Parte la nuova campagna di HSI Italia per chiedere un futuro migliore, più umano e sicuro per tutti dopo la crisi COVID-19

Humane Society International


Kristo Muurimaa/Oikeutta Elaimille 

ROMA (22 giugno 2020)—In risposta alla crisi COVID-19 ed in vista della fase di ripresa e rilancio, Humane Society International Italia lancia oggi la campagna #BastaAnimaliInLockdown per chiedere un’azione decisiva volta a prevenire una nuova crisi sanitaria globale e plasmare un futuro migliore, più umano e sicuro per gli esseri umani e gli animali.

Secondo HSI Italia sono tre le misure chiave che la Commissione Europea ed i governi degli Stati Membri, incluso quello italiano, devono adottare per ridurre il
rischio di malattie zoonotiche. A tale proposito è fondamentale:

  1. Fermare il traffico di animali selvatici vivi;
  2. Mettere fine all’uso delle gabbie per gli animali d’allevamento;
  3. Vietare l’allevamento ed il commercio di animali da pelliccia.

Martina Pluda, Direttrice di HSI Italia, ha affermato:

“La pandemia di Covid-19 avrebbe dovuto suonare come un campanello d’allarme per l’umanità. Questo coronavirus è solo l’ultimo di una serie di malattie zoonotiche che hanno devastato la salute umana e la società a causa del modo in cui l’essere umano abusa degli animali. Più continuiamo a sfruttarli per il cibo, la loro pelliccia, l’uso medicinale o per l’intrattenimento e più invadiamo o distruggiamo i loro habitat naturali, maggiori sono le probabilità di diffusione di nuove patologie. Crediamo che sia giunto il tempo di rivalutare la nostra relazione con gli animali e il modo in cui sfruttiamo il mondo naturale. Crediamo che un futuro migliore, più umano e sicuro per tutti debba partire dall’Europa.”

Allevati in cattività o catturati in natura, gli animali selvatici acquistati e venduti come animali domestici esotici o per altri scopi commerciali, possono trasmettere una varietà di infezioni virali, batteriche, fungine e parassitarie che comportano gravi rischi per la salute. Vietare il commercio di animali selvatici vivi è essenziale per proteggere le persone dalle zoonosi. Il precedente c’è già. Nel 2007 l’UE ha vietato l’importazione di uccelli selvatici come misura per prevenire la diffusione dell’influenza aviaria, che può avere gravi ripercussioni non solo per le popolazioni di pollame, ma anche per la salute pubblica.

Mettere fine all’uso delle gabbie come metodo d’allevamento è la seconda misura imprescindibile.

Se da un lato è una vera fortuna che il COVID-19 non abbia colpito le specie allevate per la produzione di carne, latticini e uova, questa pandemia ha certamente dimostrato quanto sia fragile il nostro sistema alimentare. Nei sistemi produttivi di tipo intensivo, migliaia di animali dello stesso genotipo vengono confinati in un unico luogo per essere processati ad un ritmo incessante. Tenere gli animali d’allevamento in questo modo crea un rischio per lo sviluppo di agenti patogeni zoonotici che possono potenzialmente contagiare gli esseri umani. Secondo HSI Italia è necessaria una transizione verso sistemi produttivi liberi dall’uso delle gabbie e rispettosi del benessere animale.

Infine, i casi di coronavirus negli allevamenti di animali da pelliccia dei Paesi Bassi e della Danimarca hanno evidenziato i rischi collegati al confinamento ed allo sfruttamento di questi animali. Considerata la crudeltà associata al settore della pellicceria e poiché visoni, volpi e procioni possono essere infettati dai coronavirus SARS-CoV, l’allevamento e il commercio di queste specie dovrebbero essere vietati. Anche i rivenditori del settore dell’abbigliamento dovrebbero sostenere la tendenza verso una moda libera dall’uso di pellicce, per eliminare del tutto la domanda di questi prodotti.

