Brambilla, Humane Society International: “Una vittoria storica!”

Humane Society International


HSI

ROMA—È stato approvato oggi dalla Commissione Bilancio del Senato una versione riscritta dell’emendamento dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali che prevede la definitiva chiusura, entro sei mesi, degli allevamenti di animali da pelliccia e un divieto di queste attività nel nostro Paese. In Italia si tratta, di fatto, di dieci allevamenti di visoni ancora formalmente attivi (5 dei quali senza animali) con 14 addetti complessivi, la cui operatività era già stata sospesa fino alla fine del 2021 a causa dell’emergenza COVID. L’emendamento era stato annunciato il 16 novembre scorso dall’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente dell’Intergruppo e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente (LEIDAA), durante la presentazione, insieme a Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International (HSI), dello studio “L’allevamento di visoni in Italia: Mappatura e prospettive future”, realizzato per conto dell’organizzazione internazionale di protezione animale da Studio Come Srl. per offrire soluzioni concrete per la riconversione degli allevamenti in questione. Ora è attesa entro fine anno l’approvazione della Legge di Bilancio da parte del Parlamento per confermare l’entrata in vigore delle misure contenute nell’emendamento.

L’emendamento approvato prevede:

  • l’immediato divieto di allevare, far riprodurre in cattività, catturare e uccidere visoni, volpi, cani procione, cincillà e animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia;
  • la chiusura degli allevamenti ancora presenti entro il 30 giugno 2022. Gli allevamenti, la cui attività è sospesa fino al 31 dicembre 2021, saranno comunque soggetti al monitoraggio e alle procedure previste dal Ministero della Salute;
  • un indennizzo per le aziende che ancora detengono il codice attività relativo all’allevamento di animali da pelliccia, coperto da un fondo appositamente istituito presso il Ministero delle Politiche Agricole: 3 milioni di euro nel 2022.

L’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente (LEIDAA) ha commentato il voto: “In trent’anni di lotta animalista questa è la vittoria più bella. Finalmente un voto parlamentare sancisce lo stop a sofferenze inenarrabili inflitte agli animali in nome soltanto del lucro e della vanità. L’Italia è il ventesimo Paese europeo che introduce divieti o severe restrizioni a questa attività: meglio tardi che mai. Ora attendiamo l’approvazione definitiva della legge di bilancio, ma la volontà politica è stata chiaramente espressa. Si realizza un sogno che le associazioni di protezione animale hanno coltivato per decenni nel nostro Paese e che altrove in Europa, da ultimo in Irlanda e Francia, è già diventato realtà. Voglio ringraziare tutte le colleghe e i colleghi dell’Intergruppo, in particolare la Vicepresidente De Petris che ha fatto proprio l’emendamento e l’ha segnalato alla commissione, i parlamentari che hanno condiviso questa scelta e l’ufficio italiano di Humane Society International che ha promosso lo studio economico i cui risultati hanno costituito la “base” per formulare la proposta. È un grande traguardo, di cui finalmente gioiscono tutti coloro che amano e rispettano gli animali!”

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International afferma: “È un passo cruciale verso una vittoria storica per le associazioni animaliste in Italia, che da anni portano avanti questa battaglia di civiltà. Ci sono ragioni di ordine economico, ambientale, di salute pubblica e non da ultimo di benessere animale per vietare e chiudere gli allevamenti di animali da pelliccia. Siamo felici che il nostro Paese si sia finalmente reso conto che la persistenza di queste attività rappresenterebbe una scelta eticamente inaccettabile e rischiosa per la società che supera i limitati benefici economici che offre alla piccola minoranza coinvolta in questa pratica disumana. Siamo orgogliosi di aver contribuito al raggiungimento di questo traguardo, portando soluzioni concrete che hanno di fatto sancito la fine dell’allevamento di animali da pelliccia in Italia, offrendo allo stesso tempo proposte sostenibili di riconversione. Ringrazio l’on. Brambilla per l’instancabile impegno e tutti i membri dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali per il supporto corale.”

Foto della presentazione dell’emendamento durante la conferenza stampa alla Camera dei Deputati (creare account per il download) 

FINE

Contatti:

Operazione condotta dalle autorità con il supporto di Humane Society International e della Fondazione CAVE CANEM, nell’ambito del nuovo progetto IO NON COMBATTO

Humane Society International


Chiara Muzzini/Fondazione Cave Canem

ROMA– Sei cani, legati quasi certamente al fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani, sono stati salvati grazie a Humane Society International (HSI) e alla Fondazione CAVE CANEM. L’operazione di sequestro dei cani è stata condotta in provincia di Salerno dalla Procura della Repubblica di Lagonegro, dal Nucleo Operativo dei Carabinieri di Sala Consilina con l’ausilio dei Carabinieri Forestali di Padula, dove, nell’ambito di un intervento più ampio, è stato scoperto uno spazio allestito come palestra per l’addestramento e predisposto per la riproduzione degli animali. Un inizio in medias res per il nuovo progetto IO NON COMBATTO, nato dalla volontà di prevenire e reprimere i combattimenti clandestini tra cani, grazie alla collaborazione di partner come i Carabinieri Forestali e l’Università di Napoli Federico II.

I cani, quattro femmine e due maschi di razza pitbull, sono stati trasferiti in un rifugio di Roma a seguito della richiesta da parte della Procura di Lagonegro e della ASL di Salerno. La custodia giudiziaria è stata assegnata alla Fondazione CAVE CANEM, partner di Humane Society International (HSI) nel progetto IO NON COMBATTO, per garantire agli animali un riparo accogliente, le attenzioni e il supporto necessari a garantire il loro recupero psicofisico. I sei cani, infatti, mostrano tutti i segni dei maltrattamenti subiti: cicatrici, ferite aperte, magrezza, fobia e difficoltà a interagire o relazionarsi con i loro simili. Al rifugio, i cani sono stati immediatamente sottoposti a tutti gli accertamenti veterinari utili a ottenere un quadro completo sul loro stato di salute e coinvolti nelle valutazioni comportamentali per stabilire il miglior percorso di riabilitazione per ognuno di loro.

Il fenomeno dei combattimenti clandestini fra cani è tutt’altro che sconfitto: una pratica illegale e crudele, che prospera nel sommerso sia a livello nazionale che internazionale. I cani vengono addestrati per diventare delle vere e proprie armi e sono costretti a sfidarsi fino alla morte. Attorno a questi ring girano scommesse e grandi somme di denaro. I protagonisti dello show, però, non vincono mai, anzi: spesso vengono uccisi dopo la sconfitta o muoiono a causa delle ferite riportate. A subire immense crudeltà sono anche i cosiddetti “sparring partners”, ovvero animali come cani, gatti, cinghiali e uccelli domestici, usati per l’addestramento brutale dei combattenti.

