L’obbiettivo delle autorità è combattere la diffusione della rabbia e la crudeltà verso gli animali

Humane Society International


Khalisya Anjani/Dog Meat Free Indonesia

GIACARTA—L’attrice hollywoodiana Kim Basinger, il comico Ricky Gervais e l’attore britannico Peter Egan si sono uniti agli attivisti della coalizione Dog Meat Free Indonesia (DMFI) per celebrare la notizia che la capitale dell’Indonesia, Giacarta, ha vietato il commercio di carne di cane e gatto. Le star hanno inviato un video messaggio dopo che il Dipartimento per la Sicurezza Alimentare e l’Agricoltura ha confermato che Giacarta è diventata la ventunesima giurisdizione in Indonesia a vietare il commercio di carne di cane e gatto. La decisione arriva in risposta a un’intensa campagna di DMFI, che ha denunciato la grave crudeltà sugli animali e i rischi per la salute umana derivanti da malattie zoonotiche come la rabbia.

In tutta l’Indonesia, più di un milione di cani e innumerevoli gatti vengono uccisi ogni anno per la loro carne. La maggior parte di loro sono animali randagi o d’affezione rubati e trafficati illegalmente verso i centri dove c’è maggiore richiesta. Molti muoiono durante il viaggio a causa di colpi di calore, della disidratazione o delle ferite riportate durante la cattura e il trasporto. Quelli che sopravvivono vengono portati in macelli improvvisati dove vengono uccisi a bastonate di fronte agli altri cani. Le indagini di DMFI indicano che a Giacarta circa 9.520 cani al mese, o 340 cani al giorno, vengono uccisi per il consumo umano.

Lola Webber, Direttrice delle campagne per porre fine alla carne di cane di Humane Society International, membro di DMFI, ha affermato: “Il divieto al commercio di carne di cane e gatto nella capitale indonesiana Giacarta è estremamente significativo, non solo per le migliaia di animali uccisi ogni anno in questa città, ma anche perché riconosce che questo business crudele ha il potenziale di diffondere la rabbia. Lo status di città senza rabbia di Giacarta è messo a rischio ogni giorno dal perdurare del commercio di carne di cane, che ogni giorno porta in città animali di cui non si conosce lo stato di salute. Ci auguriamo che il Governo indonesiano faccia il passo successivo, vietando definitivamente questo terribile commercio, in modo che nessun altro cane o gatto debba più subire questa crudeltà in futuro”.

Il divieto è stato annunciato ufficialmente dal Dipartimento per la Sicurezza Alimentare e l’Agricoltura di Giacarta. Ibu Ir. Suharini Eliawati M.Si, capo del Dipartimento, ha dichiarato: “I progressi attuali consistono nella formazione di un regolamento alimentare per vietare il commercio di carne di cane e l’emissione di una direttiva del Governatore. Il piano prevede anche di educare le persone a non consumare carne di cane e a essere proprietari responsabili degli animali”.

Un rappresentante della Polizia di Giacarta ha dichiarato: “Siamo molto favorevoli e pronti ad aiutare a familiarizzare venditori e bancarelle che ancora vendono carne di cane con questa direttiva. Questo deve essere fatto in modo che i commercianti abbiano il tempo di trovare un lavoro alternativo”.

La notizia è stata accolta favorevolmente da alcune celebrità come l’attrice Kim Basinger, il comico Ricky Gervais e l’attore britannico Peter Egan, che attraverso dei videomessaggi hanno ringraziato le autorità di Giacarta.

Kim Basinger ha detto: “Grazie al governatore Heru per aver compiuto questo passo coraggioso e potente per vietare il crudele e pericoloso commercio di carne di cane a Giacarta. Le sue azioni inviano un messaggio molto chiaro: i cani non sono cibo. Queste leggi che vietano la carne di cane avranno un forte impatto, proteggendo sia gli animali che le persone. I cani sono un vero dono per tutti noi, sono nostri leali compagni e devono essere protetti dal commercio incredibilmente crudele della loro carne”.

Ricky Gervais ha affermato: “Vorrei aggiungere la mia voce a quella di milioni di altre persone che chiedono di vietare il commercio di carne di cane in Indonesia. Il messaggio è chiaro: i cani non sono cibo”.

Peter Egan ha dichiarato: “Grazie al governatore Heru per la leadership e compassione dimostrata nel prendere provvedimenti per vietare il commercio di carne di cane a Giacarta. Le sue azioni proteggeranno gli animali e salvaguarderanno la salute e il benessere delle comunità. Mi unisco a milioni di altre persone che chiedono di vietare il commercio di carne di cane in tutta l’Indonesia per proteggere decine di migliaia di cani da crudeltà inimmaginabili e anche per celebrare la grande compassione e la bellezza naturale e culturale dell’Indonesia.”

Karin Franken, Coordinatrice nazionale della coalizione DMFI, ha accolto con favore la notizia: “A nome della coalizione Dog Meat Free Indonesia e dei milioni di cittadini indonesiani che hanno a cuore cani e gatti, vorrei esprimere il nostro più profondo apprezzamento per l’adozione di queste misure volte a salvaguardare la salute e il benessere di persone e animali. Il divieto di Giacarta è un esempio da seguire per altre giurisdizioni e contribuirà a sensibilizzare l’opinione pubblica sui gravi rischi e sulle sofferenze animali legate a questo commercio.”

Il divieto è stato pubblicato dal Servizio di Sicurezza Alimentare, Marittima e della Pesca di Giacarta con la Lettera d’appello numero 4493/-1823.55 che limita il traffico di animali che trasmettono la rabbia e di prodotti animali non alimentari, per motivi di tutela della salute pubblica. Il provvedimento riguarda la cosiddetta Area speciale della città di Giacarta, l’area metropolitana più popolosa dell’Indonesia, che comprende la capitale, cinque città satellite e tre reggenze complete, tra cui parti delle province occidentali di Giava e Banten.