Dati:

  • Nel 2018, l’Unione Europea ha importato oltre 000 esemplari vivi di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi selvatici protetti. Sono ancora 300 milioni gli animali, come galline e maiali, che nell’Unione Europea trascorrono la propria vita, o una parte sostanziale di essa, in gabbia. Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono allevati e uccisi per la loro pelliccia.
  • L’elenco dei patogeni che possono essere trasmessi dagli animali selvatici tenuti come “pet” è lungo: hantavirus, Bartonella, Tularemia, virus Herpes B, Mycobacterium, tigna, Yersinia, Clostridium, Campylobacter, Leptospira, Trichinella, ecc. Anche gli uccelli domestici sono collegati a malattie come la clamidofilosi, la psittacosi, la tubercolosi e l’influenza aviaria.
  • Sebbene l’Unione Europea abbia vietato alcune delle pratiche d’allevamento più crudeli, come ad esempio l’uso delle gabbie in batteria, HSI Italia ritiene che anche le gabbie arricchite per le galline ovaiole e le gabbie di gestazione per le scrofe vadano proibite a favore di sistemi alternativi, maggiormente rispettosi del benessere
  • Dal 26 aprile 2020, il SARS-CoV-2 è stato identificato in 17 allevamenti di visoni dei Paesi Bassi. Due dipendenti sono risultati positivi al COVID-19 e si ritiene che la trasmissione sia avvenuta tramite i visoni. Il Governo olandese ha ordinato l’abbattimento di tutti gli animali presenti negli allevamenti colpiti.
  • Il 17 giugno 2020, anche le autorità danesi hanno annunciato la presenza del coronavirus in un allevamento di visoni della Danimarca; 11.000 animali sono stati abbattuti. Da allora il virus è stato rilevato anche in un secondo allevamento, nella stessa regione.
  • Anche altri animali da pelliccia, come volpi e cani procione, possono infettarsi con virus correlati al SARS-CoV, fungendo potenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina.

Dalle ore 12:00 di martedì 23 giugno, HSI Italia si unisce alle associazioni Animal Equality, LAV, Essere Animali e Lega del Cane con un tweetstorm per chiedere all’Europa e all’Italia di prendere misure concrete per prevenire un’altra crisi sanitaria globale, radicata nello sfruttamento degli animali e creare un futuro più umano, sicuro e libero per tutti.

Link al profilo Twitter di HSI Italia: @HSIItalia

Link alla petizione di HSI Italia #BastaAnimaliInLockdown: action.hsi-europe.org/bastaanimaliinlockdown

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

Humane Society International


ROMA/PECHINO (17 giugno 2020)—In vista dell’apertura del festival della carne di cane di Yulin, alcuni attivisti animalisti cinesi hanno esortato le autorità locali ad accogliere, non solo a parole, la recente dichiarazione del governo nazionale, secondo il quale i cani sono compagni e non “bestiame”, e quindi ad interrompere l’evento che dovrebbe avere inizio il prossimo 21 giugno. Gli attivisti hanno inoltre salvato dieci cuccioli, trovati in vendita in un mercato alle porte di Yulin e filmato la macellazione di diverse carcasse di cani. Atti in chiaro contrasto con la posizione presa nel mese scorso dal Ministero dell’Agricoltura cinese.

Gli attivisti hanno inviato un rapporto di quanto osservato alla Humane Society International, confermando che la maggior parte dei venditori si trovano ora concentrati nella zona del mercato di Nanchao, alla periferia di Yulin. Il noto mercato Dongkou di Yulin, che in precedenza era l’epicentro delle vendite di carne di cane e del macello di questi animali, è apparso relativamente vuoto al confronto. Humane Society International ritiene che la centralizzazione dell’attività potrebbe essere frutto del tentativo delle autorità di semplificarne il monitoraggio e la gestione.

Il dottor Peter Li, specialista in politica cinese della Humane Society International, ha dichiarato: “È probabile che le autorità di Yulin vogliano tenere d’occhio tutta le attività commerciali della carne di cane, concentrandole in un unico mercato, a causa della natura sempre più controversa di questo settore. Mentre alcuni commercianti hanno riferito che stavano cercando di fare il maggior numero possibile di affari per compensare la mancanza di vendite a causa del coronavirus, altri hanno confermato che attualmente sarebbe più difficile procurarsi i cani al di fuori della provincia del Guangxi, a seguito del freno al trasporto trans-provinciale di animali imposto del governo. Secondo quanto riportato, gli enormi camion, carichi di migliaia animali destinati al macello, degli anni precedenti non si vedono più. Ora arrivano piccoli camion con cani principalmente di provenienza locale.

