Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM presentano la brochure pensata per le scuole medie: “invitiamo gli istituti scolastici a portarla in classe!”

Humane Society International / Europa


Chiara Muzzini/Fondazione CAVE CANEM 

ROMA—Si è tenuto ieri pomeriggio il laboratorio IO NON COMBATTO, destinato agli alunni delle scuole medie per affrontare assieme a loro i temi interconnessi dei combattimenti tra cani, della legalità e della sensibilità nei confronti degli animali, organizzato da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS, presso la Biblioteca Aldo Fabrizi del quartiere San Basilio di Roma.

In Italia, la legge punisce chi organizza e dirige i combattimenti; alleva, addestra e fa partecipare gli animali; scommette sul risultato dei combattimenti; promuove o riprende queste attività; e chi le compie con persone armate o minori. La presenza di bambini o ragazzi è particolarmente grave perché può sviluppare insensibilità verso la sofferenza degli animali, entusiasmo per la violenza e mancanza di rispetto per la legge. Questo può portare alla devianza e alla delinquenza, che, secondo gli psicologi dell’età evolutiva, può svilupparsi nella fascia di età compresa fra i 10 e i 14 per i soggetti esposti a determinati comportamenti violenti, fino a diventarne assuefatti.

Per accompagnare il confronto con i ragazzi è intervenuta la Dottoressa Roberta Costagliola, psicologa specializzata nello sviluppo dell’età evolutiva. Ha dichiarato: “Il tema del combattimento tra cani è sì un argomento molto delicato ma che va assolutamente affrontato con i giovani di oggi, troppo spesso portati a vivere situazioni di vita devianti, in ambito sociale e relazionale, spesso sprovvisti degli strumenti giusti per fronteggiarle e fuggirle. Quindi si finisce per emulare i comportamenti dei “più forti” ma che risultano scorretti, lesivi, per loro e per gli altri, finendo inevitabilmente nel buio circuito della devianza minorile da cui risulta sempre più difficile uscirne. Con questo laboratorio abbiamo provato a lavorare sulle emozioni di giovani ragazzi davanti alla proiezione di video racconti con protagonisti i cani, con l’intenzione di sollecitare reazioni ed emozioni, dando a loro un nome. Un lavoro autoriflessivo gestito in piccoli gruppi con la possibilità di condivisione e collaborazione, ma anche un lavoro sull’empatia nei confronti dei cani, spostando il focus sulle vittime per far capire loro cosa realmente si prova ad essere dalla parte dei “più deboli”.”

In questo contesto è stata presentata anche una brochure dedicata agli alunni, che oltre a spiegare, con un linguaggio consono all’età dei lettori, cosa sono i combattimenti tra cani, interroga i ragazzi sul ruolo dei cani e degli animali nella società, del loro rapporto con essi e del contributo che possono dare per diffondere una cultura di rispetto e compassione verso gli animali. Gli animali come esseri senzienti, il significato di legalità, gli effetti crudeli sul corpo e sulla psiche dei combattenti i temi affrontati per sottolineare il messaggio centrale della brochure: “diventare un bullo, trasgredire, emulare comportamenti criminali non è mai cool!”

Federica Faiella, Presidente della Fondazione CAVE CANEM e Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe dichiarano: “I combattimenti tra animali sono una pratica criminosa ed estremamente crudele che non risparmia nessuno. In primis i cani costretti a combattere, allenarsi e riprodursi per alimentare questi circuiti. In secondo luogo, bambini e ragazzi esposti a questa barbarie e quindi al rischio di emulare comportamenti criminali ed entrare in una spirale di delinquenza e violenza. Invitiamo gli istituti scolastici di tutta Italia a portare il tema e la brochure nelle classi per sensibilizzare e far riflettere i ragazzi. Siamo disponibili a presentare il nostro progetto nelle scuole che lo richiederanno e ringraziamo la Biblioteca Aldo Fabrizi che per prima ci ha voluto accogliere.”

Infine, le classi partecipanti hanno anche potuto conoscere Zoe, cagnolina salvata da un circuito di combattimenti salernitano e accolta da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS presso il rifugio Valle Grande di Roma, dove ha intrapreso e concluso con successo un percorso di recupero psico-fisico, condotto dal team di educatori cinofili specializzati di Mirko Zuccari, Dog Trainer Manager della Fondazione CAVE CANEM. Con la presenza di Zoe il tema trattato non è rimasto solo astratto ma ha assunto il volto di un individuo concreto e reale. La vittima non è più un cane qualunque ma quel cane e la sua non è solo la storia di una vittima, bensì una di riscatto, di dignità restituita.

Foto dell’evento (creare account per il download)

Sul sito del progetto IO NON COMBATTO  è presente e scaricabile anche una guida al cittadino per riconoscere i segnali e denunciare la presenza di combattimenti tra cani.

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International


HSI

ROMA—Il  vettore di riferimento italiano ITA Airways, annuncia con orgoglio l’adesione alla campagna dell’Organizzazione internazionale per la protezione degli animali Humane Society International/Europe #NotInMyWorld e adotta una nuova policy aziendale che vieta il trasporto di trofei di caccia su tutti i voli della Compagnia, sia come cargo, sia come bagaglio al seguito dei passeggeri.  Si tratta di un’importante testimonianza dell’impegno dell’azienda per la conservazione della fauna selvatica, nonché di un contributo significativo per porre fine alla caccia al trofeo e per coltivare pratiche aziendali che riconoscono la responsabilità della comunità mondiale per la protezione della biodiversità.

Centinaia di migliaia di animali in tutto il mondo, inclusi quelli appartenenti a specie minacciate e in via di estinzione, vengono uccisi dai cacciatori di trofei per divertimento e vanto, contribuendo al declino delle loro popolazioni, a indebolire gli sforzi per la loro conservazione e alla diffusione di pratiche eticamente discutibili. A differenza della caccia di sussistenza, la motivazione principale di chi pratica questa attività è quella di uccidere animali considerati rari o particolarmente ambiti per le loro caratteristiche fisiche (criniera folta, zanne lunghe, dimensione, ecc.) per competizione e divertimento e trasformarli in oggetti da esporre come trofei, a testimonianza del successo ottenuto durante la caccia. Considerando che un numero significativo di cacciatori di trofei prenota viaggi venatori all’estero con l’intenzione di portarsi a casa questi macabri souvenir, il settore dei trasporti svolge un ruolo chiave nel facilitare questa industria eticamente discutibile e dannosa.

A livello nazionale, l’impegno di ITA Airways assume particolare rilevanza poiché l’Italia è tra i principali importatori in Europa. Tra il 2014 e il 2021, infatti sono stati importati 442 trofei di caccia provenienti da mammiferi protetti dalla Convezione sul commercio internazionale di specie della fauna e della flora in via di estinzione , tra cui ippopotami, rinoceronti, elefanti e leoni. Questi dati rivelano il coinvolgimento attivo del Paese nell’industria della caccia al trofeo, nonostante, secondo un sondaggio, l’86% degli italiani si opponga a questa pratica e il 74% sia a favore di un divieto di importazione dei trofei di caccia a livello legislativo.

Con l’adesione alla campagna, ITA Airways ha adottato una serie di misure tra cui:

  • Aggiunta dei trofei di caccia alla lista degli oggetti vietati:
  • ITA Airways ha ampliato la lista di oggetti vietati per il trasporto sia nei bagagli dei passeggeri, sia come cargo, includendo espressamente i trofei di caccia. Questa chiara proibizione garantisce che tali oggetti non siano accettati a bordo dei voli di ITA Airways.
  • Pubblicazione online della policy: La policy in materia di trofei di caccia è stata pubblicata sul sito web ufficiale di ITA Airways, offrendo trasparenza e accessibilità alle nuove direttive. Questo passo riflette l’impegno dell’azienda per una comunicazione aperta e responsabile.
  • Aggiornamento dei manuali operativi per le procedure di cargo e quelle di terra: ITA Airways ha rivisto e aggiornato i propri manuali operativi, assicurandosi che le nuove disposizioni in materia di trofei di caccia siano pienamente integrate nelle procedure di cargo e nelle operazioni di terra.
  • Diffusione della policy a personale, hub e fornitori: Le nuove misure sono state diffuse a tutti i livelli dell’azienda, compreso il personale di volo e di terra, nonché i fornitori e gli hub in cui la compagnia aerea opera. Questa diffusione garantisce la piena comprensione e adesione alle nuove disposizioni in materia di trofei di caccia.