Il progetto IO NON COMBATTO si pone l’obbiettivo di offrire strumenti concreti contro questo fenomeno, attraverso attività di ricerca e divulgazione scientifica, operazioni sul campo e sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Ma non solo: i professionisti coinvolti intervengono in situazioni concrete, per la riabilitazione comportamentale di cani traumatizzati e per la formazione di personale specializzato. Gli incontri formativi previsti per il 2022, saranno rivolti a medici veterinari, educatori cinofili, operatori di canili, magistrati e Forze dell’Ordine, in modo che possano riconoscere i segnali della presenza di combattimenti clandestini sul territorio ed agire prontamente.

Federica Faiella, Cofondatrice e Vicepresidente della Fondazione CAVE CANEM spiega: “Questa operazione è la prima di innumerevoli azioni integrate contemplate dal progetto IO NON COMBATTO e pensate per riportare l’attenzione su un fenomeno criminale di violenza inaudita quale è il combattimento tra animali: informazione, formazione, sensibilizzazione delle nuove generazioni. I sei cani tratti in salvo presentano segni di maltrattamento evidenti e disagi comportamentali di rilievo. Al loro fianco ci sarà d’ora in poi un team di medici veterinari e educatori cinofili che li accompagneranno in un percorso di recupero restituendo l’equilibrio perso e donando loro la speranza di una famiglia”.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, dichiara: “Le cicatrici sui corpi di questi cani e la tristezza nei loro occhi dimostrano che questa pratica illegale è ancora presente e sottolineano la necessità di dare vita a un progetto come IO NON COMBATTO con l’obiettivo di agire con forza per reprimerla e aiutare gli animali coinvolti. Solo con un’azione congiunta e unita e con il supporto, le competenze e la sensibilità di magistrati, Forze dell’Ordine, veterinari, educatori cinofili, volontari e cittadini possiamo fermare queste attività criminose a danno degli animali”.

Per contribuire al contrasto dei combattimenti illegali tra cani è possibile donare online al link [hsi-europe.org/bastacombattimenti]hsi-europe.org/bastacombattimenti, donando al tempo stesso un’altra chance a cani che hanno fin qui conosciuto solo il dolore e la crudeltà e a tanti altri animali nel mondo che hanno bisogno di aiuto.

Foto e video del salvataggio (per il download è necessario creare un account): https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=DogFightingItaly1221

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

Senatore Perilli e Humane Society International: “È un imperativo morale fermare le importazioni di trofei di caccia di animali uccisi per divertimento!”

Humane Society International


HSI

ROMA—Un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione di trofei di caccia per e dal territorio italiano e lo stanziamento di fondi al fine di garantire la formazione e l’addestramento delle forze di polizia. Questi i due punti principali dell’emendamento alla Legge di Bilancio 2022 presentato dall’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, a prima firma della Senatrice Loredana De Petris (LeU) e del Senatore Gianluca Perilli (M5S) anche sulla base dei contenuti del rapporto “I numeri della caccia al trofeo: Il ruolo dell’Unione europea nella caccia al trofeo a livello mondiale”, pubblicato da HSI/Europe.

Tra il 2014 e il 2018 l’UE ha importato quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale, diventando così il secondo importatore di trofei di caccia al mondo dopo gli Stati Uniti. Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato 437 trofei di caccia provenienti da specie protette a livello internazionale, tra le quali leoni, elefanti africani e rinoceronti neri in pericolo di estinzione. In particolare, l’Italia è il primo importatore UE di trofei di ippopotamo e il quarto più grande importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica. Inoltre, il nostro paese ha svolto un ruolo significativo a livello UE nel commercio di trofei di elefanti africani, essendo il quinto importatore UE di questa specie. L’importazione dei trofei di caccia è tuttora legale, nonostante un recente sondaggio, commissionato da HSI/Europe a Savanta ComrRes, dimostri che l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici e il 74% è a favore di un divieto di importazione di trofei di caccia nel nostro Paese.

A seguito della presentazione del rapporto, HSI ha lanciato in numerosi paesi europei la campagna #NotInMyWorld, tesa a ottenere un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia. In Italia, Humane Society International ha percorso le strade di Roma, portando con sé le sagome di elefanti e rinoceronti, raffigurati, da un lato, liberi nei loro habitat naturali, dall’altro come vittime della caccia al trofeo, imballati alla stregua di meri oggetti e pronti alla spedizione. L’impegno portato avanti anche sul piano istituzionale ha ottenuto il supporto degli Onorevoli Francesca Flati e Vittorio Ferraresi e del Senatore Gianluca Perilli (M5S), che hanno alacremente lavorato per portare avanti un’azione politica volta a introdurre tale divieto anche in Italia.

Nelle ultime ore, quest’impegno si è tradotto nella presentazione di un emendamento, annunciato dallo stesso Sen. Gianluca Perilli (M5S), intervenuto durante la conferenza stampa di presentazione degli emendamenti alla Legge di Bilancio 2022, convocata dall’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, alla presenza della sua presidente, l’On. Michela Vittoria Brambilla (Fi), e le Senatrici Loredana De Petris (LeU) e Gabriella Giammanco (Fi). L’emendamento prevede il divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione da e per l’Italia dei trofei di caccia di specie protette ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES). In caso di violazione del divieto, il trasgressore sarà punito con l’arresto fino a due anni e l’ammenda fino a 200.000 euro, nonché con la confisca dei trofei di caccia che, sentita la Commissione CITES, saranno distrutti o utilizzati a fini didattici. Inoltre, l’emendamento prevede lo stanziamento di 100.000 euro per la formazione delle forze di polizia, finalizzata al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di specie di fauna e flora minacciate di estinzione, protette dalla CITES.

