Nel Programma di lavoro presentato ieri la Commissione ha anticipato la revisione delle norme sul benessere animale al terzo trimestre del 2023, citando la campagna End The Cage Age
Humane Society International / Europa
BRUXELLES—La Coalizione italiana End the Cage Age accoglie con favore la decisione della Commissione Europea di anticipare la revisione delle norme europee per il benessere animale dal quarto al terzo trimestre del 2023, così come emerge dal programma di lavoro adottato il 18 ottobre. Un’anticipazione non irrilevante considerando che nel 2024 si terranno le prossime elezioni europee e i tempi sono quindi serrati.
“È un’ottima notizia: nonostante le pressioni delle lobby, la Commissione Europea sta dando seguito, anche in tempi più rapidi del previsto, alla propria promessa di proporre una legge contro l’uso delle gabbie negli allevamenti europei entro il 2023. L’iter legislativo europeo può richiedere diversi anni. Con le elezioni del Parlamento Europeo e le nomine dei nuovi Commissari dietro l’angolo, nel 2024, il tempo per mantenere la promessa e mettere fine all’era delle gabbie non è molto. Il fatto che la Commissione europea stia dando priorità a questo dossier prima del previsto è di ottimo auspicio” – commenta la Coalizione italiana End the Cage Age, composta da 22 organizzazioni tra cui Humane Society International/Europe.
Nel suo programma di lavoro, inoltre, la Commissione cita esplicitamente la campagna End the Cage Age, sostenuta da 1,4 milioni di cittadini europei, iniziata da Compassion in World Farming e sostenuta da oltre 170 associazioni europee di cui 22 italiane.
Oltre a porre fine all’uso delle gabbie negli allevamenti, si prevede che – tra i vari punti – la Commissione riveda le norme esistenti per proteggere pesci e pulcini maschi da metodi di macellazione crudeli e che rafforzi le norme di protezione di tutte le specie allevate e per il trasporto di animali vivi.
Una volta presentata, la proposta legislativa della Commissione dovrà essere approvata dal Consiglio dell’Unione Europea, formato dagli Stati Membri, e dal Parlamento Europeo. L’attenzione della Coalizione ora è quindi rivolta all’Italia, che con il prossimo Governo ha un’occasione unica per fare la propria parte per milioni di animali ancora confinati in gabbia nel nostro Paese.
“È fondamentale che l’Italia sia fra i Paesi in seno al Consiglio della UE che sosterranno senza indugio gli sforzi della Commissione. Ci aspettiamo che il nuovo Governo dia pieno appoggio a questa iniziativa di civiltà, chiesta a gran voce da decine di migliaia di italiani per mettere fine una volta per tutte alle sofferenze di oltre 300 milioni di animali in Europa, di cui più di 40 milioni solo in Italia, ogni anno” – conclude la Coalizione.
FINE
Nota alla stampa:
L’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age” è stata lanciata nel 2018 per chiedere la fine dell’uso di ogni tipo di gabbia per allevare animali a scopo alimentare, sostenuta da oltre 170 associazioni in 28 paesi: la più grande coalizione europea di ONG mai riunitasi. L’Iniziativa si è conclusa come da normativa europea un anno dopo, con il risultato eccezionale di 1.4 milioni di firme certificate.
La coalizione italiana End The Cage Age è costituita da 22 organizzazioni: Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI-Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Humane Society International/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus.
Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885
La Conferenza Stato-Regioni si è espressa sullo schema di Decreto interministeriale su indennizzi e cessione degli animali, le organizzazioni animaliste non sono d’accordo
Humane Society International
ROMA—Mercoledì 12 ottobre, la Conferenza Stato-Regioni è stata convocata per esprimere il proprio Parere allo schema di Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, di concerto con i Ministri della Salute e della Transizione Ecologica recante “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo a favore dei titolari degli allevamenti di visoni, volpi, cani procione, cincillà e di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia, nonché la disciplina delle cessioni e della detenzione dei suddetti animali”, e che il Ministro Stefano Patuanelli ha emanato con oltre sei mesi di ritardo. Le organizzazioni per la protezione degli animali Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAV e LEIDAA chiedono ai Ministri competenti di non prenderla in considerazione, convinte che le proposte ivi contenute siano dannose per gli animali ancora detenuti negli allevamenti chiusi.
Nel Parere rilasciato, le Regioni di fatto ritardano la possibilità di accasamento dei visoni proponendo di rimandare ad ulteriore Decreto interministeriale la regolamentazione della sterilizzazione obbligatoria dei visoni rimasti negli allevamenti e dei requisiti strutturali e gestionali che le strutture dovranno garantire per essere ritenute idonee all’accoglimento degli animali.
“Ci appelliamo ai Ministri uscenti ma ancora direttamente competenti sino a formazione del nuovo Governo, Stefano Patuanelli, Roberto Speranza e Roberto Cingolani, affinché non diano seguito al Parere emesso dalla Conferenza Stato-Regioni ma prendano i giusti provvedimenti per dare seguito a quanto stabilito dalla Legge di Bilancio che ha vietato l’allevamento di animali per la produzione di pellicce e ha previsto l’eventuale cessione degli oltre 5.000 visoni, attualmente intrappolati in una sorta di limbo senza fine” – affermano Essere Animali, HSI/Europe, LAV e LEIDAA.
Come osservano in una nota le associazioni, la proposta di modifica allo schema di Decreto incrementa anche del 30% le varie voci di indennizzo previste per gli allevatori e sostituisce i “verbali ispettivi dell’Autorità veterinaria” finalizzati a documentare l’effettiva numerosità di visoni presenti nei singoli allevamenti, con una non ben identificata “altra documentazione ufficiale”.
Risulta inoltre problematica la previsione che “qualora si ravvisasse da parte dell’autorità competente un rischio di compromissione delle condizioni di benessere” nel periodo che intercorre tra la data di vigenza del Decreto che stanzia gli indennizzi e l’effettivo trasferimento dei visoni, “potrà essere consentita la soppressione degli animali”. Tale previsione è innanzitutto palesemente insensata poiché le gabbie degli allevatori, in cui attualmente si trovano i visoni, sono le stesse che sino allo scorso anno erano considerate idonee per stabulare gli animali per la produzione di pellicce. Inoltre, le associazioni ritengono che la previsione di abbattimento sia in violazione del Codice penale, art.544-bis, per cui “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”.