Giovanna Di Vito, Chief Program Office, ESG & Customer Operations di ITA Airways sottolinea: “Il nostro convinto sostegno alla campagna di Humane Society International/Europe per fermare le importazioni di trofei di caccia in Italia e in Europa, riflette l’impegno costante di ITA Airways a favore del pianeta, del nostro Paese, delle comunità. La nuova policy della Compagnia, che formalizza il divieto di trasporto dei trofei di caccia sui propri voli, è un’azione concreta, il nostro contributo alla tutela della fauna selvatica e alla promozione di tale tutela. Riteniamo infatti che le aziende abbiano un ruolo fondamentale nel sostenere e diffondere le pratiche etiche che rappresentano un progresso effettivo verso un futuro più responsabile e sostenibile.”

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International/Europe in Italia, afferma: “L’adesione alla nostra campagna e la nuova policy aziendale di ITA Airways rappresentano un contributo altamente significativo all’obiettivo di porre fine alla crudele pratica della caccia al trofeo. Anche le aziende, infatti, svolgono un ruolo importante nell’azione collettiva necessaria per proteggere la fauna selvatica minacciata a livello globale. Con la campagna #NotInMyWorld di Humane Society International/Europe, continuiamo a rafforzare il nostro impegno per la salvaguardia delle specie in via di estinzione affinché divieti di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia provenienti da animali protetti vengano introdotti in Italia e in Europa.”

Oltre a ITA Airways, sono sempre di più le compagnie aeree, gli operatori di cargo e le aziende del settore dei trasporti in tutto il mondo che hanno adottato politiche aziendali contro il trasporto di trofei di caccia. Consultare hsi.org/trophy-free-transport per una panoramica di tutte le aziende di trasporto impegnate.

Le informazioni sulla policy di ITA Airways sono disponibili

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Per informazioni alla stampa:

  • Contatto HSI/Europe: Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Contatto ITA Airways: Pietro Caldaroni, Head of Communication and Institutional Relations; media@ita-airways.com

Courteney Cox, Ricky Gervais, Andie McDowell si uniscono ai vip indonesiani Bubah Alfian, Cinta Laura Kiehl, D.J Bryant, Davina Veronica, Luna Maya, Prilly Latuconsia per sostenere la fine della brutale attività

Humane Society International / Italia


HSI

JAKARTA, Indonesia—Più di 30 star del mondo del cinema, della moda e della musica – tra cui Billie Eilish, Charlize Theron, Clint Eastwood, Kim Basinger, Courteney Cox, Ricky Gervais, Andie McDowell, Jeff Bridges e Zooey Deschanel – hanno chiesto al Presidente Joko Widodo, in una lettera congiunta, di porre fine al brutale commercio di carne di cane e di gatto in Indonesia, dopo il salvataggio di animali disperati da uno dei mercati più noti del Paese, il “Tomohon Extreme Market”.

 

Più di 130mila cani e innumerevoli gatti vengono macellati ogni anno nei mercati pubblici dell’isola indonesiana di Sulawesi. Lo scorso luglio Caroll Senduk, sindaco della città di Tomohon, ha collaborato con le associazioni animaliste Humane Society International (HSI) e Animal Friends Manado Indonesia (AFMI) per mettere fine definitivamente alla vendita e alla macellazione di cani e gatti destinati al consumo umano nel noto mercato. Le due no-profit hanno inoltre salvato gli animali trovati ancora vivi nel mattatoio del mercato.

Nella lettera al presidente, le star, tra cui Dame Judi Dench, Alicia Silverstone, Alfie Boe OBE, Leona Lewis, Daisy Fuentes, Eddie Vedder, Goran Visnjic, Kristin Bauer e altri, hanno elogiato “quei leader in tutta l’Indonesia che hanno agito per sradicare il commercio di carne di cane e di gatto nelle loro giurisdizioni, salvando decine di migliaia di cani e gatti ogni mese da questo commercio crudele e pericoloso”. Attualmente sono 28 le città e le reggenze che hanno approvato direttive e regolamenti che vietano il commercio, oltre alla Regione Capitale Speciale di Giacarta e all’azione innovativa e progressiva intrapresa a luglio dalla città di Tomohon, che ha posto fine alla vendita e alla macellazione di cani e gatti, e della loro carne, nel mercato più malfamato della nazione – il Tomohon Extreme Market”.

La lettera si conclude esortando il premier a garantire “l’introduzione di un divieto a livello nazionale, in modo da poter presto celebrare un’Indonesia veramente libera dalla carne di cani e gatti”.

La lettera, firmata anche da alcune delle più grandi star indonesiane, tra cui Bubah Alfian, Cinta Laura Kiehl, D.J Bryant, Davina Veronica, Luna Maya e Prilly Latuconsia, ha riconosciuto il fatto che la maggior parte della popolazione indonesiana è favorevole al divieto. Le star hanno scritto: “Ci schieriamo con la stragrande maggioranza dei cittadini indonesiani e dei visitatori internazionali che si oppongono al commercio di carne di cane e di gatto e credono nella protezione degli animali dalla crudeltà e dallo sfruttamento; e plaudiamo ai leader che hanno preso provvedimenti per dare priorità alla salute e alla sicurezza dei loro cittadini”.

La lettera arriva in seguito alla notizia del divieto di commercio di carne di cane e gatto ottenuto al mercato di Tomohon da HSI e AFMI e del salvataggio degli ultimi 25 cani e tre gatti trovati vivi nei macelli che approvvigionavano il mercato. Tutti e sei i commercianti di cani e gatti che rifornivano e lavoravano al mercato hanno firmato un accordo storico, che a sua volta ha interrotto la vasta rete di ladri e trafficanti di animali coinvolti nel loro trasporto su lunghe distanze.

Le crudeltà sugli animali al mercato di Tomohon sono state documentate nel corso di diversi anni, mostrando cani e gatti vivi che si rannicchiavano e tremavano mentre i commercianti li tiravano fuori uno a uno dalla gabbia per colpirli ripetutamente alla testa e con la fiamma ossidrica per rimuovere la loro pelliccia, a volte mentre erano ancora coscienti. Di recente, a marzo e luglio di quest’anno, Humane Society International ha girato alcuni filmati sconvolgenti al mercato di Tomohon, tra cui file di carcasse di cani e gatti bruciati con la fiamma ossidrica esposte sulle bancarelle del mercato.

Lola Webber, Direttrice delle campagne di HSI per porre fine al commercio di carne di cane, ha dichiarato: “Siamo molto grati a queste star indonesiane e mondiali che usano la loro voce per parlare dei milioni di cani e gatti che subiscono gli abusi più orribili per il commercio di carne. Ci uniamo a loro nel lodare i leader indonesiani che lavorano con noi per porre fine a questa crudeltà e nel sollecitare il presidente Widodo a introdurre un divieto a livello nazionale”.

Frank Delano di AFMI ha dichiarato: “Il commercio di carne di cane e di gatto non è solo oscenamente crudele, ma mette anche a rischio la salute pubblica a causa della diffusione del virus mortale della rabbia durante la macellazione e il consumo dei cani. Vedere queste celebrità schierarsi con la maggioranza dei cittadini indonesiani nel chiedere la fine di questo miserabile commercio è davvero incoraggiante”.

Karin Franken di Jakarta Animal Aid Network, membro fondatore della coalizione DMFI, ha dichiarato: “L’Indonesia è una destinazione turistica in voga tra i viaggiatori provenienti da Stati Uniti, Australia, Regno Unito ed Europa: le celebrità che hanno firmato questa lettera rappresentano la comunità internazionale e nazionale che vuole vedere un’Indonesia libera dalla carne di cane e gatto. Questi poveri animali hanno sopportato abbastanza. Ci auguriamo che il presidente Widodo e i leader provinciali agiscano per liberare l’Indonesia dalla piaga di questo commercio crudele e pericoloso che infanga la nostra reputazione in tutto il mondo”.

Leggi la lettera

Scarica video/foto del salvataggio di HSI degli ultimi cani e gatti dal mercato di Tomohon (creare account per il dowload)

Scarica video/foto del commercio di carne di cane al mercato di Tomohon (creare account per il download):

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Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

Per HSI/Korea urge una rapida azione legislativa per “chiudere questo triste capitolo nella storia della Corea e abbracciare un futuro più etico per i cani”

Humane Society International / Europa


HSI

SEOUL—In un annuncio storico, il Governo della Corea del Sud ha dichiarato che entro la fine dell’anno in corso presenterà una proposta di legge per vietare l’industria della carne di cane, che vede fino a un milione di cani allevati e uccisi per il consumo umano ogni anno. In un incontro tenutosi oggi a Seoul tra il Ministero dell’Agricoltura, dell’Alimentazione e degli Affari Rurali, rappresentanti del partito esecutivo e gruppi animalisti coreani, tra cui Humane Society International/Korea (HSI/Korea), è stata annunciata una proposta di legge che, dalla data della sua approvazione, prevederà un periodo di transizione di tre anni. Ciò significa che il divieto entrerà in vigore nel 2027.