Il Senatore Gianluca Perilli ha dichiarato: “Ritengo il tema dei trofei di caccia un tema centrale. Per questo abbiamo presentato un emendamento che propone di aumentare i fondi alle forze di polizia per il contrasto ai reati CITES e di imporre un divieto di importazione ed esportazione di trofei di caccia nel nostro paese. Siamo certi, infatti, che la caccia al trofeo rappresenti il simbolo della crudeltà inflitta dagli uomini agli altri animali. Già questo basta per chiederne l’abolizione. Inoltre, questa pratica non apporta alcun beneficio all’ambiente né alle comunità locali sui territori delle quali viene praticata. Imporne il divieto è un imperativo morale”.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, ha detto: “I cacciatori di trofei uccidono per divertimento molte migliaia di animali selvatici in tutto il mondo, comprese le specie in via di estinzione o minacciate, e l’Italia è una destinazione importante per questi trofei. Oltre alla crudeltà, mentre il mondo sta affrontando una crisi della biodiversità, è irresponsabile consentire alle élite ricche di sparare alle specie in pericolo per puro piacere. Un divieto d’importazione dei trofei in più paesi dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare l’uccisione di questi animali. Per questo stiamo lavorando affinché l’Italia introduca un divieto di importazione, esportazione e riesportazione dei trofei di caccia.”

Oltre al rischio per la conservazione delle specie, la caccia ai trofei non ha alcuna rilevanza per il sostegno alle comunità locali. I cacciatori pagano enormi somme di denaro per uccidere gli animali più rari e imponenti solamente per divertimento, esibizionismo e vanto, registrando i loro successi nei registri tenuti dalle organizzazioni di caccia ai trofei. Inoltre, studi dimostrano che solo il 3% delle entrate ricavate da questa attività viene destinato alle comunità locali. L’ecoturismo per l’osservazione della fauna selvatica genera molto più reddito e posti di lavoro per sostenere la conservazione e l’occupazione locale.

Nelle foto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia di HSI/Europe con il Senatore Gianluca Perilli e l’Onorevole Vittorio Ferraresi durante la street action a Roma, lo scorso 20 ottobre.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Annunciato in collaborazione con Humane Society of the United States, Humane Society International e Creatives for Change

Humane Society International


Kristo Muurimaa/Oikeutta Elaimille

PARIGI – La rivista ELLE è orgogliosa di annunciare che si è impegnata a porre fine alla promozione delle pellicce animali sulle sue pagine e online. L’impegno è il frutto del dialogo intercorso tra il proprietario del marchio ELLE, il Lagardère Group, Humane Society of the United States (HSUS), Humane Society International (HSI) e Creatives4Change. L’annuncio è stato fatto oggi all’evento VOICES, organizzato da Business of Fashion, a Londra.

ELLE ha creato una policy che non permette la creazione di contenuti editoriali per la promozione della pelliccia animale nelle proprie riviste, sui propri siti web e profili social. Questo significa che non verranno mostrate pellicce negli editoriali, nelle immagini per la stampa, in quelle delle sfilate e di street style. La policy, che è in linea con la definizione di pelliccia della Fur Free Alliance, non permette più la rappresentazione di pellicce animali in qualsiasi pubblicità, sia sullo stampato, sia online. Sebbene alcuni accordi non permettono a ELLE di implementare sin da ora questa policy in alcune delle regioni in cui opera, 39 edizioni di ELLE in tutto il mondo l’hanno già sottoscritta: Arabia (edizione in inglese e francese), Argentina, Australia, Belgio (edizione fiamminga e francese), Brasile, Bulgaria, Canada (edizione inglese e francese), Croazia, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Hong Kong, Ungheria, India, Indonesia, Italia, Costa d’Avorio, Giappone, Kazakistan, Messico, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Romania, Serbia, Singapore, Slovenia, Corea del Sud, Spagna, Svezia, Thailandia, Turchia, Regno Unito, USA e Vietnam. Per 13 di queste pubblicazioni la policy è già in vigore, per 20 lo sarà dal 1° gennaio 2022, e per 6 dal 1° gennaio 2023. L’azienda ha adottato misure per garantire che l’intera rete ELLE diventi fur-free il più rapidamente possibile.

La rete ELLE per la quale questo annuncio avrà un impatto, comprende:

  • 21 milioni di lettori mensili;
  • 6,6 milioni di copie vendute ogni mese;
  • un reach da 175 milioni di contatti;
  • 46 siti web in tutto il mondo, 100 milioni di visitatori unici, 400 milioni di visualizzazioni delle pagine e molteplici app per cellulari/tablet;
  • un sito web dedicato al network internazionale: www.elleinternational.com.

Constance Benqué, CEO di Lagardère News e CEO di ELLE International ha dichiarato: “L’impegno sociale è sempre stato uno dei pilastri fondamentali del marchio ELLE. Il mondo è cambiato e la fine dell’uso della pelliccia è in linea con il corso della storia. Speriamo che, con questo impegno, ELLE apra la strada ad altri media in tutto il mondo per promuovere un futuro senza pelliccia.”

Secondo Valéria Bessolo LLopiz, SVP e direttrice internazionale di ELLE: “Da molti anni ELLE è impegnata per l’ambiente, la sostenibilità e l’ecologia, con la pubblicazione regolare di articoli o edizioni speciali. La presenza di pellicce animali nelle nostre pagine e sui nostri canali digitali non è più in linea con i nostri valori, né con quelli dei nostri lettori. È ora che ELLE si schieri su questo argomento con una dichiarazione che rifletta la nostra attenzione alla protezione dell’ambiente e degli animali, rifiutando la crudeltà. È anche un’opportunità per ELLE di aumentare la consapevolezza del proprio pubblico in merito al benessere degli animali, sostenere la domanda di alternative sostenibili e innovative e promuovere un’industria della moda più compassionevole.”

Alexi Lubomirski, fotografo di moda e fondatore di Creatives for Change, dice: “Fin dalla sua nascita, la rivista ELLE è sempre stata un faro all’interno del mondo della moda, sinonimo di freschezza e svincolata dal peso della tradizione e della formalità. Per via di questa forza, si è detto che ELLE “non riflette tanto la moda quanto la detta”. È questo potere di ispirare, che permette a ELLE di fare passi importanti per plasmare i cuori e le menti dei suoi lettori, verso un futuro più evoluto e consapevole per tutti.”

PJ Smith, Director of fashion policy per HSUS e HSI, aggiunge: “Plaudiamo ELLE per aver preso posizione contro il crudele commercio di pellicce e non vediamo l’ora che altre riviste di moda seguano il loro esempio. Questo annuncio darà il via a un cambiamento positivo per tutta l’industria della moda e potrà potenzialmente risparmiare una vita di sofferenze e una morte crudele a innumerevoli animali. La leadership di ELLE guiderà anche l’innovazione per alternative più sostenibili e cruelty-free.”