ALCUNI DATI:

  • Un sondaggio Nielsen del gennaio 2021, commissionato da DMFI, ha rivelato che il 93% degli indonesiani è favorevole a un divieto nazionale e solo il 4,5% ha mai consumato carne di cane.
  • Il commercio di carne di cane è ora vietato in 21 città e reggenze dell’Indonesia: Karanganyar, Sukoharjo, Semarang, Blora, Brebes, Purbalingga, Mojokerto, Temanggung, Jepara e Magelang; Salatiga, Malang, Semarang, Magelang, Blitar, Mojokerto, Medan, Surabaya e Giacarta.
  • Oltre alle 21 località indonesiane, in tutta l’Asia il commercio, la macellazione, la vendita e il consumo di cani sono vietati o terminati anche a Taiwan, Hong Kong, nelle Filippine, in Tailandia e in due grandi città della Cina continentale. In Corea del Sud una task force istituita dal governo sta attualmente valutando un divieto. Il presidente Yoon Suk-yeol ha dichiarato che non si opporrebbe a un divieto sulla carne di cane, a patto che ci sia un consenso sociale, e la first lady Kim Keon-hee ha parlato pubblicamente del suo desiderio di porre fine al consumo di carne di cane.
  • Dog Meat Free Indonesia è una coalizione di organizzazioni nazionali e internazionali per la protezione degli animali che comprende Jakarta Animal Aid Network, Animal Friends Jogja, Humane Society International, Animals Asia e FOUR PAWS. La coalizione denuncia la brutalità di questo business e si batte per la sua messa al bando a causa della crudeltà che infligge agli animali e dei rischi per la salute pubblica.

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

In vendita cacce non autorizzate al leone allevato in cattività, centinaia di battute a rinoceronti, leopardi, elefanti; riscontrate potenziali violazioni di legge e dell’etica venatoria; trovati prodotti realizzati con pelli e artigli

Humane Society International


HSUS

ROMA—Una scioccante indagine sotto copertura pubblicata da Humane Society of the United States (HSUS) e da Humane Society International (HSI) ha messo in luce l’ipocrisia con cui l’industria della caccia al trofeo promuove l’uccisione di specie in pericolo. La convention del Safari Club International (SCI), tenutasi a Nashville, Tennessee, USA, dal 22 al 25 febbraio, ha ospitato oltre 850 espositori provenienti da più di 140 Paesi che vendevano cacce al trofeo e prodotti realizzati con pelli e artigli di animali. L’evento ha portato al SCI circa 6 milioni di dollari, fondi che servono a promuovere le sue attività di lobbying a livello globale volte a far decadere le leggi e i regolamenti che proteggono le specie vulnerabili dalla caccia al trofeo, compreso l’Endangered Species Act americano.

L’UE è il secondo più grande importatore di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti; i cacciatori di trofei europei possono importare legalmente i loro sanguinosi souvenir. Nell’ambito della campagna europea #NotInMyWorld, Humane Society International/Europe chiede ai governi degli Stati Membri dell’UE, compreso quello italiano, l’immediato divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione di trofei di caccia, ottenuti da specie protette a livello internazionale.

Questa convention annuale è uno dei più importanti eventi di vendita di viaggi di caccia al trofeo al mondo. Sono state offerte cacce al trofeo in almeno 65 Paesi, la maggior parte delle quali in Sudafrica, Canada, Namibia, Zimbabwe e Nuova Zelanda. Quasi 100 aziende hanno offerto battute di caccia all’elefante, almeno 115 al leopardo, 98 al leone e alla giraffa, 89 all’ippopotamo e 39 al rinoceronte. Sui siti web degli espositori erano offerti anche animali in pericolo di estinzione, come l’elefante africano di foresta e il rinoceronte nero, oltre ad animali in cattività come l’orice scimitarra, una specie classificata come estinta in natura e allevata quasi esclusivamente per la caccia al trofeo.

L’indagine ha rivelato che le battute di caccia venivano vendute a partire da 2.500 dollari fino ad arrivare alla cifra di 143.000 dollari, con la possibilità di “aggiungere” altri animali oltre agli obiettivi principali. La maggior parte delle battute di caccia ai carnivori africani erano pubblicizzate con “esche incluse”, una pratica che utilizza carcasse di altri animali, come impala e zebre, o altri oggetti per attirare le specie bersaglio, violando l’etica della caccia leale e causando problemi di conservazione, in quanto attira gli animali dalle aree protette alle zone di caccia.

Tra i risultati più rivelatori dell’indagine c’è una conversazione registrata con un espositore che ha incoraggiato l’investigatore a programmare una caccia al rinoceronte bianco prima che sia troppo tardi, poiché la specie è sull’orlo dell’estinzione. Ha dichiarato: “Il rinoceronte è quello che verrà escluso presto dall’importazione negli Stati Uniti a causa della diminuzione del numero di esemplari… e se vuoi qualcosa di africano, devi prendere il rinoceronte il prima possibile”.

Gli espositori hanno anche parlato di “aggirare le regole” e di infrangere le politiche per concludere una vendita. Un venditore ha violato la policy della Convenzione contro la promozione della caccia al leone in cattività, una pratica crudele e insensata condannata dai governi sudafricano e statunitense e da molti altri. Ha detto all’investigatore: “Si possono cacciare… leoni allevati in cattività in Sudafrica, perché in questo modo non si ha un impatto sui leoni selvatici… ma loro… catturano i loro animali; sono più selvatici che mai”. Un altro ha detto all’investigatore di HSUS/HSI: “… abbiamo cacciatori che non possono proprio camminare… facciamo un piccolo strappo alle nostre regole e spariamo dal camion… non abbiamo problemi”. La caccia da un veicolo è illegale in molti luoghi perché viola l’etica della caccia leale e comporta numerosi rischi per la sicurezza.

Kitty Block, Presidente e Amministratrice delegata di Humane Society of the United States, ha dichiarato: “Nonostante la crescente indignazione da parte dell’opinione pubblica per la caccia al trofeo, la convention del Safari Club International continua a celebrare l’uccisione insensata di animali, per farne nient’altro che oggetti e trofei impagliati. Che sia chiaro: Questa è un’industria che mette a rischio la fauna selvatica più minacciata ed ecologicamente importante. In quanto uno dei maggiori mercati al mondo per i trofei di caccia ottenuti da specie in pericolo, il governo degli Stati Uniti ha la responsabilità di porre fine alle importazioni di questi trofei”.

Jeff Flocken, Presidente di Humane Society International, ha dichiarato: “Animali come elefanti, rinoceronti e leopardi svolgono ruoli cruciali nei rispettivi ecosistemi, con molte altre specie che dipendono dal delicato equilibrio che forniscono. Purtroppo, questi stessi animali sono anche molto ambiti dai cacciatori di trofei, che spesso prendono di mira gli individui più grandi di una specie, indebolendo il pool genetico e persino causando il crollo di piccole popolazioni. Nel mezzo di questa crisi della biodiversità, in cui oltre un milione di specie rischiano l’estinzione, la comunità globale deve impegnarsi a proteggere gli animali selvatici evitando pratiche crudeli come la caccia ai trofei”.