La proposta prevede anche compensazioni per aiutare gli allevatori, i commercianti, i macellai e i proprietari di ristoranti specializzati in carne di cane, legalmente registrati, a chiudere le poprie attività o a passare ad occupazioni alternative. Questa misura si ispira al programma “Models for Change” di HSI/Korea che dal 2015 ha lavorato con 18 allevatori di cani, in tutto il Paese, e ha permesso loro di passare alla coltivazione di piante e ortaggi, fornendo acqua e altri mezzi di sostentamento.

Questa notizia giunge a seguito di una crescente pressione pubblica e politica a favore di un divieto, che ha visto anche l’introduzione di cinque proposte di legge da parte dei membri dell’Assemblea Nazionale. La notizia è accolta con favore da HSI/Korea, uno dei principali gruppi animalisti che si batte per porre fine alla carne di cane in tutto il Paese.

JungAh Chae, Direttrice di Humane Society International/Korea, presente all’incontro con il Ministero, afferma: “La notizia che il Governo della Corea del Sud è finalmente deciso a vietare l’industria della carne di cane è come un sogno che si avvera per tutti noi che abbiamo lavorato instancabilmente per porre fine a questa crudeltà. La società coreana ha raggiunto un punto di svolta in cui la maggior parte delle persone ora rifiuta di mangiare cani e vuole vedere questa sofferenza relegata ai libri di storia. Con così tanti cani che soffrono inutilmente per una carne che quasi nessuno mangia, la proposta di legge del Governo offre un piano audace che ora deve essere urgentemente approvato dall’Assemblea, in modo che un divieto legislativo possa essere approvato il prima possibile per aiutare la Corea del Sud a chiudere questo triste capitolo della nostra storia e abbracciare un futuro più etico per i cani”.

Con l’acquisizione di maggiore consapevolezza in merito al benessere animale e con l’aumento dei numeri di cani domestici nelle case sudcoreane, che oggi sono oltre sei milioni, la domanda di carne di cane è diminuita. Gli ultimi sondaggi d’opinione, realizzati da Nielsen Korea su commissione di HSI/Korea, rivelano che l’86% dei sudcoreani non intende mangiare carne di cane in futuro e il 57% sostiene un divieto.

Humane Society International (HSI) riconosce che un breve periodo di transizione è inevitabile per lo smantellamento di questo commercio e per permettere agli attori coinvolti, dagli allevatori ai commercianti, di avviare altre attività. Tuttavia, HSI esorta il Governo a utilizzare questo periodo per collaborare con organizzazioni di protezione animale, come HSI/Korea, per salvare il maggior numero possibile di cani, in uno sforzo coordinato, sostenuto dallo Stato.

Il programma “Models for Change” di HSI/Korea ha permesso di salvare più di 2.700 cani in tutta la Corea del Sud e trovare loro famiglie adottive negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e in piccola parte in Corea del Sud. La maggior parte degli allevatori con cui HSI/Korea ha lavorato sperimenta crescenti pressioni sociali, familiari e finanziarie per abbandonare l’allevamento di cani.

Kitty Block e Jeff Flocken, rispettivamente Amministratrice Delegata e Presidente di Humane Society International, rilasciano una dichiarazione congiunta, affermando: “Questo è un giorno storico per la nostra campagna contro gli orrori dell’industria della carne di cane in Corea del Sud. Da molto tempo speravamo arrivasse. Avendo visitato allevamenti di cani destinati al consumo umano e visto in azione il programma ‘Models for Change’ di HSI/Korea, conosciamo troppo bene la sofferenza e la privazione che questi animali subiscono per un’industria il cui tempo è ora fortunatamente giunto al termine. Questo è l’inizio della fine dell’allevamento di cani per la loro carne in Corea del Sud. HSI è pronta a contribuire con la propria esperienza fino a quando ogni gabbia sarà vuota.”

Dati sulla carne di cane:

  • Anche se la maggior parte delle persone in Corea del Sud non mangia carne di cane, la convinzione che la zuppa di cane (bosintang) rinfreschi e rinvigorisca il corpo durante la calura estiva, in particolare durante il periodo del Bok Nal tra luglio e agosto, è ancora diffusa, soprattutto tra le generazioni più vecchie.
  • La maggior parte dei cani macellati per la loro carne in Corea del Sud viene uccisa per elettrocuzione; alcuni per impiccagione.
  • La carne di cane è vietata a Hong Kong, Singapore, Taiwan, in Thailandia, nelle Filippine, nonché nelle città cinesi di Shenzhen e Zhuhai, nella provincia di Siem Reap in Cambogia, in 32 città e reggenze indonesiane e nella provincia di Giacarta, in Indonesia.
  • Nonostante tutti questi divieti, si stima che ogni anno ancora 30 milioni di cani vengano uccisi per la loro carne in Asia.

Foto e video del lavoro di HSI/Korea (creare account per il download):

Petizione per mettere fine al crudele commercio di cani e gatti allevati per la loro carne in Asia

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

Oltre alla carne coltivata, viene vietato anche l’uso di termini come “burger” o “salame” per i prodotti a base vegetale; lo scopo dichiarato è la tutela del settore zootecnico

Humane Society International


HSI

ROMA—Con 159 voti favorevoli della maggioranza, 34 astenuti e 53 voti contrari delle opposizioni – a eccezione del Partito Democratico, che si è astenuto – oggi pomeriggio la Camera ha approvato in via definitiva, dopo un iter accelerato e blindato, il DDL a firma del ministro Lollobrigida, presentato il 28 marzo e fortemente sostenuto da Coldiretti, che vieta di produrre, vendere, somministrare, distribuire o promuovere alimenti a base di colture cellulari, prevedendo sanzioni da 10 a 60 mila euro. La motivazione del divieto è indicata nella necessità di “assicurare la tutela della salute umana” in base a un’interpretazione errata del principio di precauzione previsto dalla normativa comunitaria, ma si tratta di un evidente diversivo poiché la vera finalità è proteggere il settore zootecnico convenzionale che viene definito, erroneamente, “di rilevanza strategica per l’interesse nazionale”.

Le associazioni ALI – Animal Law Italia, Animal Equality, Compassion in World Farming Italia, ENPA – Ente Nazionale Protezione Animali, Humane Society International/Europe, OIPA – Organizzazione Internazionale Protezione Animali, LAV – Lega Anti Vivisezione, LEIDAA – Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, LNDC Animal Protection contestano la natura fortemente ideologica del divieto ed evidenziano le numerose criticità del provvedimento. Innanzitutto, con questa legge, il Governo si è appropriato di quelle che sono le prerogative dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) alla quale soltanto spetta l’approvazione della commercializzazione dei novel food secondo il diritto europeo, dopo un complesso iter volto a tutelare la salute dei consumatori valutando la sicurezza dei nuovi alimenti. Oltretutto, una volta che l’EFSA avrà dato il via libera, da un punto di vista economico gli unici penalizzati saranno gli imprenditori italiani, che non potranno produrre e commercializzare carne coltivata sul territorio nazionale, poiché secondo il diritto europeo non si potrà impedire la vendita in Italia da parte di aziende con sede in altri Paesi europei di un novel food approvato dall’EFSA come sicuro.

Le associazioni dichiarano: «Questo divieto è oggi del tutto inutile, poiché la carne coltivata non è stata ancora approvata per il consumo umano in Europa e quindi non può essere commercializzata, mentre diventerà inattuabile nel momento in cui, in futuro, EFSA dovesse pronunciarsi favorevolmente in merito. Non possiamo non considerare questo provvedimento un miope regalo alla lobby zootecnica, peraltro ignorando i danni che ne deriveranno per lo sviluppo del Paese: allontanerà gli investimenti e spingerà i ricercatori italiani all’estero, dove altri Paesi stanno investendo su queste tecnologie».

Il provvedimento contiene anche il divieto di utilizzare denominazioni legate alla carne per prodotti trasformati a base di proteine vegetali, che entrerà in vigore dopo l’approvazione di un apposito decreto ministeriale, il quale conterrà “un elenco delle denominazioni di vendita degli alimenti che se ricondotte a prodotti vegetali possono indurre il cittadino che consuma in errore sulla composizione dell’alimento”. La gravità del provvedimento è radicata nel deliberato ostruzionismo nei confronti della diffusione di prodotti vegetali e nella maggiore confusione che gli oltre 22 mila consumatori abituali dovranno affrontare con denominazioni meno immediate.

