Martina Pluda (HSI), “Intervento inutile: non elimina la sofferenza degli animali né il rischio per la salute pubblica. Tanto più che le attività si sarebbero comunque interrotte adesso per riprendere a marzo, come ogni anno”

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

ROMA“Fermare l’allevamento per i prossimi tre mesi è un provvedimento inutile che non elimina la sofferenza animale, né tanto meno il rischio per la salute pubblica, legato alla diffusione del virus SARS-CoV-2. Solo oggi il Ministero ha ordinato l’abbattimento di 28.000 visoni in un allevamento infettato a Capralba, in provincia di Cremona”. E’ quanto dichiara Martina Pluda, responsabile per l’Italia di Humane Society International (HSI), l’unica organizzazione attiva a livello locale e internazionale per proteggere tutti gli animali – in natura, nei laboratori, negli allevamenti e in ambiente domestico – con campagne globali e attività sul campo in più di 50 paesi.

“L’ordinanza pubblicata oggi dal ministro della Salute italiano Roberto Speranza, che prevede la sospensione delle attività degli allevamenti di visoni sul territorio nazionale fino al 28 febbraio 2021, è un paravento. Il ciclo d’allevamento e produzione dei visoni finisce proprio in queste settimane per riprendere a marzo”, dichiara Pluda.

“Gli allevamenti si fermerebbero comunque per loro natura in questo periodo, la decisione del ministro è ininfluente. Gli animali destinati al commercio delle loro pellicce, attualmente negli allevamenti, verranno uccisi e quelli invece usati come riproduttori resteranno chiusi nelle loro gabbie fino a marzo, in attesa della verifica dei presupposti per la proroga delle misure ed in caso contrario dell’accoppiamento che precede un nuovo ciclo di produzione e crudeltà. Considerato inoltre che la stessa ordinanza prevede l’abbattimento degli animali in caso di positività, ponderare una ripresa delle attività a marzo vuol dire giustificare un’industria fondata sulla crudeltà, che minaccia la salute pubblica e costa miliardi in fondi pubblici necessari per la gestione della biosicurezza. L’unico provvedimento utile e necessario per tutelare gli animali e la salute pubblica è il definitivo divieto d’allevamento di animali da pelliccia come hanno già fatto moltissimi paesi europei”.

Per portare avanti questa e molte altre battaglie a favore di tutti gli animali HSI ha appena lanciato una nuova campagna di sottoscrizioni online, con l’hashtag #salviAmotuttiglianimali. Da questa settimana dal sito http://www.hsi-europe.org/it/natale/ è possibile effettuare sottoscrizioni mensili, donarle agli amici oppure scegliere regali di Natale sostenibili e solidali con il mondo animale.

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Contatto:

Ufficio Stampa PS Comunicazione

Sara Chiarello, Francesca Puliti 392 9475467

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HSI chiede la chiusura permanente degli allevamenti "fabbriche di virus"

Humane Society International


Mark Hicken/Alamy

ROMA—Kopenhagen Fur, la più grande casa d’aste di pellicce al mondo, chiuderà i battenti entro i prossimi due o tre anni, in quello che potrebbe segnare l’inizio della fine del commercio mondiale di pellicce. Gran parte delle pellicce a livello mondiale vengono commerciate da una manciata di case d’asta. Fondata nel 1930, Kopenhagen Fur funge da intermediario per le pelli animali prodotte in Danimarca e in tutto il mondo, tra le quali anche quelle di volpe, cincillà e karakul. Poche ore prima, il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) ha pubblicato il suo nuovo rapporto Rapid Risk Assessment: Detection of new SARS-CoV-2 variants related to mink, evidenziando le potenziali implicazioni che l’evoluzione del virus nel visone comporta per la diagnosi, il trattamento e lo sviluppo di vaccini al Covid-19, nonché per l’efficacia di futuri vaccini.

Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International/ Europe, ha dichiarato: “Il rapporto dell’ECDC e l’annuncio di Kopenhagen Fur segnalano l’inizio della fine del commercio mondiale di pellicce. Gli allevamenti di animali da pelliccia non sono solo la causa di immense e inutili sofferenze per gli animali, ma sono anche fabbriche di virus in grado di produrre mutazioni di COVID-19 e persino di minare il progresso medico. Il rapporto dell’ECDC dovrebbe essere un campanello d’allarme per i Paesi che ancora allevano i visoni e non li stanno testando sistematicamente; devono agire urgentemente.

Di fronte ad una situazione di avversione pubblica per le pellicce, quali prodotti non etici e anacronistici, i Paesi che permettono l’allevamento di animali da pelliccia non possono più giustificare un’industria che minaccia la salute pubblica e costa miliardi in fondi pubblici necessari per la gestione della biosicurezza e per risarcire gli allevatori a seguito degli abbattimenti dei loro animali. Non possiamo semplicemente aspettare che emerga la prossima pandemia. I Governi devono porre fine al crudele e pericoloso commercio di pellicce e sostenere gli allevatori nella transizione ad attività più umane, sicure ed economicamente sostenibili. Non ci sarebbe mai stato un lieto fine per i 60 milioni di visoni sfruttati ogni anno per la loro pelliccia; smettere di allevarli è il modo migliore per evitare loro future sofferenze.”

La casa d’aste Kopenhagen Fur è una società cooperativa di proprietà di 1.500 allevatori danesi. La scomparsa di questo broker di rilevanza mondiale avrà presumibilmente un impatto anche sui produttori di altri paesi europei e non solo. Nel 2018-2019 Kopenhagen Fur ha fatto da tramite per la vendita di 24,8 milioni di pellicce di visone.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Stiamo assistendo a un calo significativo dei prezzi delle pellicce e ad un aumento dell’invenduto. Ci aspettiamo un’ulteriore decrescita della domanda di pellicce a causa dei focolai di Covid-19 negli allevamenti in tutto il mondo che stanno allarmando molti Governi e mettendo in ginocchio il settore.