Al convegno sono stati offerti centinaia di articoli di lusso e customizzabili, tra cui set di valigie in pelle di elefante che vanno dai 10.000 ai 18.000 dollari e gioielli realizzati con artigli di leopardo. Sia gli elefanti che i leopardi africani sono coperti dall’US Endangered Species Act. Gli espositori hanno anche offerto cappotti di lince per 14.000 dollari e borse di zebra per 2.350 dollari. Diversi venditori hanno esposto o messo in vendita oggetti ricavati da specie in pericolo, in potenziale violazione della legge statunitense. In uno stand, ad esempio, un’azienda di tassidermia ha pubblicizzato i propri servizi esponendo corni di un rinoceronte nero, una specie a rischio di estinzione, nonostante la legge dello Stato del Tennessee proibisca l’uso commerciale delle specie in pericolo.

Tra i viaggi di caccia messi all’asta c’erano una caccia al leone, al leopardo e a diverse specie di ungulati in Zambia, del valore di 143.000 dollari; una caccia all’orso bruno, all’ariete di Dall, all’alce, all’orso nero e al caribù in Alaska, dal costo di 100.000 dollari; una caccia al rinoceronte bianco in Sudafrica per 100.000 dollari; una caccia in scatola (“canned hunting”) all’antilope bongo in Texas, valutata 41.870 dollari e una caccia all’orso polare venduta per 100.000 dollari.

Materiale stampa dell’investigazione:

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Contatto:

I cani saranno trasferiti negli Stati Uniti in cerca di adozione mentre l’allevatore Yang coltiverà cavoli e altri ortaggi

Humane Society International


 Jean Chung/HSI

SEUL―Nella provincia sudcoreana del Chungcheong, l’allevatore di carne di cane Yang (73), è il più recente ad aver aderito al programma Models for Change di Humane Society International/Korea, realizzato dall’organizzazione internazionale per la protezione degli animali, nell’ambito degli sforzi volti a porre fine all’industria della carne di cane nel Paese. Grazie alla collaborazione con HSI/Korea, il signor Yang sta terminando la sua attività da allevatore di cani e sta compiendo la transizione verso la coltivazione di cavoli e altri ortaggi. I quasi 200 cani e cuccioli del suo allevamento, inizialmente destinati al macello, saranno invece trasferiti negli Stati Uniti dove inizierà la ricerca di famiglie adottive.

La chiusura arriva in un momento di crescente sostegno pubblico e politico per porre fine all’industria della carne di cane. L’anno scorso, infatti, la First Lady Kim Keon-hee si è espressa pubblicamente a favore di un divieto. Inoltre, gli ultimi sondaggi dimostrano che la maggior parte dei sudcoreani (85%) non mangia carne di cane e il 56% è favorevole a un divieto. Nel dicembre 2021, il Governo ha formato una task force per presentare raccomandazioni sulla questione ma, a seguito di ripetuti ritardi, HSI/Korea sta sollecitando il Governo ad avviare un programma di dismissione ispirato a Models for Change.

Il signor Yang ha allevato cani destinati al consumo umano per 27 anni nella città di Asan-si. Ora è d’accordo sul fatto che la soluzione migliore per l’industria della carne di cane in Corea del Sud sia la dismissione e lui stesso vuole abbandonare questa attività. Il suo allevamento, a differenza di molti altri nel Paese, è legalmente registrato, ma egli ritiene che non abbia futuro.

Yang ha affermato: “Nei primi anni dell’industria, nessuno denunciava gli allevamenti di cani da carne per violazioni o disapprovava l’industria. Ma con il passare del tempo, sono apparsi gruppi animalisti come HSI/Korea; il mondo sta cambiando, così come il popolo coreano. Sono un membro dell’associazione degli allevatori di cani e so come sta andando la Dog Meat Task Force. Il risarcimento e il periodo di transizione sono i problemi attuali. Ma a prescindere dalle raccomandazioni della Task Force, avevo comunque intenzione di lasciare il settore tra qualche anno; quindi, quando ho parlato con HSI/Korea ho capito che era una buona occasione per mollare subito. Ho intenzione di continuare a coltivare cavoli e di condividere i miei raccolti con la popolazione locale. HSI salverà gli animali e io aiuterò la gente con i miei cavoli”.

Lanciato nel 2015, Models for Change vede HSI/Korea collaborare con gli allevatori che, come il signor Yang, vogliono uscire dal settore e aiutarli a passare a mezzi di sostentamento alternativi e umani.

Sangkyung Lee, responsabile della campagna End Dog Meat di HSI/Korea, ha dichiarato: “Molti dei cani di questo allevamento sono chiaramente traumatizzati dall’esperienza vissuta e avranno bisogno di amore e pazienza per iniziare a guarire. Allevatori come il signor Yang sono il simbolo del cambiamento in Corea del Sud, perché una nuova generazione di amanti degli animali come me non vuole che questa sofferenza continui. Spero che il Governo ci ascolti; il nostro programma Models for Change sta dimostrando che c’è un desiderio di cambiamento e una via per un futuro in cui i cani sono solo amici, non cibo”.

Questo è il diciottesimo allevamento di cani da carne chiuso definitivamente da HSI/Korea. Dall’inizio del programma oltre 2.700 cani sono stati salvati e hanno trovato famiglie adottive negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e, in piccola parte, in Corea del Sud.

Il signor Yang è felice che i cani del suo allevamento abbiano ora la possibilità di un nuovo futuro. Ha dichiarato: “Lavorando con HSI/Korea sono rimasto sorpreso e illuminato dal modo in cui il team interagisce con i cani. Anche con i vestiti ricoperti di escrementi di cane, continuavano a sorridere e a parlare gentilmente con i cani senza alcun dispiacere. Sono rimasto un po’ scioccato. Ho capito che HSI attribuisce agli animali un valore molto più alto di quello che facessi io, che ho avuto a che fare con i cani per quasi 30 anni. Sono felice che questi cani vadano in un buon posto e non mi fa piacere vederli morire. Mi dispiace per loro”.

Alcuni dati:

  • Si stima che fino a un milione di cani siano allevati e confinati, in condizioni spaventose, in migliaia di allevamenti in tutta la Corea del Sud, per essere uccisi e destinati al consumo umano.
  • I cani soffrono immensamente sia fisicamente che psicologicamente, trascorrendo la loro intera vita in piccole gabbie di filo metallico, senza cibo, acqua, stimoli, comfort, riparo o cure veterinarie adeguate. La morte avviene per elettrocuzione.
  • HSI/Korea è la sede di Seoul dell’organizzazione internazionale per la protezione degli animali Humane Society International che si batte in tutta l’Asia (Cina, Indonesia, Corea del Sud, India e Vietnam) per porre fine al commercio di carne di cane.

