HSI/Europe esorta una presa di responsabilità da parte del Governo italiano su tutti i temi animali

Humane Society International


HSI

ROMA—Due emendamenti alla Legge di Bilancio 2023, sostenuti da Humane Society International/Europe, sono stati presentati dall’On. Michela Vittoria Brambilla (Gruppo Misto) a nome dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali. Solo il primo emendamento che riguarda i combattimenti tra animali sarà oggetto di discussione nell’ambito dell’iter di approvazione della Legge di Bilancio. Invece, nessuna possibilità è stata data al secondo emendamento che mira a bloccare l’importazione di trofei di caccia in Italia. Delusione per l’assenza, all’interno dell’intera Legge di Bilancio, di fondi per la transizione cage-free per gli animali allevati a fini alimentari.

HSI/Europe accoglie con favore la segnalazione dell’emendamento 114.02 contenente “disposizioni in materia di spese di custodia di animali impiegati nei combattimenti e affetti da problematiche comportamentali” che passerà ora alla discussione in Aula, prima alla Camera dei Deputati e poi al Senato della Repubblica. L’emendamento, inspirato dal progetto IO NON COMBATTO, lanciato da HSI/Europe e dalla Fondazione CAVE CANEM per la repressione e la prevenzione del fenomeno criminoso dei combattimenti tra animali, già vietati dall’articolo 544-quinquies del codice penale, prevede lo stanziamento di €150.000 per la formazione tecnica e pratica specialistica del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri, e di €350.000 per coprire i costi di custodia e di recupero comportamentale derivanti dal sequestro e dalla confisca di animali impiegati in tali attività criminali, nonché di animali affetti da problematiche comportamentali.

HSI/Europe, che dal 2020 con la campagna #NotInMyWorld, si batte per fermare il coinvolgimento dell’Italia nella caccia al trofeo, consta con dispiacere che, invece, l’emendamento 114.012 sulla “formazione e addestramento delle forze di polizia finalizzati al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di specie di fauna e flora minacciati di estinzione e divieto di importazione, esportazione, e ri-esportazione dei trofei di caccia” è stato dichiarato inammissibile dalla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati. L’emendamento prevedeva non solo suddetto divieto per tutte le specie protette ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), ma anche specifiche pene per la violazione e la confisca dei trofei, nonché lo stanziamento di fondi per la formazione delle forze di polizia, finalizzata al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di dette specie.

Infine, tra le grandi tematiche completamente assenti nella Legge di Bilancio, HSI/Europe, quale membro della Coalizione End the Cage Age, sottolinea la mancanza di previsioni riguardanti la transizione ad allevamenti cage-free, per la quale non è stato stanziato neanche un euro. Tra galline ovaiole, scrofe, conigli, quaglie e vitelli, sono ben 40 milioni gli animali allevati in gabbia ogni anno in Italia. L’Iniziativa dei Cittadini Europei “End the Cage Age” ha raccolto il consenso di oltre 1,4 milioni di cittadini UE, che hanno chiesto di vedere la fine dell’era delle gabbie in Europa. Si tratta di una transizione fattibile, oltre che doverosa e non più rinviabile. Il Governo italiano può e deve fare la differenza, puntando a un cambio di passo a livello nazionale, che faccia primeggiare l’Italia con politiche economiche mirate al sostegno di tale necessaria evoluzione.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe ha commentato: “La formazione delle Forze di polizia è l’arma migliore per fermare i criminali che ancora si divertono e arricchiscono scommettendo sulla pelle di poveri cani, la cui vita può migliorare se al sequestro da una situazione di abuso segue un percorso di recupero comportamentale. I fondi proposti dall’emendamento ispirato dal progetto IO NON COMBATTO sono essenziali per dare a questi cani una seconda chance e una vita degna, lontana dai combattimenti e fuori dal canile. Siamo invece delusi dall’impossibilità di portare avanti un divieto di importazione dei trofei di caccia. Avrebbe rappresentato un atto di responsabilità da parte dell’Italia nei confronti della fauna selvatica e un allineamento rispetto alla richiesta del Parlamento Europeo alla Commissione di intraprendere azioni urgenti per proibire l’importazione di trofei di caccia derivati da specie elencate dalla CITES. Inoltre, l’Italia avrebbe potuto unirsi ad altri Paesi europei nella regolamentazione del commercio di trofei di specie a rischio, attesa da tempo. Infine, dispiace constatare che il Governo non abbia ritenuto attuale e opportuno sostenere la transizione verso sistemi di allevamento cage-free, Nel 2023 la Commissione Europea presenterà la propria proposta legislativa per eliminare progressivamente le gabbie dagli allevamenti europei ed è meglio che l’Italia non si faccia cogliere impreparata nel sostenere questo inevitabile e debito passo in avanti. In generale serve maggiore responsabilità e sensibilità da parte del Governo su TUTTI i temi animali: sia che si tratti di cani, che di fauna selvatica e animali allevati a fini alimentari. Ringrazio l’On. Brambilla per l’instancabile sforzo su tutti i fronti!”

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

Le associazioni Essere Animali, Humane Society International/Europe e LAV: “Ci appelliamo al Ministro Francesco Lollobrigida affinché emani il decreto, atteso da gennaio, per attuare l’eventuale cessione dei visoni e alla Commissione Europea per vietare in tutta l’UE allevamenti e commercio di pellicce”

Humane Society International


Kristo Murrimaa, Oikeutta Elaimille

GALEATA, Italia—È stato reso noto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale il terzo focolaio italiano di SARS-CoV-2 all’interno di un allevamento di visoni, situato nel comune di Galeata (FC), ormai chiuso a seguito del divieto di allevamento entrato in vigore il primo di gennaio 2022. Nonostante tale divieto, ad oggi non è stato emanato il Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, di concerto con i Ministri della Salute e della Transizione Ecologica recante “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo a favore dei titolari degli allevamenti di visoni, volpi, cani procione, cincillà e di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia, nonché la disciplina delle cessioni e della detenzione dei suddetti animali”, con scadenza 31 gennaio 2022. Le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe e LAV lanciano un appello al Ministro dell’Agricoltura e della Sicurezza Alimentare Francesco Lollobrigida e richiamano all’attenzione la necessità di vietare allevamento e commercio di pellicce in tutte l’Unione Europea, tramite l’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope.

“Da gennaio attendiamo il decreto interministeriale per avviare lo svuotamento degli ultimi 5 allevamenti dove ancora sono stabulati e ammassati, in minuscole gabbie, più di 5.000 visoni. È evidente come l’inazione dei Ministeri competenti stia continuando a rappresentare un rischio per la salute pubblica e continui ad ignorare i principi più basilari di benessere animale. Chiediamo al Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida di intervenire con urgenza dando concreta attuazione a quanto sancito con la legge di bilancio 2022 e consentire quindi il trasferimento di almeno alcuni dei visoni ancora rinchiusi nelle gabbie degli allevamenti intensivi” – dichiarano le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe e LAV.

In Italia si sono già verificati 2 focolai di coronavirus in allevamenti di visoni per la produzione di pellicce, ad agosto 2020 a Capralba (Cremona) e gennaio 2021 a Villa del Conte (Padova).  Nel mese di novembre, nell’ambito dello screening diagnostico obbligatorio finalizzato a intercettare l’eventuale introduzione del coronavirus SARS-CoV-2 in allevamenti di visoni (screening disposto dall’ex-Ministro della Salute Roberto Speranza a dicembre 2020) e che consiste nella effettuazione di 60 tamponi ogni 15 giorni in ogni allevamento a prescindere dalla numerosità dei visoni presenti, sono stati individuati due visoni positivi alla infezione da coronavirus in un terzo allevamento, a Galeata (FC). Dalla pubblicazione risalente al 24 novembre, sul database online del dall’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale, risulta che sono stati sottoposti a tampone (real-time PCR) per la manifestazione di segni clinici compatibili con l’infezione. Sebbene sia stato segnalato il decesso di un visone, non è chiaro se i restanti animali siano stati abbattuti o se altri siano morti a causa dell’infezione. AGGIORNAMENTO al 7 dicembre 2022: La Commissione Europea ha confermato l’abbattimento sanitario dei restanti 1.522 visoni dell’allevamento.