Dopo il primo caso accertato anche in Italia è ora che il Governo italiano si assuma la sua parte di responsabilità, nell’interesse degli animali e della salute pubblica. l’Italia può e deve essere parte della soluzione del problema. Permettendo l’allevamento di visoni, stiamo contribuendo all’immensa sofferenza di decine di migliaia di animali ogni anno e offrendo l’ambiente ideale per lo sviluppo e la diffusone di agenti patogeni virali. Siamo il fanalino di coda in Europa, mentre molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente.”

Il rapporto dell’ECDC fa riferimento alla necessità di analizzare la nuova variante “cluster 5”, creata dai visoni negli allevamenti, e valutare se possa alterare il rischio di reinfezione o impattare l’efficacia del vaccino o della terapia al plasma. Sottolinea inoltre che “la trasmissione continua di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni può eventualmente risultare in altre varianti preoccupanti”.

Risultati chiave del rapporto dell’ECDC:

  • Il livello di rischio per la salute umana rappresentato dalle varianti di SARS-CoV-2 correlate al visone è basso per la popolazione generale, ma da moderato ad alto per gli individui vulnerabili che vivono in aree con un’alta concentrazione di allevamenti di animali da pelliccia. Il rischio è moderato per coloro che lavorano con il visone e molto alto per gli individui con esposizione legata alla professione esercitata, come gli allevatori di pellicce.
  • Le autorità nazionali competenti devono adottare una serie di misure per ridurre il rischio sanitario per coloro che lavorano con i visoni e le comunità in cui sono situati gli allevamenti, compresi test sistematici, rilevamento immediato del contatto, isolamento e quarantena se i casi umani sono legati a un allevamento di visoni; misure di prevenzione e controllo delle infezioni per lavoratori e visitatori degli allevamenti; monitoraggio e sorveglianza degli allevamenti di visoni.

Foto e video dell’industria finlandese (creare account per il download)

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International


Alberto Bernasconi for HSI 

PARMA, 8 ottobre 2020–Il gruppo alimentare italiano Barilla, il più grande produttore di pasta al mondo, è il ricevente del premio Henry Spira per il Progresso Aziendale Sostenibile di quest’anno, un riconoscimento conferito dalla Humane Society of the United States alle aziende che adottano politiche che hanno un impatto positivo e significativo sugli animali. Anche la Humane Society International, la divisione internazionale della Humane Society of the United States, si congratula con Barilla per la transizione verso l’approvvigionamento responsabile, su scala globale, di uova da galline non allevate in gabbia. Barilla è infatti, una delle pochissime aziende al mondo in grado di passare ad una filiera 100% “cage-free” in anticipo rispetto ai tempi previsti.

Il primo contatto tra HSI e Barilla è avvenuto alla fine del 2016, e nel giro di pochi mesi l’azienda italiana si è impegnata a raggiungere questo obiettivo chiave per il benessere animale, riuscendoci nel 2019, un anno prima della data che era stata annunciata pubblicamente. Su base annuale, Barilla fornisce aggiornamenti e statistiche sull’approvvigionamento delle uova nel proprio rapporto annuale di sostenibilità. La policy globale di Barilla viene applicata in ciascuno dei sei paesi in cui il gruppo opera. Con 23,000 tonnellate di uova che ogni anno entrano nella filiera Barilla, l’attuazione di questa politica di benessere animale sta cambiando la vita di circa due milioni di galline ovaiole in tutto il mondo.

Elena Franchi, Purchasing Manager presso la sede centrale Barilla, ha dichiarato: “Nel nostro modello di business cerchiamo di fare la cosa giusta ed è quello che si è concretizzato in questo caso. Abbiamo beneficiato del sostegno costante e costruttivo della Humane Society International, e la nostra collaborazione è stata cruciale per il conseguimento anticipato dell’obiettivo prefissato da Barilla. In particolare in Brasile, dove siamo presenti da pochi anni, il supporto di HSI è stato fondamentale per il raggiungimento di questo traguardo.” 

Barilla si unisce ad una lista crescente di aziende globali, orientate verso l’uso di uova “cage-free”. Solitamente i sistemi di produzione senza gabbie offrono alle galline livelli di benessere più elevati, consentendo ai volatili di esprimere maggiormente i loro comportamenti naturali, come muoversi, deporre le uova nel nido, appollaiarsi e spiegare le ali. Sebbene dal gennaio 2012 l’Unione Europea abbia vietato l’uso delle gabbie convenzionali, le cosiddette gabbie arricchite sono ancora del tutto legali; tuttora in Italia il 62% delle galline viene allevato in questi sistemi. La politica adottata da Barilla riconosce la necessità di escludere completamente le gabbie, garantendo un maggiore benessere alle galline ovaiole.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI, sostiene che l’esempio di Barilla abbia implicazioni più ampie. “La leadership mostrata da Barilla sta creando un importante precedente per altre aziende, molte delle quali si sono impegnate pubblicamente ad escludere l’uso dalle gabbie ma non hanno ancora fatto progressi significativi. Sono molto contenta che un’azienda italiana sia in grado di fissare uno standard globale così importante nell’industria alimentare. Garantire un trattamento migliore degli animali coinvolti nelle filiere alimentari è una responsabilità condivisa, dai consumatori e dai produttori, e vorrei incoraggiare più aziende a seguire questo esempio. Saremmo lieti di continuare a lavorare con la leadership di Barilla per promuovere la visione al centro del premio Spira.”

Il premio Henry Spira riconosce l’impegno aziendale per il benessere animale, in memoria di Henry Spira (1927-1998), leggendario difensore degli animali, di origini belga-americane. Impegnato nel dialogo costruttivo con le aziende per inserire e promuovere il benessere animale nelle loro missioni di responsabilità sociale d’impresa, è considerato uno degli attori più efficaci del XX secolo per la protezione degli animali.