FINE
Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
HSI esorta le Parti ad aumentare la protezione per ippopotami, rane di vetro, squali, leopardi, elefanti africani e rinoceronti bianchi
Humane Society International
WASHINGTON—La XIX riunione della Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), si riunirà dal 14 al 25 novembre a Panama, dove i delegati dei 184 Paesi membri esamineranno 52 proposte per aumentare o diminuire le misure di protezione di 600 specie di animali e piante selvatiche. Tra le questioni principali sul tavolo, vi sono proposte di maggiore tutela per ippopotami, elefanti, rane di vetro e squali e la modifica delle quote annuali di esportazione dei trofei di caccia di leopardo.
Esperti di Humane Society International (HSI) parteciperanno all’incontro per fare pressione sui Paesi membri, affinché sostengano le proposte che potrebbero contribuire a garantire che le specie non siano ulteriormente spinte verso l’estinzione dallo sfruttamento e dal commercio internazionale di loro parti del corpo e prodotti da esse derivanti. La delegazione HSI sarà disponibile per commenti durante i lavori.
Di seguito un elenco delle specie sulle quali vi sarà un maggiore focus durante la riunione, così come altre proposte che verranno discusse:
Ippopotami: Dieci nazioni africane propongono di includere l’ippopotamo nell’Appendice I della CITES, vietando di fatto il commercio internazionale di parti e prodotti derivanti da questa specie. Gli ippopotami sono minacciati dalla perdita e dalla frammentazione del loro habitat, dai bracconieri interessati alla loro carne, pelle e all’avorio e dai cacciatori di trofei. Si prevede che gli attuali livelli di sfruttamento legale e illegale porteranno a un declino della popolazione selvatica, indicando la necessità di adottare un livello di protezione più elevato per questa specie. All’inizio di quest’anno, HSI ha pubblicato un’indagine sotto copertura sulla vendita di parti di ippopotamo negli Stati Uniti.
Adam Peyman, Director of wildlife programs di HSI, ha dichiarato: “Gli ippopotami sono considerati una specie iconica dell’Africa, eppure l’entità del commercio internazionale delle loro parti del corpo e dei prodotti che ne derivano, come zanne, denti, pelli, teschi e trofei, è sconvolgente. Esortiamo le Parti della CITES ad adottare questa proposta per garantire la fine di questo commercio. La vendita di parti di animali, insieme ad altre minacce che gravano sugli ippopotami, li sta spingendo sull’orlo dell’estinzione”.
Rane di vetro: Quattordici nazioni dell’America centrale e meridionale propongono di includere la famiglia delle rane di vetro nell’Appendice II della CITES. Dodici membri di questa famiglia sono altamente minacciati, ma è quasi impossibile distinguerli da altre specie che risultano meno minacciate, sottolineando la necessità di adottare maggiore protezione per tutte le specie di rane di vetro. L’inserimento nell’Appendice II della Convenzione fornirebbe un monitoraggio cruciale e metterebbe in atto misure per garantire che il commercio sia legale.
Grettel Delgadillo, Vicedirettrice di HSI America Latina, ha dichiarato: “Le rane di vetro, con la loro pelle traslucida, sono una famiglia di specie sorprendente. Purtroppo, è proprio questa che interessa i commercianti senza scrupoli che contrabbandano rane vive dall’America centrale e meridionale per venderle come animali domestici. È fondamentale che le Parti della CITES adottino questa proposta per arginare il commercio illegale di questi animali rari e mettere in atto un monitoraggio seriod el commercio legale, per prevenire il traffico di animali esotici, venduti come domestici”
Squali: Ci sono tre proposte per inserire nell’Appendice II diverse famiglie di squali e specie simili. Le proposte riguardano l’inserimento nell’Appendice II di squali appartenenti alla famiglia dei Carcarinidi, squali martello e pesci chitarra (imparentati con gli squali). Tutte queste specie hanno un basso tasso riproduttivo e diverse specie di ciascuno di questi gruppi sono altamente minacciate. Le pinne sono i principali prodotti che vengono commerciati a seguito della pesca di tali specie. Poiché le pinne di queste specie sono praticamente indistinguibili da quelle di altre, è necessario che tutte vengano inserite nell’Appendice II, in modo che il loro commercio a livello internazionale possa essere monitorato e legale.
Rebecca Regnery, Senior director of wildlife di HSI, ha dichiarato: “Le popolazioni di diverse specie di squali e pesci chitarra hanno registrato un declino del 70-90%. È inconcepibile che il commercio di pinne di queste specie minacciate non venga monitorato per garantirne la legalità, soprattutto perché ogni anno vengono uccisi circa 100 milioni di squali per le loro pinne. Esortiamo le Parti della CITES ad adottare le proposte di inserire gli squali appartenenti alla famiglia dei Carcarinidi, i pesci martello e i pesci chitarra nell’Appendice II prima che sia troppo tardi”.
Quote di trofei di caccia di leopardo: Sebbene il leopardo sia minacciato di estinzione e la caccia al trofeo sia una delle principali minacce alla sua sopravvivenza, le Parti della CITES hanno stabilito quote di esportazione per 12 paesi, che consentono l’esportazione annuale di un massimo di 2.648 trofei o pelli di leopardo. Queste quote controverse non sono basate su dati scientifici. Due paesi, il Kenya e il Malawi, chiedono l’eliminazione delle loro quote, mentre l’Etiopia chiede che la sua quota annuale venga ridotta da 500 a 20 leopardi. Tuttavia, questo lascia nel mirino i leopardi dei restanti nove paesi, tra cui Tanzania e Zimbabwe che hanno una quota oltraggiosa di 500 leopardi per nazione.
Proposte per i rinoceronti bianchi meridionali e gli elefanti africani: HSI esorta i Paesi membri a opporsi a una pericolosa proposta che ridurrebbe la protezione CITES per i rinoceronti bianchi meridionali in Namibia, gravemente minacciati dai bracconieri interessati al loro corno. Se adottata, la proposta allenterebbe il controllo sul commercio internazionale dei trofei di caccia di questa specie. Inoltre, HSI sostiene una proposta per aumentare la protezione CITES degli elefanti africani in Botswana, Namibia, Zimbabwe e Sudafrica, che aumenterebbe la regolamentazione del commercio internazionale di trofei di caccia. Visti i gravi e permanenti impatti della caccia al trofeo sulla sopravvivenza delle specie, è imperativo che i Paesi membri limitino il commercio mondiale dei trofei di caccia delle specie elencate nella Convenzione.
Sarah Veatch, Director of wildlife policy di HSI, ha dichiarato: “La CITES è il meccanismo di controllo internazionale per il commercio tra i Paesi membri, dei trofei di caccia di leopardi, elefanti, rinoceronti, leoni e moltissimi altri animali. Trattandosi di trofei “ambiti”, è indispensabile che i membri adottino un approccio precauzionale. Le quote basate su dati obsoleti, inaffidabili o su metodi imprecisi sono inaccettabili e devono essere invalidate. Le Parti della CITES hanno l’opportunità di dare a queste specie le protezioni e la supervisione necessarie per evitarne lo sfruttamento; le invitiamo ad agire prima di raggiungere un punto di non ritorno”.