Il vento del cambiamento sta soffiando in Cina e, sebbene non credo nessuno si aspetti che il commercio di Yulin cessi d’esistere dall’oggi al domani, ciò chi gli attivisti hanno visto, potrebbe essere sintomo del fatto che le cose stanno mutando anche lì. Mi auguro che le città di Shenzhen e Zhuhai, le prime a vietare la carne di cane, abbiano spianato la strada e che la dichiarazione del governo nazionale in merito alla considerazione dei cani come animali da compagnia, fornisca un incentivo sufficiente per far sì che altre città ne seguano l’esempio. Spero vivamente che la situazione a Yulin cambierà. Non solo per il bene degli animali, ma anche per la salute e la sicurezza dei suoi abitanti. Con la conferma di nuovi casi di COVID-19 collegati ad un mercato di Pechino, dare il via libera ad un festival molto affollato rappresenta un rischio significativo per la salute pubblica.”

Alle bancarelle del mercato di Nanchao, gli attivisti hanno riscontrato principalmente la vendita di animali già macellati, mentre poco lontano da esso, appena fuori Yulin, hanno scoperto un banchetto con una gabbia piena di cuccioli ancora vivi, pronti da macellare. Dopo aver interpellato il proprietario in merito all’origine degli animali, lo stesso ha accettato di consegnarli agli attivisti.

L’attivista Jenifer Chen ha affermato: “Non potevo credere che questi dolci ed innocenti cuccioli sarebbero stati uccisi se non fossimo stati lì per caso. Non posso proprio immaginare che ci sia qualcuno disposto a mangiare questi piccolini. Questo è stato il mio primo viaggio a Yulin e ciò che ho visto al mercato mi ha davvero scioccata. Le mie mani tremavano quando ho tirato fuori il primo cucciolo dalla gabbia. Continuava a leccarmi le mani e, a sua insaputa, avrei potuto essere una cliente interessata alla sua carne. La gente spesso crede che assistere a queste orribili scene sia normale per la maggior parte dei cinesi, invece non è così. Mi sono infuriata ma riuscire a salvare i cani da morte certa mi ha reso molto felice. Come ha dichiarato il Governo cinese, questi cuccioli sono compagni, non cibo, e città come Yulin dovrebbero mettere in pratica queste parole e porre fine a questa vergogna.”

Foto e video da Yulin, giugno 2020 (creare account per il download).

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI/Italia – mpluda@hsi.org

L'allevamento di animali da pelliccia rappresenta un potenziale rischio per la salute umana ed è ora che il mondo della moda se ne liberi

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

ROMA (4 giugno 2020)—Da domani migliaia di visoni verranno abbattuti in nove allevamenti olandesi. Così ha ordinato il Governo olandese, seguendo i consigli di un team di veterinari e virologhi secondo i quali gli allevamenti di visoni potrebbero fungere da serbatoio per il SARS-CoV-2, permettendogli di rimanere in circolazione per molto tempo.

I parlamentari olandesi sono stati informati della decisione in una lettera inviata ieri sera dal Ministro dell’Agricoltura e dal Ministro della Sanità. L’inchiesta svolta dal team di esperti è partita a seguito della dichiarazione, fatta il 25 maggio, del Ministro dell’Agricoltura Carola Schouten, secondo la quale era “estremamente probabile” che due lavoratori olandesi, impiegati nell’allevamento di animali da pelliccia, avessero contratto il COVID-19 da visoni infetti da SARS-CoV-2.

Alla luce di questi fatti, l’organizzazione animalista Humane Society International chiede la chiusura su scala globale degli allevamenti di visone a causa della loro pericolosità, legata al COVID-19 e ad altre malattie infettive di origine zoonotica. Secondo le stime si tratta di 60 milioni di visoni allevati in 24 paesi, primi tra i quali nel 2018 la Cina (20,6 milioni di visoni), la Danimarca (17,6 milioni di visoni) e la Polonia (5 milioni di visoni).