L’allevamento in questione è quello sito nel territorio del comune di Galeata (FC) e, insieme agli altri allevamenti di Ravenna frazione San Marco (640 visoni), Capergnanica (Cremona, 1.180 visoni), Calvagese della Rivera (Brescia, 1.800 visoni), e Castel di Sangro (L’Aquila, 18 visoni), è una delle ultime strutture in Italia dove ancora migliaia di visoni “riproduttori” sono rinchiusi nelle gabbie.

Questi animali sarebbero stati utilizzati per l’avvio di un nuovo ciclo produttivo nel 2021, ma in seguito al temporaneo divieto alla riproduzione (disposto e prorogato dall’allora Ministro della Salute come misura anti-Covid essendo questi allevamenti riconosciuti come potenziali serbatoi del coronavirus) e al successivo divieto permanente all’allevamento di visoni e ogni altro animale per la produzione di pellicce (approvato in via definitiva con specifico emendamento alla legge di Bilancio 2022, L.234 del 30 dicembre 2021, articolo 1 commi 980-984 e che, di fatto, stando ai dati della produzione italiana, ha evitato lo sfruttamento di almeno 60.000 visoni l’anno), sono rimasti in una sorta di limbo non potendo essere uccisi per finalità commerciali (l’ottenimento della pelliccia) o per esigenze di salute pubblica (in assenza di conclamata infezione da coronavirus) e non potendo essere liberati in natura (in quanto predatori non autoctoni e potenziali reservoir del virus pandemico).

Secondo le disposizioni della Legge 234/2021 che ha bandito gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce, il Ministro dell’Agricoltura avrebbe dovuto disciplinare, mediante decreto, le modalità di indennizzo per gli allevatori di visoni e l’eventuale cessione di questi animali a strutture gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste. Se il Decreto fosse stato adottato nei tempi previsti, fine gennaio, probabilmente, almeno parte dei visoni all’epoca presenti negli allevamenti in dismissione, avrebbero potuto essere accasati in altre strutture diminuendo così la densità di popolazione e, di conseguenza, l’assembramento di animali particolarmente suscettibili alla infezione da coronavirus SARS-CoV-2.

Questo grave ritardo nella gestione degli oltre 5.000 visoni ancora presenti negli allevamenti chiusi non costituisce solo un problema di benessere animale (bisogna considerare che, di fatto, questi visoni sono rinchiusi nelle stesse gabbie di pochi centimetri quadrati da ormai almeno 2 anni, e probabilmente anche 3 o 4 anni trattandosi di animali “riproduttori”), ma rappresenta un oggettivo potenziale pericolo anche per la salute pubblica. La catena di contagio uomo-visone-uomo (con un salto di specie di ritorno e con un virus mutato) è stata ampiamente documentata sin dai primi casi segnalati in Olanda a maggio 2020 (report “L’allevamento di animali da pelliccia, il COVID-19 e i rischi di malattie zoonotiche”, gennaio 2021).

“Per evitare il rischio di formazione di nuovi focolai di coronavirus in allevamenti di visoni europei, e per risparmiare la vita di milioni di animali sfruttati solo per il valore della loro pelliccia, invitiamo chi ancora non lo avesse fatto a sostenere, con una firma, la petizione di Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe” con la quale stiamo chiedendo alla Commissione Europea di vietare in tutta l’UE gli allevamenti di animali destinati alla produzione di pellicce e il commercio, compreso l’import, di prodotti di pellicceria. Entro maggio 2023 dobbiamo raggiungere 1 milione di firme in tutta l’UE, ad oggi già oltre 600.000 europei hanno dato il proprio consenso” – concludono le associazioni Essere Animali, Humane Society international/Europe, LAV.

FINE

APPROFONDIMENTO

  • Focolai di coronavirus in allevamenti italiani di visoni:

Capralba (Cremona), primo focolaio. Con oltre 26.000 visoni era il più grande allevamento italiano di visoni. Nell’agosto 2020 un lavoratore addetto alla gestione dei visoni è risultato positivo al coronavirus; sono seguiti accertamenti diagnostici sugli animali (ma non uno screening in tutti gli allevamenti come sarebbe stato più sensato fare) da cui sono emerse alcune positività. Tutti i visoni sono poi stati abbattuti a dicembre 2020, dopo anche ulteriore conferma di intercorsa infezione con test sierologici.

Villa del Conte (Padova), secondo focolaio. In assenza di uno screening obbligatorio (nonostante il focolaio rilevato ad agosto a Capralba) tutti gli allevamenti italiani di visoni hanno potuto portare a termine il ciclo produttivo. Così è stato anche per l’allevamento di Villa del Conte che, nel 2020, ha potuto ricavare pellicce dai circa 10.000 visoni all’epoca presenti e immetterle nel circuito commerciale. Solo a gennaio 2021, con l’avvio dello screening obbligatorio è risultato che quelle pellicce erano state ottenute da animali positivi al coronavirus e potenzialmente sono state ulteriore vettore per la diffusione del virus.  I circa 3.000 visoni “riproduttori” rimasti in allevamento dopo il 2021 e risultati positivi, anche ai test sierologici, sono stati abbattuti il 14 dicembre 2021.

Galeata (FC), terzo focolaio. Focolaio intercettato il 9 novembre 2022. I test condotti il 14 novembre 2022 hanno identificato due casi, ed è stato segnalato un decesso. La Commissione Europea ha confermato l’abbattimento sanitario dei restanti 1.522 visoni dell’allevamento.

  • Ulteriore situazione di malagestione dei visoni negli allevamenti italiani:

Castel di Sangro (AQ), moria di visoni per intossicazione alimentare. 1.035 visoni sono morti di una morte improvvisa ed estremamente dolorosa a causa di una intossicazione alimentare. Dagli accertamenti condotti dalle autorità sanitarie, agli animali è stata somministrata carne di pollo avariata o contaminata. In allevamento sono rimasti meno di 20 visoni.

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

Aggiornato il 13 dicembre 2022

Il caso dei conigli e delle quaglie affrontato in un evento organizzato da Animal Equality, CIWF Italia, Essere Animali e HSI/Europe per la coalizione italiana End The Cage Age

Humane Society International


HSI in Italy

ROMA—“La transizione verso allevamenti senza gabbie per tutti gli animali è fattibile, oltre che doverosa” è ciò che hanno affermato Animal Equality, CIWF Italia Onlus, Essere Animali e Humane Society International/Europe nell’evento organizzato per la coalizione italiana End the Cage Age, al fine di discutere il passaggio a sistemi cage-free per conigli e quaglie, con la presentazione di un report in merito, realizzato dal Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) e presentato durante il convegno Senza gabbie è possibile – Dare seguito all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, tenutosi ieri a Roma, presso Spazio Europa. 

In Europa, ogni anno, oltre 300 milioni di animali (galline, scrofe, vitelli, conigli, quaglie e anatre) vengono ancora allevati in gabbia, per tutta o una parte significativa della loro vita. Oltre 40 milioni di loro solo in Italia. In risposta all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, la Commissione Europea si è impegnata a proporre entro il 2023 una normativa per eliminare l’utilizzo delle gabbie nell’allevamento.

Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia, che ha moderato i lavori del convegno, ha dichiarato: “Siamo fieri, oggi, di potere gettare luce sulla situazione degli animali più dimenticati tra quelli che soffrono nelle gabbie, italiane ed europee: i conigli e le quaglie. Milioni e milioni di individui privati di tutto ciò che renderebbe la loro vita almeno maggiormente compatibile con i loro bisogni etologici. Non esageriamo dicendo che la vita in gabbia per loro è una vera tortura.”

Alice Trombetta, direttrice di Animal Equality Italia, ha ricordato il percorso compiuto per arrivare al successo dell’Iniziativa dei Cittadini Europei “End the Cage Age” che, con la straordinaria mobilitazione dei cittadini, ha condotto alla raccolta di 1.4 milioni di firme certificate. Ha sostenuto: “Non è tempo per le esitazioni, né tantomeno per un dietro front. È tempo di abbracciare con entusiasmo una versione migliore della nostra società. Liberare gli animali dall’incubo delle gabbie, un incubo che NOI abbiamo creato, è il minimo che possiamo fare per loro.”

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha sottolineato come la transizione ad allevamenti senza gabbie sia tanto più urgente per i conigli e le quaglie, animali non protetti da alcuna normativa specie-specifica europea o nazionale: “Sebbene l’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea richiami l’Unione Europea e gli Stati Membri a tenere pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, le specie protagoniste dell’incontro odierno languono in gabbia e un in vuoto legislativo da colmare urgentemente.”

Animali stipati in spazi piccolissimi, come ha ricordato Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali, illustrando le scioccanti immagini raccolte dalla sua organizzazione in allevamenti delle due specie in questione: “Risale al 2012 la nostra prima inchiesta sulle gabbie; anche la nostra ultima, di queste settimane. Queste immagini ci rendono tristi e arrabbiati. Sono passati dieci anni e le cose devono cambiare” ha ribadito.

Il Dr. Marcello Volanti, medico veterinario che si occupa di allevamenti biologici, biodinamici ed estensivi ha confermato che la necessità di relegare l’allevamento in gabbia al passato ha anche solide ragioni scientifiche. Ha infatti dichiarato: “Non si può parlare di benessere in gabbia, perché conigli e quaglie sono impossibilitati nel movimento e nell’espressione dell’etogramma di specie. Questi animali vivono in uno stato di permanente sofferenza che non comprendono ma sopportano per grande capacità di adattamento. Lo stare in gabbia comporta all’animale una serie di gravi problematiche fisiche e psicologiche”.

Una parte importante del convegno ha riguardato la presentazione del report “Valutazione dell’impatto economico dell’eliminazione delle gabbie negli allevamenti di conigli da ingrasso e quaglie”, realizzato dal Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) per conto di CIWF Italia, Essere Animali e Humane Society International/Europe, che analizza in dettaglio i costi di passaggio a sistemi cage-free per conigli da ingrasso e quaglie, sia ovaiole che allevate per la loro carne, in Italia.

Per quanto riguarda i conigli le gabbie bicellulari, che non danno alcuna garanzia in termini di benessere animale, possono essere sostituite dai sistemi park, ovvero in recinti sopraelevati e privi di copertura, in cui gli animali sono in grado di esprimere alcuni dei loro comportamenti naturali più elementari, come quello di saltare e nascondersi. Per quanto riguarda le quaglie, le gabbie in cui sono stipate decine di animali, possono essere sostituite da sistemi “free-to-fly”.

Secondo lo studio, nelle 4 regioni che allevano l’80% dei conigli “da ingrasso” (Veneto, Piemonte, Lombardia e Friuli Venezia-Giulia) il costo totale di investimento per effettuare la dismissione delle gabbie e il passaggio al sistema park ammonterebbe a €152 milioni. Per le quaglie invece, su base nazionale, a €1,7 milioni per quelle produttrici di uova, mentre €810.000 per quelle allevate per la loro carne.

Alessandro Gastaldo, ricercatore del CRPA, illustrando il report realizzato da un gruppo di lavoro composto anche da Paolo Rossi e Ambra Motta, ha dichiarato: “Anche nei comparti minori, come quelli dei conigli e delle quaglie, stanno destando sempre maggiore interesse le tecniche alternative di allevamento che puntano a un miglioramento del benessere animale, soprattutto agendo sull’a eliminazione delle gabbie per tutto il ciclo di vita dell’animale. Con questi sistemi è possibile migliorare la qualità di vita dei soggetti allevati, in particolare dai punti di vista della socializzazione, della libertà di movimento e della maggiore stimolazione sensoriale, con possibilità per gli animali di assumere comportamenti più consoni all’indole specifica, con forte riduzione dei comportamenti anomali (stereotipie motorie). I costi di questa riconversione sono risultati pari a €29-53 per posto coniglio da ingrasso e a €5,45 e €2,63 rispettivamente per quaglie ovaiole e da ingrasso.”

A nome di tutta la coalizione italiana End The Cage Age, Animal Equality, CIWF Italia, Essere Animali e Humane Society International/Europe hanno rinnovato l’appello al Governo italiano a dare il proprio fondamentale contributo sia sostenendo il divieto legislativo delle gabbie a livello europeo sia avviando, tramite politiche economiche mirate, la transizione cage-free anche in ambito nazionale: “Lo studio del CRPA ha mostrato fattibilità e costi. Non ci sono più scuse per ritardare oltre; ora è solo una questione di volontà. Chiediamo al Governo italiano di investire nella transizione cage-free senza indugi” hanno detto le associazioni.

L’evento ha visto gli interventi anche delle parlamentari Eleonora Evi (Alleanza Verdi e Sinistra), Michela Vittoria Brambilla (Misto) e Alessandra Maiorino (Movimento 5 Stelle).

L’Onorevole Eleonora Evi ha ricordato: “Una mobilitazione straordinaria di cittadini europei e il lavoro instancabile di moltissime ONG hanno portato ad ottenere l’impegno storico da parte della Commissione Europea di proporre nel 2023 una legislazione per abbandonare l’allevamento in gabbia. Ora tocca alla politica ascoltare i richiami della scienza e agire. Non ci sono più scuse, la transizione verso sistemi di allevamento cage-free sono fattibili. E l’Italia, ancora fanalino di coda, deve fare la sua parte, sia a livello nazionale che europeo per porre fine una volta per tutte alla barbarie dell’allevamento in gabbia.”

L’Onorevole Michela Vittoria Brambilla ha dichiarato: “Al Governo del mio paese, e agli stessi operatori economici del settore, chiedo di appoggiare convintamente la transizione ad un allevamento senza gabbie per il quale si è già impegnata la Commissione Europea. Allo scopo non bisogna avere esitazioni a spendere di più: “Tutto ciò che serve”, per una battaglia di modernità e di civiltà.”

La Senatrice Alessandra Maiorino ha infine sostenuto che: “Passare ad un sistema di allevamento senza gabbie non solo è possibile, ma è doveroso per rispettare il benessere degli animali e tutelare la salute umana. Non dimentichiamo però che tale istanza nasce soprattutto da un’accresciuta presa di coscienza e sensibilità dei cittadini e delle cittadine rispetto ad un sistema che vede ancora degli esseri senzienti, gli animali, appunto, sfruttati alla stregua di una semplice merce, costringendoli a subire trattamenti inumani. Come Movimento 5 Stelle abbiamo sposato la causa “End the Cage Age”, inserendola anche nel nostro programma politico, in quanto siamo convinti che sia necessario trovare un nuovo equilibrio tra uomo e ambiente.”

Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia, chiudendo l’evento, ha concluso: “Un divieto legislativo all’uso delle gabbie in allevamento è, tra tante, la conquista più grande che possiamo ottenere nel prossimo futuro. Con l’impegno della Commissione Europea, siamo molti più vicini a realizzarla. Continueremo a lavorare senza sosta affinché queste gabbie infernali vengano relegate al passato per tutti gli animali, compresi quelli più dimenticati, come conigli e quaglia.”

Foto dell’evento (creare account per il download):

NOTA

Formata da 22 associazioni* la coalizione trae il proprio nome dall’a Iniziativa dei cittadini europei (ICE) “End The Cage Age”, che ha raccolto oltre 1 milione e 400 mila firme certificate in tutta Europa, ed è stata la prima ICE su un tema legato agli animali allevati a scopo alimentare ad avere successo, nonché la terza in assoluto per numero di firme nella storia dell’Unione Europea. Un risultato straordinario, che mostra in modo inequivocabile la sempre maggiore sensibilità dei cittadini verso le condizioni di vita degli animali allevati.  Ed è proprio riconoscendo la voce forte e chiara dei cittadini che la Commissione Europea lo scorso 30 giugno ha dichiarato di accogliere le istanze dell’a ICE “End the Cage Age”, impegnandosi pubblicamente a presentare entro il 2023 una proposta legislativa per eliminare gradualmente le gabbie, con l’obiettivo di arrivare, entro il 2027, al divieto totale del loro impiego nell’Unione Europea.

* Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, HSI /Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

 

158 specie di rane di vetro e 95 specie di squali e pesci chitarra ricevono una nuova protezione, mentre il commercio internazionale di parti di ippopotamo per scopi commerciali continuerà.

Humane Society International


Glass frog
GCF Collection/Alamy

PANAMA—Si è conclusa la XIX riunione della Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione, nota come CITES. Nelle ultime due settimane a Panama, i delegati dei 184 Paesi membri hanno esaminato 42 proposte, alcune finalizzate ad aumentare, altre, purtroppo, a diminuire la protezione di 356 specie di animali selvatici.

In particolare, a seguito delle decisioni assunte durante la XIX riunione, 345 specie animali selvatiche godranno di una nuova o maggiore protezione dal commercio internazionale: squali, pesci chitarra, razze, rane di vetro, lucertole, tartarughe e uccelli sono tra gli ordini e le specie di animali che hanno tratto beneficio da quanto concordato durante l’incontro. Le Parti hanno anche deciso di ridurre di 610 il numero di trofei di caccia di leopardo e di pelli per uso personale che possono essere esportati da alcuni paesi africani. Nello specifico, su richiesta di Kenya, Malawi ed Etiopia, la quota annuale di esportazione di leopardi dell’Etiopia è stata ridotta da 500 a 20 e il Kenya e il Malawi sono stati completamente rimossi dalle assegnazioni di quote di esportazione di questi felini. Fortunatamente, inoltre, le nazioni partecipanti hanno rifiutato di adottare alcune pericolose proposte che avrebbero, di fatto, aperto il commercio internazionale di corni di rinoceronte bianco meridionale e di avorio di elefante africano.

Una delle più grandi delusioni è stata, invece, l’incapacità delle Parti di aumentare la protezione degli ippopotami, con l’obiettivo ultimo di porre fine al commercio internazionale legale di loro parti, innanzitutto i denti d’avorio, a fini commerciali. L’Unione Europea, che ha espresso i suoi 27 voti contrari a questa proposta, ha dunque ignorato le richieste di aiuto da parte delle nazioni nei cui territori ricadono gli habitat dell’ippopotamo, lasciando aperta questa strada, attivamente utilizzata dai trafficanti di animali selvatici.

“95 specie di squali e pesci chitarra hanno ricevuto una nuova protezione nell’Appendice II della CITES”, ha dichiarato Rebecca Regnery, Senior director of wildlife di Humane Society International (HSI). “Queste specie sono minacciate dalla pesca non sostenibile e non regolamentata, che alimenta il commercio internazionale della loro carne e delle loro pinne e che ha determinato un forte declino della popolazione. Con l’inserimento nell’Appendice II, le Parti della CITES possono autorizzare il commercio solo se lo stesso non risulta dannoso per la sopravvivenza della specie in natura, dando a queste specie la tutela di cui hanno bisogno per riprendersi dal sovrasfruttamento”.

“Le rane di vetro hanno ricevuto una nuova protezione nell’Appendice II della CITES”, ha invece dichiarato Grettel Delgadillo, Vicedirettrice di HSI/America Latina. “Le rane di vetro riceveranno, finalmente, la protezione di cui hanno bisogno, a fronte dell’orribile, crescente e spesso illegale commercio internazionale di animali domestici. Era fondamentale che tutte le 158 specie di rane di vetro fossero incluse nell’Appendice II, poiché è difficile distinguere le differenti specie di rane di vetro in commercio. L’inserimento nell’Appendice II consentirà a queste rane, molto ricercate e minacciate, di trovarsi finalmente al riparo dal commercio internazionale di animali selvatici”.

“Su richiesta di Kenya, Malawi ed Etiopia, le parti hanno concordato di ridurre significativamente, ovvero di 610 leopardi all’anno, le quote di questi Paesi per le esportazioni di trofei di caccia di leopardo e di loro pelli per uso personale, eliminando del tutto le quote di Kenya e Malawi”, ha commentato Sarah Veatch, Director of wildlife policy di HSI. “Questo è importante perché le popolazioni di leopardi sono diminuite del 30% nelle ultime tre generazioni nell’Africa sub-sahariana – contrariamente a quanto riportato dalle stime eccessive di molti Paesi che praticano la caccia – e mancano dati adeguati a comprendere realmente la portata della situazione di conservazione del leopardo. Quote eccessive di caccia al trofeo, basate su interessi venatori stranieri – e non su dati scientifici – rappresentano una pericolosa pressione sui leopardi, i quali sono anche minacciati dalla perdita di habitat e da altri fattori. Anche se plaudiamo al passo compiuto questa settimana dalla CITES per proteggere questi animali iconici, le Parti hanno ancora molto lavoro da fare per azzerare le quote di esportazione del leopardo per tutti i Paesi, unico modo per proteggere davvero questa bellissima specie dalla scomparsa”.

“Siamo molto delusi dal fatto che le Parti non abbiano adottato una proposta per fermare il tragico e legale commercio internazionale di avorio e di altre parti di ippopotamo per scopi commerciali”, ha affermato Sophie Nazeri, wildlife program coordinator di HSI. “L’ippopotamo comune è minacciato dal bracconaggio per i suoi denti d’avorio, i quali vengono spesso riciclati nel commercio legale di avorio di ippopotamo. Purtroppo, le Parti e, in particolare, l’Unione Europea, hanno ignorato le richieste di aiuto degli Stati di habitat dell’ippopotamo e hanno lasciato aperta questa pericolosa e crudele strada utilizzata dai trafficanti di animali selvatici. Humane Society International continuerà a lottare per la protezione di questa incredibile specie”.