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Contatto HSI Italia:

Martina Pluda, Country Director: mpluda@hsi.org; +39 371 4120885

Contatto Barilla:

Andrea Belli, Group Communication and External Relations: andrea.belli@barilla.com; +39 0521 262217

Il COVID-19 deve essere un “momento cruciale di cambiamento” per gli animali negli allevamenti, uccisi per le loro pellicce e vittime del traffico di specie selvatiche

Humane Society International


ROMA—Per milioni di persone in tutto il mondo, il lockdown durante la pandemia globale di coronavirus ha significato diversi mesi di isolamento, a tutela della salute pubblica. Ma per miliardi di animali ingabbiati e confinati negli allevamenti intensivi, negli allevamenti di animali da pelliccia e oggetto del commercio di specie selvatiche, la prigionia dura una vita intera. In questi contesti, gli animali trascorrono tutta la loro esistenza, o gran parte di essa, rinchiusi in gabbie, voliere, stabulari o altri metodi di confinamento in cui gli vengono negati sufficiente spazio e stimoli. Il tutto per le nostre abitudini alimentari o per i capricci della moda. L’organizzazione internazionale per la protezione degli animali Humane Society International vuole cambiare tutto ciò e ha collaborato con la società di produzione belga Fledge, per creare un video social per mobilitare le persone di tutto il mondo ad agire a favore degli animali rinchiusi e costretti a una vita di isolamento.

Con la colonna sonora resa disponibile dalla band belga Svínhunder, il video di 120 secondi intitolato “End the Lockdown for Animals” (“Basta Animali in Lockdown”) chiede allo spettatore di riflettere sui propri sentimenti di frustrazione e solitudine durante la pandemia, per potersi immedesimare nella situazione vissuta da miliardi di animali sfruttati e imprigionati.

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International, dice: “Milioni di persone in tutto il mondo hanno condiviso la sfida, la frustrazione e la monotonia del lockdown. Ora, mentre ripartiamo e riconquistiamo alcune delle nostre libertà, chiediamo ai cittadini e ai responsabili politici in Italia e in tutta l’Unione Europea di contribuire a porre fine all’isolamento per quegli animali che passano tutta la loro vita in questo stato. Per troppo tempo le industrie alimentari e della moda hanno operato sulla sofferenza degli animali, sia che si tratti di galline ovaiole rinchiuse in gabbie così piccole da non poter nemmeno allungare le ali, sia che si tratti di volpi e cani procione che impazziscono a causa della monotonia della loro vita negli allevamenti di pellicce. Scegliendo stili di vita che non causano sofferenza agli animali e modificando le leggi per proteggerli, possiamo cambiare tutto questo. Il COVID-19 deve essere un momento cruciale di cambiamento del modo in cui trattiamo gli animali. È tempo di plasmare un futuro più umano, sicuro e libero per tutti!”

La Fledge dichiara: “Come regista, l’obiettivo principale è quello di trasmettere al pubblico un sentimento, un messaggio o un’idea. Questa esperienza globale e senza precedenti della quarantena, ha fatto capire alla gente l’importanza di vivere liberamente e ci ha dato l’opportunità unica di raccontare questa storia parallela. Ci auguriamo che evidenziando questa esperienza condivisa, in un video di due minuti, le persone possano comprendere la sofferenza di tutti questi animali. Speriamo funga da catalizzatore per il cambiamento.”

Mentre in alcune parti del mondo le misure per il contenimento del COVID-19 cominciano ad allentarsi, gli uffici di HSI presenti su tutto il globo – Stati Uniti, Canada, India, Nepal, Sri Lanka, Corea del Sud, Vietnam, Messico, Sudafrica, Regno Unito, Italia, Germania, Brasile, Costa Rica, El Salvador, Honduras e Guatemala – promuoveranno il video attraverso i propri canali social. Con la sua ultima campagna #BastaAnimaliInLockdown, HSI ha individuato tre misure cruciali per porre fine a una vita di isolamento per gli animali e prevenire future pandemie.

Tre misure per porre fine all’isolamento degli animali e prevenire future pandemie

1.  Mettere fine all’uso delle gabbie per gli animali d’allevamento e fare scelte alimentari più sostenibili

Miliardi di animali soffrono negli allevamenti di tutto il mondo. Sono ancora 300 milioni gli animali allevati che soffrono nelle gabbie d’Europa. Nonostante l’Unione Europea abbia vietato alcune delle pratiche d’allevamento più crudeli, le cosiddette gabbie arricchite per le galline ovaiole e le gabbie di gestazione per le scrofe sono ancora permesse e molto diffuse. Questo significa che a milioni di galline e di scrofe viene negato lo spazio per muoversi, socializzare ed esplorare l’ambiente circostante. Oltre ad essere crudele, questa forma di allevamento è anche legata all’origine di malattie più virulente, a causa del gran numero di animali ammassati in ambienti non igienici. HSI vuole che i governi e le aziende mettano fine all’allevamento intensivo ed investano nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie e alternative a base vegetale. HSI esorta anche i consumatori a fare scelte alimentari più sostenibili e compassionevoli, scegliendo una dieta a base vegetale.

2. Vietare l’allevamento e il commercio di animali da pelliccia

Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono uccisi per la loro pelliccia. Per la maggior parte si tratta di volpi, visoni e cani procione rinchiusi in piccole gabbie di filo metallico. Queste terribili condizioni possono causare disturbi psicologici e stereotipie e portare persino all’automutilazione. Alla fine della loro cosiddetta vita produttiva vengono brutalmente uccisi con gas tossici, elettrocuzione anale e, in alcuni casi, a bastonate. Gli allevamenti di animali da pelliccia sono anche un terreno fertile per la diffusione di malattie infettive, tra cui il virus che causa il Covid-19, come dimostrato dai recenti focolai negli allevamenti di animali da pelliccia nei Paesi Bassi e in Danimarca. HSI esorta tutte le aziende del settore della moda a rinunciare all’uso delle pellicce e i governi a prendere provvedimenti per porre fine a questo business crudele. Paesi come gli Stati Uniti, il Canada, la Cina e l’Italia dovrebbero impegnarsi a porre fine all’allevamento di visoni e di altri animali usati per questo scopo.