I membri della delegazione di Humane Society International alla CITES sono:
Jeff Flocken, Presidente HSI
Rebecca Regnery, HSI senior director wildlife, Stati Uniti.
Madison Miketa, HSI wildlife scientist, Stati Uniti.
Sarah Veatch, HSI director, wildlife policy, Stati Uniti.
Sophie Nazeri, HSI wildlife program coordinator Stati Uniti.
Grettel Delgadillo, Vicedirettrice HSI/America Latina, Costa Rica
Lawrence Chlebek, biologo marino, HSI Australia
Mai Nguyen, wildlife program manager, HSI in Vietnam
Humane Society International esorta la Commissione Europea a sostenere le proposte per la tutela delle specie in vista della COP19 della CITES
Humane Society International
STRASBURGO—Oggi il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione importante, nella quale sono formulate domande specifiche riguardanti gli obiettivi dell’Unione Europea, in vista della prossima Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES).
Mentre il Parlamento rilascia, dunque, dichiarazioni chiare sulla necessità di affrontare la problematica legata al traffico di animali selvatici e di colmare le lacune giuridiche presenti nella legislazione europea in materia, e sulla volontà di porre fine alle importazioni di trofei di caccia di specie elencate nella CITES, Humane Society International/Europe teme che la Commissione Europea e gli Stati Membri non daranno ascolto alle richieste del Parlamento.
A novembre, i rappresentanti dei Paesi firmatari della CITES si riuniranno a Panama per la XIX conferenza delle parti, ovvero la COP19. In questa occasione decideranno il livello di protezione internazionale di una serie di specie minacciate e in pericolo di estinzione, tra le quali ippopotami, elefanti africani, rane di vetro e squali appartenente alla famiglia dei Carcarinidi. In particolare modo, Humane Society International/Europe è profondamente preoccupata per la raccomandazione della Commissione Europea di non sostenere la proposta di 10 Stati africani di trasferire l’ippopotamo nell’Appendice I della CITES, una modifica che proibirebbe tutto il commercio internazionale di parti e prodotti di ippopotamo, costituendo un’ancora di salvezza per questa specie in pericolo. Inoltre, la Commissione ha raccomandato all’UE di astenersi dalla proposta di 14 altri Paesi di inserire le rane di vetro nell’Appendice II, che garantirebbe una protezione fondamentale oltre al monitoraggio del commercio di questi anfibi in pericolo.
Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International/Europe, afferma: “Accogliamo con favore la decisione degli eurodeputati di adottare una risoluzione così forte prima della riunione della CITES COP19, riconoscendo la persistente minaccia posta alla fauna selvatica dal commercio internazionale. L’UE è molto influente nel processo decisionale della CITES, e spesso si trova nella posizione di poter portare avanti o bloccare decisioni. Diversi Stati hanno avanzato proposte per chiedere una maggior protezione di specie endemiche, la cui sopravvivenza è minacciata dall’eccessivo sfruttamento a fini commerciali. Il mancato sostengo potrebbe spingere l’ippopotamo, la rana di vetro e ad altre specie ulteriormente verso l’estinzione. È inconcepibile che l’UE non sostenga tali proposte, visti gli impegni presi nella sua stessa Strategia per la biodiversità, sbandierata a gran voce, di fare tutto il possibile per arrestare il declino della biodiversità.”
La risoluzione del Parlamento Europeo sottolinea il forte sostegno a diverse proposte e afferma l’importanza di rafforzare ulteriormente il ruolo dell’UE nella lotta globale contro il traffico di animali selvatici. Gli eurodeputati fanno eco all’appello di Humane Society International affinché la Commissione intervenga per colmare le lacune delle attuali normative europee sul commercio di animali selvatici, presentando una proposta legislativa che criminalizzi l’importazione, l’esportazione, la vendita, l’ottenimento o l’acquisizione di specie selvatiche prelevate, possedute, trasportate o vendute in violazione della legge del Paese di origine.
HSI accoglie con favore anche la richiesta del Parlamento Europeo di intraprendere un’azione urgente per proibire l’importazione di trofei di caccia di specie protette dalla CITES. L’UE è il secondo importatore mondiale di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti. La legislazione dell’UE continua a consentire ai cacciatori di importare legalmente trofei di specie minacciate, molte delle quali sono protette a livello internazionale dalla CITES, la normativa sul commercio della fauna selvatica e la direttiva Habitat dell’UE.
Liam Slattery, responsabile europeo per la campagna di HSI/Europe sulla caccia al trofeo, ha dichiarato: “La richiesta del Parlamento Europeo di un’azione urgente per limitare l’importazione di trofei di caccia di specie elencate dalla CITES è sostenuta dalla maggioranza dell’opinione pubblica in tutti gli Stati Membri. I Paesi Bassi e la Francia hanno già messo al bando alcune tipologie di trofei; il Parlamento federale belga ha approvato all’unanimità una risoluzione che esorta il governo a sospendere l’autorizzazione all’importazione dei trofei di caccia; il Ministero dell’Ambiente tedesco ha espresso l’intenzione di limitarne l’importazione; altri Stati Membri stanno attivamente valutando proposte per limitare o vietare l’importazione di trofei. Ora la Commissione deve assumere la guida su questo tema, in linea con tali misure e con la strategia dell’UE per la biodiversità.”
Informazioni aggiuntive:
HSI esorta l’UE a sostenere la proposta di inserire l’ippopotamo nell’Appendice I. Le popolazioni di ippopotami selvatici sono in declino o il loro attuale stato di conservazione è sconosciuto nel 65% dei Paesi del loro habitat. L’avorio di ippopotamo è molto richiesto e quasi 80.000 prodotti derivanti dall’ippopotamo, per la maggior parte di origine selvatica, sono stati importati nell’ultimo decennio per il quale sono disponibili dati. Il bracconaggio e il traffico sono la minaccia primaria per gli ippopotami e il commercio illegale è spesso intrecciato con quello legale. Inoltre, si prevede che gli attuali livelli di prelievo, sia legale che illegale, provocheranno un futuro declino delle popolazioni di ippopotami selvatici. Questo evidenzia la necessità di ridurre il commercio internazionale di questa specie per motivi di conservazione e per il rischio di promuovere l’uccisione e il commercio illegale. L’UE contribuisce allo sfruttamento degli ippopotami: quasi 800 trofei di ippopotamo sono stati importati dagli Stati membri dell’UE tra il 2014 e il 2018.