Foto e video della chiusura dell’allevamento e del salvataggio (creare account per il download).

Foto e video delle operazioni pre-salvataggio (creare account per il download).

Pagina di donazione per sostenere gli sforzi di HSI

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International/Europe accoglie con favore le interrogazioni parlamentari a seguito della risoluzione del Parlamento Europeo che sollecita il divieto di importazione in tutta l'UE di trofei di caccia di specie regolamentate dalla CITES

Humane Society International


I sostenitori di HSI-Italia in piazza per dire basta alle importazioni di trofei di caccia

ROMA—In occasione del World Wildlife Day, l’Intergruppo Parlamentare per i Diritti degli Animali, ha presentato due interrogazioni parlamentari gemelle (una alla Camera dei Deputati e l’altra al Senato della Repubblica) rivolte al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica in merito alla necessità di introdurre un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione, da e per l’Italia, dei trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie protette, ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES).

Humane Society International/Europe (HSI/Europe) accoglie favorevolmente l’iniziativa sostenuta da numerosi onorevoli, senatori e senatrici, appartenenti a buona parte dell’arco parlamentare e attende una sollecita risposta dal Ministero, che dichiari se intende seguire le sollecitazioni del Parlamento europeo e l’esempio di altri paesi europei e vietare l’importazione di questi trofei di caccia che minacciano la sopravvivenza di molte specie in pericolo.

Infatti, a ottobre 2022, tramite una propria risoluzione, il Parlamento Europea ha esortato la Commissione e gli Stati Membri ad “adottare misure efficaci immediate nel quadro degli impegni delineati nella strategia dell’UE sulla biodiversità al fine di vietare l’importazione di trofei di caccia derivati da specie elencate nella CITES”. Tra il 2014 e il 2020, come riportato dai dati pubblicamente consultabili nel database CITES, i cacciatori di trofei hanno importato legalmente in Italia ben 437 trofei di caccia provenienti da specie di mammiferi protette a livello internazionale – come ippopotami, rinoceronti, elefanti, leoni, leopardi, orsi polari e moltissimi altri. Un simile divieto incontrerebbe il favore del 74% della popolazione italiana, come rivelano i risultati del sondaggio commissionato da HSI/Europe.

HSI/Europe, ha lanciato nel 2020 la campagna #NotInMyWorld, per fermare il coinvolgimento dell’Italia nella caccia al trofeo e ha già collaborato alla presentazione di una proposta di legge nel 2021 e una nel 2022, nonché di due emendamenti alla legge di bilancio a dicembre 2021 e 2022, nessuno dei quali, purtroppo, tradottosi in norme cogenti, sono entrati in vigore. Tali proposte non solo prevedevano un simile divieto per tutte le specie protette ai sensi della CITES, ma anche specifiche pene per la violazione e la confisca dei trofei, nonché lo stanziamento di fondi per la formazione delle Forze di Polizia, finalizzata al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di dette specie. Inoltre, a novembre 2022, l’organizzazione internazionale per la protezione degli animali, aveva rivolto un appello diretto al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, senza però ricevere riscontro.

L’Onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell’ambiente, dichiara: “Diversamente da quanto si potrebbe credere a prima vista, l’importazione, l’esportazione e la riesportazione di trofei di caccia da animali come tigri, rinoceronti, ippopotami, non è una pratica così marginale nel nostro Paese. Si tratta di numeri significativi in un contesto di quasi-estinzione delle popolazioni animali più minacciate, a maggior ragione se si considera che un patrimonio inestimabile potrebbe scomparire per futili motivi come il divertimento e l’esibizionismo dei cacciatori. Perciò chiedo che il governo intervenga con iniziative legislative e con il massimo impegno nelle sedi internazionali competenti per mettere fine a questa pratica anacronistica, peraltro invisa alla maggioranza della popolazione italiana”.

La Senatrice Dolores Bevilacqua del Movimento 5 Stelle afferma: “Con le nostre interrogazioni chiediamo con forza al Ministro di porre un freno a questa pratica crudele e neocoloniale, ascoltando la voce dei cittadini che si oppongono all’uccisione di animali con il solo scopo di «abbellire» il proprio salotto. Si tratta, per di più, di specie protette da norme internazionali e nazionali. Per limitare questa barbara e insensata pratica al Ministro basta solo indicare ai propri uffici di non rilasciare più licenze di importazioni. Ci auguriamo che lo faccia al più presto”.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI, dichiara: “È giunto il momento per il Governo italiano di agire con responsabilità, come ha chiesto il Parlamento Europeo. Sulla scia di Paesi Bassi, Francia e Belgio, da ultimo, nell’aprile 2022, anche il Ministero dell’Ambiente tedesco ha annunciato l’intenzione di restringere l’importazione di trofei di caccia, seguito dal Ministero dell’Agricoltura del medesimo paese che solo qualche settimana fa si è espresso pubblicamente contro la caccia al trofeo. Anche altri Stati Membri stanno attivamente valutando proposte per limitare o vietare l’importazione di trofei di caccia ed è ora che l’Italia si unisca a loro. Accogliamo pertanto con favore le interrogazioni parlamentari presentate alla Camera e al Senato e ci auguriamo che riceveranno pronta e adeguata risposta dal Ministro Fratin per contrastare efficacemente l’uccisione insensato di animali protetti”.

Cronologia dell’attività politica:

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Contatti:

Humane Society International


Homeless Animal Protection Society

ROMA—Humane Society International (HSI) ha inviato una squadra di soccorso in Turchia per aiutare migliaia di cani, gatti e altri animali colpiti dal devastante terremoto di magnitudo 7,8.

Da ieri e per le prossime settimane, l’Unità di soccorso animali di HSI, che viene mobilitata in caso di catastrofi, è in Turchia per assistere i gruppi locali nelle operazioni di primo soccorso degli animali feriti, nell’allestimento di ospedali veterinari da campo come, per esempio, ad Antakya, per ampliare la capacità di intervento nell’area e per distribuire cibo, acqua e forniture veterinarie di prima necessità. La squadra è composta da personale formato proveniente da Europa, Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Colombia e India.

HSI ha inoltre fornito fondi emergenziali al gruppo di soccorso locale Yuk Hayvanlarani Koruma Ve Kurtama Dernegi (Working Animals Rescue Foundation), consentendogli di inviare veterinari e veicoli d’intervento per portare forniture veterinarie e soccorso agli animali e alle persone che ne hanno più bisogno.