Da Amsterdam, Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International Europe, ha dichiarato: “Il confinamento degli animali da pelliccia ha sempre rappresentato un potenziale rischio per lo sviluppo e la diffusione di malattie infettive. La conferma che i visoni degli allevamenti olandesi hanno contagiato alcuni lavoratori con il COVID-19, da ulteriore prova che questo settore va fermato. In questi allevamenti vivono migliaia di visoni, in gabbie sporche e affollate e in condizioni stressanti, non molto diverse da quelle dei mercati di fauna selvatica, attualmente al centro delle preoccupazioni globali. Il fatto che oltre ad essere estremamente crudele, l’allevamento di animali da pelliccia possa fungere da incubatrice per i coronavirus, dovrebbe essere ragione sufficiente per porre fine a questa industria e reindirizzare il mondo della moda verso il “fur-free”. Per i Paesi Bassi, i tre anni che mancano al 2024, comportano dei rischi inutili. Il Governo olandese e quelli di tutti i paesi produttori di pellicce come Danimarca, Polonia, Francia, Italia, Cina, Finlandia, Spagna e Stati Uniti, devono impegnarsi per difendere gli animali da questa pratica brutale e proteggere la salute pubblica.”

Secondo la lettera dei ministri è previsto un aumento dei casi nelle prossime settimane e, mentre le trasmissioni da uomo a uomo diminuiranno, le infezioni da visone a uomo potrebbero incrementare l’incidenza di SARS-CoV-2 nell’uomo. Nei Paesi Bassi tutti gli allevamenti di animali da pelliccia sono ora sottoposti a controlli obbligatori. Le misure vigenti prevedono restrizioni sia per i visitatori sia per il trasporto dei visoni. Le zone attorno agli allevamenti infettati sono state delimitate ed ai residenti è stato consigliato di mantenere una distanza di almeno 400 metri. I test iniziali hanno confermato la presenza di particelle di virus nella polvere trovata nelle strutture, che gli impiegati potrebbero aver inalato.

Alle strutture attualmente non infettate è richiesto di continuare a seguire le misure in vigore e di consegnare settimanalmente le carcasse degli animali presumibilmente deceduti di cause naturali. I test obbligatori su tutti gli allevamenti sono in corso ed i risultati sono attesi per la prossima settimana.

Nei Paesi Bassi l’allevamento di visoni è stato vietato nel 2013 con un periodo di transizione fino al 2024. Nel 2018 sono stati 4,5 milioni i visoni allevati nel paese. Humane Society International sostiene le richieste delle organizzazioni animaliste olandesi per la chiusura immediata dei circa 128 allevamenti rimanenti, alla luce del rischio legato al COVID-19. La lettera dei ministri afferma che il Governo olandese sta valutando se e come sostenere le strutture tuttora attivi che vogliono velocizzare la chiusura delle proprie attività.

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia, ha accolto la notizia esortando l’Italia a chiudere gli allevamenti presenti sul territorio nazionale: “l’Italia deve cessare di far parte del problema. Permettendo l’allevamento di visoni, stiamo contribuendo all’immensa sofferenza di 100.000 animali ogni anno e potenzialmente offrendo l’ambiente ideale per lo sviluppo di futuri agenti patogeni virali come sta succedendo in Olanda. Non possiamo solamente puntare il dito contro i gli allevamenti di animali da pelliccia esteri; dobbiamo assumerci la nostra parte di responsabilità e smettere di essere il fanalino di coda in Europa. Già molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente. L’Italia deve intraprendere questo primo passo importante, seguito da un divieto d’importazione e vendita.”

Cronologia degli eventi:

Anche volpi e cani procione possono infettarsi con virus correlati alla SARS-CoV, fungendo potenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina.

I seguenti paesi hanno già vietato l’allevamento di animali da pelliccia: Regno Unito (2000), Austria (2004), Slovenia (2013), Macedonia (2014), Croazia (2017), Lussemburgo (2018), Repubblica Ceca (2019), Serbia (2019), Belgio (2023), Olanda (2024), Norvegia (2025), Bosnia ed Erzegovina (2028). Anche la Bulgaria, la Lituania, il Montenegro e l’Ucraina stanno attualmente valutando la possibilità di introdurre un divieto all’allevamento, un’attività che tuttavia continua in altri paesi come la Danimarca, la Finlandia e la Polonia. A livello globale, si stima che 100 milioni di animali vengono uccisi ogni anno per la loro pelliccia. In Italia sono presenti ancora oltre 10 allevamenti in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo dove vengono allevati 100.000 visoni (dati di Essere Animali).

Nel 2019, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce, a seguito delle misure adottate dalle città di Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, le Hawaii e lo Stato del Rhode Island hanno introdotto divieti alla vendita, così come le città di Minneapolis, Minnesota e Wellesley, Massachusetts.