HSI esorta l’UE a sostenere la proposta di inserire le rane di vetro nell’Appendice II. Metà delle specie di questa famiglia sono minacciate di estinzione, rendendo necessaria l’inclusione dell’intera famiglia nell’Appendice II. Poiché i maschi di molte di queste specie di rane difendono attivamente le uova, la rimozione dei maschi comporta la depredazione di intere covate, causando alti tassi di mortalità. Inoltre, le rane di vetro sono diventate sempre più popolari come animali domestici e gran parte del commercio avviene illegalmente. L’inserimento nell’Appendice II comporterebbe un necessario monitoraggio del commercio internazionale e contribuirebbe ad arginarne quello illegale.
HSI esorta l’UE a sostenere tutte le proposte per includere o aumentare la protezione delle specie di rettili e anfibi. Si tratta di 21 proposte che riguardano 239 specie, tra cui 53 specie di tartarughe. Tutte queste specie vulnerabili si trovano a fronteggiare minacce, compreso l’eccessivo commercio a livello internazionale. È allarmante che la Commissione Europea non raccomandi il sostegno alle proposte degli Stati interessati dal problema che chiedono l’assistenza dei Paesi importatori, compresi quelli dell’UE, per controllare il commercio e garantire che le popolazioni selvatiche non vengano decimate.
Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
Il bilancio dell’iniziativa delle tredici associazioni per le elezioni
Humane Society International
Roma—I punti programmatici delle tredici organizzazioni promotrici del manifesto Anche gli Animali Votano, sottoscritti interamente da cinque forze politiche e ripresi in parte e per singoli obiettivi dagli altri partiti, saranno portati nel Parlamento, che si insedierà il prossimo 13 ottobre, da un gruppo di nove deputati e senatori che lo hanno sottoscritto personalmente (Bellucci – FdI, Bonelli – Verdi, Brambilla – Fi, Evi – Verdi, La Carra – PD, Rando – PD, Zan – PD, Zanella – Verdi, Zaratti – Verdi), al quale si aggiungeranno almeno altri otto parlamentari sensibili ai temi animalisti (Biancofiore – Noi Moderati, Costa – M5S, Dalla Chiesa – Fi, Di Lauro – M5S, Frassinetti – FdI, Maiorino – M5S, Rizzetto – FdI, Unterberger – Svp).
A loro vanno i complimenti e le speranze di Animal Equality Italia, Animalisti Italiani, Animal Law Italia, CiWF Italia, ENPA, Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAC, LAV, LEIDAA, LNDC Animal Protection, OIPA e Save the Dogs and Other Animals, con l’auspicio che si creino su ogni tema ampie maggioranze trasversali, come quelle che si registrano nel Paese fra i cittadini sulla tutela degli animali, a partire dai temi che hanno visto in campagna elettorale la convergenza degli impegni programmatici della maggior parte dei partiti: l’inasprimento e la maggiore efficacia delle sanzioni contro il maltrattamento e l’abbandono degli animali, la prevenzione del randagismo e il sostegno alle adozioni responsabili di cani e gatti, la riduzione dell’IVA su cibo e prestazioni veterinarie oggi soggetti a tassazione come beni di lusso, l’istituzione di un Garante nazionale dei diritti degli animali, la realizzazione di campagne di formazione e informazione sul rispetto degli animali e l’educazione ambientale. Le organizzazioni chiedono quindi che questi temi si concretizzino in nuove ed efficaci Leggi.
Sono invece fortemente preoccupate per gli animali selvatici, “stretti” nel programma di Governo del centrodestra fra “la necessità della salvaguardia della biodiversità anche attraverso l’istituzione di riserve naturali” e la promessa di “interventi di contrasto alla proliferazione della fauna” – tanto più perché in contrasto con il nuovo articolo 9 della Costituzione che ha inserito tra i principi fondamentali della Repubblica la tutela della biodiversità, dell’ambiente e degli animali – nonché per l’impegno di questi partiti a incentivare i sistemi intensivi d’allevamento degli animali.
Già nelle prossime settimane e mesi i nuovi Governo e Parlamento dovranno affrontare delle scadenze molto importanti in merito alla tutela degli animali e la salute pubblica, sulle quali le associazioni richiamano l’attenzione della politica. Dalla scadenza per l’emanazione del Decreto Legislativo attuativo del Ministero della Cultura per il superamento dell’uso degli animali in circhi e spettacoli viaggianti ai Decreti ministeriali attuativi sulla Legge per la tutela degli animali esotici, dal divieto di triturazione dei pulcini maschi negli allevamenti avicoli al sostegno in sede europea alla prossima proposta della Commissione di Bruxelles per l’eliminazione progressiva delle gabbie negli allevamenti zootecnici così come la sorte dei quasi 6.000 visoni riproduttori chiusi negli aboliti allevamenti per pellicce.
Le organizzazioni firmatarie dell’appello #AncheGliAnimaliVotano monitoreranno l’attività politica per rappresentare richieste legislative alle Istituzioni, verificare il rispetto degli impegni presi, contrastare eventuali minacce alla fauna selvatica e al benessere degli animali e continueranno con sempre più forza nelle attività che coinvolgono tutta la cittadinanza, per gli animali.
FINE
Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; +39 3714120885
Gli attivisti chiedono alla Romania di diventare il ventesimo Paese europeo a vietare questo business crudele
Humane Society International
BUCAREST, Romania—Dopo la diffusione di un’indagine sotto copertura di Humane Society International/Europe, che ha portato alla luce gravi problemi di benessere animale, la Romania potrebbe diventare il ventesimo Paese europeo a vietare l’allevamento di animali da pelliccia. Questa è la richiesta di HSI/Europe che ha consegnato un dossier con le evidenze emerse dall’indagine al Primo Ministro rumeno Nicolae Ciucă, con la richiesta formale al Governo di introdurre un divieto nazionale di allevamento di animali da pelliccia. Inoltre, in seguito ad un confronto con HSI/Europe, i deputati del Partito Nazionale Liberale hanno presentato in Parlamento una proposta di legge per vietare l’allevamento di visoni e cincillà.
Nella prima inchiesta mai realizzata sugli allevamenti di cincillà in Romania, le riprese effettuate da HSI/Europe rivelano che gli animali vivono confinati in piccole gabbie metalliche, ammucchiate una sull’altra in locali senza finestre, in condizioni di sporcizia, con cumuli di escrementi sul pavimento. I filmati mostrano cuccioli di cincillà che a fatica camminano sul filo metallico delle gabbie e scivolano attraverso le maglie, e cincillà adulti che masticano freneticamente le sbarre.