L’intervento di HSI viene guidato da Kelly Donithan, Direttrice dell’Unità di emergenza di HSI ed esperta soccorritrice, già attiva per portare aiuto agli animali colpiti dai passati disastri in Australia e Africa, a Beirut e nei Paesi vicini all’Ucraina. Nei giorni scorsi, Donithan è stata in costante contatto con i gruppi locali che stimano che centinaia di animali abbiano probabilmente perso la vita, in aggiunta alle decine di migliaia di persone tragicamente uccise dal terremoto. Migliaia di cani e gatti, equini e animali da allevamento hanno attualmente disperato bisogno di aiuto.

Donithan afferma: “Il terremoto ha portato devastazione e la tragica perdita di vite umane e animali. La squadra di emergenza di Humane Society International sta accorrendo per aiutare i gruppi locali. Alcuni animali vengono ancora estratti vivi dalle macerie, ma non sappiamo per quanto tempo ancora potranno reggere quelli invece sepolti. Inoltre, migliaia di cani e gatti salvati hanno urgente bisogno di cure veterinarie per far fronte a ferite, shock, disidratazione e malnutrizione. Diversi rifugi per animali nella zona colpita sono stati distrutti e HSI aiuterà anche a trasferire in sicurezza i loro animali, oltre a distribuire cibo, acqua e forniture veterinarie vitali laddove sono più necessarie. È straziante vedere persone e animali che subiscono l’impatto fisico e psicologico di un disastro di questa portata e noi vogliamo aiutare in ogni modo possibile”.

HSI interviene in caso di disastri in tutto il mondo per assistere gli animali e le comunità in difficoltà. In passato è intervenuta per fornire cure d’emergenza agli animali colpiti da eruzioni vulcaniche in Guatemala, terremoti mortali in Nepal, Ecuador e Messico, uragani, inondazioni improvvise e cicloni in India, Haiti e Mozambico, incendi boschivi in Australia e Cile, oltre ad aver aiutato i rifugiati e i loro animali domestici in fuga dalla guerra in Ucraina.

È possibile donare al fondo per le emergenze di HSI per permetterci di fornire aiuti vitali e finanziare gli interventi delle nostre squadre in situazioni emergenziali come questa:

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Contatto:

Le aste per la caccia al trofeo e altri prodotti porteranno una cifra stimata in 6 milioni di dollari per finanziare il continuo massacro di specie

Humane Society International


HSUS

ROMA—La prossima settimana, a Nashville, nel Tennessee, migliaia di cacciatori si riuniranno alla conferenza annuale del Safari Club International (SCI), con oltre 850 espositori provenienti da più di 30 Paesi. Il SCI è una delle più grandi associazioni venatorie del mondo, con rappresentanza lobbistica in oltre 100 Paesi. Più della metà di questi espositori saranno guide e organizzatori di viaggi di caccia al trofeo in danno ad alcune delle specie più minacciate al mondo, come elefanti e leoni, le cui popolazioni sono in declino globale. Durante l’evento, che si svolgerà dal 22 al 25 febbraio, saranno vendute e pubblicizzate anche battute di caccia ad altri animali statunitensi e autoctoni di altre regioni, tra cui leopardi, orsi polari, rinoceronti, ippopotami, lupi e orsi grizzly. Tra gli espositori anche coloro che venderanno gioielli, ninnoli e decorazioni realizzati con parti di questi e altri animali.

Quest’anno si stima che le aste porteranno al SCI quasi 6.000.000 di dollari per finanziare le proprie attività di lobby, che mirano alla riduzione delle protezioni attualmente previste dalla legge statunitense sulle specie minacciate di estinzione e alla promozione della caccia ai trofei.

Kitty Block, Presidente e amministratrice delegata di Humane Society of the United States, ha dichiarato: “Mentre la stragrande maggioranza degli americani disdegna la caccia ai trofei, il Safari Club International continua a raccogliere fondi sulla pelle di maestosi animali in tutto il mondo. Sia che si metta all’asta un viaggio di caccia da 100.000 dollari per uccidere orsi grizzly, alci e altre specie amate in Alaska, o da 143.000 dollari per cacciare leoni e leopardi in Zambia, il SCI trasforma animali selvatici minacciati, come elefanti e rinoceronti, in macabri oggetti che non valgono nulla di più di un trofeo da appendere alla parete. Sparare agli animali non solo causa loro immense sofferenze, ma distrugge le loro famiglie. Nashville dovrebbe rifiutare questa disgustosa glorificazione di una pratica che uccide e distrugge per puro divertimento”.

Humane Society of the United States e Humane Society International hanno analizzato tutti gli oggetti all’asta della prossima convention del 2023, che comprenderà oggettistica di vario tipo e battute di caccia al trofeo. L’analisi ha rilevato che:

  • Verranno messi all’asta circa 350 viaggi di caccia al trofeo per l’uccisione di 870 mammiferi negli Stati Uniti e all’estero, per un valore di circa 6 milioni di dollari.
  • Tra gli animali presi di mira ci sono elefanti, leoni, rinoceronti, leopardi, orsi polari, ippopotami, lupi, orsi grizzly, giraffe e linci.
  • Il valore di queste battute varia da 2.500 dollari per una caccia al cinghiale in California a 143.000 dollari per una caccia di 21 giorni a leoni, leopardi e altri animali selvatici in Zambia.
  • Altre battute internazionali includono una caccia grossa di 5 giorni in Nuova Zelanda del valore di 120.000 dollari, una caccia al rinoceronte bianco di 7 giorni in Sudafrica del valore di 100.000 dollari e una caccia al leopardo, al bufalo africano e ad altri ungolati selvatici di 14 giorni in Tanzania del valore di 85.000 dollari.
  • Tra le offerte c’è anche una caccia all’orso bruno e nero in Alaska di 10 giorni in compagnia del governatore dell’Alaska Mike Dunleavy, per un valore di 29.500 dollari.
  • Tra le principali destinazioni di caccia figurano Sudafrica, Canada, Spagna, Argentina e Nuova Zelanda.
  • Tra gli altri oggetti messi all’asta vi sono: un cappello di castoro tempestato di rubini del valore di 5.000 dollari; una coperta di volpe blu del valore di 30.000 dollari; una pelliccia di volpe argentata a figura intera del valore di 18.000 dollari; un giubbotto di visone del valore di 10.000 dollari; un cappotto di baby alpaca del valore di 2.100 dollari; una borsa in “autentica zebra delle pianure” del valore di quasi 800 dollari; un coltello con manico in osso di giraffa del valore di 2.400 dollari; e oltre 50 pacchetti di armi del valore di oltre 425.000 dollari.

