,8.

Da ieri e per le prossime settimane, l’Unità di soccorso animali di HSI, che viene mobilitata in caso di catastrofi, è in Turchia per assistere i gruppi locali nelle operazioni di primo soccorso degli animali feriti, nell’allestimento di ospedali veterinari da campo come, per esempio, ad Antakya, per ampliare la capacità di intervento nell’area e per distribuire cibo, acqua e forniture veterinarie di prima necessità. La squadra è composta da personale formato proveniente da Europa, Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Colombia e India.

HSI ha inoltre fornito fondi emergenziali al gruppo di soccorso locale Yuk Hayvanlarani Koruma Ve Kurtama Dernegi (Working Animals Rescue Foundation), consentendogli di inviare veterinari e veicoli d’intervento per portare forniture veterinarie e soccorso agli animali e alle persone che ne hanno più bisogno.

L’intervento di HSI viene guidato da Kelly Donithan, Direttrice dell’Unità di emergenza di HSI ed esperta soccorritrice, già attiva per portare aiuto agli animali colpiti dai passati disastri in Australia e Africa, a Beirut e nei Paesi vicini all’Ucraina. Nei giorni scorsi, Donithan è stata in costante contatto con i gruppi locali che stimano che centinaia di animali abbiano probabilmente perso la vita, in aggiunta alle decine di migliaia di persone tragicamente uccise dal terremoto. Migliaia di cani e gatti, equini e animali da allevamento hanno attualmente disperato bisogno di aiuto.

Donithan afferma: “Il terremoto ha portato devastazione e la tragica perdita di vite umane e animali. La squadra di emergenza di Humane Society International sta accorrendo per aiutare i gruppi locali. Alcuni animali vengono ancora estratti vivi dalle macerie, ma non sappiamo per quanto tempo ancora potranno reggere quelli invece sepolti. Inoltre, migliaia di cani e gatti salvati hanno urgente bisogno di cure veterinarie per far fronte a ferite, shock, disidratazione e malnutrizione. Diversi rifugi per animali nella zona colpita sono stati distrutti e HSI aiuterà anche a trasferire in sicurezza i loro animali, oltre a distribuire cibo, acqua e forniture veterinarie vitali laddove sono più necessarie. È straziante vedere persone e animali che subiscono l’impatto fisico e psicologico di un disastro di questa portata e noi vogliamo aiutare in ogni modo possibile”.

HSI interviene in caso di disastri in tutto il mondo per assistere gli animali e le comunità in difficoltà. In passato è intervenuta per fornire cure d’emergenza agli animali colpiti da eruzioni vulcaniche in Guatemala, terremoti mortali in Nepal, Ecuador e Messico, uragani, inondazioni improvvise e cicloni in India, Haiti e Mozambico, incendi boschivi in Australia e Cile, oltre ad aver aiutato i rifugiati e i loro animali domestici in fuga dalla guerra in Ucraina.

È possibile donare al fondo per le emergenze di HSI per permetterci di fornire aiuti vitali e finanziare gli interventi delle nostre squadre in situazioni emergenziali come questa:

Foto e video (creare account per il download)

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Contatto:

Le aste per la caccia al trofeo e altri prodotti porteranno una cifra stimata in 6 milioni di dollari per finanziare il continuo massacro di specie

Humane Society International


HSUS

ROMA—La prossima settimana, a Nashville, nel Tennessee, migliaia di cacciatori si riuniranno alla conferenza annuale del Safari Club International (SCI), con oltre 850 espositori provenienti da più di 30 Paesi. Il SCI è una delle più grandi associazioni venatorie del mondo, con rappresentanza lobbistica in oltre 100 Paesi. Più della metà di questi espositori saranno guide e organizzatori di viaggi di caccia al trofeo in danno ad alcune delle specie più minacciate al mondo, come elefanti e leoni, le cui popolazioni sono in declino globale. Durante l’evento, che si svolgerà dal 22 al 25 febbraio, saranno vendute e pubblicizzate anche battute di caccia ad altri animali statunitensi e autoctoni di altre regioni, tra cui leopardi, orsi polari, rinoceronti, ippopotami, lupi e orsi grizzly. Tra gli espositori anche coloro che venderanno gioielli, ninnoli e decorazioni realizzati con parti di questi e altri animali.

Quest’anno si stima che le aste porteranno al SCI quasi 6.000.000 di dollari per finanziare le proprie attività di lobby, che mirano alla riduzione delle protezioni attualmente previste dalla legge statunitense sulle specie minacciate di estinzione e alla promozione della caccia ai trofei.