I membri della CITES hanno aumentato o fornito nuova protezione a:

  • 95 specie di squali, tra le quali 54 specie di squali requiem, lo squalo martello tiburo e tre altre specie di squali martello, nonché 37 specie di pesci chitarra, commercializzati a livello internazionale per le loro pinne e la loro carne;
  • Sette specie di razze d’acqua dolce e l’Hypancistrus zebra, commercializzati a livello internazionale per i pesci d’acquario;
  • 160 specie di anfibi, tra le quali 158 specie di rane di vetro, l’Agalychnis lemur e il Laotriton laoensis, commercializzati a livello internazionale come animali domestici esotici;
  • 52 specie di tartarughe, tra cui la tartaruga matamata dell’Amazzonia (Chelus fimbriata), la tartaruga matamata dell’Orinoco (Chelus orinocensis), la testuggine alligatore, la testuggine azzannatrice, cinque specie di tartarughe geografiche a testa larga, la tartaruga rugosa rosso-coronata, la tartaruga scatola indocinese, nove specie di tartarughe dell’ordine dei Rinoclemmidini, le tartarughe della specie Claudius angustatus, 19 specie di tartarughe del fango (appartenenti al genere Kinosternon), la  la grande tartaruga di fango dell’America centrale (Staurotypus triporcatus), le tartarughe della specie Staurotypus salvinii, altre sei specie della famiglia Kinosternidae, tre specie di tartarughe dal guscio molle e la tartaruga dal guscio molle di Leith, commercializzate a livello internazionale come animali domestici esotici, per la loro carne e per altre parti del corpo destinate al consumo umano;
  • Due specie di uccelli, lo shama groppabianca (Copsychus malabaricus) e il bulbul testapaglia (Pycnonotus zeylanicus), commercializzati a livello internazionale per il commercio di uccelli canori;
  • Tre specie di oloturie, comunemente detti cetrioli di mare, commercializzati a livello internazionale per il consumo umano;
  • 25 specie di lucertole, tra cui il drago d’acqua cinese, il Cyrtodactylus jeyporensis, il geco dall’elmetto, 21 specie di lucertole cornute e lo scinco dalla lingua blu (Tiliqua adelaidensis), commercializzate a livello internazionale come animali domestici esotici.

Foto e video (creare account per il download):

FINE

Contatto:

Consegnate al Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica più di 4.000 cartoline firmate dalla popolazione italiana contro la caccia al trofeo

Humane Society International


Vincenzo Petitta, HSI/Europe

ROMA—Humane Society International/Europe ha consegnato più di 4.000 cartoline firmate da cittadini e cittadine italiani/e al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, che esortano il Ministro Gilberto Pichetto Fratin a vietare l’importazione, esportazione e ri-esportazione, verso e dall’Italia, dei trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie protette a livello internazionale. L’organizzazione per la protezione degli animali aveva lanciato nelle scorse settimane un esplicito appello alla popolazione italiana, invitandole, tramite un’apposita piattaforma, a firmare una cartolina indirizzata al Ministro Pichetto Fratin per sostenere la campagna #NotInMyWorld, in un momento politicamente cruciale per la tutela degli animali, visto l’insediamento del nuovo governo. “È ora che dall’estero si mandino cartoline, non trofei di caccia!”, questo lo slogan che accompagna la consegna delle cartoline.

La caccia al trofeo mette a rischio la conservazione di moltissime specie animali, uccise per divertimento, nonostante la loro protezione sia regolamentata dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES) a causa del calo demografico. Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato legalmente 437 trofei di caccia provenienti da specie di mammiferi protette a livello internazionale – come ippopotami, elefanti e leoni – nonostante l’86% degli Italiani si opponga a tale pratica.

La consegna delle cartoline a Roma rappresenta la più recente attività della campagna #NotInMyWorld, lanciata a settembre 2021 da HSI/Europe per sensibilizzare l’opinione pubblica e spingere i governi nazionali dell’Unione Europa ad agire contro la caccia al trofeo. La campagna chiede infatti all’UE e a tutti gli Stati Membri di introdurre un divieto di importazione di trofei di caccia ottenuti da animali elencati dalla CITES.

In Italia, la campagna ha già fatto diversi, importanti progressi, tra i quali spiccano la petizione lanciata da HSI/Europe, che ha finora raccolto più di 43.000 firme in Italia, nonché la presentazione della prima proposta di legge sull’argomento. Questa proposta di legge presentata durante la scorsa legislatura e recentemente riproposta in Parlamento, è stata elaborata per rispondere alle criticità legate al coinvolgimento dell’Italia nella caccia al trofeo, sollevate dal rapporto pubblicato nel 2021 da HSI/Europe. Il rapporto evidenzia altresì il ruolo prominente in questa pratica dell’Unione Europea, che risulta il secondo importatore mondiale di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti, compresi quelli di specie minacciate e in via di estinzione.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, ha dichiarato: “Chiediamo al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin di fare la propria parte per porre fine a questa attività crudele, dannosa e neo-coloniale, implementando in Italia un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione di trofei di caccia provenienti da specie protette. Un primo, cruciale passo per fermare il coinvolgimento dell’Italia in questa macabra pratica. In attesa che il Parlamento possa discutere e approvare la proposta di legge, già presentata nella precedente e nell’attuale legislatura, riteniamo che sia giunto il momento che il Governo italiano prenda le distanze dall’uccisione di animali a rischio e in via di estinzione, come stanno già facendo altri paesi europei e come ha recentemente chiesto anche il Parlamento Europeo. Europei e italiani si recano regolarmente all’estero per uccidere specie protette e portarne a casa parti del corpo come “souvenir” da esporre come suppellettili, tavolini, tappeti o decorazioni d’interni. È ora che dall’estero si mandino cartoline, non trofei di caccia!”

Foto della consegna delle cartoline sono disponibili al seguente link (creare account per il download)

INVITO STAMPA

Il 22 novembre p.v. alle ore 18:00 HSI/Europe e Rivista Africa – testata autorevole sulle tematiche riguardanti il continente africano – ospiteranno l’evento online “Safari – Animali nel mirino”. Metteremo a confronto punti di vista opposti sulla caccia al trofeo e ascolteremo le ragioni e le testimonianze di chi si batte ogni giorno per salvaguardare gli animali e la biodiversità dell’Africa (e non solo). Parleremo degli sforzi per la conservazione della fauna selvatica, della caccia al trofeo tra miti e realtà, delle minacce alle specie protette, del delicato equilibrio tra esseri umani e il resto del mondo animale. Programma e link per effettuare l’iscrizione gratuita.

FINE

Contatto:

Il video diffuso dalla coalizione End the Cage Age per chiedere al nuovo Governo italiano di sostenere il divieto di allevamento in gabbia, già annunciato dalla Commissione UE e richiesto da cittadini e cittadine dell’Unione europea

Humane Society International


Essere Animali

ROMA—Una nuova indagine, realizzata dal team investigativo di Essere Animali e diffusa dalla coalizione italiana End the Cage Age, documenta le condizioni di due allevamenti di quaglie situati in Lombardia e Veneto, le regioni italiane con il maggior numero di allevamenti di questa specie, fornendo un quadro molto preoccupante. Pur essendo poco conosciuto, l’allevamento di quaglie per la produzione di uova e carne coinvolge in Italia un numero di animali tutt’altro che irrisorio. Secondo la Banca Dati Nazionale del Ministero della Salute, nel 2021, nel nostro Paese, sono state macellate oltre 8,5 milioni di quaglie. 

Dalle immagini raccolte emerge che gli animali sono allevati all’interno di capannoni, rinchiusi in gabbie spoglie e prive di qualunque arricchimento ambientale, delle dimensioni di circa 1 metro di lunghezza per 0,5 metri di larghezza, disposte in serie una a fianco all’altra e su più piani. All’interno di ciascuna gabbia sono ammassate circa 50 quaglie che, una volta raggiunta la maturità sessuale, risultano avere a disposizione ognuna una superficie di soli 100 cmq, ovvero uno spazio di 10 cm x 10 cm. In tali condizioni, gli animali non possono in alcun modo muoversi liberamente e soddisfare le proprie esigenze comportamentali come correre, volare, esplorare e razzolare. Inoltre, densità elevate impediscono agli animali più deboli di trovare riparo da animali più aggressivi, provocando un aumento degli episodi di aggressività, la cui causa è da ricercare anche nella totale assenza di arricchimenti ambientali, come ad esempio un substrato dove razzolare e becchettare o in cui fare i bagni di sabbia. Le quaglie manifestano il loro disagio beccandosi o strappandosi a vicenda le penne. 