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Brambilla, De Petris, Humane Society International: “Attività eticamente insostenibile!”

Humane Society International


Radius Images Design Pics/Alamy Stock photo

ROMA—Chiusura definitiva, entro sei mesi, degli allevamenti di animali da pelliccia ancora formalmente attivi in Italia (10, di visoni); indennizzi e contributi alle imprese parametrati sul numero degli animali ancora presenti, sul fatturato dell’ultimo ciclo produttivo e sulle spese sostenute per la demolizione o la riconversione degli impianti; una corsia preferenziale per l’assegnazione di parte (5 milioni di euro) dei fondi del PNRR destinati all’agrivoltaico. Questi i capisaldi dell’emendamento alla legge di bilancio presentato dall’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali – di cui è presidente la deputata Michela Vittoria Brambilla (Fi)-  a prima firma della sen. Loredana De Petris (LeU), presidente del Gruppo misto al Senato della Repubblica e vicepresidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e della sen. Gabriella Giammanco (Fi).

Proprio l’on. Brambilla, il 16 novembre scorso, aveva annunciato l’emendamento, presentando—insieme con Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane society international—l’indagine  “L’allevamento di visoni in Italia: Mappatura e prospettive future” realizzata per conto dell’organizzazione internazionale di protezione animale da Studio Come Srl.  Il rapporto contiene un approfondimento sullo stato attuale degli allevamenti di visoni in Italia, sulla loro rilevanza economica e commerciale per il nostro Paese e proposte concrete per favorire il superamento e la riconversione di questa attività, eticamente inaccettabile, incompatibile con il benessere animale, pericolosa per la salute umana, dannosa per l’ambiente e ormai di dimensione e rilevanza ridotte in Italia.

Nelle ultime ore il testo dell’emendamento è stato definito nei dettagli e depositato, a breve sarà pubblicato sulla pagina internet del Senato. Prevede l’immediato divieto di riproduzione per gli animali da pelliccia ancora presenti negli allevamenti e la chiusura degli stessi entro il 30 giugno 2022. Gli allevamenti, la cui attività è sospesa fino al 31 dicembre 2021, a causa del dilagare del virus SARS-CoV-2 tra i visoni di due di queste strutture, saranno comunque soggetti al monitoraggio e alle procedure previste dal Ministero della Salute. Alle aziende che ancora detengono il codice attività, indipendentemente dalla presenza o meno di animali, saranno riconosciuti un indennizzo per ogni animale presente alla data di entrata in vigore della legge, un contributo a fondo perduto corrispondente al 30% del fatturato registrato nell’ultimo ciclo produttivo, un contributo a fondo perduto, sino ad un massimo di 10.000 euro, per la copertura delle spese sostenute per la demolizione degli impianti o per la riconversione in attività agricola diversa. L’ammontare complessivo dei benefici e le modalità di erogazione saranno stabiliti da un decreto interministeriale: la copertura prevista è di circa un milione di euro. Alle stesse aziende sarà riconosciuta una corsia preferenziale nell’assegnazione dei fondi del PNRR per lo sviluppo agrivoltaico e la creazione di parchi agrisolari entro il limite complessivo di 5 milioni di euro e di 500.000 euro per singolo intervento.

Il decreto interministeriale regolerà anche l’eventuale cessione degli animali, con obbligo di sterilizzazione (i visoni sono specie alloctone, di origine americana) e nel rispetto delle procedure indicate dal Ministro della Salute per la prevenzione della diffusione di zoonosi, a strutture autorizzate, preferibilmente quelle gestite da associazioni di protezione animale riconosciute.

L’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente e dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, ha dichiarato: “Ovunque si parla di transizione ecologica, di svolta ambientalista, di rispetto per la natura e gli animali: concetti e principi che presto otterranno un riconoscimento formale anche nella nostra Costituzione. A maggior ragione è impensabile perpetuare la sofferenza di animali nati per correre in libertà, ma costretti ad una vita che non è vita e destinati ad una morte orribile, solo per lucro e vanità. Chiudere definitivamente gli allevamenti di visoni è etico, auspicabile per la salute umana, responsabile nei confronti dell’ambiente e sostanzialmente indifferente per la nostra economia”.

La sen. Loredana De Petris, presidente del Gruppo misto al Senato della Repubblica e vicepresidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, ha dichiarato: “Già 19 paesi europei hanno posto fine alla vergogna degli allevamenti da animali da pelliccia, da ultimo Irlanda e Francia hanno eliminato così, alla radice, il rischio che questi stabilimenti, potenziali serbatoi del virus SARS-Cov-2, rappresentano per la salute pubblica nel pieno della pandemia. Proprio perché “non è finita”, e purtroppo ce lo confermano le cronache di tutti i giorni, anche noi in Italia dobbiamo muoverci rapidamente, e senza esitazioni, nella stessa direzione dei nostri partner. Grazie al lavoro dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, il Parlamento italiano ha l’opportunità di mettersi al passo. Le forze politiche siano responsabili e facciano la scelta giusta”.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Ci troviamo davanti a un’occasione storica per relegare definitivamente al passato l’allevamento e l’uccisione di animali per produrre pellicce, colletti, pompon e altri capi o accessori frutto di crudeltà, di cui nessuno ha più bisogno e la cui domanda è in costante calo. Da anni HSI si batte, anche a livello internazionale, per la chiusura degli allevamenti di animali da pelliccia, documentando ciò che avviene al loro interno, dialogando con gli attori del settore e offrendo soluzioni concrete come quelle contenute nello studio che abbiamo pubblicato, punto di partenza per l’emendamento presentato”.

FINE

Contatti:

Gli attivisti della coalizione Dog Meat Free Indonesia, assieme a Humane Society International, applaudono le autorità che hanno dato un giro di vite ai trafficanti di migliaia di cani da carne

Humane Society International


Yoma Times Suryadi/AP Images for HSI

JAVA, IndonesiaHa avuto luogo il primo raid su larga scala della polizia indonesiana in un macello illegale di cani da carne: un uomo sospettato di essere un commerciante di carne di cane sull’isola di Java è stato arrestato e il carico del suo camion con 53 cani intercettato. La polizia di Sukoharjo si è infiltrata in un’operazione di traffico di cani a Java per arrivare al commerciante e macellaio, presumibilmente al centro di queste attività per più di 20 anni. Si sospetta che abbia coordinato le spedizioni verso il macello di centinaia di cani ogni mese, e ucciso in media 30 cani al giorno. Gli attivisti della coalizione Dog Meat Free Indonesia (DMFI), che si batte per un divieto nazionale sul commercio di carne di cane e di gatto, erano sulla scena per aiutare a salvare i cani trovati vivi. Tra di loro gli operatori di Humane Society International. L’operazione ha avuto luogo nelle prime ore del mattino del 24 novembre, quando il camion carico di 53 cani terrorizzati è arrivato al macello. Gli attivisti della DMFI hanno trovato i cani legati in sacchi di iuta, le loro bocche strette con spago, filo di ferro e fascette. La maggior parte dei cani erano emaciati e avevano meno di un anno di età, uno di loro era morto durante l’estenuante viaggio.