Nonostante siano animali sociali, i cincillà sono tenuti singolarmente (tranne per la gestazione) e hanno a disposizione solo una frazione dello spazio che occuperebbero in natura, potendo saltare fino a un metro di altezza e a due metri di lunghezza. All’investigatore di HSI/Europe è stato raccontato che le femmine sono sottoposte a cicli di gravidanza continui, che possono ricominciare anche solamente poche ore dopo il parto. Gli allevatori adoperano un sistema di accoppiamento poligamo del tutto innaturale e molto stressante, che consente allo stesso animale maschio di riprodursi con un massimo di dieci femmine, alle quali vengono applicati collari per evitare che scappino durante l’accoppiamento. In diversi filmati si vedono inoltre, cincillà tenuti a testa in giù per la coda, una pratica contraria ai pareri veterinari e legata al rischio di rottura della stessa.
L’indagine viene rilasciata in un momento in cui, in tutta Europa, migliaia di cittadini UE richiedono, mediante l’Iniziativa dei cittadini europei Fur Free Europe, un divieto di allevamento di animali da pelliccia e di commercializzazione dei prodotti di pellicceria in tutta l’UE. L’iniziativa deve contare con un milione di firme convalidate per ottenere una risposta formale dalla Commissione Europea.
Andreea Roseti, Direttrice per la Romania di HSI/Europe, ha dichiarato: “Questa indagine fornisce prove scioccanti delle privazioni che questi animali subiscono per l’industria della pelliccia. Una simile crudeltà getta vergogna sulla Romania e speriamo che la nostra indagine segni l’inizio della fine di questa industria. Sono certa che la maggior parte dei cittadini rumeni sarà inorridita nell’apprendere che, dietro porte chiuse, migliaia di teneri cincillà stanno soffrendo in silenzio per superflui e frivoli capi d’abbigliamento. L’allevamento di animali da pelliccia non ha futuro in una società moderna e compassionevole. Ecco perché 19 Paesi in Europa hanno vietato completamente questa pratica. Chiediamo al Primo Ministro rumeno Ciucă di imporre rapidamente un divieto totale di allevamento di animali da pelliccia di qualunque specie, per porre fine a questa atroce sofferenza. I migliori stilisti e produttori di tutto il mondo stanno eliminando le pellicce dalle loro collezioni e speriamo che l’industria della pellicceria venga presto relegata ai libri di storia. Questa è l’occasione per la Romania di essere dalla parte giusta della storia.”
In Romania, a differenza dell’allevamento di visoni, in cui gli animali sono alloggiati in file di gabbie in zone rurali, l’allevamento di cincillà avviene tipicamente in locali o addirittura seminterrati di edifici in aree anche residenziali. Le condizioni di privazione riscontrate da HSI/Europe non soddisfano le cinque libertà fondamentali del benessere animale e i requisiti della Direttiva 98/58/CE. L’indagine solleva anche interrogativi sui metodi utilizzati per uccidere gli animali. Alcuni allevatori hanno dichiarato all’investigatore di HSI di praticare su di loro la rottura del collo, una pratica che non rientra tra i metodi di uccisione autorizzati per i cincillà (Regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio). Un altro allevatore ha mostrato all’investigatore la sua camera a gas fatta in casa con una pentola a pressione, mentre un altro ha rivelato carcasse di cincillà conservate in un congelatore.
Il Professor Alastair MacMillan, consulente veterinario che ha visualizzato i filmati, ha dichiarato: “Gli allevamenti intensivi in cui questi cincillà sono costretti a vivere, ammassati uno sull’altro, non soddisfano quasi nessuna delle misure fondate sul principio riconosciuto internazionalmente delle Cinque Libertà del Benessere Animale. I cincillà sono animali naturalmente molto socievoli ma in questi allevamenti sono tenuti in gabbie individuali. Hanno un forte desiderio di correre, saltare, scavare, cercare cibo e fare i bagni di sabbia. Nelle loro minuscole gabbie, prive di arricchimento, non possono esprimere questi comportamenti naturali in misura significativa, provocando loro frustrazione e disagio psicologico. Dover poggiare su reti metalliche causa dolore e lesioni alle loro delicate zampe e rappresenta chiaramente una sfida fisica per i piccoli. La dislocazione cervicale, cioè la rottura del collo dell’animale, è un metodo assolutamente inadatto per uccidere i cincillà. Se questo metodo è quello di routine, come ammettono alcuni allevatori, rappresenta sicuramente per molti una fine orribile di una vita miserabile.”
L’analisi di HSI/Europe mostra che un divieto di allevamento di animali da pelliccia in Romania avrebbe un impatto economico minimo poiché l’industria è in notevole declino da tempo. Gli allevatori hanno dichiarato all’investigatore di HSI/Europe che i prezzi delle pelli sono scesi drasticamente da 40 euro a 25 euro l’una e che l’allevamento di cincillà non è economicamente sostenibile come unica occupazione. Un allevatore di cincillà ha affermato che in passato produceva 4.000 pelli all’anno, mentre ora sono circa 1.500. Nel 2013, la Romania ha prodotto 200.000 pelli di visone, 30.000 di cincillà e 2.000 di volpe, esportando prodotti di pellicceria per un valore di 1.585.098 euro. Nel 2021 il valore delle esportazioni è sceso a 762.359 euro e le statistiche più recenti mostrano che la produzione di pellicce si è dimezzata a 100.000 visoni e 15.000 cincillà. Le informazioni finanziarie visionate dall’investigatore mostrano che i due allevamenti di visoni rimasti in Romania hanno registrato profitti pari a zero ogni anno dal 2014 al 2021 e impiegano solo 46 persone.
Sebbene il mercato della pellicceria sia in declino, gli articoli in pelliccia di cincillà hanno ancora un prezzo elevato. Un cappotto foderato di pelliccia di cincillà di Yves Salomon viene venduto da Harrods, nel Regno Unito, a 12.600 sterline. Il sito spagnolo di articoli per la casa Dentro Home, invece, vende una coperta di cincillà a 124.950 euro. La pelliccia di cincillà è utilizzata anche da Fendi e Loro Piana.
Martina Pluda, direttrice per l’Italia di HSI/Europe afferma: “Secondo i dati commerciali più recenti, tra il 2020 e il 2021 l’Italia ha importato dalla Romania pellicce grezze, conciate e articoli di abbigliamento e accessori di pellicceria per un valore combinato di oltre 1.200.000 euro. Finché l’Italia continuerà a importare pellicce da paesi come la Romania, continueremo a essere complici della sofferenza di questi animali. L’investigazione di HSI/Europe e questi dati sottolineano non solo la necessità per la Romania di vietare gli allevamenti di animali da pelliccia, ma anche per l’intera Unione Europea di fare un passo avanti imponendo un divieto di commercio e importazione di prodotti di pellicceria.”