Jeffrey Flocken, Presidente di Humane Society International, ha dichiarato: “È inconcepibile che le vite di questi animali da tutto il mondo, vengano vendute e messe all’asta a ricchi cacciatori d’élite. Il fatto che molte delle specie prese di mira dai cacciatori di trofei potrebbero scomparire nel corso della nostra vita è sconfortante. In poche parole, gli animali e il mondo naturale meritano di meglio.”

La convention annuale è una delle principali fonti di finanziamento del SCI per le sue estese attività di lobby, volte a estendere la stagione venatoria, eliminare le protezioni statali e federali statunitensi, fondamentali per la tutela della fauna selvatica in pericolo di estinzione, e a rendere più facile per i cacciatori importare trofei di caccia. In qualità di maggiore importatore mondiale di trofei di caccia di mammiferi regolamentati dalla CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione), gli Stati Uniti hanno importato oltre 72.600 trofei di caccia tra il 2014 e il 2018, di cui oltre 10.000 ottenuti da specie elencate come minacciate o in pericolo di estinzione dall’Endangered Species Act statunitense. Inoltre, l’anno scorso, il SCI avrebbe speso oltre 1.000.000 di sterline per fare pressione sul Regno Unito, contro una proposta di legge che avrebbe vietato l’importazione di trofei di caccia di specie regolamentate come leoni, leopardi, elefanti e lupi.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, afferma: “Convention di questo tipo sono spettacoli vergognosi di disprezzo della fauna selvatica e della biodiversità globale. Oltre gli Stati Uniti, solo qualche settimana fa a Dortmund si è tenuta “Jagd&Hund”, la più grande fiera venatoria d’Europa, con oltre 80 espositori di caccia al trofeo. È ora che su eventi come questi cali il sipario, come ha fatto IEG – Italian Exhibition Group Spa della Fiera di Vicenza, con la dismissione dell’HIT Show, la più grande fiera di caccia italiana. Anche a livello politico la direzione da prendere è chiara: vietare le importazioni, esportazioni e riesportazioni dei trofei di caccia ottenuti da specie protette a livello internazionale, come già fatto in paesi come i Paesi Bassi e la Francia e come ha esortato a fare il Parlamento Europeo in una mozione a ottobre 2022.”

FINE

Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia: emheinen@hsi.org
  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

“La cittadinanza può contribuire a denunciare e arginare, nell’ottica di una totale eradicazione, il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani.”

Humane Society International


Jay Kim

ROMA—È stata pubblicata oggi da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS, promotrici del progetto IO NON COMBATTO, una guida al cittadino per riconoscere i segnali e denunciare la presenza di combattimenti tra cani. Tramite questo progetto, le due organizzazioni promotrici si stanno impegnando per contribuire a fornire gli strumenti necessari al contrasto del fenomeno dei combattimenti tra cani alle Forze di Polizia e a figure professionali chiave, quali medici veterinari ed educatori cinofili, nonché per educare la popolazione a riconoscerlo e adeguatamente denunciarlo: proprio alle cittadine e ai cittadini è rivolta la guida. 

Federica Faiella, Vicepresidente della Fondazione CAVE CANEM e Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe spiegano: “La cittadinanza può contribuire a denunciare e arginare, nell’ottica di una totale eradicazione, il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani. Per farlo, è però necessario che acquisisca conoscenza dei segnali che ne indicano la presenza e delle corrette modalità di acquisizione delle fonti probatorie, agendo sempre nel pieno rispetto delle modalità e dei ruoli stabiliti dalle norme vigenti, senza pensare di sostituirsi alla Polizia Giudiziaria e agli organi inquirenti, ma cercando di fornire loro tutti gli strumenti per un intervento efficiente ed efficace. Per questo motivo abbiamo voluto mettere a disposizione questa guida, gratuitamente scaricabile dal sito www.iononcombatto.it.”

I lettori avranno la possibilità, prima di tutto, di documentarsi sui combattimenti fra animali quale fenomeno sommerso, di portata nazionale e internazionale che coinvolge diverse specie animali, tra cui i cani, collegato a criminalità organizzata, traffico internazionale di stupefacenti e di armi, comprese quelle da fuoco, pedo-pornografia e scommesse illegali attorno alle quali ruotano cospicue somme di denaro. In Italia è un reato punito dall’art. 544-quinquies del Codice penale. 

La guida vuole anche fornire precise indicazioni sulle attività legate ai combattimenti tra animali, causa di gravi danni fisici e psicologici ai cani addestrati per combattere. A subire immense crudeltà sono anche i cosiddetti “sparring partners”, ovvero altri cani usati per l’addestramento brutale dei combattenti, nonché le fattrici, obbligate a riprodursi per portare avanti le linee genetiche “vincenti”. 

Una sezione è dedicata alle attrezzature, agli strumenti e agli altri segni che possono indicare la presenza in un determinato luogo di combattimenti tra cani o attività propedeutiche agli stessi quali l’allenamento e l’allevamento. Nella guida HSI/Europe e Fondazione CAVE CANEM segnalano ad esempio: 

  • La detenzione a catena; 
  • La presenza di cicatrici;
  • Vitamine, medicinali e farmaci veterinari; 
  • Tapis roulant, “spingpoles”, “jenny mills” o “cat mills”; 
  • Bastoni “apribocca”; 
  • Gabbie di contenimento per l’accoppiamento. 

“I combattimenti tra cani sono una pratica criminosa e sanguinaria, ancora diffusa in Italia, nonostante sia illegale da molti anni e fortemente contestata dall’opinione pubblica. Prima di sporgere una denuncia, può essere utile avere maggiore chiarezza sulle tipologie e razze di cani più frequentemente utilizzate, sui diversi ruoli che i cani ricoprono e quali sono gli oggetti o le situazioni che possono indicare la presenza di combattimenti o altre attività ad essi collegate. Invitiamo chiunque sia testimone di attività criminose in danno agli animali di non rendersi complice, di non guardare dall’altra parte, ma di denunciare!” – concludono Federica Faiella e Martina Pluda.

FINE 

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885 

In vendita viaggi di caccia alla fauna selvatica da oltre 80 espositori presenti alla Jagd&Hund

Humane Society International


Fiera di caccia Jagd & Hund Dortmund Germania Gennaio 2020. HSI.