Lola Webber di Humane Society International, è stata una delle prime ad arrivare sulla scena. “Il mio cuore – racconta – batteva forte mentre ci avvicinavamo al camion, perché potevo sentire i lamenti dei cani e poi li ho visti tutti legati nei sacchi, i loro morbidi musi chiusi a forza. Erano traumatizzati e spaventati. Molti di loro portavano ancora il collare a testimonianza del fatto che sono stati portati via dalle loro famiglie, probabilmente rubati o presi dalla strada. Hanno sopportato il viaggio più orribile e terrificante, gettati nel retro di un camion per essere portati in questo mattatoio dove sarebbero stati colpiti alla testa prima che venisse tagliata loro la gola. Pensare alla paura che devono aver sopportato è semplicemente devastante. Siamo arrivati sul posto appena in tempo perché l’uccisione avviene di solito nelle prime ore del mattino. Siamo immensamente grati alle autorità per aver agito.  Per quelli di noi che si sono battuti a lungo per porre fine a questo commercio crudele, è stato un enorme privilegio poter salvare questi animali”.

Questo è solo il secondo grande arresto da parte della polizia in Indonesia e gli attivisti della DMFI sperano che possa segnare un punto di svolta nella campagna per un divieto sul commercio di carne di cane a livello nazionale. Nonostante l’impegno preso del governo nazionale, ad oggi solo l’azione dei governi regionali ha portato ad iniziative concrete contro questa pratica. Regioni e città come Karanganyar, Salatiga e Sukoharjo hanno approvato divieti espliciti nelle loro giurisdizioni, e DMFI spera che un altro arresto e un eventuale processo mandino un forte segnale agli altri commercianti di cani sul fatto che le loro attività sono illegali e saranno punite. Il mese scorso un commerciante di cani catturato dalla polizia del distretto di Kulon Progo è stato condannato a 10 mesi di prigione e a una multa di 10.000 dollari (150 milioni di IDR) dopo che le autorità lo hanno intercettato mentre trasportava illegalmente 78 cani per la macellazione e il consumo umano.

Tarjono Sapto Nugroho, capo dell’investigazione criminale della polizia di Sukoharjo dichiara: “Riceviamo molte denunce sulle operazioni illegali dei commercianti di carne di cane. La gente non vuole ospitare questo commercio o la macellazione nelle proprie comunità. I cani sono amici, non cibo, il commercio è già illegale ed è strettamente proibito dalla legge islamica. Il consumo di carne di cane è considerato cultura da alcuni, ma le culture si evolvono e anche noi dobbiamo farlo. Così abbiamo iniziato questa intercettazione e confisca per proteggere le nostre comunità e per sostenere gli sforzi del governo dello Javan centrale per sradicare la cultura e il commercio del consumo di carne di cane”.

La coalizione Dog Meat Free Indonesia ha condotto numerose indagini dal 2016, esponendo la brutale realtà del commercio di cani destinati al consumo umano. Ogni mese, decine di migliaia di questi cani vengono trasportati attraverso l’Indonesia, spesso attraversando i confini provinciali, mettendo a rischio le misure antirabbiche. Molti cani muoiono durante questo viaggio per colpi di calore, disidratazione o ferite inflitte durante la cattura e il trasporto.  I 53 cani salvati dal macello hanno immediatamente ricevuto attenzioni veterinarie dal team della DMFI e sono stati trasferiti in un rifugio temporaneo, dove riceveranno cure amorevoli per riportarli in salute. Le possibilità di poterli riunire con le loro famiglie sono probabilmente scarse, ma DMFI farà appelli locali. Il piano è che alcuni dei cani vengano adottati localmente tra l’appassionata comunità cinofila dell’Indonesia, altri saranno trasportati in aereo al rifugio temporaneo di Humane Society International in Canada, da dove l’organizzazione spera di trovare loro nuove famiglie adottive. Per sostenere il lavoro di HSI nei confronti di questi cani e di tutti gli animali in difficoltà è possibile donare su [hsi-europe.org/emergenzaindonesia]hsi-europe.org/emergenzaindonesia.

sondaggi mostrano costantemente che la stragrande maggioranza degli indonesiani non mangia i cani. Infatti, solo il 4,5% della popolazione lo fa e il 93% degli indonesiani a favore di un divieto a livello nazionale. Sul posto, la polizia ha confermato che il commerciante intercettato sarà perseguito per aver violato l’articolo 89 della Legge 41/2014 della Repubblica di Indonesia sulla zootecnia e la salute degli animali, che prevede pene tra i due e i cinque anni di reclusione, e/o una multa di almeno 150.000.000 Rupiah ($USD 10.500). La polizia si è anche impegnata ad ampliare le indagini su altre persone coinvolte in operazioni illegali che coinvolgono il commercio e la macellazione di cani.

Fatti relativi al commercio di carne di cane:

  • Ci sono sufficienti evidenze scientifiche che collegano in maniera diretta il commercio di carne di cane alla trasmissione della rabbia in molte parti dell’Asia dove opera il commercio di carne di cane, compresa l’Indonesia.
  • Il furto di cani per il commercio della carne è un problema serio in Indonesia. Dog Meat Free Indonesia ha intervistato molti residenti che hanno descritto le terribili esperienze vissute come furti a mano armata dei loro animali domestici durante la notte. Nonostante l’evidente violazione della legge, i furti sono raramente presi sul serio dalle forze dell’ordine, così i ladri rimangono spesso impuniti.
  • In tutta l’Asia, l’opposizione al commercio di carne di cane e di gatto sta aumentando, con un numero sempre crescente di paesi e territori (Taiwan, Hong Kong, Filippine, Thailandia e due grandi città della Cina continentale) che ne vietano il commercio e la macellazione, la vendita e il consumo. A settembre, il presidente della Corea del Sud Moon Jae-in ha suggerito che potrebbe essere il momento di considerare un divieto sulla carne di cane, e a novembre è stato annunciato che il suo gabinetto si riunirà per discuterne ulteriormente.
  • La coalizione Dog Meat Free Indonesia comprende Humane Society International, Animals Asia, FOUR PAWS, Animal Friends Jogja e Jakarta Animal Aid Network. La sue campagna ha ricevuto il sostegno di superstar globali e indonesiane, tra cui una lettera al presidente Joko Widodo nel 2018 che chiede un’azione per porre fine ai commerci di carne di cane e gatto del paese firmata da Simon Cowell, Sophia Latjuba, Yeslin Wang, Nadia Mulya, Lawrence Enzela, Cameron Diaz, Chelsea Islan, Ellen DeGeneres e Pierce Brosnan.