Le immagini dell’investigazione mostrano un elevato numero di quaglie prive di parte del piumaggio e alcuni animali agonizzanti o morti all’interno delle gabbie. Inoltre, ogni volta che sono spaventate, ad esempio all’entrata del personale in allevamento, le quaglie tentano di fuggire e istintivamente spiccano il volo, colpendo con la testa il piano superiore delle gabbie, la cui altezza è di soli 20 cm, e rischiando di ferirsi gravemente. Un’ulteriore problematica è causata dalla pavimentazione in rete metallica delle gabbie, che può causare agli animali malformazioni e ferite alle zampe, aumentando così il rischio di infezioni e malattie, ma anche essere una trappola mortale per i pulcini, che possono rimanere incastrati con le zampe nelle maglie della rete. 

“Non si tratta di piccole aziende familiari, gli allevamenti di quaglie sono sistemi intensivi dove gli animali vengono rinchiusi in condizioni drammatiche. È vergognoso che nel nostro Paese e in Europa simili metodi di allevamento siano ancora consentiti”, commenta la coalizione.

Attualmente non esiste una legislazione specie-specifica che tuteli le quaglie allevate per la produzione di uova o carne nell’Unione europea. Le quaglie allevate per la produzione di uova trascorrono tutti gli 8 mesi della loro in vita in gabbia, mentre quelle allevate per la carne sono macellate a 5-6 settimane di vita. Lo stress e la frustrazione che derivano da queste condizioni di stabulazione, oltre a provocare sofferenza agli animali, indeboliscono il loro sistema immunitario e aumentano la possibilità che contraggano malattie, la cui trasmissione è facilitata dall’estrema vicinanza tra individui. Le conseguenze non riguardano solo il benessere degli animali, poiché il frequente utilizzo di antibiotici somministrati negli allevamenti intensivi aumenta il rischio che patogeni, pericolosi anche per la salute umana, sviluppino resistenze ad antibiotici normalmente utilizzati in medicina umana. 

Lo scorso 30 giugno 2021, la Commissione europea si è impegnata a vietare definitivamente l’uso delle gabbie negli allevamenti entro il 2027. Entro il 2023 verrà presentata una proposta legislativa per avviare la transizione e la graduale dismissione. Un risultato straordinario ottenuto grazie ai 1,4 milioni di persone che hanno firmato l’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) End the Cage Age, la prima riguardante le condizioni degli animali negli allevamenti intensivi a raggiungere questo obiettivo. 

“Nell’Unione europea, milioni di animali allevati a scopo alimentare sono ancora rinchiusi in gabbia. È giunto il momento di vietare questo crudele metodo di allevamento. Il ruolo dell’Italia e del nuovo Governo italiano può essere fondamentale in questo importante passo di civiltà. Chiediamo a Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura e a Orazio Schillaci, Ministro della Salute di prendere una posizione netta contro l’utilizzo delle gabbie, sostenendo l’impegno preso dalla Commissione europea e le richieste dei cittadini, promuovendo anche a livello nazionale l’adozione di una normativa che ne vieti l’utilizzo”, conclude la coalizione.

Materiale: 

  • Video dell’investigazione negli allevamenti italiani di quaglie; 
  • Fotografie dell’investigazione, liberamente utilizzabili con il credit: End the Cage Age / Essere Animali. 

FINE

Note alla stampa: 

L’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age” è stata lanciata nel 2018 per chiedere la fine dell’uso di ogni tipo di gabbia per allevare animali a scopo alimentare, sostenuta da oltre 170 associazioni in 28 paesi: la più grande coalizione europea di ONG mai riunitasi. L’Iniziativa si è conclusa come da normativa europea un anno dopo, con il risultato eccezionale di 1,4 milioni di firme certificate. 

In Italia la campagna è sostenuta da 22 organizzazioni: Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, HSI/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus. 

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885 

Ripresentata la proposta di legge ispirata dalla campagna di Humane Society International/Europe per vietare l’importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie protette

Humane Society International


HSI

ROMA—Il tema della caccia al trofeo è tornato sull’agenda politica italiana con la nuova presentazione, da parte dell’On. Michela Vittoria Brambilla (Gruppo Misto), della proposta di legge volta a introdurre un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione, da e per l’Italia, dei trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie protette, ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES). Una proposta di legge dallo stesso tenore era già stata presentata nel 2021 da alcuni deputati del Movimento 5 Stelle con il supporto di Humane Society International/Europe che sta attualmente portando avanti una campagna a livello europeo sul tema. L’iniziativa dell’On. Brambilla, la prima a raccogliere il testimone in questa lotta, ha rimesso all’ordine del giorno, già nei primissimi giorni di questa nuova legislatura, un tema spesso ignorato dalla politica. Quest’iniziativa segue i segnali postivi che arrivano da Bruxelles, dove, recentemente, il Parlamento europeo  ha approvato una risoluzione che chiede di vietare in tutta l’UE l’importazione di trofei di caccia di specie protette dalla CITES.

L’On. Brambilla, che è stata Presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali durante la XVIII legislatura ed è tuttora Presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente (LEIDAA), ha presentato la proposta di legge durante la prima seduta parlamentare, il 13 ottobre 2022. Il testo proposto prevede la pena, in caso di violazione del divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie CITES, dell’arresto fino a tre anni e dell’ammenda fino a €200.000 e €300.000 in casi di recidiva, nonché della confisca dei trofei di caccia che, sentita la Commissione CITES, saranno distrutti o utilizzati a fini didattici.

Secondi i dati CITES, nel quinquennio dal 2014 al 2020, l’Unione europea, secondo importatore mondiale di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti, ha importato più di 20.000 trofei di caccia di animali appartenenti a 79 specie protette a livello internazionale, di cui 427 in Italia, inclusi ippopotami, elefanti, leoni, leopardi orsi polari e persino un rinoceronte nero (in pericolo critico di estinzione).

L’On. Michela Vittoria Brambilla, presidente di LEIDAA ha dichiarato: “Dal 14 al 25 novembre, a Panama, 184 Paesi membri della CITES esamineranno 52 proposte per aumentare o diminuire le misure di protezione di 600 specie di animali e piante selvatiche. È essenziale che l’Italia faccia la sua parte, in questa sede. Ma il nostro Paese può fare da sé molte cose per elevare il livello di protezione delle specie minacciate, ad esempio vietare l’importazione, l’esportazione e la ri-esportazione di trofei di caccia da animali come tigri, rinoceronti, ippopotami, pratica invisa all’opinione pubblica italiana e non così marginale come si potrebbe credere a prima vista, non solo per i numeri che sono significativi in un contesto di quasi-estinzione delle popolazioni animali più a rischio, ma per la natura stessa della caccia al trofeo, che sacrifica un patrimonio inestimabile al divertimento e all’esibizionismo dei cacciatori. Perciò mi auguro di raccogliere ampio consenso in Parlamento con la proposta di legge che ho depositato in questo inizio di legislatura e che porterò avanti con la massima convinzione”.