ROMA—È iniziata ieri e continuerà fino al 29 gennaio, a Dortmund, in Germania, la più grande fiera di caccia d’Europa. Oltre 80 gli espositori nazionali e internazionali provenienti da Canada, Argentina, Namibia, Sudafrica, Germania, Spagna, Polonia e altri paesi, che partecipano alla fiera Jagd&Hund 2023, offrendo viaggi internazionali di caccia al trofeo, con un costo che varia dalle poche centinaia alle decine di migliaia di euro. L’obbiettivo è quello di uccidere elefanti, grandi felini, rinoceronti, orsi polari e numerose altre specie. In una lettera congiunta con 30 organizzazioni, Humane Society International/Europe ha chiesto al sindaco di Dortmund Thomas Westphal e al Consiglio comunale della città di fermare la vendita di viaggi di caccia al trofeo nella Westfalenhallen, sede della fiera.

Da anni Humane Society International lancia l’allarme sull’impatto che le fiere che promuovono viaggi di cacce al trofeo, come la Jagd&Hund, hanno sulla vendita di prodotti della fauna selvatica, sul benessere degli animali e sulla biodiversità.  Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato legalmente 437 trofei di caccia provenienti da specie di mammiferi protette a livello internazionale – come ippopotami, elefanti, leoni, leopardi orsi polari e persino un rinoceronte nero (in pericolo critico di estinzione). Molti di questi animali sono stati uccisi durante viaggi venduti proprio in fiere di caccia come la Jagd&Hund. È ora che l’industria e i decisori politici, a partire dai consigli comunali per arrivare fino ai governi nazionali e le istituzioni internazionali, mettano fine al loro sostegno alla caccia al trofeo.

Sylvie Kremerskothen Gleason, direttrice per la Germania di HSI/Europe, afferma: “Non è accettabile che nel 2023 sia ancora legale vendere, in una fiera in Germania, viaggi per sparare a specie protette per gioco e divertimento. Da anni sollecitiamo le autorità competenti della città di Dortmund a non permettere simili manifestazioni, ma queste tacciono e, così facendo, sostengono questa macabra industria che aggiunge un ulteriore pericolo alla sopravvivenza di specie che sono già sotto enorme pressione. È ora che prendano posizione contro la caccia al trofeo di specie in pericolo”.

La Dott.ssa Jane Goodall, fondatrice del Jane Goodall Institute e ambasciatrice di pace delle Nazioni Unite, lancia un appello ai responsabili: “Il fatto che la caccia al trofeo di specie rare e in via di estinzione sia ancora legale è assolutamente scioccante! Per favore, fermate la vendita di viaggi organizzati per la caccia al trofeo alla fiera Jagd&Hund a Dortmund. Sostenete così la protezione degli animali e delle specie!”.

Anche il Wildlife Animal Protection Forum South Africa – una coalizione di organizzazioni non governative del Sudafrica, il cui territorio ospita numerosi degli habitat delle specie più cacciate – si è espresso contro la fiera della caccia e ha scritto una lettera aperta al sindaco di Dortmund. La lettera è stata firmata da oltre 90 organizzazioni, soprattutto sudafricane, tra cui membri del Forum e della Rete Pro Elephant, ed è stata appoggiata da ambientalisti di fama mondiale, veterinari della fauna selvatica, personalità internazionali, politici e avvocati ambientalisti.

La caccia al trofeo è un passatempo crudele per élite ricche, con conseguenze fatali per gli animali e impatti biologici ed ecologici dannosi di vasta portata. Eppure, ogni anno in Africa la caccia grossa uccide più di 120.000 animali. L’UE è il secondo importatore di trofei di caccia di specie protette a livello internazionale, dopo gli Stati Uniti. HSI/Europe è particolarmente preoccupata per la promozione, da parte dell’industria della caccia al trofeo, di metodi di uccisione crudeli pubblicizzati alla fiera Jagd&Hund e ha già individuato numerose offerte di viaggio che vi sono vendute che prevedono metodi di caccia vietati in Germania per la loro natura disumana, come la caccia con l’arco. Sembra, inoltre, che molti venditori stiano già violando le norme espositive della fiera, che stabiliscono chiaramente che la commercializzazione di viaggi con lo scopo di uccidere animali allevati e quelli tenuti in aree recintate, la cosiddetta “caccia in scatola” (o “canned hunting”).

La caccia al trofeo mina gli sforzi internazionali per proteggere le specie in pericolo, alimenta la domanda globale di parti e prodotti di animali e svela l’ipocrisia della presunta etica della caccia sportiva, pubblicizzata come “uso sostenibile”, come evidenziato in una lettera inviata al governo tedesco da un gruppo del Comitato etico dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), che chiede di porre fine alle importazioni tedesche di trofei di caccia di specie regolamentate. Nella campagna elettorale del 2020, il sindaco Westphal aveva promesso, in caso di assunzione dell’incarico, di istituire una commissione etica per esaminare in modo obiettivo la questione della caccia al trofeo e la relativa commercializzazione in fiera. A oggi, questa commissione etica non è stata nominata.

Nonostante la forte opposizione da parte dell’opinione pubblica tedesca, il Governo e i centri fieristici di Dortmund hanno continuato a facilitare il massacro di migliaia di animali, permettendo che queste fiere continuassero anno dopo anno. I sondaggi d’opinione mostrano che la stragrande maggioranza dei cittadini dell’UE (oltre l’80%) si oppone alla caccia al trofeo e vuole porre fine alle importazioni di trofei. In Sudafrica, una delle destinazioni più popolari per i turisti venatori, il 68% degli intervistati si è detto contrario alla caccia al trofeo.

Molti governi e leader del settore turistico stanno già agendo per porre fine al loro coinvolgimento nell’industria della caccia al trofeo. Alcuni dei maggiori fornitori di viaggi al mondo, tra cui Booking.com, TripAdvisor ed Expedia Group, hanno invitato il Governo sudafricano a porre fine alla caccia al trofeo e a concentrarsi su un futuro rispettoso della fauna selvatica. Oltre 170 associazioni da tutto il mondo chiedono la fine della caccia al trofeo e il Parlamento Europeo si è recentemente espresso a favore di un divieto di importazione dei trofei di caccia in tutta l’UE. Paesi Bassi, Finlandia e Francia vietano già l’importazione di trofei di caccia di alcune specie. Anche Regno Unito, Belgio, Italia, Spagna e Polonia ne stanno discutendo. Inoltre, all’inizio dell’anno la Germania si è ritirata dal Consiglio Internazionale della Caccia (CIC). Gli organizzatori della fiera Jagd&Hund dovrebbero prendere nota del fatto che in Italia, IEG Italian Exhibition Group SpA ha recentemente cancellato la più grande fiera della caccia del Paese, sottolineando il conflitto con i valori ecologici dell’azienda.