Foto e video (creare account per il download):

https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=IndonesiaDogMeat1121 

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

“La moda è una questione di gusto. La crudeltà no!”

Humane Society International


HSI

ROMA—“Questo Black Friday impegnati a non comprare e indossare pellicce” è lo statement che Humane Society International (HSI) invita tutti gli influencer e fashionista consapevoli a fare e postare sui propri profili social, in occasione del Black Friday, il prossimo 26 novembre. La campagna digitale, lanciata in Italia, Germania, Polonia e Romania, invita a sottoscrivere un impegno individuale che non riguarda solo gli acquisti imminenti, a prezzi scontati, di capi che possono contenere vera pelliccia, ma che è anche un appello morale ed etico a schierarsi a favore di un’Italia 100% fur-free, guardando oltre agli effimeri trend della moda.

Il Black Friday è una delle più importanti giornate dello shopping a livello mondiale, e di conseguenza anche per il Fur-Free Friday, iniziato negli anni ‘80, negli Stati Uniti, e diventato un movimento globale nel primo decennio del 21° secolo. In centinaia di località in tutto il mondo, le organizzazioni che lottano per la protezione degli animali si mobilitano, organizzando iniziative e azioni per portare l’attenzione sul tema.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International afferma: “Con questa campagna vogliamo sensibilizzare sul fatto che la crudeltà nei confronti degli animali è spesso una conseguenza diretta della domanda dei consumatori. Prestare attenzione alla provenienza di ciò che si compra, soprattutto in questo periodo di acquisti spensierati dettati da offerte speciali e sconti, è un’azione importante per eliminarla. Le vite crudeli e le morti inutili di milioni di animali senzienti sono dovute ai dettami della moda. È ora di cambiare tutto questo. Invitiamo tutti a prendere posizione e schierarsi dalla parte degli animali, lasciando la pelliccia sugli scaffali e acquistando solo capi di designer e rivenditori che hanno scelto la compassione.”

La campagna mira a sensibilizzare i consumatori e coloro che li indirizzano agli acquisti sui social, sul fatto che la sofferenza non è di tendenza. Con il calo della domanda, diminuisce anche l’offerta di un settore fortunatamente già in declino, anche in Italia dove ad oggi si contano 10 allevamenti attivi di visoni (5 dei quali con animali) contro i 125 di una trentina di anni fa. Come evidenziato dallo studio  “L’allevamento di visoni in Italia: Mappatura e prospettive future”, realizzato per HSI/Europe dalla società di consulenza e ricerca specializzata Studio COME S.r.l., nel settembre 2021, il prezzo medio delle pelli di visone scambiate all’asta di Copenaghen, la più importante del mondo, è risultato minore di €30/pelle, un terzo di quello pagato nel 2019, pari a €90/pelle.

Ancora oggi, nel mondo, circa 100 milioni di animali vengono allevati e uccisi per la loro pelliccia. Oltre il 95% delle pellicce vendute provengono da animali selvatici allevati in sistemi intensivi. Mentre altri sono catturati e cacciati in natura con trappole e metodi crudeli. Visoni, volpi, cani procione, cincillà sono le vittime silenziose di un’industria superflua che produce non solamente le tradizionali pellicce ma si insidia anche in altri capi con finiture e inserti di pelo vero: giacche con cappuccio e cappellini col pompon, guanti, scarpe e altri indumenti e accessori sono solo alcuni esempi della triste fine riservata a questi animali, per lucro e vanto.

Ad oggi, 1.572 retailer e rivenditori di moda hanno aderito al movimento, eliminando le pellicce dalle proprie collezioni e dagli scaffali, riconoscendo che la pelliccia è un prodotto superato. La moda è una questione di gusto. La crudeltà no!

Link per scaricare i visual della campagna (creare account per il download)

FINE

Contatti:

Dai 125 allevamenti del 1990 ai 10 ancora aperti nel 2021, 5 senza animali a causa del COVID-19

Humane Society International


Kristo Murrimaa/Oikeutta Elaimille

ROMA—Dalla sospensione dell’attività alla chiusura definitiva degli allevamenti di animali da pelliccia. E’ questo l’obiettivo dell’emendamento alla legge di bilancio annunciato oggi dall’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, nella sala stampa della Camera dei deputati, dove l’ex ministro e la direttrice per l’Italia di Humane Society International, Martina Pluda, hanno presentato lo studio “L’allevamento di visoni in Italia: Mappatura e prospettive future”, realizzato per HSI/Europe dalla società di consulenza e ricerca specializzata Studio COME S.r.l.. Il rapporto contiene un approfondimento sullo stato attuale degli allevamenti di visoni in Italia e proposte per favorire il superamento e la riconversione di questa attività, eticamente inaccettabile, incompatibile con il benessere animale, pericolosa per la salute umana, dannosa per l’ambiente e ormai di dimensione e rilevanza ridotte in Italia.

Lo studio, infatti, evidenzia che:

  • Nel 2021 in Italia sono ancora attivi 10 allevamenti di visoni (per un totale di meno di 30.000 visoni), di cui 5 attualmente senza animali a causa dell’emergenza COVID-19. Una trentina di anni fa, in Italia, gli allevamenti di visoni erano 125.
  • Almeno la metà degli allevamenti ancora aperti già prevede altre attività (coltivazioni di fiori, coltivazione di ortaggi, attività di ristorazione connesse alle aziende agricole, produzione di energia elettrica) e quattro prevedono un’attività principale differente da quella dell’allevamento di visoni.
  • Gli addetti ai 10 allevamenti, come si desume dalle visure camerali, sono in tutto 14.
  • Nel settembre 2021, il prezzo medio delle pelli di visone scambiate all’asta di Copenaghen, la più importante del mondo, è risultato minore di €30/pelle, un terzo di quello pagato nel 2019, pari a €90/pelle.
  • I ricavi annuali (al lordo dei costi di produzione) degli allevatori italiani di visone possono essere stimati tra 550.000 e 800.000 euro l’anno e, qualora interamente esportati, risulterebbero contribuire all’export della filiera italiana per una percentuale di circa lo 0,15%.
  • L’impatto ambientale della produzione di una pelliccia di visoni risulta circa sei volte superiore rispetto alle pellicce artificiali.