«Questa legge danneggia un settore che negli ultimi anni ha avuto una crescita record per via delle scelte consapevoli dei consumatori, non certo perché indotti in errore. In Italia ci sono molte aziende all’avanguardia nel settore, che subiranno un danno enorme, poiché dovranno realizzare nuovamente tutto il packaging e la comunicazione, sottraendo risorse all’innovazione e al miglioramento del prodotto. Questo mette anche a rischio posti di lavoro, determinando di fatto una concorrenza sleale a favore delle sole produzioni tradizionali che peraltro, a differenza delle aziende che creano prodotti plant-based, sono già agevolate abbondantemente dall’Iva ridotta e dai contributi previsti dalla PAC, nonché da ulteriori aiuti statali», proseguono le associazioni.

Poche settimane fa il Governo aveva ritirato la bozza del DDL dalla procedura di notifica TRIS, prevista dalle norme comunitarie per i progetti di legge che introducono norme tecniche che possano creare ostacoli alla libera circolazione delle merci. Con questa mossa è stato possibile evitare che la Commissione europea e altri Stati membri fornissero osservazioni negative, che avrebbero potuto ritardare l’approvazione della legge fino a 18 mesi. Questo modus operandi però rende la legge potenzialmente inutile: infatti, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, una disposizione nazionale non notificata, quando avrebbe dovuto esserlo, può essere dichiarata inapplicabile nei confronti dei singoli dai tribunali nazionali, con tanto di condanna al risarcimento per danno per le opportunità economiche perse. Inoltre, la Commissione europea potrebbe comunque decidere di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione della libertà di circolazione, principio cardine dell’architettura europea, con applicazione di sanzioni elevate.

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Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

Animal Law Italia, Essere Animali, Humane Society International/Europe e LAV accolgono con favore l’interrogazione parlamentare della Senatrice Dolores Bevilacqua, membro dell’Intergruppo Parlamentare per i Diritti degli Animali

Humane Society International / Europa


Jo-Anne McArthur 

ROMA—Le associazioni Animal Law Italia, Essere Animali, Humane Society International(Europe e LAV, tra le promotrici dell’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope (1.502.319 firme validate raccolte), accolgono favorevolmente e sostengono l’interrogazione parlamentare presentata dalla Senatrice Dolores Bevilacqua (Movimento 5 Stelle), membro dell’Intergruppo Parlamentare per i Diritti degli Animali, rivolta al Ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida in merito alla mancata adozione, a oltre un anno e nove mesi dalla scadenza stabilita dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022), del decreto per la cessione dei visoni ancora in vita e tutt’ora detenuti negli allevamenti vietati e dismessi.

In Italia, dal primo di gennaio 2022 è entrato in vigore il divieto di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia. Il 30 di giugno dello stesso anno è stata altresì decretata la chiusura degli allevamenti ancora presenti sul territorio nazionale. Nell’ambito di questi provvedimenti, sono stati inoltre allocati indennizzi per un totale di sei milioni di euro, i cui criteri di erogazione sono stati adottati il 30 dicembre 2022 in un decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 4 marzo 2023. Il medesimo decreto doveva regolare anche l’eventuale cessione degli animali ancora in vita a strutture autorizzate (accordando preferenza a quelle gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute), i requisiti strutturali e gestionali e la sterilizzazione degli animali.

Venendo meno a quanto stabilito dalla Legge di Bilancio 2022, il Ministro Lollobrigida – e il Ministro Patuanelli prima di lui – ignora la situazione dei circa 1.600 visoni che risultano attualmente in vita ma detenuti ancora in gabbia negli allevamenti di Capergnanica (CR), Ravenna e Castel di Sangro (AQ), in una situazione incompatibile con il loro benessere, la prevenzione di spillover zoonotici e gli obbiettivi stessi che il suddetto divieto intendeva perseguire. A gennaio 2022 i visoni ancora in vita erano 5.700. A novembre 2022, è stato confermato un focolaio di SARS-CoV-2 all’interno di un allevamento nel comune di Galeata (FC), risultando nell’abbattimento sanitario dei restanti 1.500 visoni della struttura. A maggio 2023 un altro contagio è stato riscontrato a Calvagese della Riviera (BS), portando all’abbattimento di oltre 1.500 visoni.

Le associazioni dichiarano: “È inaccettabile che da parte del Ministero non ci sia il minimo impegno a gestire una situazione così critica sia dal punto di vista del benessere animale, sia della salute pubblica. È chiaro che la strategia del Ministero è quella di aspettare che gli animali si infettino all’interno delle gabbie per poi avere la perfetta giustificazione per ucciderli, mentre gli allevatori continuano percepire indennizzi per tenerli nelle stesse precarie condizioni di prima. La pubblicazione del decreto è centrale, poiché solo a seguito della stessa sarà possibile permettere il trasferimento degli animali presso centri specializzati, salvando la vita di almeno alcuni dei visoni. Abbiamo pazientato e sollecitato già troppo. Accogliamo pertanto con favore l’interrogazione parlamentare della Senatrice Bevilacqua e auspichiamo una pronta e adeguata risposta dal Ministro Lollobrigida per poter chiudere definitivamente il triste capitolo dell’allevamento di animali da pelliccia in Italia.”

La Senatrice Dolores Bevilacqua, che ha presentato l’interrogazione, afferma: “L’immobilismo del Governo rispetto all’adozione di un decreto che possa finalmente mettere la parola fine agli allevamenti di animali per farne pelliccia è il riflesso di una scarsa sensibilità al benessere animale, che difficilmente può trovarsi una motivazione concreta che giustifichi altrimenti una simile mancanza. Spero che il Ministro Lollobrigida voglia al più presto rispondere all’interrogazione presentata, giustificando il ritardo accumulato e, finalmente, adottando il tanto agognato secondo decreto attuativo.”

Testo dell’interrogazione:

“Al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste.

Premesso che:

la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), ai commi 980 e seguenti, ha previsto un divieto totale di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia;

la medesima legge ha previsto che, in deroga a tale divieto, gli allevamenti autorizzati (esclusivamente di visoni) potessero continuare a detenere gli animali già presenti nelle proprie strutture esclusivamente per il periodo necessario alla dismissione delle stesse e comunque non oltre il 30 giugno 2022, fermo restando il divieto di riproduzione degli animali;

come noto, al fine di indennizzare detti allevamenti, la stessa legge di bilancio 2022 ha previsto un fondo di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023. Per erogare tali somme, l’individuazione dei criteri e delle modalità di corresponsione dell’indennizzo veniva demandata a un decreto, che doveva essere adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore di detta legge, del Ministero delle politiche agricole, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro della transizione ecologica, sentite le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Tale decreto interministeriale, adottato solamente il 30 dicembre 2022, è stato finalmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 4 marzo 2023, con il titolo: “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo, a favore dei titolari degli allevamenti di visoni (Mustela viso o Neovison vison), volpi (Vulpes vulpes, Vulpes Lagopus o Alopex Lagopus), cani procione (Nyctereutes procyonoides), cincillà (Chinchilla laniger) e di animali di qualsiasi specie per la finalita’ di ricavarne pelliccia”;

tuttavia, tale decreto non ottempera pienamente a quanto previsto dal comma 984 della citata legge di bilancio 2022 rispetto all’eventuale cessione degli animali e detenzione, con obbligo di sterilizzazione, presso strutture autorizzate, accordando preferenza a quelle gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute. Infatti, come ricordato da codesto Ministero in risposta a un’interrogazione della scrivente fornita il 26 gennaio 2023, dovevano ancora essere stabiliti requisiti strutturali e gestionali, come pure le modalità di attuazione degli interventi di sterilizzazione, che avrebbero dovuto essere definiti da un ulteriore decreto da adottare di concerto con il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, il Ministero della salute, le Regioni e le Province autonome, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto interministeriale, dunque entro giugno 2023;

considerato che:

a quanto risulta, una bozza del decreto che avrebbe dovuto introdurre i requisiti strutturali e gestionali necessari alla cessione degli animali a strutture autorizzate in preferenza gestite da associazioni animaliste riconosciute, anch’essa datata 30 dicembre 2022, è stata inviata all’Istituto Zooprofilattico delle Venezie (IZSVe) per ricevere un parere;