In Italia, l’importazione dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie protette perché minacciate di estinzione è tuttora legale, e questa proposta di legge volta a fermarla incontra il pieno favore della popolazione italiana. Infatti, recenti sondaggi dimostrano che l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici e il 74% è a favore di un divieto di importazione di trofei di caccia nel nostro Paese. Inoltre, la petizione #NotInMyWorld lanciata da HSI/Europe in Italia ha già raccolto più di 42.000 firme ed è dello scorso settembre la notizia che HIT Show, la più grande fiera venatoria italiana che ospitava anche operatori specializzati in caccia al trofeo, sia stata dismessa dal gruppo fieristico vicentino che la organizzava, per incompatibilità con la propria mission e con i valori ambientali.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, ha dichiarato: “È del tutto incomprensibile e irresponsabile che il nostro Paese non abbia ancora preso le distanze da questa pratica coloniale, crudele e deleteria per il futuro di moltissime specie. Per la natura competitiva che caratterizza la caccia al trofeo, gli animali presi di mira sono quelli che presentano le caratteristiche fisiche tipiche – criniera folta, zanne lunghe, corna sviluppate – di individui adulti, in piena età riproduttiva e che spesso ricoprono le funzioni di guida e protezione, quindi particolarmente importanti per la sopravvivenza e l’integrità genetica di quella specie. Un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia di specie protette in più Stati Membri dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare l’uccisione di questi animali. È giunto il momento per il Governo italiano di agire con responsabilità, come stanno già facendo altri paesi europei e come ha chiesto il Parlamento Europeo. Ringraziamo l’Onorevole Brambilla per il suo impegno politico verso questa causa.”

FINE

Contatto:

Nel Programma di lavoro presentato ieri la Commissione ha anticipato la revisione delle norme sul benessere animale al terzo trimestre del 2023, citando la campagna End The Cage Age

Humane Society International / Europa


HSI

BRUXELLES—La Coalizione italiana End the Cage Age accoglie con favore la decisione della Commissione Europea di anticipare la revisione delle norme europee per il benessere animale dal quarto al terzo trimestre del 2023, così come emerge dal programma di lavoro adottato il 18 ottobre. Un’anticipazione non irrilevante considerando che nel 2024 si terranno le prossime elezioni europee e i tempi sono quindi serrati.

“È un’ottima notizia: nonostante le pressioni delle lobby, la Commissione Europea sta dando seguito, anche in tempi più rapidi del previsto, alla propria promessa di proporre una legge contro l’uso delle gabbie negli allevamenti europei entro il 2023. L’iter legislativo europeo può richiedere diversi anni. Con le elezioni del Parlamento Europeo e le nomine dei nuovi Commissari dietro l’angolo, nel 2024, il tempo per mantenere la promessa e mettere fine all’era delle gabbie non è molto. Il fatto che la Commissione europea stia dando priorità a questo dossier prima del previsto è di ottimo auspicio” – commenta la Coalizione italiana End the Cage Age, composta da 22 organizzazioni tra cui Humane Society International/Europe.

Nel suo programma di lavoro, inoltre, la Commissione cita esplicitamente la campagna End the Cage Age, sostenuta da 1,4 milioni di cittadini europei, iniziata da Compassion in World Farming e sostenuta da oltre 170 associazioni europee di cui 22 italiane.

Oltre a porre fine all’uso delle gabbie negli allevamenti, si prevede che – tra i vari punti – la Commissione riveda le norme esistenti per proteggere pesci e pulcini maschi da metodi di macellazione crudeli e che rafforzi le norme di protezione di tutte le specie allevate e per il trasporto di animali vivi.

Una volta presentata, la proposta legislativa della Commissione dovrà essere approvata dal Consiglio dell’Unione Europea, formato dagli Stati Membri, e dal Parlamento Europeo.  L’attenzione della Coalizione ora è quindi rivolta all’Italia, che con il prossimo Governo ha un’occasione unica per fare la propria parte per milioni di animali ancora confinati in gabbia nel nostro Paese.

“È fondamentale che l’Italia sia fra i Paesi in seno al Consiglio della UE che sosterranno senza indugio gli sforzi della Commissione. Ci aspettiamo che il nuovo Governo dia pieno appoggio a questa iniziativa di civiltà, chiesta a gran voce da decine di migliaia di italiani per mettere fine una volta per tutte alle sofferenze di oltre 300 milioni di animali in Europa, di cui più di 40 milioni solo in Italia, ogni anno” – conclude la Coalizione.

FINE

Nota alla stampa:

L’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age” è stata lanciata nel 2018 per chiedere la fine dell’uso di ogni tipo di gabbia per allevare animali a scopo alimentare, sostenuta da oltre 170 associazioni in 28 paesi: la più grande coalizione europea di ONG mai riunitasi. L’Iniziativa si è conclusa come da normativa europea un anno dopo, con il risultato eccezionale di 1.4 milioni di firme certificate.

La coalizione italiana End The Cage Age è costituita da 22 organizzazioni: Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI-Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Humane Society International/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus.

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

 

La Conferenza Stato-Regioni si è espressa sullo schema di Decreto interministeriale su indennizzi e cessione degli animali, le organizzazioni animaliste non sono d’accordo

Humane Society International


Mink on a fur farm
HSI

ROMA—Mercoledì 12 ottobre, la Conferenza Stato-Regioni è stata convocata per esprimere il proprio Parere allo schema di Decreto del Ministro delle Politiche Agricole, di concerto con i Ministri della Salute e della Transizione Ecologica recante “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo a favore dei titolari degli allevamenti di visoni, volpi, cani procione, cincillà e di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia, nonché la disciplina delle cessioni e della detenzione dei suddetti animali”, e che il Ministro Stefano Patuanelli ha emanato con oltre sei mesi di ritardo. Le organizzazioni per la protezione degli animali Essere Animali, Humane Society International/Europe, LAV e LEIDAA chiedono ai Ministri competenti di non prenderla in considerazione, convinte che le proposte ivi contenute siano dannose per gli animali ancora detenuti negli allevamenti chiusi.

Nel Parere rilasciato, le Regioni di fatto ritardano la possibilità di accasamento dei visoni proponendo di rimandare ad ulteriore Decreto interministeriale la regolamentazione della sterilizzazione obbligatoria dei visoni rimasti negli allevamenti e dei requisiti strutturali e gestionali che le strutture dovranno garantire per essere ritenute idonee all’accoglimento degli animali.

“Ci appelliamo ai Ministri uscenti ma ancora direttamente competenti sino a formazione del nuovo Governo, Stefano Patuanelli, Roberto Speranza e Roberto Cingolani, affinché non diano seguito al Parere emesso dalla Conferenza Stato-Regioni ma prendano i giusti provvedimenti per dare seguito a quanto stabilito dalla Legge di Bilancio che ha vietato l’allevamento di animali per la produzione di pellicce e ha previsto l’eventuale cessione degli oltre 5.000 visoni, attualmente intrappolati in una sorta di limbo senza fine” – affermano Essere Animali, HSI/Europe, LAV e LEIDAA.

Come osservano in una nota le associazioni, la proposta di modifica allo schema di Decreto incrementa anche del 30% le varie voci di indennizzo previste per gli allevatori e sostituisce i “verbali ispettivi dell’Autorità veterinaria” finalizzati a documentare l’effettiva numerosità di visoni presenti nei singoli allevamenti, con una non ben identificata “altra documentazione ufficiale”.

Risulta inoltre problematica la previsione che “qualora si ravvisasse da parte dell’autorità competente un rischio di compromissione delle condizioni di benessere” nel periodo che intercorre tra la data di vigenza del Decreto che stanzia gli indennizzi e l’effettivo trasferimento dei visoni, “potrà essere consentita la soppressione degli animali”. Tale previsione è innanzitutto palesemente insensata poiché le gabbie degli allevatori, in cui attualmente si trovano i visoni, sono le stesse che sino allo scorso anno erano considerate idonee per stabulare gli animali per la produzione di pellicce. Inoltre, le associazioni ritengono che la previsione di abbattimento sia in violazione del Codice penale, art.544-bis, per cui “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

HSI esorta le Parti ad aumentare la protezione per ippopotami, rane di vetro, squali, leopardi, elefanti africani e rinoceronti bianchi

Humane Society International


Hippopotamus with Cattle Egret on back, in reeds at edge of River Nile at Murchison Falls National Park, Uganda

WASHINGTON—La XIX riunione della Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), si riunirà dal 14 al 25 novembre a Panama, dove i delegati dei 184 Paesi membri esamineranno 52 proposte per aumentare o diminuire le misure di protezione di 600 specie di animali e piante selvatiche. Tra le questioni principali sul tavolo, vi sono proposte di maggiore tutela per ippopotami, elefanti, rane di vetro e squali e la modifica delle quote annuali di esportazione dei trofei di caccia di leopardo.