3. Fermare il traffico di animali selvatici vivi 

Nel 2018 l’Unione Europea ha importato oltre 560.000 esemplari vivi di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi selvatici, protetti dalla convenzione CITES. Ogni anno, questo traffico mette a repentaglio la sopravvivenza e il benessere di miliardi di animali in tutto il mondo, comprese specie minacciate e in pericolo d’estinzione. Questi animali vengono spesso uccisi semplicemente per essere trasformati e venduti come suppellettili o gioielli, oppure condannati a una vita in cattività, come animali domestici esotici o per altri scopi commerciali. Allevati in cattività o catturati in natura, questi animali possono trasmettere una varietà di infezioni virali, batteriche, fungine e parassitarie comportano gravi rischi per la salute umana.

Link alla campagna di HSI: action.hsi-europe.org/BastaAnimaliInLockdown

Link per scaricare il video: https://we.tl/t-9btsNRu2rN

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

Crediti:

Società di produzione: Fledge

Scrittrice e regista: Maria Leon

Produttore: Roeland Jeangout

Editore: Joris Willems

Studio del suono: Sonhouse

Colonna sonora: Svínhunder

Voce fuori campo: Ewan Black

Classificazione: Florian Keirse

Humane Society International lavora in tutto il mondo per promuovere il rapporto uomo-animale, salvare e proteggere cani e gatti, migliorare il benessere degli animali da allevamento, salvaguardare la fauna selvatica, promuovere una ricerca senza animali, intervenire in caso di disastri naturali e combattere la crudeltà nei confronti degli animali in tutte le sue forme – www.hsi.org.

Humane Society International


La Coalizione italiana End the Cage Age ha pubblicato oggi la classifica dei Paesi europei secondo la percentuale di animali ancora allevati in gabbia. L’Italia si piazza in basso nella classifica: degli oltre 300 milioni di animali allevati in gabbia ogni anno in UE, oltre 45 milioni sono in Italia. La Coalizione invita i cittadini a twittare ai Ministri competenti, il Ministro della Salute Speranza e delle Politiche Agricole Bellanova, perchè si impegnino ad avviare la transizione a sistemi senza gabbie sia in Italia che nell’Unione Europea.

Scarica foto e report di approfondimento

Link alla classifica

Scarica le mappe con la classifica

Nell’Unione Europea galline, scrofe, conigli, quaglie, anatre e oche sono allevati, per la maggior parte, in gabbie che limitano molto seriamente la loro possibilità di muoversi, costringendoli a una vita misera e piena di sofferenze. Si tratta di una questione sempre più vicina alla sensibilità dei cittadini europei. L’anno scorso, a seguito della campagna di comunicazione associata all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, più di un milione di persone ha firmato la richiesta di mettere fine all’era delle gabbie in UE. In Italia, le firme raccolte e autenticate dal Ministero dell’Interno sono oltre 90.000. 

Oggi la Coalizione italiana End the Cage Age, costituita da Animal Equality, Animalisti italiani, CIWF, ENPA, Humane Society International Italia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale del Cane e OIPA, pubblica una classifica dei Paesi in base alla percentuale di animali allevati in gabbia. In Italia la quasi totalità di scrofe, conigli e quaglie, così come il 62% delle galline sono allevati ancora in gabbia ed è necessario agire il prima possibile per mettere fine a questa situazione. I ministri competenti per un’eventuale transizione a sistemi senza gabbie sono il ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, e il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Per questo motivo, le associazioni della Coalizione End the Cage chiedono ai cittadini, a partire da oggi e nei prossimi giorni, di lanciare utilizzando un linguaggio civile e propositivo – dei tweet rivolti proprio ai due ministri, chiedendo a entrambi di impegnarsi pubblicamente e concretamente a dismettere gradualmente le gabbie nel nostro Paese. Il ministro Speranza ha già dichiarato la propria disponibilità ad aprire un dialogo sulla transizione a sistemi senza gabbia per le scrofe*, mentre finora nessun segnale di apertura al dialogo è stato ricevuto dalle associazioni da parte del Ministro Bellanova.

La dismissione delle gabbie dagli allevamenti è urgente perché risponde a una sempre più pressante istanza etica di milioni di cittadini europei ed è coerente con la rinnovata e crescente attenzione anche a livello europeo per il benessere animale e la sostenibilità, così come tracciato nel Green Deal”, hanno dichiarato le associazioni, che aggiungono:  “Far uscire dall’invisibilità le sofferenze di decine di milioni di animali è un dovere etico di ogni Paese civile e democratico e ci auguriamo che i nostri Ministri avviino al più presto il dibattito pubblico per una transizione verso sistemi senza gabbie, per far sì che l’Italia non resti indietro in questa battaglia di civiltà in difesa degli animali, ma divenga rapidamente tra i Paesi europei all’avanguardia.

L’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age – È uno strumento ufficiale e unico previsto dall’Unione Europea  per influenzare i decisori politici, e prevede la raccolta di almeno un milione di firme nell’arco di un anno per poter essere ammessa. Ogni firma viene verificata attraverso uno specifico processo dagli Stati Membri.

L’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age ha raccolto più di un milione e mezzo di firme che sono ancora in corso di validazione in tutti gli Stati Membri. In Italia la validazione è già avvenuta, confermando l’autenticità  di oltre 90.000 firme. Quando le firme di tutti i Paesi saranno validate, verranno consegnate alla Commissione Europea, che potrà pronunciarsi positivamente o negativamente sulla richiesta, eventualmente avviando un processo legislativo in favore della dismissione delle gabbie.

l’Iniziativa End the Cage Age è stata il frutto del coordinamento di oltre 170 organizzazioni ambientaliste, di protezione animale e dei consumatori in tutta europa, 20 in Italia.

* https://www.ciwf.it/area-stampa/comunicati-stampa/2020/02/allevamenti-ciwf-consegna-200000-firme-al-ministro-speranza-per-chiedere-una-transizione-a-sistemi-senza-gabbie-per-le-scrofe

Parte la nuova campagna di HSI Italia per chiedere un futuro migliore, più umano e sicuro per tutti dopo la crisi COVID-19

Humane Society International


Kristo Muurimaa/Oikeutta Elaimille 

ROMA (22 giugno 2020)—In risposta alla crisi COVID-19 ed in vista della fase di ripresa e rilancio, Humane Society International Italia lancia oggi la campagna #BastaAnimaliInLockdown per chiedere un’azione decisiva volta a prevenire una nuova crisi sanitaria globale e plasmare un futuro migliore, più umano e sicuro per gli esseri umani e gli animali.