L’emendamento che l’Intergruppo per i Diritti degli animali presenterà alla legge di bilancio prevederà entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, il divieto di allevamento di animali per il solo scopo di ricavarne pellicce e immediatamente il divieto di riproduzione, con indennizzi calcolati sul numero dei capi presenti, sul fatturato e sulle spese per la demolizione/riconversione. Gli allevatori potranno anche chiedere di accedere ai fondi del PNRR per l’agrivoltaico e l’agricoltura circolare.

Martina Pluda, relatrice in sede e Direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Dall’aprile 2020 focolai di COVID-19 sono stati documentati in oltre 400 allevamenti di visoni in 12 paesi d’ Europa e del Nord America, due dei quali in Italia. L’unico provvedimento utile e necessario per tutelare gli animali e le persone è il definitivo divieto di allevamento di animali da pelliccia. Incoraggiamo l’Italia a seguire l’esempio di molti altri paesi europei e a mettere la salute pubblica prima dell’esigua rilevanza commerciale di questa industria. È ora di intraprendere un’azione coraggiosa e concreta per riconvertire gli ultimi allevamenti di visoni italiani verso attività in linea con le opportunità e gli obiettivi di transizione ecologica e sostenibilità ambientale.”

L’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, ha dichiarato: “Dal 23 novembre 2020 l’attività degli allevamenti di visoni è stata sospesa, con ordinanze del ministero della Salute, fino a tutto il 2021 per la presenza del virus SARS-Cov2 in due allevamenti. In prossimità della scadenza, riteniamo che vi siano tutte le ragioni per rendere definitiva la chiusura”.

Si tratta di una scelta etica, auspicabile per la salute umana, responsabile nei confronti dell’ambiente e sostanzialmente indifferente per la nostra economia, anzi, per la stessa filiera della pellicceria italiana. Solidi motivi per seguire senza indugio l’esempio dei Paesi europei che hanno già preso da tempo questa decisione o la stanno formalizzando: Regno Unito, Austria, Paesi Bassi, Slovenia, Polonia e da ultimo Irlanda e Francia, dove l’orientamento assunto dalla commissione bicamerale competente è per la chiusura immediata. Da tre legislature propongo di chiudere gli allevamenti di animali da pelliccia. Non sono mai stata ascoltata, le mie proposte sono rimaste in archivio (l’ultima è l’AC 99). La pandemia e l’approvazione del PNRR hanno modificato profondamente la situazione”.

A questo punto”—concludono la presidente di LEIDAA e la direttrice di HSI in Italia—“chi volesse opporsi alla chiusura dovrà spiegare all’opinione pubblica perché tenere aperti allevamenti condannabili dal punto di vista etico, pericolosi per la salute, dannosi per l’ambiente, già vietati da molti partner europei, il cui contributo all’economia nazionale è trascurabile e la cui riconversione è finanziabile con risorse mai così abbondanti”.

Per scaricare le foto della conferenza stampa (creare account per il download):
https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=RomePressConference1121

FINE

Contatti:
Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Itali: emheinen.hsi@gmail.com, 349.5878113

Martina Pluda, Direttrice per l‘Italia: mpluda@hsi.org, 371.4120885

Teschi, zampe, orecchie, artigli, ossa, pelli e corpi interi di animali imbalsamati, compresi quelli di specie minacciate e in via di estinzione—questi i risultati della brutale caccia al trofeo.

Humane Society International


The HSUS

ROMA—Una recente e scioccante indagine sotto copertura, condotta nello stato americano dell’Iowa, da Humane Society of the United States (HSUS) e Humane Society International (HSI) ha svelato un triste risvolto dell’industria della caccia al trofeo. Il video documenta un macabro evento, della durata di quattro giorni, in cui migliaia di animali imbalsamati (tra cui almeno 557 trofei di mammiferi messi in vendita dai loro uccisori o proprietari, non più interessati ad averli) sono stati venduti al miglior offerente. Uno scenario orribile di casse e scaffali pieni di trofei, alcuni ottenuti da animali appartenenti a specie a rischio e in via di estinzione come elefanti, orsi polari, giraffe e ippopotami. C’erano inoltre innumerevoli trofei di animali appartenenti alla fauna selvatica americana come orsi grizzly, orsi neri e leoni di montagna.

Tra i grotteschi oggetti c’erano decorazioni per la casa come tavoli e lampade realizzati con zampe e zoccoli di giraffa e di elefanti africani, nonché circa 50 tappeti ricavati dalle pelli di orsi neri, orsi grizzly, zebre, lupi e leoni di montagna. L’investigatore ha riportato inoltre di aver visto mucchi di denti di ippopotamo, di ossa e zampe di giraffa e una scatola polverosa etichettata “orecchie e pelle di elefante”.

Kitty Block, CEO di HSUS e di HSI afferma: “Il fatto stesso che specie di animali selvatici minacciate e in via di estinzione vengano uccise per divertimento è una realtà raccapricciante. È inconcepibile che vegano poi ridotti a macabri e ormai indesiderati souvenir che finiscono accantonati e spolverati solamente per essere venduti ad una fiera come questa.”

L’investigatore sotto copertura ha inoltre scoperto la provenienza della maggior parte dei trofei: da cacciatori intenzionati a dismettere una parte o la totalità delle proprie collezioni, o da famiglie che hanno ricevuto questi orrendi oggetti in eredità. Uno degli addetti dell’asta ci ha confidato: “Gli agenti immobiliari consigliano ai proprietari di case di buttare via quelle creature morte”, per non svalutare le case in vendita.