Alcuni dati:
Ogni anno nel mondo più di 100 milioni di animali vengono uccisi per la loro pelliccia, ovvero tre animali uccisi ogni secondo per la loro pelliccia.
L’allevamento di animali da pelliccia è stato vietato in 19 Paesi europei, tra cui Malta, l’Irlanda, l’Estonia, la Francia, l’Italia e più recentemente la Lettonia. Discussioni politiche su un possibile divieto sono in corso anche in Lituania, Spagna e Polonia. Altri due Paesi (Svizzera e Germania) hanno implementato norme così severe da impedire di fatto l’allevamento di animali da pelliccia, mentre altri tre Paesi (Danimarca, Svezia e Ungheria) hanno imposto misure che hanno posto fine all’allevamento di alcune specie.
Dall’aprile 2020 sono stati documentati focolai di Covid-19 in oltre 480 allevamenti di visoni da pelliccia in 12 paesi in Europa e Nord America. Le pellicce hanno anche un prezzo elevato per l’ambiente tra le emissioni di CO2 prodotte dagli allevamenti, il deflusso del letame nei laghi e nei fiumi e l’uso di sostanze chimiche tossiche e cancerogene, come il cromo e la formaldeide, per conciare e conservare le pelli.
Un numero crescente di stilisti e retailer stanno eliminando le pellicce dalle loro collezioni e dagli scaffali. Solo negli ultimi anni, Canada Goose, Oscar de la Renta, Valentino, Gucci, Burberry, Versace, Chanel, Prada e altri marchi di alto profilo hanno messo in atto politiche fur-free.
Foto e video dell’investigazione (creare account per il download). Le riprese si sono svolte tra aprile e ottobre 2021 in quattro allevamenti di cincillà in Transilvania e nelle regioni circostanti a nord e a sud.
FINE
Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
HSI/Europe accoglie con favore la decisione di Italian Exhibition Group SpA di non riproporre HIT Show per la sua incompatibilità con i valori ambientali
Humane Society International
VICENZA, Italia—Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe commenta come segue l’annuncio di IEG Italian Exhibition Group SpA di dismettere HIT Show, la fiera della caccia:
“Accolgo con favore la decisione di IEG Italian Exhibition Group SpA di non riproporre più HIT Show, la fiera della caccia più grande d’Italia con 40.000 visitatori e centinaia di espositori internazionali ogni anno. Secondo le ricerche di Humane Society International/Europe, tra questi anche numerosi operatori specializzati – i cosiddetti “outfitters” – in viaggi di caccia al trofeo di specie protette. Nella nota, la società che gestisce la fiera di Vicenza, ha sottolineato l’incompatibilità di questa manifestazione con i valori ambientali e con la propria mission. Un sentimento condiviso anche dall’opinione pubblica italiana, anche per quanto riguarda la questione della caccia al trofeo. Infatti, secondo un sondaggio di HSI/Europe, l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici.
I cacciatori di trofei dell’UE uccidono per divertimento molte migliaia di animali selvatici in tutto il mondo, comprese le specie in via di estinzione o minacciate, e l’Italia è una destinazione importante per i trofei. Oltre alla crudeltà e alla perdita di animali che potrebbero contribuire ad un pool genetico diversificato, mentre il mondo sta affrontando una crisi della biodiversità, è irresponsabile consentire alle élite ricche di sparare alle specie in pericolo per puro piacere e di promuovere questa pratica come attività ludica. Le fiere di caccia sono un’importante vetrina per gli outfitters che offrono su macabri listini la possibilità di cacciare per diverse migliaia di euro leoni, elefanti, ippopotami e moltissime altre specie. La dismissione di HIT Show è un forte colpo all’industria e un chiaro segnale.
Impallinare, imbalsamare, imballare, farsi consegnare ed esporre a casa gli animali uccisi e le loro parti del corpo, è ciò che motiva questi cacciatori. Un divieto d’importazione dei trofei in più paesi dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare l’uccisione di questi animali. Già dalla scorsa legislatura, la campagna #NotInMyWorld di HSI/Europe chiede all’Italia di introdurre un divieto di importazione, esportazione e riesportazione dei trofei di caccia ottenuti da specie protette a livello internazionale. Con la presentazione di una proposta di legge in merito avevamo compiuto il primo passo. Confido che il prossimo Governo vorrà lavorare per raggiungere finalmente questo obbiettivo assieme a noi e agli italiani.”
Alcuni dati:
Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato 437 trofei di caccia provenienti da specie protette a livello internazionale come ippopotami, elefanti, leoni, leopardi, ghepardi, orsi bruni e orsi polari.
In particolare, l’Italia è stata uno dei cinque paesi ad aver importato almeno 1 trofeo di rinoceronte nero in pericolo critico di estinzione.
Secondo un sondaggio commissionato da HSI/Europe a Savanta ComRes, l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici; l’88% concorda sul fatto che agli italiani non debba essere consentito importare trofei di caccia da altri paesi; il 74% è favorevole a un divieto totale di esportazione e importazione di trofei di animali morti da e per l’Italia.
La petizione lanciata da HSI/Europe in Italia ha già raccolto oltre 45.000 firme
Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
LAV, HSI/Europe, ALI - Animal Law Italia, Essere Animali chiedono lo stop ad allevamento e commercio di pellicce in Unione Europea, con l’Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe” che, ad oggi, ha raggiunto +350mila firme
Humane Society International
MILANO—Nella serata di ieri, 20 settembre, data di inaugurazione della Settimana della Moda a Milano, le associazioni LAV, Humane Society International/Europe, ALI – Animal Law Italia ed Essere Animali hanno proiettato sull’edificio al civico 31 di Piazza Duomo dove ha sede la Camera Nazionale della Moda Italiana, organizzatrice delle Fashion Week, un messaggio importante e urgente: “Act now for a Fur Free Europe”.
Un esplicito invito alla mobilitazione rivolto a tutti i cittadini europei per indurre la Commissione Europea ad avviare un’iniziativa legislativa finalizzata all’estensione in tutti gli Stati Membri del divieto di allevamento di animali allo scopo di ricavarne pellicce e, anche, all’introduzione in tutta l’Unione Europea di un divieto di commercio ed importazione di prodotti di pellicceria.