Kitty Block, Presidente e amministratrice delegata di Humane Society of the United States, ha dichiarato: “Mentre la stragrande maggioranza degli americani disdegna la caccia ai trofei, il Safari Club International continua a raccogliere fondi sulla pelle di maestosi animali in tutto il mondo. Sia che si metta all’asta un viaggio di caccia da 100.000 dollari per uccidere orsi grizzly, alci e altre specie amate in Alaska, o da 143.000 dollari per cacciare leoni e leopardi in Zambia, il SCI trasforma animali selvatici minacciati, come elefanti e rinoceronti, in macabri oggetti che non valgono nulla di più di un trofeo da appendere alla parete. Sparare agli animali non solo causa loro immense sofferenze, ma distrugge le loro famiglie. Nashville dovrebbe rifiutare questa disgustosa glorificazione di una pratica che uccide e distrugge per puro divertimento”.

Humane Society of the United States e Humane Society International hanno analizzato tutti gli oggetti all’asta della prossima convention del 2023, che comprenderà oggettistica di vario tipo e battute di caccia al trofeo. L’analisi ha rilevato che:

  • Verranno messi all’asta circa 350 viaggi di caccia al trofeo per l’uccisione di 870 mammiferi negli Stati Uniti e all’estero, per un valore di circa 6 milioni di dollari.
  • Tra gli animali presi di mira ci sono elefanti, leoni, rinoceronti, leopardi, orsi polari, ippopotami, lupi, orsi grizzly, giraffe e linci.
  • Il valore di queste battute varia da 2.500 dollari per una caccia al cinghiale in California a 143.000 dollari per una caccia di 21 giorni a leoni, leopardi e altri animali selvatici in Zambia.
  • Altre battute internazionali includono una caccia grossa di 5 giorni in Nuova Zelanda del valore di 120.000 dollari, una caccia al rinoceronte bianco di 7 giorni in Sudafrica del valore di 100.000 dollari e una caccia al leopardo, al bufalo africano e ad altri ungolati selvatici di 14 giorni in Tanzania del valore di 85.000 dollari.
  • Tra le offerte c’è anche una caccia all’orso bruno e nero in Alaska di 10 giorni in compagnia del governatore dell’Alaska Mike Dunleavy, per un valore di 29.500 dollari.
  • Tra le principali destinazioni di caccia figurano Sudafrica, Canada, Spagna, Argentina e Nuova Zelanda.
  • Tra gli altri oggetti messi all’asta vi sono: un cappello di castoro tempestato di rubini del valore di 5.000 dollari; una coperta di volpe blu del valore di 30.000 dollari; una pelliccia di volpe argentata a figura intera del valore di 18.000 dollari; un giubbotto di visone del valore di 10.000 dollari; un cappotto di baby alpaca del valore di 2.100 dollari; una borsa in “autentica zebra delle pianure” del valore di quasi 800 dollari; un coltello con manico in osso di giraffa del valore di 2.400 dollari; e oltre 50 pacchetti di armi del valore di oltre 425.000 dollari.

Jeffrey Flocken, Presidente di Humane Society International, ha dichiarato: “È inconcepibile che le vite di questi animali da tutto il mondo, vengano vendute e messe all’asta a ricchi cacciatori d’élite. Il fatto che molte delle specie prese di mira dai cacciatori di trofei potrebbero scomparire nel corso della nostra vita è sconfortante. In poche parole, gli animali e il mondo naturale meritano di meglio.”

La convention annuale è una delle principali fonti di finanziamento del SCI per le sue estese attività di lobby, volte a estendere la stagione venatoria, eliminare le protezioni statali e federali statunitensi, fondamentali per la tutela della fauna selvatica in pericolo di estinzione, e a rendere più facile per i cacciatori importare trofei di caccia. In qualità di maggiore importatore mondiale di trofei di caccia di mammiferi regolamentati dalla CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione), gli Stati Uniti hanno importato oltre 72.600 trofei di caccia tra il 2014 e il 2018, di cui oltre 10.000 ottenuti da specie elencate come minacciate o in pericolo di estinzione dall’Endangered Species Act statunitense. Inoltre, l’anno scorso, il SCI avrebbe speso oltre 1.000.000 di sterline per fare pressione sul Regno Unito, contro una proposta di legge che avrebbe vietato l’importazione di trofei di caccia di specie regolamentate come leoni, leopardi, elefanti e lupi.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, afferma: “Convention di questo tipo sono spettacoli vergognosi di disprezzo della fauna selvatica e della biodiversità globale. Oltre gli Stati Uniti, solo qualche settimana fa a Dortmund si è tenuta “Jagd&Hund”, la più grande fiera venatoria d’Europa, con oltre 80 espositori di caccia al trofeo. È ora che su eventi come questi cali il sipario, come ha fatto IEG – Italian Exhibition Group Spa della Fiera di Vicenza, con la dismissione dell’HIT Show, la più grande fiera di caccia italiana. Anche a livello politico la direzione da prendere è chiara: vietare le importazioni, esportazioni e riesportazioni dei trofei di caccia ottenuti da specie protette a livello internazionale, come già fatto in paesi come i Paesi Bassi e la Francia e come ha esortato a fare il Parlamento Europeo in una mozione a ottobre 2022.”