I trofei battuti a quest’asta includono:

  • Quattro piedi di elefante africano trasformati in tavoli con piani in pelle di elefante. Secondo l’IUCN, l’elefante della savana africana è in pericolo e l’elefante africano della foresta è in pericolo critico.
  • Due zampe di elefante cave che gli organizzatori dell’asta hanno suggerito poter essere usate come “un bel bidone della spazzatura”.
  • Un orso polare (classificato come “vulnerabile” dall’IUCN) con una foca dagli anelli sono stati venduti per $26.000, il prezzo più alto battuto durante l’asta.
  • Quattro zampe di giraffa trasformate in un set con tavolino da caffè e lampada da terra.
  • Uno scatolone di cartone etichettato “orecchie e pelle di elefante”.
  • Due teschi e tre corpi interi di giraffa (classificata come “vulnerabile” dall’IUCN), tra i quali un cucciolo pubblicizzato come “della dimensione perfetta per qualsiasi stanza della casa”, venduti per $ 6.200.
  • Ossa di giraffa proposte come “ottime per l’artigianato”.
  • Due serie di denti, un teschio e due teste imbalsamate di ippopotamo (classificato “vulnerabile” IUCN) .
  • Puledri di zebra imbalsamati, sei pelli e tappeti di zebra di cui uno di puledro e diverse teste per “esposizione da tavolo”.
  • Sei scimmie, tra cui un cercopiteco impagliato con in mano una bottiglia di birra.
  • Due babbuini neonati e un adulto.
  • 49 orsi di cui cinque cuccioli e una coppia madre-cucciolo.
  • 18 tappeti realizzati con le pelli di orsi grizzly o orsi neri.
  • Artigli d’orso promossi come “ottimi per la realizzazione di gioielli o l’artigianato”.
  • Sette linci, di cui due fatte a tappeto.
  • Quattro lupi, inclusi due fatti a tappeto.
  • Otto leoni di montagna, inclusi due fatti a tappeto.

Anche l’Europa e l’Italia fanno parte di questo macabro commercio. Secondo un nuovo rapporto di HSI/Europe, l’UE è il secondo importatore di trofei di caccia al mondo, dopo gli Stati Uniti, con quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale, importati tra il 2014 e il 2018. In particolare, l’Italia è il primo importatore UE di trofei di ippopotamo (145) e il quarto più grande importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica. Inoltre, il nostro paese ha svolto un ruolo significativo a livello UE nel commercio di trofei di elefanti africani, essendo il quinto importatore UE di questa specie.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe dichiara: “La depravazione che sta alla base della caccia ai trofei è evidente ed è ancora più triste vedere come vengono mercificati questi poveri animali morti, una volta splendide creature. La terribile verità è che anche in Italia circolano trofei di caccia di specie minacciate e in via di estinzione a causa della mancanza di un divieto di importazione, esportazione e riesportazione di questi trofei che permetterebbe al nostro Paese di dare un contributo significativo per fermare questo spargimento di sangue. Con una petizione (hsi.org/bastacacciaaltrofeo) esortiamo l’Italia ad agire a protezione di tutte le specie che vengono cacciate per divertimento e trasportate da e verso il nostro Paese per essere trasformate in macabri oggetti.”

FINE

Contatti:
Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia: emheinen.hsi@gmail.com, 349.5878113
Martina Pluda, Direttrice per l‘Italia: mpluda@hsi.org, 371.4120885

Humane Society International


Mastrodomenico Simone/Mai Tai

ROMA—Turisti e romani sono rimasti sorpresi di vedere sagome di rinoceronti ed elefanti, a grandezza quasi naturale, sfilare ieri nelle vie e piazze più note della capitale. Si è trattato di una street action di Humane Society International—Europe per sensibilizzare l’opinione pubblica e fare pressione sul Governo italiano ad agire contro la caccia al trofeo. Partendo dalla Fontana di Trevi, la sfilata ha proseguito per il centro di Roma, passando davanti al Colosseo e al Pantheon fino ad arrivare a Castel Sant’Angelo, fermandosi nei pressi delle istituzioni politiche di maggiore rilevanza per la campagna.

Dal report recentemente pubblicato da HSI/Europe è emerso che, tra il 2014 e il 2018 l’UE ha importato quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale, diventando così il secondo importatore di trofei di caccia al mondo dopo gli Stati Uniti. Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato 437 trofei di caccia provenienti da specie protette a livello internazionale. Per questo motivo, HSI/Europe ha lanciato una petizione (hsi.org/bastacacciaaltrofeo) per chiedere all’Italia di introdurre un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di tutte le specie minacciate o in pericolo di estinzione.

“Tu da che parte stai?” è lo slogan riportato sulle sagome di elefante e rinoceronte, invitando le persone a schierarsi, anche fisicamente, a lato degli animali liberi in natura e contro quelle pratiche che li vedono impallinati, imbalsamati, imballati e in consegna come trofei di caccia.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International ha dichiarato: “Con questa street action abbiamo voluto rendere visibili i maestosi e altresì minacciati animali che si celano dietro ai macabri trofei di caccia. Oltre alla crudeltà, mentre il mondo sta affrontando una crisi della biodiversità, è irresponsabile consentire alle élite ricche di sparare alle specie in pericolo di estinzione per puro piacere. La stragrande maggioranza degli italiani ha già scelto da che parte stare: quella degli animali. È ora che anche i governi, non solo dell’Italia ma di tutti i paesi dell’UE, si schierino dalla parte giusta. Un divieto d’importazione dei trofei in più paesi dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare questa insensata uccisione. Pertanto, chiediamo all’Italia di introdurre un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di tutte le specie che vengono cacciate per divertimento.”

Poter importare in Italia e portarsi a casa i trofei è ciò che motiva questi cacciatori. A livello UE, il nostro paese è il primo importatore di trofei di ippopotami e il quarto importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica. Inoltre, l’Italia ha svolto un ruolo significativo nel commercio di trofei di elefanti africani, essendo il quinto importatore UE di questa specie. L’importazione dei trofei di caccia è tuttora legale, nonostante un recente sondaggio ha mostrato che l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici e il 74% è a favore di un divieto di importazione di trofei di caccia nel nostro Paese.

Questa street action a Roma è la più recente attività della campagna internazionale Impallinati. Imbalsamati. Imballati. In consegna? #NotInMyWorld, lanciata a settembre da Humane Society International – Europe. Con una presenza in diversi luoghi strategici, come su 7 maxischermi alle stazioni di Roma Termini, Roma Tiburtina e Milano Centrale e alcune delle principali testate digitali e piattaforme social, l’organizzazione per la protezione degli animali, vuole avvicinare cittadini e decisori politici ad una problematica spesso considerata priva di collegamenti con l’Italia.

Video e foto della street action sono disponibili al seguente link (creare account per il download)

FINE

Contatti:

Learn More Button Inserter