Dopo il recente ampio successo raggiunto con le Iniziative dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age” (per lo stop alle gabbie negli allevamenti, raggiungendo 1,4 milioni di firme validate) e “Salviamo i Cosmetici Cruelty Free” (per lo stop alla sperimentazione animale, raccogliendo 1,4 milioni di firme), le associazioni animaliste di tutta Europa, rappresentate in Italia da Essere Animali, Humane Society International/Europe, ALI – Animal Law Italia e LAV, hanno dato avvio, già lo scorso 18 maggio, all’ICE “Fur Free Europe” riscuotendo, ancora una volta, un ampio consenso: nei primi 4 mesi sono già state raggiunte oltre 350.000 firme. L’obiettivo è di superare la quota di 1 milione di firme necessaria per impegnare la Commissione UE a dare seguito all’Iniziativa dei Cittadini Europei.
L’Iniziativa dei Cittadini Europei è lo strumento previsto dal diritto comunitario per generare un processo decisionale più democratico, per questo le istanze che beneficiano di un ampio consenso (la procedura prevede almeno 1 milione di firme valide raccolte in dodici mesi e in almeno sette Stati Membri) devono essere prese in considerazione dalla Commissione Europea.
In Europa sono già 13 gli Stati che hanno formalmente messo al bando l’attività di allevamento di animali allo scopo di ricavarne pellicce (Austria, Belgio – dal 2023, Croazia, Estonia – dal 2026, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Olanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia); tra questi anche l’Italia con il divieto vigente dall’1 gennaio di quest’anno e grazie al quale verranno risparmiati ogni anno non meno di 60.000 visoni che, stando all’ultimo ciclo produttivo utile, ogni anno venivano appositamente allevati per poi essere uccisi. Altri Stati Membri hanno posto restrizioni: in Germania non esistono più allevamenti; in Spagna non è possibile avviarne di nuovi. In area europea, hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia anche Regno Unito, Norvegia (dal 2025) Serbia, Macedonia del Nord, Bosnia (dal 2028) ed anche in Svizzera sono in vigore disposizioni locali particolarmente restrittive, che di fatto impediscono l’apertura di allevamenti.
Per coerenza, “Fur Free Europe” chiede anche il divieto di commercio e di import di prodotti di pelliccia; un divieto che, nel rispetto delle regole del commercio internazionale, è già vigente in California (dal 2019) e in Israele (dal 2021).
Il testo integrale dell’ICE “Fur Free Europe” è disponibile sul sito istituzionale della Commissione UE a questo link.
È possibile firmare anche dai siti delle singole organizzazioni:
Sebbene vigano tanti divieti nazionali, nell’Unione Europea ancora 18 milioni di animali (visoni, volpi, cani procioni, cincillà) vengono appositamente allevati ogni anno per poi essere uccisi al fine di ricavarne pellicce.
Sono ormai molte le principali case di moda globali che della scelta fur-free hanno fatto un valore aggiunto delle proprie politiche di sostenibilità. Tra le italiane: Elisabetta Franchi, Giorgio Armani, Gucci, Versace, Prada, Valentino, D&G, Zegna, e YNAP Group. Un trend che si riflette anche nei numeri: in Italia il giro d’affari del commercio di pellicce è calato da 1,8 miliardi di euro nel 2006 a 814 milioni di euro nel 2018 (fonte: Associazione Italiana Pellicceria).
“Si rende dunque necessario un intervento legislativo a livello europeo per armonizzare, in tutti gli Stati membri, il divieto di allevamento e per introdurre in tutta l’Unione Europea anche il divieto di commercio ed import di prodotti di pelliccia” – concludono le associazioni promotrici dell’ICE “Fur Free Europe” in Italia.
Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
Due terzi si oppongono anche alla caccia in scatola al leone e alla caccia di specie specifiche
Humane Society International
ROMA/CITTA’ DEL CAPO, Sudafrica—I cittadini sudafricani si sono espressi contro la crudele pratica della caccia al trofeo di animali selvatici. Un nuovo sondaggio Ipsos del 2022, commissionato dall’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International/Africa, rivela che il 68% della popolazione sudafricana si oppone alla caccia al trofeo, un incremento del 12% rispetto al 2018. La maggioranza si oppone alla pratica della cosiddetta caccia al leone in scatola (canned hunting). Inoltre, il sondaggio dimostra l’opposizione dell’opinione pubblica alla caccia al trofeo di specie specifiche, tra cui rinoceronti neri, elefanti e leopardi. All’inizio di quest’anno, il governo sudafricano ha reso note le quote di caccia e di esportazione di queste specie per il 2022.
Il Sudafrica è il maggior esportatore africano di trofei di animali selvatici e il secondo esportatore mondiale (dopo il Canada) di specie di mammiferi elencate nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES).
Matthew Schurch, specialista della fauna selvatica per HSI/Africa, dichiara: “Questo nuovo sondaggio dimostra senza ombra di dubbio che la maggior parte dei sudafricani rifiuta l’ingiustificabile pratica della caccia al trofeo, compresa la caccia al leone in scatola, e l’opposizione alla caccia al trofeo continua a crescere. Il governo sudafricano non è al passo con l’opinione pubblica, perché permette alle persone di cacciare animali selvatici allo scopo di raccogliere i loro resti per “abbellire” le proprie case. La caccia al trofeo non contribuisce in modo significativo alla conservazione. In Sudafrica, un terzo dei trofei di caccia di mammiferi elencati nella CITES proviene da animali allevati in cattività e la maggior parte di essi è costituita da specie non autoctone o non soggette a una gestione scientifica della popolazione. Questa uccisione insensata di animali selvatici non solo è immorale e crudele, ma è anche una vergogna per il Sudafrica”.
Questa importante indagine Ipsos riporta solo dati locali provenienti da una popolazione sudafricana diversificata in tutte le province. I principali risultati del sondaggio mostrano che:
Il 68% dei sudafricani si oppone completamente o in qualche misura alla pratica della caccia al trofeo, con un aumento rispetto al 56% dell’analogo sondaggio effettuato nel 2018;
Il 65% dei sudafricani si oppone completamente o in qualche misura alla pratica della caccia al leone in scatola, con un aumento rispetto al 60% dell’analogo sondaggio del 2018.
Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe afferma: “La posizione dei cittadini sudafricani, emersa da questi nuovi sondaggi, evidenzia l’importanza di azioni concrete contro la caccia al trofeo, sia da parte dei paesi esportatori sia da quelli importatori come il nostro. Il Sudafrica è infatti il quarto paese di origine di tutti i trofei di caccia importati in Italia, nonostante i sondaggi mostrano che l’89% degli italiani sia contrario alla caccia al trofeo di animali selvatici presenti in Africa. Sebbene l’Italia non possa vietare l’uccisione di questi animali nei paesi in cui è diffusa, può decidere di vietare l’importazione dei trofei per fermare il proprio coinvolgimento in questa pratica macabra e dannosa.”