L’IZSVe ha fornito riscontro a tale richiesta in data 4 maggio 2023, fornendo un parere che indicava la necessità di mantenere gli animali in gabbia e forniva i requisiti strutturali delle stesse e delle strutture ospitanti, nonché i requisiti di biosicurezza e quelli gestionali. Inoltre, a seguito di richiesta di specifica rispetto alla possibilità di detenzione di visoni a terra, all’interno di recinzioni opportunamente costruite e arricchite, lo stesso IZSVe affermava, con precisazione del 15 settembre 2023, di ritenere la vita in gabbia quale metodo più appropriato;

considerato inoltre che:

l’allevamento di visoni allevati con lo scopo di produrre pellicce è stato vietato tanto per la crescente sensibilità e preoccupazione sociale per il benessere degli animali non umani, quanto per il rischio che questi allevamenti pongono dal punto di vista sanitario e che dunque l’attuale situazione risulta incompatibile con gli obbiettivi che il suddetto divieto intendeva perseguire;

i visoni detenuti all’interno degli allevamenti, che attualmente risultano in numero maggiore di 1.500 nei tre allevamenti che ancora detengono animali, continuano a condurre una vita che risulta non in linea con il loro benessere e rispetto delle loro caratteristiche etologiche e la loro sofferenza rischia di prolungarsi ancora a lungo, laddove si consideri che tali animali, se detenuti in cattività, possono vivere anche oltre i 10 anni;

continuano a essere riscontrati casi di contagio da Sars-CoV-2 all’interno di allevamenti di visoni, come accaduto a Calvagese della Riviera (BS), situazione che ha comportato l’abbattimento di oltre 1.500 animali ai sensi dell’ordinanza del Ministero della salute del 3 maggio 2023, o i casi mortali di influenza aviaria registrati in un allevamento di visoni in Spagna a ottobre 2022, identificati anche grazie al lavoro proprio dell’IZSVe e comunicati a gennaio 2023;

considerato infine che:

ai sensi del sopra citato decreto interministeriale del 30 dicembre 2022, gli allevatori continuerebbero a percepire indennizzi per la gestione e cura degli animali vivi ancora in allevamento pari ad euro 3,00 per animale al mese e per gestione e cura dell’impianto operativo in presenza di animali pari a euro 2,00 per animale al mese,

si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intende operarsi per giungere, nel più breve tempo possibile, all’adozione del secondo decreto interministeriale che stabilisce i requisiti strutturali e gestionali, necessario a permettere il trasferimento di almeno una parte dei visoni ancora detenuti presso gli allevamenti, ponendo la parola finale a questa attività anacronistica e garantendo la possibilità ai visoni ancora rimasti in vita di condurre un’esistenza che rispetti il loro benessere e le loro caratteristiche etologiche.”

FINE

Contatti stampa:

  • Eva-Maria Heinen, communications & PR manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Martina Pluda, direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Grazie al programma "Models for Change" di Humane Society International il proprietario ha deciso di uscire dal commercio e avviare una nuova attività

Humane Society International / Europa


Chau Doan | AP Images for HSI

THAI NGUYEN, Vietnam—cani, tra cui 19 cuccioli di pochi giorni, sono stati salvati da un macello di carne di cane a Thai Nguyen, in Vietnam, dopo che il proprietario si è convinto a chiudere definitivamente il commercio e cambiare attività. Il signor Hung ha comprato, venduto e macellato circa 20.000 cani per il commercio di carne negli ultimi sette anni, ma ha dichiarato che l’uccisione degli animali pesava molto sulla sua coscienza e si è sentito sollevato quando l’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International gli ha offerto una via d’uscita nell’ambito del suo programma “Models for Change”. Il signor Hung adesso aprirà un negozio di prodotti agricoli per la comunità locale.

La squadra di HSI è arrivata da Vietnam, Indonesia e India per prelevare i 44 cani dalla struttura del signor Hung e trasportarli in un rifugio presso l’Università di Scienze Agrarie e Forestali di Thai Nguyen, dove sono stati vaccinati contro la rabbia: i cani riceveranno cure veterinarie e riabilitative prima di essere resi disponibili per l’adozione sul territorio.

Circa 5 milioni di cani vengono uccisi ogni anno per il commercio della loro carne in Vietnam: la maggior parte di loro sono animali domestici rubati o randagi adescati sulle strade con esche avvelenate, o catturati con pistole taser, tenaglie o corde, oppure importati da Paesi limitrofi come la Cambogia. Tuttavia, la maggior parte dei cani del signor Hung gli erano stati venduti da famiglie rurali che allevavano cuccioli per integrare il loro reddito principale.

I commercianti di solito vanno di villaggio in villaggio in moto o in camion per raccogliere i cuccioli dalle comunità rurali. I cuccioli vengono stipati in piccole gabbie e portati in strutture come quella del signor Hung per essere ingrassati forzatamente; molti di loro soffrono di disidratazione, soffocamento, colpi di calore o perdono la vita durante il viaggio.

Prima della chiusura, i commercianti consegnavano circa 50 cuccioli ogni uno o due mesi alla struttura del signor Hung, dove venivano tenuti in gabbie sporche, senza ricevere cure veterinarie, per essere ingrassati durante un periodo di diverse settimane o mesi fino a raggiungere il peso adeguato alla macellazione ed essere venduti come “thịt chó” (carne di cane).

Le ricerche di HSI in altre parti del Vietnam hanno portato alla luce la crudele pratica dell’alimentazione forzata, praticata tramite l’inserimento di un tubo in gola in modo che il riso arrivasse direttamente nello stomaco dei cani. Pur affermando di non averla mai praticata, il signor Hung era a conoscenza di questa pratica. Oltre a vendere i cani ai macelli e ai ristoranti locali, uccideva uno o due cani al giorno, colpendoli con un coltello alla giugulare o al cuore, in piena vista degli altri cani. Un ciclo di sofferenza e brutalità che ha finito per esasperare lo stesso Hung.

“Guardavo i loro occhi imploranti – dichiara – e vedevo le loro code scodinzolare nervosamente mentre mi avvicinavo, e ogni volta diventava più difficile farlo. Arrivavano da me come cuccioli felici e pieni di vita, ma presto diventavano traumatizzati e spaventati. Alla fine, mi si è spezzato il cuore. I cani sono così leali e amichevoli che venderli o ucciderli mi sembrava un tradimento: pesava molto sulla mia coscienza. Quando ho saputo che il programma “Models for Change” di Humane Society International aveva aiutato un altro commerciante di Thai Nguyen a chiudere il suo macello e ristorante di carne di cane l’anno scorso, mi sono sentito sollevato nel sapere che c’era un modo per ricominciare la mia vita senza dover uccidere animali per vivere. Sono entusiasta della mia nuova attività e di sapere che tutti i miei cani avranno la vita felice che meritano, con famiglie che si prenderanno cura di loro”.

Oltre ad affrontare l’estrema crudeltà insita nel commercio di cani per il consumo umano, il programma di HSI contribuisce anche a contrastare la diffusione del mortale virus della rabbia in Vietnam. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la rabbia uccide ogni anno più di 70 persone in Vietnam: la maggior parte dei casi è causata dal morso di un cane, mentre altri casi accertati sono legati alla macellazione e al consumo di cani. Un’alta incidenza di cani positivi alla rabbia è stata documentata nei macelli della capitale, Hanoi. Che si tratti di traffico da Paesi vicini, cattura e trasporto a centinaia di chilometri attraverso il Vietnam o vendita per la macellazione da parte di famiglie locali, il commercio di carne di cane comporta il movimento e la macellazione in massa di cani di cui non si conoscono eventuali malattie o lo stato di vaccinazione, mettendo a repentaglio gli sforzi per controllare la diffusione della rabbia.

“Il commercio di carne di cane è un’attività crudele e pericolosa in Vietnam, che mette a rischio la salute della nazione per profitto, in violazione delle leggi esistenti”, sottolinea Phuong Tham, Direttore di Humane Society International per il Vietnam. “Hung è il secondo commerciante del Vietnam a partecipare al nostro programma “Models for Change”: l’auspicio è anche di sensibilizzare le autorità a impegnarsi in una strategia per fornire ai lavoratori del settore mezzi di sussistenza alternativi ed economicamente validi, sostenendo al contempo gli sforzi del Governo per eliminare la rabbia. Sebbene la carne di cane sia ancora diffusa in alcune zone del Paese, si registra una sempre maggiore opposizione a questa pratica tra la crescente popolazione di amanti degli animali domestici in Vietnam, frustrata dalla mancanza di azioni contro i ladri e i commercianti di cani senza scrupoli, che rubano gli amati compagni di vita delle persone. Con l’evoluzione del ruolo dei cani nella società, deve cambiare anche la legislazione per proteggerli dalla crudeltà e dallo sfruttamento”.

Il programma “Models for Change” di HSI è stato avviato in Vietnam l’anno scorso, dopo aver operato con successo dal 2015 in Corea del Sud, dove l’associazione ha chiuso 18 allevamenti di cani da carne e ha contribuito a creare un sostegno pubblico e politico per un divieto a livello nazionale. HSI ha portato il suo programma “Models for Change” in Vietnam l’anno scorso con la chiusura di un macello e di un ristorante per cani di proprietà di un vicino di casa del signor Hung. La chiusura ha spinto il signor Hung a contattare l’Università di Scienze Agrarie e Forestali di Thai Nguyen per un aiuto nel reinserimento dei suoi cani, che a sua volta ha chiesto ad HSI di fornire competenze e risorse per sostenere il salvataggio e formare veterinari locali per contribuire al successo a lungo termine del centro di recupero.