Secondo HSI Italia sono tre le misure chiave che la Commissione Europea ed i governi degli Stati Membri, incluso quello italiano, devono adottare per ridurre il
rischio di malattie zoonotiche. A tale proposito è fondamentale:

  1. Fermare il traffico di animali selvatici vivi;
  2. Mettere fine all’uso delle gabbie per gli animali d’allevamento;
  3. Vietare l’allevamento ed il commercio di animali da pelliccia.

Martina Pluda, Direttrice di HSI Italia, ha affermato:

“La pandemia di Covid-19 avrebbe dovuto suonare come un campanello d’allarme per l’umanità. Questo coronavirus è solo l’ultimo di una serie di malattie zoonotiche che hanno devastato la salute umana e la società a causa del modo in cui l’essere umano abusa degli animali. Più continuiamo a sfruttarli per il cibo, la loro pelliccia, l’uso medicinale o per l’intrattenimento e più invadiamo o distruggiamo i loro habitat naturali, maggiori sono le probabilità di diffusione di nuove patologie. Crediamo che sia giunto il tempo di rivalutare la nostra relazione con gli animali e il modo in cui sfruttiamo il mondo naturale. Crediamo che un futuro migliore, più umano e sicuro per tutti debba partire dall’Europa.”

Allevati in cattività o catturati in natura, gli animali selvatici acquistati e venduti come animali domestici esotici o per altri scopi commerciali, possono trasmettere una varietà di infezioni virali, batteriche, fungine e parassitarie che comportano gravi rischi per la salute. Vietare il commercio di animali selvatici vivi è essenziale per proteggere le persone dalle zoonosi. Il precedente c’è già. Nel 2007 l’UE ha vietato l’importazione di uccelli selvatici come misura per prevenire la diffusione dell’influenza aviaria, che può avere gravi ripercussioni non solo per le popolazioni di pollame, ma anche per la salute pubblica.

Mettere fine all’uso delle gabbie come metodo d’allevamento è la seconda misura imprescindibile.

Se da un lato è una vera fortuna che il COVID-19 non abbia colpito le specie allevate per la produzione di carne, latticini e uova, questa pandemia ha certamente dimostrato quanto sia fragile il nostro sistema alimentare. Nei sistemi produttivi di tipo intensivo, migliaia di animali dello stesso genotipo vengono confinati in un unico luogo per essere processati ad un ritmo incessante. Tenere gli animali d’allevamento in questo modo crea un rischio per lo sviluppo di agenti patogeni zoonotici che possono potenzialmente contagiare gli esseri umani. Secondo HSI Italia è necessaria una transizione verso sistemi produttivi liberi dall’uso delle gabbie e rispettosi del benessere animale.

Infine, i casi di coronavirus negli allevamenti di animali da pelliccia dei Paesi Bassi e della Danimarca hanno evidenziato i rischi collegati al confinamento ed allo sfruttamento di questi animali. Considerata la crudeltà associata al settore della pellicceria e poiché visoni, volpi e procioni possono essere infettati dai coronavirus SARS-CoV, l’allevamento e il commercio di queste specie dovrebbero essere vietati. Anche i rivenditori del settore dell’abbigliamento dovrebbero sostenere la tendenza verso una moda libera dall’uso di pellicce, per eliminare del tutto la domanda di questi prodotti.

Dati:

  • Nel 2018, l’Unione Europea ha importato oltre 000 esemplari vivi di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi selvatici protetti. Sono ancora 300 milioni gli animali, come galline e maiali, che nell’Unione Europea trascorrono la propria vita, o una parte sostanziale di essa, in gabbia. Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono allevati e uccisi per la loro pelliccia.
  • L’elenco dei patogeni che possono essere trasmessi dagli animali selvatici tenuti come “pet” è lungo: hantavirus, Bartonella, Tularemia, virus Herpes B, Mycobacterium, tigna, Yersinia, Clostridium, Campylobacter, Leptospira, Trichinella, ecc. Anche gli uccelli domestici sono collegati a malattie come la clamidofilosi, la psittacosi, la tubercolosi e l’influenza aviaria.
  • Sebbene l’Unione Europea abbia vietato alcune delle pratiche d’allevamento più crudeli, come ad esempio l’uso delle gabbie in batteria, HSI Italia ritiene che anche le gabbie arricchite per le galline ovaiole e le gabbie di gestazione per le scrofe vadano proibite a favore di sistemi alternativi, maggiormente rispettosi del benessere
  • Dal 26 aprile 2020, il SARS-CoV-2 è stato identificato in 17 allevamenti di visoni dei Paesi Bassi. Due dipendenti sono risultati positivi al COVID-19 e si ritiene che la trasmissione sia avvenuta tramite i visoni. Il Governo olandese ha ordinato l’abbattimento di tutti gli animali presenti negli allevamenti colpiti.
  • Il 17 giugno 2020, anche le autorità danesi hanno annunciato la presenza del coronavirus in un allevamento di visoni della Danimarca; 11.000 animali sono stati abbattuti. Da allora il virus è stato rilevato anche in un secondo allevamento, nella stessa regione.
  • Anche altri animali da pelliccia, come volpi e cani procione, possono infettarsi con virus correlati al SARS-CoV, fungendo potenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina.

Dalle ore 12:00 di martedì 23 giugno, HSI Italia si unisce alle associazioni Animal Equality, LAV, Essere Animali e Lega del Cane con un tweetstorm per chiedere all’Europa e all’Italia di prendere misure concrete per prevenire un’altra crisi sanitaria globale, radicata nello sfruttamento degli animali e creare un futuro più umano, sicuro e libero per tutti.