Esperti di Humane Society International (HSI) parteciperanno all’incontro per fare pressione sui Paesi membri, affinché sostengano le proposte che potrebbero contribuire a garantire che le specie non siano ulteriormente spinte verso l’estinzione dallo sfruttamento e dal commercio internazionale di loro parti del corpo e prodotti da esse derivanti. La delegazione HSI sarà disponibile per commenti durante i lavori.

Di seguito un elenco delle specie sulle quali vi sarà un maggiore focus durante la riunione, così come altre proposte che verranno discusse:

Ippopotami: Dieci nazioni africane propongono di includere l’ippopotamo nell’Appendice I della CITES, vietando di fatto il commercio internazionale di parti e prodotti derivanti da questa specie. Gli ippopotami sono minacciati dalla perdita e dalla frammentazione del loro habitat, dai bracconieri interessati alla loro carne, pelle e all’avorio e dai cacciatori di trofei. Si prevede che gli attuali livelli di sfruttamento legale e illegale porteranno a un declino della popolazione selvatica, indicando la necessità di adottare un livello di protezione più elevato per questa specie. All’inizio di quest’anno, HSI ha pubblicato un’indagine sotto copertura sulla vendita di parti di ippopotamo negli Stati Uniti.

Adam Peyman, Director of wildlife programs di HSI, ha dichiarato: “Gli ippopotami sono considerati una specie iconica dell’Africa, eppure l’entità del commercio internazionale delle loro parti del corpo e dei prodotti che ne derivano, come zanne, denti, pelli, teschi e trofei, è sconvolgente. Esortiamo le Parti della CITES ad adottare questa proposta per garantire la fine di questo commercio. La vendita di parti di animali, insieme ad altre minacce che gravano sugli ippopotami, li sta spingendo sull’orlo dell’estinzione”.

Rane di vetro: Quattordici nazioni dell’America centrale e meridionale propongono di includere la famiglia delle rane di vetro nell’Appendice II della CITES. Dodici membri di questa famiglia sono altamente minacciati, ma è quasi impossibile distinguerli da altre specie che risultano meno minacciate, sottolineando la necessità di adottare maggiore protezione per tutte le specie di rane di vetro. L’inserimento nell’Appendice II della Convenzione fornirebbe un monitoraggio cruciale e metterebbe in atto misure per garantire che il commercio sia legale.

Grettel Delgadillo, Vicedirettrice di HSI America Latina, ha dichiarato: “Le rane di vetro, con la loro pelle traslucida, sono una famiglia di specie sorprendente. Purtroppo, è proprio questa che interessa i commercianti senza scrupoli che contrabbandano rane vive dall’America centrale e meridionale per venderle come animali domestici. È fondamentale che le Parti della CITES adottino questa proposta per arginare il commercio illegale di questi animali rari e mettere in atto un monitoraggio seriod el commercio legale, per prevenire il traffico di animali esotici, venduti come domestici”

Squali: Ci sono tre proposte per inserire nell’Appendice II diverse famiglie di squali e specie simili. Le proposte riguardano l’inserimento nell’Appendice II di squali appartenenti alla famiglia dei Carcarinidi, squali martello e pesci chitarra (imparentati con gli squali). Tutte queste specie hanno un basso tasso riproduttivo e diverse specie di ciascuno di questi gruppi sono altamente minacciate. Le pinne sono i principali prodotti che vengono commerciati a seguito della pesca di tali specie. Poiché le pinne di queste specie sono praticamente indistinguibili da quelle di altre, è necessario che tutte vengano inserite nell’Appendice II, in modo che il loro commercio a livello internazionale possa essere monitorato e legale.

Rebecca Regnery, Senior director of wildlife di HSI, ha dichiarato: “Le popolazioni di diverse specie di squali e pesci chitarra hanno registrato un declino del 70-90%. È inconcepibile che il commercio di pinne di queste specie minacciate non venga monitorato per garantirne la legalità, soprattutto perché ogni anno vengono uccisi circa 100 milioni di squali per le loro pinne. Esortiamo le Parti della CITES ad adottare le proposte di inserire gli squali appartenenti alla famiglia dei Carcarinidi, i pesci martello e i pesci chitarra nell’Appendice II prima che sia troppo tardi”.

Quote di trofei di caccia di leopardo: Sebbene il leopardo sia minacciato di estinzione e la caccia al trofeo sia una delle principali minacce alla sua sopravvivenza, le Parti della CITES hanno stabilito quote di esportazione per 12 paesi, che consentono l’esportazione annuale di un massimo di 2.648 trofei o pelli di leopardo. Queste quote controverse non sono basate su dati scientifici.  Due paesi, il Kenya e il Malawi, chiedono l’eliminazione delle loro quote, mentre l’Etiopia chiede che la sua quota annuale venga ridotta da 500 a 20 leopardi. Tuttavia, questo lascia nel mirino i leopardi dei restanti nove paesi, tra cui Tanzania e Zimbabwe che hanno una quota oltraggiosa di 500 leopardi per nazione.

Proposte per i rinoceronti bianchi meridionali e gli elefanti africani: HSI esorta i Paesi membri a opporsi a una pericolosa proposta che ridurrebbe la protezione CITES per i rinoceronti bianchi meridionali in Namibia, gravemente minacciati dai bracconieri interessati al loro corno. Se adottata, la proposta allenterebbe il controllo sul commercio internazionale dei trofei di caccia di questa specie. Inoltre, HSI sostiene una proposta per aumentare la protezione CITES degli elefanti africani in Botswana, Namibia, Zimbabwe e Sudafrica, che aumenterebbe la regolamentazione del commercio internazionale di trofei di caccia. Visti i gravi e permanenti impatti della caccia al trofeo sulla sopravvivenza delle specie, è imperativo che i Paesi membri limitino il commercio mondiale dei trofei di caccia delle specie elencate nella Convenzione.

Sarah Veatch, Director of wildlife policy di HSI, ha dichiarato: “La CITES è il meccanismo di controllo internazionale per il commercio tra i Paesi membri, dei trofei di caccia di leopardi, elefanti, rinoceronti, leoni e moltissimi altri animali. Trattandosi di trofei “ambiti”, è indispensabile che i membri adottino un approccio precauzionale. Le quote basate su dati obsoleti, inaffidabili o su metodi imprecisi sono inaccettabili e devono essere invalidate. Le Parti della CITES hanno l’opportunità di dare a queste specie le protezioni e la supervisione necessarie per evitarne lo sfruttamento; le invitiamo ad agire prima di raggiungere un punto di non ritorno”.

I membri della delegazione di Humane Society International alla CITES sono:

  • Jeff Flocken, Presidente HSI
  • Rebecca Regnery, HSI senior director wildlife, Stati Uniti.
  • Madison Miketa, HSI wildlife scientist, Stati Uniti.
  • Sarah Veatch, HSI director, wildlife policy, Stati Uniti.
  • Sophie Nazeri, HSI wildlife program coordinator Stati Uniti.
  • Grettel Delgadillo, Vicedirettrice HSI/America Latina, Costa Rica
  • Lawrence Chlebek, biologo marino, HSI Australia
  • Mai Nguyen, wildlife program manager, HSI in Vietnam

FINE

Contatto: Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia: emheinen.hsi@gmail.com

 

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