Il commercia della carne di cane:

  • Il Vietnam è la patria del commercio di carne di cane e di gatto più prolifico del Sud-est asiatico, con una macellazione stimata di circa cinque milioni di cani e un milione di gatti all’anno. Alcuni consumatori credono, nonostante l’assenza di prove scientifiche, che la carne di cane abbia proprietà medicinali e possa aumentare la virilità maschile.
  • Le ricerche di HSI suggeriscono che la carne di cane è consumata da circa il 40% della popolazione, ma non è una prelibatezza costosa: a Thai Nguyen costa dai 150.000 ai 200.000 VND ($6-$8) al piatto.
  • Mentre la vendita e il consumo di carne di cane non sono illegali in Vietnam, sia la movimentazione trans-provinciale non regolamentata di cani che il furto di animali domestici sono reati. I funzionari di diverse città, tra cui Hanoi e Hoi An, si sono impegnati a porre fine al commercio, ma la legge viene raramente applicata.
  • I furti di animali domestici e l’arresto dei ladri sono spesso riportati dai media vietnamiti e i proprietari devastati spesso ricomprano i loro amati compagni se hanno la fortuna di ritrovarli dopo la cattura.
  • Il legame tra la trasmissione della rabbia e il commercio di carne di cane in Vietnam è stato chiaramente identificato dall’OMS[1]. I dati dell’Istituto Nazionale di Igiene ed Epidemiologia del Vietnam mostrano che una percentuale significativa di pazienti viene infettata dal virus dopo aver ucciso, macellato o mangiato cani, o dopo essere stata morsa. Nel 2018 e nel 2019, le autorità di Hanoi e Ho Chi Minh City hanno rispettivamente invitato i cittadini a non consumare carne di cane per ridurre il rischio di trasmissione della malattia.
  • Nel luglio 2023, il Comitato del Popolo della Provincia di Dong Nai e HSI hanno firmato un accordo triennale, unico nel suo genere, per collaborare nella lotta al commercio di carne di cane e di gatto, attuando un programma di vaccinazione antirabbica, scoraggiando il consumo di carne di cane e di gatto attraverso campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, sostenendo le attività delle Forze dell’Ordine contro il traffico di cani e gatti, promuovendo il benessere degli animali da compagnia e aiutando i lavoratori dell’industria della carne di cane e di gatto a passare a mezzi di sussistenza alternativi.

Foto e video delle operazioni di chiusura del mattatoio per cani

Per sostenere il lavoro di HSI in Asia e nel mondo

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

[1] Hampson, K., 2009. Mission Report: Vietnam. WHO

I risultati del sondaggio sostengono la richiesta rivolta alla Commissione di rispettare la promessa fatta in merito al divieto dell’allevamento in gabbia

Humane Society International / Europa


Pig farm in Italy
Jo-Anne McArthur/Essere Animali

BRUXELLES—Oggi la Commissione Europea ha pubblicato i tanto attesi risultati del sondaggio Eurobarometro, sulle opinioni dei cittadini dell’UE riguardo alla tutela degli animali. Come previsto, i dati del sondaggio confermano che la stragrande maggioranza degli europei (l’84%) ritiene che il benessere degli animali allevati debba essere maggiormente garantito. In tutti gli Stati Membri dell’UE, almeno otto su dieci intervistati ritengono che assicurare che gli animali non siano tenuti in gabbie sia un fattore importante nel rispettare le nostre responsabilità etiche verso gli animali.

La Dottoressa Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Humane Society International/Europe, ha commentato: “I risultati dell’Eurobarometro resi noti oggi, confermano inequivocabilmente lo straordinario sostegno dei cittadini, in tutti gli Stati Membri, a favore del rafforzamento del benessere degli animali. Era ormai noto che questo sondaggio fosse stato condotto molti mesi fa, ma si rumoreggiava che la dirigenza della Commissione avesse nascosto i risultati a causa della loro riluttanza ad adempiere agli impegni in materia di benessere animale presi sia nella strategia UE Farm to Fork che nella risposta formale all’Iniziativa dei Cittadini Europei ‘End the Cage Age’ per porre fine all’era delle gabbie.”

Durante un’audizione parlamentare all’inizio di questo mese, il Vicepresidente della Commissione Maroš Šefčovič, il nuovo responsabile del Green Deal europeo, ha rotto il silenzio della Commissione sulla sua incapacità di consegnare il pacchetto di proposte legislative promesso, per rivedere ed ampliare il campo di applicazione della legislazione dell’UE attualmente vigente in materia di benessere degli animali. Šefčovič ha segnalato che tutte le proposte, tranne quella sulla protezione degli animali durante il trasporto, sono state accantonate. In vista delle elezioni europee, l’Eurobarometro rappresenta un forte richiamo al fatto che invece i cittadini si interessano del benessere degli animali. I risultati di questo sondaggio sottolineano l’importanza e la necessità da parte dell’Europa di rimanere fedele al suo impegno ad eliminare l’allevamento in gabbia.

“Ignorare l’ampio sostegno dei cittadini per un miglioramento del benessere degli animali e non onorare gli impegni della Commissione per attuare queste riforme legislative è un affronto ai milioni di cittadini dell’UE che desiderano standard migliori per gli animali allevati”, afferma la Dottoressa Swabe. “A pochi mesi dalle elezioni europee, il dietrofront della Commissione sul benessere animale rischia di erodere la fiducia degli europei nei confronti delle istituzioni europee e del loro reale impegno per avanzare gli interessi dei cittadini.”

Il sostegno per un rafforzamento legislativo della protezione degli animali non proviene solo dal pubblico in generale. Il programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione della Commissione (REFIT), che mira a garantire che le leggi dell’UE raggiungano i loro obiettivi, ha stabilito che la legislazione sul benessere animale vigente non è più adeguata. L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha fornito pareri scientifici sulla tutela del benessere degli animali negli allevamenti, che evidenziano che questi animali hanno esigenze di benessere complesse che non possono essere soddisfatte all’interno di gabbie e spazi confinati.

Per quanto riguarda il benessere degli animali allevati, i risultati del sondaggio Eurobarometro rivelano, ad esempio, che:

  • Il 90% degli europei ritiene che le pratiche agricole e di allevamento debbano soddisfare determinati requisiti etici di base.
  • Il 91% ritiene che sia importante proteggere il benessere degli animali allevati (come maiali, bovini, pollame, ecc.) per garantire loro condizioni di vita decenti.
  • L’84% ritiene che nel proprio paese, il benessere degli animali allevati debba essere rafforzato rispetto alla situazione attuale.
  • Il 67% dichiara di voler essere maggiormente informato rispetto alle condizioni in cui vengono allevati gli animali nel proprio paese.
  • Oltre otto intervistati su dieci ritengono importante che in tutti i 27 Stati Membri dell’UE venga assicurato che gli animali allevati abbiano cibo a sufficienza e un ambiente adeguato a soddisfare le loro esigenze di base (ad esempio, fango, paglia, ecc., a seconda della specie).
  • In tutti gli Stati Membri, più di otto intervistati su dieci ritengono importante garantire agli animali allevati spazio sufficiente per potersi muovere, sdraiare e alzare.
  • In tutti gli Stati Membri, almeno otto intervistati su dieci ritengono che sia importante assicurare che le persone che lavorano a contatto con gli animali e li maneggiano, abbiano competenze e formazione sufficienti per rispettare le responsabilità etiche nei loro confronti.
  • In tutti gli Stati Membri, oltre tre quarti degli intervistati ritengono che sia importante rispettare le responsabilità etiche verso gli animali vietando la mutilazione/amputazione di alcune parti del loro, salvo in casi in cui sia necessario per proteggere la sicurezza degli operatori/allevatori (in tal caso verrà utilizzata l’anestesia).
  • Il 75% ritiene inaccettabile la pratica di uccidere i pulcini maschi appena nati.
  • Più di sei europei su dieci ritengono che le norme europee in tema di benessere animale dovrebbero vigere anche per l’import alimentare da paesi extra-UE.
  • Sei europei su dieci sarebbero disposti a pagare di più per prodotti provenienti da sistemi di allevamento rispettosi del benessere animale. Sei europei su dieci hanno indicato che, per l’acquisto di alimenti, cercano etichette che identificano prodotti provenienti da sistemi di allevamento virtuosi.