Secondo il rapporto “I numeri della caccia al trofeo: Il ruolo dell’Unione europea nella caccia al trofeo a livello mondiale” pubblicato da HSI/Europe, l’Italia ha importato 322 trofei di caccia di 22 specie protette a livello internazionale tra il 2014 e il 2018, risultando il primo importatore di trofei di ippopotamo (145) nell’UE e il quarto importatore di trofei di leone africano di origine selvatica. L’Italia ha anche svolto un ruolo significativo nel commercio UE di trofei di elefante africano, essendo il quinto più grande importatore UE di questa specie.
HSI è incoraggiato da una sentenza dell’aprile 2022 emessa da un tribunale sudafricano in una causa intentata da HSI/Africa, in cui si afferma che le quote di caccia e di esportazione per leopardi, rinoceronti neri ed elefanti previste dal paese per il 2022 potrebbero essere invalide e illegali.
Un precedente studio che illustra il ruolo del Sudafrica nel commercio internazionale di trofei di caccia di specie di mammiferi elencate dalla CITES nel periodo 2014-2018 ha dimostrato che circa l’83% dei trofei di mammiferi elencati dalla CITES esportati dal Sudafrica sono animali allevati in cattività, specie non autoctone o specie autoctone senza un piano nazionale di gestione della conservazione né dati adeguati sulle loro popolazioni selvatiche o sull’impatto, su queste ultime, della caccia al trofeo. Questi dati minano direttamente l’affermazione che la caccia al trofeo promuova la conservazione.
Alcuni numeri della caccia al trofeo in Sudafrica:
Il Sudafrica è il secondo più grande esportatore di trofei di caccia di specie di mammiferi elencate dalla CITES a livello globale, esportando il 16% del totale globale di trofei di caccia – 4.204 in media all’anno;
Il Sudafrica è il più grande esportatore di specie di mammiferi elencate dalla CITES in Africa. Il Sudafrica ha esportato il 50% in più di trofei rispetto al secondo esportatore africano, la Namibia, e più di tre volte rispetto al terzo esportatore africano, lo Zimbabwe;
Il 68% dei trofei di mammiferi CITES esportati dal Sudafrica proveniva da animali selvatici, mentre il 32% da animali in cattività, il 19% allevati in cattività e il 13% nati in cattività.
Contatti: Eva-Maria Heinen, communications and press manager Italy: emheinen.hsi@gmail.com
Un'Iniziativa dei Cittadini Europei da record: oltre un milione le firme raccolte
Humane Society International
BRUXELLES—Per la seconda volta in sette anni, più di un milione di persone in tutta l’Unione Europea ha chiesto la fine della sperimentazione animale firmando l’Iniziativa dei Cittadini Europei “Save Cruelty-Free Cosmetics”. Introdotta dal Trattato di Lisbona nel 2007 per facilitare la partecipazione dei cittadini dell’UE all’elaborazione delle politiche europee, l’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) è un meccanismo di democrazia partecipativa, consolidato e rispettato, al quale la Commissione Europea è tenuta a rispondere entro sei mesi se le firme raccolte e validate superano quota un milione.
Allo scadere del termine per la raccolta delle firme, alle 23:59 di ieri, 1.414.383 persone avevano firmato per chiedere alla Commissione Europea di porre fine all’uso crudele degli animali nei test cosmetici e chimici e di attuare un piano ambizioso per porre fine a tutti gli esperimenti sugli animali.
Ogni anno, più di dieci milioni di animali vengono utilizzati nei laboratori di tutta Europa per procedure di ricerca e sperimentazione che possono causare loro dolore e sofferenze atroci. Per ordine dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche, ciò include crudeli e inutili test di ingredienti chimici per cosmetici che sono in contrasto con il divieto europeo di effettuare test sugli animali per prodotti di cosmesi attualmente in vigore.
L’ICE Save Cruelty Free Cosmetics è stata lanciata da una coalizione di organizzazioni per la protezione degli animali, tra cui Cruelty Free Europe, PETA, Eurogroup for Animals, Humane Society International/Europe e European Coalition to End Animal Experiments, ed è sostenuta dalle aziende globali di bellezza e cura personale Dove, The Body Shop, Lush, Herbal Essences e Aussie; è attivamente promossa da una coalizione di associazioni e attivisti provenienti da ogni angolo d’Europa.
Joanna Swabe, Direttrice delle relazioni istituzionali di Humane Society International/Europe, ha dichiarato: “Siamo lieti che più di un milione di cittadini dell’UE abbiano aggiunto la loro voce all’appello per salvare i cosmetici cruelty-free. È uno scandalo che la storica legislazione che vieta i test cosmetici sugli animali sia stata minata dalle autorità dell’UE che continuano a sfruttare una scappatoia giuridica e a chiedere che vengano effettuati test sugli animali per gli ingredienti utilizzati nei rossetti e negli ombretti. Anche perché esistono molti metodi che non prevedono l’uso di animali per garantire la sicurezza dei consumatori e dei lavoratori esposti a queste sostanze chimiche, oltre che dell’ambiente”.
Aviva Vetter, Cosmetics Senior Manager di Humane Society International, ha aggiunto: “Questa Iniziativa dei Cittadini Europei serve ad aprire agli occhi alle istituzioni dell’Unione Europea sul fatto che le minacce all’impegno cruelty-free dell’UE non saranno tollerate. Inoltre, la Commissione Europea deve presentare proposte legislative concrete per eliminare gradualmente gli esperimenti sugli animali e porre fine alla sofferenza di milioni di animali nei laboratori”.
Vetter ha proseguito: “Siamo incredibilmente orgogliosi di aver raggiunto questo primo traguardo e attendiamo con ansia la convalida delle firme. I cittadini europei hanno reso chiaro qual è il compito della Commissione Europea: chiedono un cambio di rotta sulla sperimentazione e nella ricerca. È giunto il momento che l’Europa cessi di effettuare crudeli e obsoleti test sugli animali”.
Gli organizzatori dell’iniziativa hanno ora tre mesi per presentare le firme alle autorità competenti degli Stati Membri per la convalida, prima di poterla sottoporre alla Commissione Europea e al Parlamento Europeo. Ad oggi, solo sei ICE su un totale di 90 registrate hanno superato con successo questo requisito; altre quattro sono attualmente in fase di convalida. Aver raccolto 1.413.383 firme è un forte segnale che questa ICE potrebbe avere esito positivo.
L’ICE “Save Cruelty-Free Cosmetics” ha riunito una rete di ONG in tutta Europa. È la prima volta nella storia che un numero così elevato di organizzazioni europee si riunisce a favore degli animali nei laboratori.