Link al profilo Twitter di HSI Italia: @HSIItalia

Link alla petizione di HSI Italia #BastaAnimaliInLockdown: action.hsi-europe.org/bastaanimaliinlockdown

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

Humane Society International


ROMA/PECHINO (17 giugno 2020)—In vista dell’apertura del festival della carne di cane di Yulin, alcuni attivisti animalisti cinesi hanno esortato le autorità locali ad accogliere, non solo a parole, la recente dichiarazione del governo nazionale, secondo il quale i cani sono compagni e non “bestiame”, e quindi ad interrompere l’evento che dovrebbe avere inizio il prossimo 21 giugno. Gli attivisti hanno inoltre salvato dieci cuccioli, trovati in vendita in un mercato alle porte di Yulin e filmato la macellazione di diverse carcasse di cani. Atti in chiaro contrasto con la posizione presa nel mese scorso dal Ministero dell’Agricoltura cinese.

Gli attivisti hanno inviato un rapporto di quanto osservato alla Humane Society International, confermando che la maggior parte dei venditori si trovano ora concentrati nella zona del mercato di Nanchao, alla periferia di Yulin. Il noto mercato Dongkou di Yulin, che in precedenza era l’epicentro delle vendite di carne di cane e del macello di questi animali, è apparso relativamente vuoto al confronto. Humane Society International ritiene che la centralizzazione dell’attività potrebbe essere frutto del tentativo delle autorità di semplificarne il monitoraggio e la gestione.

Il dottor Peter Li, specialista in politica cinese della Humane Society International, ha dichiarato: “È probabile che le autorità di Yulin vogliano tenere d’occhio tutta le attività commerciali della carne di cane, concentrandole in un unico mercato, a causa della natura sempre più controversa di questo settore. Mentre alcuni commercianti hanno riferito che stavano cercando di fare il maggior numero possibile di affari per compensare la mancanza di vendite a causa del coronavirus, altri hanno confermato che attualmente sarebbe più difficile procurarsi i cani al di fuori della provincia del Guangxi, a seguito del freno al trasporto trans-provinciale di animali imposto del governo. Secondo quanto riportato, gli enormi camion, carichi di migliaia animali destinati al macello, degli anni precedenti non si vedono più. Ora arrivano piccoli camion con cani principalmente di provenienza locale.

Il vento del cambiamento sta soffiando in Cina e, sebbene non credo nessuno si aspetti che il commercio di Yulin cessi d’esistere dall’oggi al domani, ciò chi gli attivisti hanno visto, potrebbe essere sintomo del fatto che le cose stanno mutando anche lì. Mi auguro che le città di Shenzhen e Zhuhai, le prime a vietare la carne di cane, abbiano spianato la strada e che la dichiarazione del governo nazionale in merito alla considerazione dei cani come animali da compagnia, fornisca un incentivo sufficiente per far sì che altre città ne seguano l’esempio. Spero vivamente che la situazione a Yulin cambierà. Non solo per il bene degli animali, ma anche per la salute e la sicurezza dei suoi abitanti. Con la conferma di nuovi casi di COVID-19 collegati ad un mercato di Pechino, dare il via libera ad un festival molto affollato rappresenta un rischio significativo per la salute pubblica.”

Alle bancarelle del mercato di Nanchao, gli attivisti hanno riscontrato principalmente la vendita di animali già macellati, mentre poco lontano da esso, appena fuori Yulin, hanno scoperto un banchetto con una gabbia piena di cuccioli ancora vivi, pronti da macellare. Dopo aver interpellato il proprietario in merito all’origine degli animali, lo stesso ha accettato di consegnarli agli attivisti.

L’attivista Jenifer Chen ha affermato: “Non potevo credere che questi dolci ed innocenti cuccioli sarebbero stati uccisi se non fossimo stati lì per caso. Non posso proprio immaginare che ci sia qualcuno disposto a mangiare questi piccolini. Questo è stato il mio primo viaggio a Yulin e ciò che ho visto al mercato mi ha davvero scioccata. Le mie mani tremavano quando ho tirato fuori il primo cucciolo dalla gabbia. Continuava a leccarmi le mani e, a sua insaputa, avrei potuto essere una cliente interessata alla sua carne. La gente spesso crede che assistere a queste orribili scene sia normale per la maggior parte dei cinesi, invece non è così. Mi sono infuriata ma riuscire a salvare i cani da morte certa mi ha reso molto felice. Come ha dichiarato il Governo cinese, questi cuccioli sono compagni, non cibo, e città come Yulin dovrebbero mettere in pratica queste parole e porre fine a questa vergogna.”

Foto e video da Yulin, giugno 2020 (creare account per il download).

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI/Italia – mpluda@hsi.org

L'allevamento di animali da pelliccia rappresenta un potenziale rischio per la salute umana ed è ora che il mondo della moda se ne liberi

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

ROMA (4 giugno 2020)—Da domani migliaia di visoni verranno abbattuti in nove allevamenti olandesi. Così ha ordinato il Governo olandese, seguendo i consigli di un team di veterinari e virologhi secondo i quali gli allevamenti di visoni potrebbero fungere da serbatoio per il SARS-CoV-2, permettendogli di rimanere in circolazione per molto tempo.

I parlamentari olandesi sono stati informati della decisione in una lettera inviata ieri sera dal Ministro dell’Agricoltura e dal Ministro della Sanità. L’inchiesta svolta dal team di esperti è partita a seguito della dichiarazione, fatta il 25 maggio, del Ministro dell’Agricoltura Carola Schouten, secondo la quale era “estremamente probabile” che due lavoratori olandesi, impiegati nell’allevamento di animali da pelliccia, avessero contratto il COVID-19 da visoni infetti da SARS-CoV-2.

Alla luce di questi fatti, l’organizzazione animalista Humane Society International chiede la chiusura su scala globale degli allevamenti di visone a causa della loro pericolosità, legata al COVID-19 e ad altre malattie infettive di origine zoonotica. Secondo le stime si tratta di 60 milioni di visoni allevati in 24 paesi, primi tra i quali nel 2018 la Cina (20,6 milioni di visoni), la Danimarca (17,6 milioni di visoni) e la Polonia (5 milioni di visoni).