Alcuni dati:

  • Nel 2020, la Commissione Europea ha presentato la strategia Farm to Fork per un sistema alimentare equo, sano ed eco-sostenibile nell’ambito del pacchetto di politiche di punta del Green Deal europeo. Questa strategia includeva l’impegno a rivedere la legislazione esistente in materia di benessere animale, per allinearla alle più recenti evidenze scientifiche, ampliarne il campo di applicazione, renderne più semplice l’applicazione e garantire un livello più elevato di benessere animale. Il pacchetto legislativo doveva essere pubblicato nel terzo trimestre del 2023.
  • Nel 2021, in risposta all’Iniziativa dei Cittadini Europei “End the Cage Age”, che ha raccolto quasi 1,4 milioni di firme valide, la Commissione ha anche promesso di presentare, entro la fine del 2023, proposte per porre fine alla detenzione in gabbia degli animali allevati.
  • L’Eurobarometro è lo strumento ufficiale di sondaggio utilizzato dalla Commissione Europea, dal Parlamento Europeo e da altre istituzioni e agenzie dell’UE per monitorare l’opinione pubblica sulle e le attitudini degli europei riguardo a specifiche tematiche legate all’UE.
  • Prima della pubblicazione odierna, il rapporto speciale dell’Eurobarometro numero 442 sulle Attitudini degli Europei in merito al Benessere degli Animali era l’indagine su scala europea più recente su questa questione, risalente al 2016. In quel momento, il 94% degli intervistati ha dichiarato di ritenere importante garantire il benessere degli animali allevati.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International/Europe: ‘E’ ora che l’Italia le vieti. Lo chiede il 74% degli italiani!’

Humane Society International / Europa


HSI

ROMA—Humane Society International/Europe lancia oggi uno strumento di protesta digitale per rinnovare l’appello al Governo italiano, in particolare al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, di introdurre un divieto di importazione per i trofei di caccia ottenuti da specie protette a livello internazionale, dando la possibilità alla stragrande maggioranza degli italiani che si oppone alla crudele pratica della caccia al trofeo di rivolgersi con una mail direttamente al Ministro.

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe, afferma: “Non possiamo che rafforzare il nostro appello e continuare a dare voce all’opinione pubblica italiana di fronte al vergognoso silenzio e immobilismo politico che permettere alle élite di continuare ad uccidere animali in via di estinzione per divertimento, mettendo a rischio la conservazione di moltissime specie che già vivono sotto continua e forte pressione antropica. Oltremodo, il contesto attuale in cui si moltiplicano i casi corruzione e di battute illegali nell’industria della caccia al trofeo è agghiacciante. Invitiamo italiani e italiane a unirsi a noi nel chiedere nuovamente al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin di fare la propria parte per porre fine al coinvolgimento dell’Italia in questa attività crudele e dannosa. È inaccettabile che il Ministro non abbia mostrato il minimo interesse a tutelare specie che rischiano di scomparire per il macabro hobby di pochi. Urge introdurre in Italia un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione di trofei di caccia provenienti da specie protette. Lo chiede il Parlamento Europeo, lo chiede il 74% degli italiani.”

I dati sulle importazioni di trofei di caccia dimostrano il coinvolgimento dell’Italia nell’industria della caccia ai trofei. Tra il 2014 e il 2021, l’Italia ha infatti importato 442 trofei di caccia provenienti da mammiferi protetti dalla CITES (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione )—come ippopotami, rinoceronti, elefanti, leoni— nonostante l’86% degli Italiani si opponga alla caccia al trofeo e il 74% sia a favore di un divieto di importazione dei trofei.

A ottobre 2022, il Parlamento Europeo ha adottato a maggioranza una risoluzione, nella quale chiedeva la fine delle importazioni di trofei di caccia appartenenti a specie protette negli Stati Membri dell’Unione Europea. In Italia, però, non è ancora stato introdotto un divieto, anche se sono già state presentate due proposte legislative a riguardo, sia alla Camera dei Deputati, sia al Senato.

Dall’inizio della campagna #NotInMyWorld, HSI/Europe ha dato voce agli italiani, lanciando una petizione rivolta al Governo italiano, che ha ad oggi raccolto più di 50.000 firme, e consegnando, lo scorso novembre, oltre 4.000 cartoline firmate dai cittadini al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. A questo si è recentemente aggiunta la pubblicazione, il 1° settembre 2023, di una lettera aperta su Il Corriere della Sera, sempre rivolto al Ministro, supportata anche da un imponente tweet-storm. Oggi, l’organizzazione chiama nuovamente all’azione i suoi sostenitori per chiedere un immediato divieto sulle importazioni, esportazioni e ri-esportazioni dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie minacciate di estinzione; un appello concreto al Ministro Gilberto Pichetto Fratin che ad oggi non ha ancora accettato il confronto e accolto le istanze di HSI/Europe.

In attesa che il Parlamento possa discutere e approvare le proposte di legge, presentate nell’attuale legislatura, HSI/Europe chiede che il Ministro Pichetto Fratin acceleri i tempi, emanando un decreto che ponga immediatamente fine all’importazione di trofei di caccia di animali appartenenti a specie minacciate, elencate dalla CITES. È necessario che il Governo italiano prenda le distanze dall’uccisione di animali a rischio e in via di estinzione, come stanno già facendo altri paesi europei come i Paesi Bassi, il Belgio, la Francia e la Finlandia e come ha recentemente chiesto anche il Parlamento Europeo.

Link per partecipare alla protesta digitale diretta al Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin.

Cronologia dell’attività politica in Italia:

Approfondimento sulla caccia al trofeo:

  • Il 14 luglio il Consiglio dei Ministri del Governo federale belga ha approvato una proposta legislativa per l’introduzione di un divieto di importazione di trofei di caccia ottenuti da specie animali in via di estinzione. Il progetto di legge di Zakia Khattabi, Ministro del Clima, dell’Ambiente, dello Sviluppo sostenibile e del Green Deal, fa seguito al voto unanime del Parlamento federale del Belgio, che nel marzo 2022 ha appoggiato una risoluzione che chiedeva al Governo di porre un freno al rilascio di permessi di importazione di trofei per un’ampia lista di specie minacciate e in pericolo.
  • Il 21 giugno 2023 l’Assemblea francese ha adottato a stragrande maggioranza (113 voti a favore, un voto contrario) un emendamento che aiuterà in modo significativo le autorità doganali a limitare l’importazione in Francia di trofei di caccia di alcune specie animali in via di estinzione. Questo voto coincide con una nuova proposta legislativa di divieto presentata il 23 maggio scorso e si aggiunge alle restrizioni adottate nel 2015 all’importazione di trofei di leone.
  • Nel marzo 2023, i legislatori britannici della Camera dei Comuni hanno presentato una proposta di legge che vieterebbe l’importazione di trofei di caccia di oltre 6.000 specie regolamentate a livello internazionale, tra cui elefanti, rinoceronti e leopardi. Il disegno di legge è attualmente all’esame della Camera dei Lord.
  • Nel 2022 la Finlandia ha vietato l’importazione di trofei di caccia di specie protette non provenienti dall’UE elencate nell’Allegato A e di 12 specie protette dell’Allegato B del Regolamento UE sul commercio della fauna selvatica.
  • Nel 2022 il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione che chiede di porre fine all’importazione nell’UE di trofei di caccia di specie protette.
  • Nel 2016, i Paesi Bassi hanno vietato l’importazione di trofei di caccia di oltre 200 specie.
  • L’inchiesta sotto copertura, rilasciata dalla testata italiana Kodami a giugno 2023, realizzata alla più grande fiera di caccia in Europa “Jagd&Hund” (Dortmund, Germania) da ulteriore conferma dell’ipocrisia che si cela dietro l’industria della caccia al trofeo ed evidenzia l’importanza di un divieto di importazione dei trofei di caccia.
  • Sempre più aziende del settore dei trasporti stanno implementando policy contro il trasporto di questi oggetti; qui un elenco di oltre 30 compagnie aeree, di trasporto e altre aziende del settore che lo hanno fatto.

FINE

Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International/Europe: “L’UE deve vietare le importazioni e le vendite di pellicce per proteggere gli animali e l’ambiente.”

Humane Society International / Europa


Fur farm
Claire Bass/HSI

ROMA—L’impatto ambientale della produzione di pellicce di visone, volpe e cane procione supera di gran lunga quello di altri materiali utilizzati nella moda, tra cui il cotone e persino il poliestere e l’acrilico, usati per la produzione di pellicce finte. Questo è quanto emerge da un nuovo rapporto realizzato dalla società di consulenza Foodsteps, commissionato da Humane Society International/UK e revisionato dal rinomato esperto di sostenibilità Isaac Emery. Il rapporto dimostra che la narrazione dell’industria della pellicceria, che presenta la pelliccia some “il materiale più ecologico disponibile” è ingannevole e un’operazione di greenwashing nei confronti di consumatori e rivenditori.