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Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia: emheinen@hsi.org
  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

“La cittadinanza può contribuire a denunciare e arginare, nell’ottica di una totale eradicazione, il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani.”

Humane Society International


Jay Kim

ROMA—È stata pubblicata oggi da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS, promotrici del progetto IO NON COMBATTO, una guida al cittadino per riconoscere i segnali e denunciare la presenza di combattimenti tra cani. Tramite questo progetto, le due organizzazioni promotrici si stanno impegnando per contribuire a fornire gli strumenti necessari al contrasto del fenomeno dei combattimenti tra cani alle Forze di Polizia e a figure professionali chiave, quali medici veterinari ed educatori cinofili, nonché per educare la popolazione a riconoscerlo e adeguatamente denunciarlo: proprio alle cittadine e ai cittadini è rivolta la guida. 

Federica Faiella, Vicepresidente della Fondazione CAVE CANEM e Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe spiegano: “La cittadinanza può contribuire a denunciare e arginare, nell’ottica di una totale eradicazione, il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani. Per farlo, è però necessario che acquisisca conoscenza dei segnali che ne indicano la presenza e delle corrette modalità di acquisizione delle fonti probatorie, agendo sempre nel pieno rispetto delle modalità e dei ruoli stabiliti dalle norme vigenti, senza pensare di sostituirsi alla Polizia Giudiziaria e agli organi inquirenti, ma cercando di fornire loro tutti gli strumenti per un intervento efficiente ed efficace. Per questo motivo abbiamo voluto mettere a disposizione questa guida, gratuitamente scaricabile dal sito www.iononcombatto.it.”

I lettori avranno la possibilità, prima di tutto, di documentarsi sui combattimenti fra animali quale fenomeno sommerso, di portata nazionale e internazionale che coinvolge diverse specie animali, tra cui i cani, collegato a criminalità organizzata, traffico internazionale di stupefacenti e di armi, comprese quelle da fuoco, pedo-pornografia e scommesse illegali attorno alle quali ruotano cospicue somme di denaro. In Italia è un reato punito dall’art. 544-quinquies del Codice penale. 

La guida vuole anche fornire precise indicazioni sulle attività legate ai combattimenti tra animali, causa di gravi danni fisici e psicologici ai cani addestrati per combattere. A subire immense crudeltà sono anche i cosiddetti “sparring partners”, ovvero altri cani usati per l’addestramento brutale dei combattenti, nonché le fattrici, obbligate a riprodursi per portare avanti le linee genetiche “vincenti”. 

Una sezione è dedicata alle attrezzature, agli strumenti e agli altri segni che possono indicare la presenza in un determinato luogo di combattimenti tra cani o attività propedeutiche agli stessi quali l’allenamento e l’allevamento. Nella guida HSI/Europe e Fondazione CAVE CANEM segnalano ad esempio: 

  • La detenzione a catena; 
  • La presenza di cicatrici;
  • Vitamine, medicinali e farmaci veterinari; 
  • Tapis roulant, “spingpoles”, “jenny mills” o “cat mills”; 
  • Bastoni “apribocca”; 
  • Gabbie di contenimento per l’accoppiamento. 

“I combattimenti tra cani sono una pratica criminosa e sanguinaria, ancora diffusa in Italia, nonostante sia illegale da molti anni e fortemente contestata dall’opinione pubblica. Prima di sporgere una denuncia, può essere utile avere maggiore chiarezza sulle tipologie e razze di cani più frequentemente utilizzate, sui diversi ruoli che i cani ricoprono e quali sono gli oggetti o le situazioni che possono indicare la presenza di combattimenti o altre attività ad essi collegate. Invitiamo chiunque sia testimone di attività criminose in danno agli animali di non rendersi complice, di non guardare dall’altra parte, ma di denunciare!” – concludono Federica Faiella e Martina Pluda.

FINE 

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885 

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