Da Amsterdam, Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International Europe, ha dichiarato: “Il confinamento degli animali da pelliccia ha sempre rappresentato un potenziale rischio per lo sviluppo e la diffusione di malattie infettive. La conferma che i visoni degli allevamenti olandesi hanno contagiato alcuni lavoratori con il COVID-19, da ulteriore prova che questo settore va fermato. In questi allevamenti vivono migliaia di visoni, in gabbie sporche e affollate e in condizioni stressanti, non molto diverse da quelle dei mercati di fauna selvatica, attualmente al centro delle preoccupazioni globali. Il fatto che oltre ad essere estremamente crudele, l’allevamento di animali da pelliccia possa fungere da incubatrice per i coronavirus, dovrebbe essere ragione sufficiente per porre fine a questa industria e reindirizzare il mondo della moda verso il “fur-free”. Per i Paesi Bassi, i tre anni che mancano al 2024, comportano dei rischi inutili. Il Governo olandese e quelli di tutti i paesi produttori di pellicce come Danimarca, Polonia, Francia, Italia, Cina, Finlandia, Spagna e Stati Uniti, devono impegnarsi per difendere gli animali da questa pratica brutale e proteggere la salute pubblica.”

Secondo la lettera dei ministri è previsto un aumento dei casi nelle prossime settimane e, mentre le trasmissioni da uomo a uomo diminuiranno, le infezioni da visone a uomo potrebbero incrementare l’incidenza di SARS-CoV-2 nell’uomo. Nei Paesi Bassi tutti gli allevamenti di animali da pelliccia sono ora sottoposti a controlli obbligatori. Le misure vigenti prevedono restrizioni sia per i visitatori sia per il trasporto dei visoni. Le zone attorno agli allevamenti infettati sono state delimitate ed ai residenti è stato consigliato di mantenere una distanza di almeno 400 metri. I test iniziali hanno confermato la presenza di particelle di virus nella polvere trovata nelle strutture, che gli impiegati potrebbero aver inalato.

Alle strutture attualmente non infettate è richiesto di continuare a seguire le misure in vigore e di consegnare settimanalmente le carcasse degli animali presumibilmente deceduti di cause naturali. I test obbligatori su tutti gli allevamenti sono in corso ed i risultati sono attesi per la prossima settimana.

Nei Paesi Bassi l’allevamento di visoni è stato vietato nel 2013 con un periodo di transizione fino al 2024. Nel 2018 sono stati 4,5 milioni i visoni allevati nel paese. Humane Society International sostiene le richieste delle organizzazioni animaliste olandesi per la chiusura immediata dei circa 128 allevamenti rimanenti, alla luce del rischio legato al COVID-19. La lettera dei ministri afferma che il Governo olandese sta valutando se e come sostenere le strutture tuttora attivi che vogliono velocizzare la chiusura delle proprie attività.

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia, ha accolto la notizia esortando l’Italia a chiudere gli allevamenti presenti sul territorio nazionale: “l’Italia deve cessare di far parte del problema. Permettendo l’allevamento di visoni, stiamo contribuendo all’immensa sofferenza di 100.000 animali ogni anno e potenzialmente offrendo l’ambiente ideale per lo sviluppo di futuri agenti patogeni virali come sta succedendo in Olanda. Non possiamo solamente puntare il dito contro i gli allevamenti di animali da pelliccia esteri; dobbiamo assumerci la nostra parte di responsabilità e smettere di essere il fanalino di coda in Europa. Già molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente. L’Italia deve intraprendere questo primo passo importante, seguito da un divieto d’importazione e vendita.”

Cronologia degli eventi:

Anche volpi e cani procione possono infettarsi con virus correlati alla SARS-CoV, fungendo potenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina.

I seguenti paesi hanno già vietato l’allevamento di animali da pelliccia: Regno Unito (2000), Austria (2004), Slovenia (2013), Macedonia (2014), Croazia (2017), Lussemburgo (2018), Repubblica Ceca (2019), Serbia (2019), Belgio (2023), Olanda (2024), Norvegia (2025), Bosnia ed Erzegovina (2028). Anche la Bulgaria, la Lituania, il Montenegro e l’Ucraina stanno attualmente valutando la possibilità di introdurre un divieto all’allevamento, un’attività che tuttavia continua in altri paesi come la Danimarca, la Finlandia e la Polonia. A livello globale, si stima che 100 milioni di animali vengono uccisi ogni anno per la loro pelliccia. In Italia sono presenti ancora oltre 10 allevamenti in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo dove vengono allevati 100.000 visoni (dati di Essere Animali).

Nel 2019, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce, a seguito delle misure adottate dalle città di Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, le Hawaii e lo Stato del Rhode Island hanno introdotto divieti alla vendita, così come le città di Minneapolis, Minnesota e Wellesley, Massachusetts.

Filmati degli allevamenti di visoni olandesi (per gentile concessione delle organizzazioni olandesi Bont voor Dieren e Animal Rights): https://vimeo.com/194246126

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice HSI/Italia, mpluda@hsi.org

Humane Society International sbigottita per l’inclusione della fauna selvatica allevata nonostante i rischi per la salute umana

Humane Society International


HSI

ROMA/WASHINGTON—A solo tre settimane dall’inizio del festival di Yulin, il noto evento cinese durante il quale migliaia di cani vengono uccisi per il consumo umano, il Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali della Cina ha reso ufficiale la sua posizione che i cani sono compagni e non “bestiame”.

L’annuncio ufficiale è arrivato oggi quando il Ministero ha pubblicato la versione finale dell’“Elenco delle Risorse Genetiche di Bestiame e Pollame”, seguito da una lunga spiegazione sul perché i cani non sono inclusi.

Il dottor Peter Li, specialista in politica cinese della Humane Society International, attivo in tutta l’Asia per porre fine ai commerci di carne di cane e gatto, ha accolto la notizia con parere favorevole, dicendo: “Ora che il Governo cinese ha riconosciuto ufficialmente i cani come compagni e non come bestiame, speriamo che la Cina adotterà misure più incisive per accelerare la fine del commercio di carne di cane e gatto per il quale milioni di animali continuano a soffrire ogni anno. L’annuncio offre alle città di tutto il paese la perfetta opportunità per agire.