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Contatto:

Deluse Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM, promotrici del progetto IO NON COMBATTO: “È una questione di legalità che necessita di fondi e di un intervento legislativo decisivo, non può essere demandata esclusivamente alla società civile”

Humane Society International


Rescued from dogfighting in Italy
Chiara Muzzini/Fondazione Cave Canem.

ROMA—È stato pubblicato ieri l’elenco di emendamenti approvati dalla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, al disegno di Legge di Bilancio 2023. Tra questi non risulta purtroppo presente l’emendamento 114.03 che avrebbe introdotto “Disposizioni in materia di spese di custodia di animali impiegati nei combattimenti e affetti da problematiche comportamentali”, presentato a prima firma dell’On. Michela Vittoria Brambilla (Gruppo misto) e ispirato dal progetto IO NON COMBATTO, lanciato da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM per la repressione e la prevenzione del fenomeno criminoso dei combattimenti tra animali. Le due organizzazioni promotrici del progetto si dicono deluse di questa decisione, che priva le Forze di Polizia delle risorse per la formazione, necessaria a reprimere tali attività criminali presenti in Italia, e gli animali coinvolti nelle stesse della possibilità di intraprendere percorsi di recupero comportamentale e ricevere le attenzioni specialistiche per essere pienamente recuperati, nel rispetto del loro diritto all’adozione.

L’emendamento prevedeva lo stanziamento di €150.000 per la formazione tecnica e pratica specialistica del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri, e di €350.000 per coprire i costi di custodia e di recupero comportamentale derivanti dal sequestro e dalla confisca di animali impiegati in tali attività criminali, nonché di animali affetti da problematiche comportamentali.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe e Federica Faiella, Vicepresidente di FCC commentano: “Siamo allibite che il Governo non abbia ritenuto opportuno affrontare questa questione di legalità, investendo le giuste risorse pubbliche tramite un intervento legislativo deciso, ma demandando ancora una volta alla società civile di colmare le lacune del sistema. Il progetto IO NON COMBATTO, nato sul finire del 2021, si è da subito posto l’obiettivo di offrire strumenti concreti contro il fenomeno criminoso dei combattimenti tra animali, attraverso attività di ricerca e divulgazione scientifica, operazioni sul campo, sensibilizzazione dell’opinione pubblica e formazione di personale specializzato. Oltre ad aver portato a termine con successo il recupero comportamentale di alcuni cani salvati dalla crudeltà dei combattimenti, il progetto ha registrato oltre 1100 presenze, tra membri delle Forze di Polizia, medici veterinari, guardie zoofile ed educatori cinofili, al percorso formativo tenutosi a inizio 2022. Se l’emendamento 114.03 fosse passato, questo tipo di attività si sarebbero potute ampliare e svolgere su scala nazionale, generando un impatto ancora più significativo per eradicare la piaga criminale dei combattimenti tra animali. Ringraziamo comunque l’Onorevole Brambilla per aver raccolto lo spirito del nostro progetto e aver presentato una riforma normativa in tal senso.”

I combattimenti fra animali sono un fenomeno criminale sommerso, di portata nazionale e internazionale che coinvolge diverse specie animali, tra cui i cani, collegato a criminalità organizzata, traffico internazionale di stupefacenti e di armi, comprese quelle da fuoco, pedo-pornografia e scommesse illegali attorno alle quali ruotano cospicue somme di denaro. In Italia è un reato punito dall’art. 544-quinquies del Codice penale.

Il coinvolgimento in queste attività causa gravi danni fisici e psicologici ai cani addestrati per combattere. A subire immense crudeltà sono anche i cosiddetti “sparring partners”, ovvero altri cani usati per l’addestramento brutale dei combattenti, nonché le fattrici, obbligate a riprodursi per portare avanti le linee genetiche “vincenti”.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

HSI/Europe: “Ci auguriamo che anche la Camera dei Deputati agisca con risolutezza affinché la Romania possa diventare il ventesimo Paese europeo a vietare l’allevamento di animali da pelliccia”

Humane Society International


Kateryna Kukota

BUCHAREST, Romania—Il Senato rumeno ha votato a favore di una proposta di legge per vietare l’allevamento di cincillà e visoni, in seguito alla diffusione di un’indagine di Humane Society International/Europe che ha rivelato le scioccanti sofferenze negli allevamenti di animali da pelliccia del Paese. I risultati indicano 86 deputati a favore, 16 contro e 8 astenuti.

Andreea Roseti, Direttrice per la Romania di HSI/Europe, ha accolto con favore il voto, affermando che: “L’ampio sostegno trasversale a questa proposta di legge al Senato è un forte segnale circa la volontà del Parlamento rumeno di porre fine alla crudele pratica di allevare e uccidere animali per l’ottenimento della loro pelliccia. Siamo soddisfatti della rapidità dell’iter legislativo di questa proposta di legge e ci auguriamo che, quando nei prossimi mesi il testo approderà alla Camera dei Deputati, l’Aula agisca con risolutezza affinché la Romania possa diventare il ventesimo Paese europeo a vietare l’allevamento di animali da pelliccia. Il continente europeo può essere considerato un pioniere nel porre fine alla sofferenza degli animali per la produzione di pellicce, prodotti che vengono rifiutata da sempre più consumatori, stilisti, rivenditori e decisori politici di tutto il mondo.”

Il lavoro sulla proposta di legge è stato avviato nell’ottobre di quest’anno. La stessa è stata poi presentata all’Ufficio permanente della Camera dei Deputati il 7 novembre e presentata e registrata al Senato lo stesso giorno.

I cincillà e i visoni sono le uniche specie di animali considerati “da pelliccia” che vengono allevate in modo intensivo in Romania. In caso di successo, il divieto segnerebbe quindi la fine dell’allevamento di animali con la finalità di ricavarne pellicce nel Paese. A settembre di quest’anno, HSI/Europe ha divulgato i risultati delle indagini condotte in diversi allevamenti di cincillà in Romania, documentando gravi problemi di benessere animale, tra cui il confinamento in piccole gabbie di rete metallica, cicli riproduttivi perpetui per le femmine e una totale noncuranza dei bisogni e comportamenti naturali della specie.

Il voto in Romania arriva mentre cresce il sostegno in tutta Europa per un divieto di allevamento e commercializzazione di pellicce in tutta l’UE. L’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope, lanciata a maggio e sostenuta da oltre 70 organizzazioni, ha già raccolto più di 1,1 milioni di firme di cittadini europei.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

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