Secondo lo studio, la pelliccia ha le più alte emissioni di gas serra per chilogrammo rispetto ad altri materiali, tra cui anidride carbonica, metano e ossido di azoto. L’impronta carbonica di un chilogrammo di pelliccia di visone è 31 volte superiore a quella del cotone e 25 volte a quella del poliestere. Per quanto riguarda il consumo idrico, le tre pellicce animali sono le peggiori tra tutti i materiali studiati: 104 volte più alte dell’acrilico, 91 volte più del poliestere e cinque volte più del cotone. Anche gli accessori in pelliccia, come i bordi sui cappucci delle giacche e i pon-pon su cappelli e scarpe, hanno un prezzo ecologico più alto rispetto alle loro controparti in acrilico. Ad esempio, lo studio stima che un pon-pon in pelliccia di cane procione su un cappello, abbia un’impronta carbonica quasi 20 volte superiore dell’acrilico.

Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono utilizzati per la produzione di pellicce in tutto il mondo. Solo in Europa sono stati allevati e uccisi circa 10 milioni di visoni, volpi e cani procione. Il rapporto di HSI mostra che un divieto di allevamento di animali da pelliccia in tutta Europa farebbe risparmiare quasi 300.000 tonnellate di CO2 equivalenti, pari alle emissioni annuali di anidride carbonica di circa 44.000 cittadini dell’UE. Si risparmierebbero inoltre circa 3.700 tonnellate di inquinamento idrico e 11.800 tonnellate di emissioni atmosferiche. Inoltre, le grandi quantità di escrementi prodotti dagli animali negli allevamenti sono dannose per l’ambiente. La produzione di pelliccia richiede enormi quantità di acqua, sale e l’uso di sostanze chimiche come il cromo e la formaldeide – elencati come cancerogeni tossici – per evitare la decomposizione naturale della pelle e della pelliccia.

La Dottoressa Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Humane Society International/Europe, afferma: “Questo nuovo studio accende i riflettori sulle affermazioni dell’industria della pellicceria in merito alla sua compatibilità ambientale, sbugiardandole. Presentare la pelliccia animale come più sostenibile rispetto a quella sintetica è greenwashing e i consumatori non devono farsi ingannare. Considerato il suo impatto ambientale, l’industria della pellicceria è un grande inquinatore, che la cui impronta ecologica è superiore a quella della produzione di materiali come il cotone e l’acrilico. La pelliccia di visone, ad esempio, ha un’impronta carbonica che supera di 7 volte quella della carne bovina e di 34 volte quella avicola. Questa industria minaccia l’ambiente e sottopone gli animali a condizioni di vita e di morte raccapriccianti. L’UE deve rispondere al milione e mezzo di firme di cittadine e cittadine UE, raccolte tramite l’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope.”

Si stima che tra il 2% e l’8% delle emissioni di gas serra a livello globale siano riconducibili all’industria della moda, che è inoltre un importante inquinatore di acqua. Limitare l’impronta ambientale della settore moda è quindi fondamentale per rispettare gli impegni internazionali sul cambiamento climatico. HSI/Europe ritiene che questo nuovo rapporto fornisca prove inconfutabili sulla necessità di eliminare l’impronta ambientale sproporzionata del commercio globale di pellicce, anche vietando l’importazione e la vendita di pellicce nell’UE.

Principali risultati del rapporto:

  • L’impronta carbonica di 1 kg di pelliccia di visone (309,91 kg di CO2-eq) è 31 volte superiore a quella del cotone, 26 volte a quella dell’acrilico e 25 volte a quella del poliestere. Anche la pelliccia di cane procione e la pelliccia di volpe hanno un’impronta carbonica elevata, circa 23 volte peggiore di quella del cotone e 18 volte peggiore di quella del poliestere.
  • La pelliccia di visone produce emissioni atmosferiche 271 volte superiori a quelle dell’acrilico, 215 volte superiori a quelle del cotone e 150 volte superiori a quelle del poliestere. La pelliccia di volpe e di cane procione produce emissioni atmosferiche circa 104 volte superiori a quelle dell’acrilico, 83 volte a quelle del cotone e 57 volte a quelle del poliestere.
  • Per ogni chilogrammo di pelliccia prodotto sono necessari quasi 30.000 litri di acqua. Il consumo idrico medio delle tre tipologie di pelliccia (visone, volpe, cane procione) è 104 volte superiore a quello dell’acrilico, 91 volte a quello del poliestere e 5 volte a quello del cotone.
  • La produzione di tutti e tre i tipi di pelliccia ha un impatto devastante sull’inquinamento idrico; la pelliccia di visone produce quasi 400 volte l’inquinamento idrico per chilogrammo del poliestere, e in media tutte e tre le pellicce sono 100 volte più inquinanti del cotone e 75 volte più dell’acrilico.

Humane Society International (HSI) ritiene che, con l’aumento di materiali innovativi di nuova generazione, a base biologica, tra cui la pelliccia sintetica realizzata con materie prime di origine vegetale, i materiali privi di animali diventeranno sempre più ecologici. L’Institute for Faux Fur di Parigi ha lanciato una tabella di marcia, delineando modi innovativi di produrre pellicce sintetiche, chiamata SMARTFUR, basata sui principi dell’economia circolare. Nel settembre 2019, Stella McCartney ha stretto una partnership con DuPont per lanciare KOBA® Fur Free Fur, la prima pelliccia sintetica al mondo completamente riciclabile, realizzata con materie prime di origine vegetale e poliestere riciclato. Successivamente, i fondatori Ashwariya Lahariya e Martin Stübler hanno lanciato BioFluff, il primo prodotto di pelliccia a base vegetale al mondo.

Il rapporto di HSI si basa sui dati pubblicati dal gruppo francese di moda Kering – diventato fur-free – nei propri bilanci “Environmental Profit & Loss”, per incoraggiare un maggiore avvicinamento alla sostenibilità nel settore della moda.

Il rapporto esamina l’impatto dei materiali lungo tutta la catena di approvvigionamento, compresa la produzione di materie prime, la lavorazione, la produzione, l’assemblaggio e tutte le operazioni necessarie fino alla vendita al dettaglio. Sebbene questa analisi del ciclo di vita dell’industria della moda non consideri lo smaltimento a fine vita, HSI/Europe sottolinea che tutti gli indumenti possono finire in discarica, e gli articoli con pelliccia animale non fanno eccezione.

La Dottoressa Swabe aggiunge: “Tutti i materiali hanno in qualche misura un’impronta carbonica ma il nuovo rapporto di HSI dimostra che la produzione di pellicce animali ha un impatto ambientale molto più significativo. Giacche bordate di pelliccia, cappelli con pon-pon e altri articoli di moda usa e getta hanno la stessa probabilità di finire in discarica della pelliccia sintetica. La verità è che l’allevamento intensivo di milioni di animali e la lavorazione delle loro pelli con sostanze chimiche non possono mai essere definiti naturali o sostenibili.”

Approfondimento sull’eliminazione delle pellicce:

  • La maggior parte dei principali stilisti del mondo ha introdotto politiche fur-free, tra cui tutti i sei marchi del gruppo Kering – Saint Laurent, Brioni, Gucci, Alexander McQueen, Balenciaga e Bottega Veneta – oltre a nomi come Valentino, Prada, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel.
  • L’Iniziativa dei Cittadini Europei #FurFreeEurope, sostenuta da ben 1,5 milioni di firme, dimostra l’ampio sostegno dei cittadini dell’Unione Europea che esortano la Commissione Europea a vietare l’allevamento di animali da pelliccia e la vendita di prodotti di pellicceria nel mercato europeo.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è già vietato in molti Paesi dell’UE, tra cui Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Serbia, Slovacchia e Slovenia. Lituania, Polonia e Romania stanno attualmente valutando la possibilità di introdurre simili divieti.
  • Negli Stati Uniti, lo Stato della California ha vietato la vendita di pellicce nel 2019. In totale, 13 città statunitensi hanno vietato la vendita di pellicce, mentre Israele è diventato il primo Paese al mondo a vietare la vendita di pellicce nel 2021.
  • I visoni di oltre 480 allevamenti in 12 Paesi, tra cui Italia, Polonia, Svezia e Danimarca, sono stati trovati infetti da SARS-CoV-2. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il potenziale di trasmissione e diffusione zoonotica negli allevamenti di animali da pelliccia. Nell’ottobre 2022, un focolaio di influenza aviaria ad alta patogenicità (H5N1) in un allevamento di visoni n Spagna ha indotto autorevoli virologi a definirlo “un campanello di allarme” per porre immediatamente fine a questa pratica.

FINE

Cliccare QUI per scaricare il rapporto.

Cliccare QUI per visionare la video-animazione sull’impronta ambientale del commercio di pellicce.

Contatto:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

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