Tra poche settimane, i mattatoi della città di Yulin si riempiranno di cani terrorizzati in attesa di essere uccisi brutalmente per questa triste ricorrenza. Molti di quei cani saranno stati rubati dalle proprie case e catturati dalle strade, prima di essere trasportati a Yulin. Saranno proprio i tanto amati compagni, così descritti nella dichiarazione del governo. Il festival di Yulin è una manifestazione sanguinosa che non riflette il sentire comune o le abitudini alimentari del popolo cinese ed il suo proseguimento è un insulto al parere espresso dal Ministero dell’Agricoltura. Come osservato dal Ministero, l’atteggiamento verso questi animali è cambiato ed è tempo che i macellai di Yulin posino il coltello una volta per tutte.”

La dichiarazione ufficiale del Ministero ha confermato che la maggior parte delle persone che hanno partecipato alla consultazione pubblica si sono opposte all’inclusione dei cani nell’elenco degli animali considerati da reddito. A continuazione si afferma che i cani hanno una lunga storia di addomesticamento, a fianco dell’uomo come animali da guardia, da caccia, d’assistenza o semplicemente da compagnia. È stato inoltre sottolineato come anche la lista degli animali da reddito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), i cani non siano inclusi a livello internazionale. La dichiarazione si conclude riflettendo sul fatto che i tempi stanno cambiando e con essi la consapevolezza verso gli animali, le abitudini alimentari e l’osservanza di determinati costumi e tradizioni.

L’elenco finale comprende quasi tutte le specie animali pubblicate nella prima proposta. Diverse specie di animali selvatici sono ora ufficialmente considerate “bestiame”. Si tratta di cervi, renne, alpaca, faraone, fagiani, pernici, germani reali, struzzi e specie allevate per la loro pelliccia come i cani procione, le volpi argentate ed i visoni. Per le specie acquatiche verrà stipulato un elenco a parte.

La dott.ssa Teresa Telecky, responsabile del dipartimento fauna selvatica della Humane Society International, afferma: “L’inclusione di specie selvatiche è deplorevole. L’allevamento intensivo, in cattività, di questi animali presenta gravi problemi per il benessere animale e potenziali rischi per la salute umana. La loro riclassificazione come “bestiame” non riduce la loro sofferenza ed il rischio di malattie zoonotiche. Spero vivamente che la Cina rimuova queste specie dal prossimo elenco.

Alcuni dati sul commercio di carne di cane in Cina: 

  1. Sono 30 milioni i cani che ogni anno vengono uccisi in tutta l’Asia. Si stima che in Cina ci siano oltre 91,49 milioni di cani e gatti tenuti come animali domestici. Si stima che 10 milioni di cani vengano uccisi annualmente per il commercio di carne solo in Cina.
  2. L’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte che tale commercio diffonde malattie come la rabbia e aumenta il rischio di colera.
  3. La maggior parte delle persone in Cina non mangia abitualmente i cani. Infatti, la carne di cane viene consumata solo raramente dal 20% dei cinesi. Un sondaggio del 2017 ha rivelato inoltre, che anche a Yulin, sede del noto festival della carne canina, il 72% degli abitanti non mangia regolarmente carne di cane, nonostante gli sforzi dei commercianti di carne di cane per promuoverla. A livello nazionale, un sondaggio del 2016 condotto dalla società di sondaggi cinese Horizon e commissionato dalla China Animal Welfare Association in collaborazione con Humane Society International e Avaaz, ha rivelato che la maggior parte dei cittadini cinesi (il 64%) vuole che il festival di Yulin venga fermato. Inoltre, più della metà (il 51,7%) ritiene che il commercio di carne di cane dovrebbe essere completamente vietato e la maggioranza (il 69,5%) non ha mai consumato carne di cane.

Petizione italiana, lanciata oggi da Humane Society International Italia, per fermare il commercio di carne di cane e di gatto in Asia.

Foto e video del mercato della carne di cane cinese (creare account per il download)

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI/Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

Humane Society International


ROMA/WASHINGTON (20 maggio 2020)—Wuhan, la città che ha registrato i primi contagi di COVID-19, ha appena vietato il consumo di tutta la fauna selvatica. Questa misura segue quelle già prese dalle città di Pechino, Shenzhen e Zhuhai e un divieto a livello nazionale, ancora temporaneo, al consumo di animali selvatici. A differenza dei divieti permanenti delle città menzionate, il divieto di Wuhan sarà in vigore per cinque anni.

Il Dott. Peter Li, specialista in politica cinese della Humane Society International, ha dichiarato: “Il divieto di Wuhan rappresenta un chiaro riconoscimento di quanto sia serio il rischio per la salute pubblica, collegato alla diffusione di malattie zoonotiche attraverso il commercio di specie selvatiche. Un rischio che deve essere preso sul serio se vogliamo evitare future pandemie e che non sarà certo minore tra cinque anni. La pericolosità di un divieto temporaneo è infatti ancora troppa. Wuhan diventa la quarta città della Cina continentale a prendere l’iniziativa, ma ora serve una volontà su scala globale per fermare il pericoloso traffico di fauna selvatica.”

Il divieto di Wuhan segue altre notizie positive. Ad inizio settimana, infatti, agli allevatori di animali selvatici in diverse province della Cina continentale sono stati offerti compensi in denaro per aiutarli nella transizione verso mezzi di sussistenza alternativi come la coltivazione di frutta, verdura, piante da tè o erbe per la medicina tradizionale cinese. Tali incentivi fanno parte di un pacchetto di misure messe in atto dalla Cina per fronteggiare il traffico di specie selvatiche. Le province di Hunan e Jiangxi sono tra quelle che forniscono tali compensi. La provincia di Hunan offrirà, ad esempio, una somma di ¥120 per ogni chilogrammo di cobra o serpente a sonagli; ¥75 per ogni chilogrammo di ratto dei bambù; ¥630 ad istrice; ¥600 a zibetto; ¥378 per un’oca selvatica e ¥2,457 per un cervo cinese.

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Contatto:  Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org

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