Filmati degli allevamenti di visoni olandesi (per gentile concessione delle organizzazioni olandesi Bont voor Dieren e Animal Rights): https://vimeo.com/194246126

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice HSI/Italia, mpluda@hsi.org

Humane Society International sbigottita per l’inclusione della fauna selvatica allevata nonostante i rischi per la salute umana

Humane Society International


HSI

ROMA/WASHINGTON—A solo tre settimane dall’inizio del festival di Yulin, il noto evento cinese durante il quale migliaia di cani vengono uccisi per il consumo umano, il Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali della Cina ha reso ufficiale la sua posizione che i cani sono compagni e non “bestiame”.

L’annuncio ufficiale è arrivato oggi quando il Ministero ha pubblicato la versione finale dell’“Elenco delle Risorse Genetiche di Bestiame e Pollame”, seguito da una lunga spiegazione sul perché i cani non sono inclusi.

Il dottor Peter Li, specialista in politica cinese della Humane Society International, attivo in tutta l’Asia per porre fine ai commerci di carne di cane e gatto, ha accolto la notizia con parere favorevole, dicendo: “Ora che il Governo cinese ha riconosciuto ufficialmente i cani come compagni e non come bestiame, speriamo che la Cina adotterà misure più incisive per accelerare la fine del commercio di carne di cane e gatto per il quale milioni di animali continuano a soffrire ogni anno. L’annuncio offre alle città di tutto il paese la perfetta opportunità per agire.

Tra poche settimane, i mattatoi della città di Yulin si riempiranno di cani terrorizzati in attesa di essere uccisi brutalmente per questa triste ricorrenza. Molti di quei cani saranno stati rubati dalle proprie case e catturati dalle strade, prima di essere trasportati a Yulin. Saranno proprio i tanto amati compagni, così descritti nella dichiarazione del governo. Il festival di Yulin è una manifestazione sanguinosa che non riflette il sentire comune o le abitudini alimentari del popolo cinese ed il suo proseguimento è un insulto al parere espresso dal Ministero dell’Agricoltura. Come osservato dal Ministero, l’atteggiamento verso questi animali è cambiato ed è tempo che i macellai di Yulin posino il coltello una volta per tutte.”

La dichiarazione ufficiale del Ministero ha confermato che la maggior parte delle persone che hanno partecipato alla consultazione pubblica si sono opposte all’inclusione dei cani nell’elenco degli animali considerati da reddito. A continuazione si afferma che i cani hanno una lunga storia di addomesticamento, a fianco dell’uomo come animali da guardia, da caccia, d’assistenza o semplicemente da compagnia. È stato inoltre sottolineato come anche la lista degli animali da reddito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), i cani non siano inclusi a livello internazionale. La dichiarazione si conclude riflettendo sul fatto che i tempi stanno cambiando e con essi la consapevolezza verso gli animali, le abitudini alimentari e l’osservanza di determinati costumi e tradizioni.

L’elenco finale comprende quasi tutte le specie animali pubblicate nella prima proposta. Diverse specie di animali selvatici sono ora ufficialmente considerate “bestiame”. Si tratta di cervi, renne, alpaca, faraone, fagiani, pernici, germani reali, struzzi e specie allevate per la loro pelliccia come i cani procione, le volpi argentate ed i visoni. Per le specie acquatiche verrà stipulato un elenco a parte.

La dott.ssa Teresa Telecky, responsabile del dipartimento fauna selvatica della Humane Society International, afferma: “L’inclusione di specie selvatiche è deplorevole. L’allevamento intensivo, in cattività, di questi animali presenta gravi problemi per il benessere animale e potenziali rischi per la salute umana. La loro riclassificazione come “bestiame” non riduce la loro sofferenza ed il rischio di malattie zoonotiche. Spero vivamente che la Cina rimuova queste specie dal prossimo elenco.

Alcuni dati sul commercio di carne di cane in Cina: 

  1. Sono 30 milioni i cani che ogni anno vengono uccisi in tutta l’Asia. Si stima che in Cina ci siano oltre 91,49 milioni di cani e gatti tenuti come animali domestici. Si stima che 10 milioni di cani vengano uccisi annualmente per il commercio di carne solo in Cina.
  2. L’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte che tale commercio diffonde malattie come la rabbia e aumenta il rischio di colera.
  3. La maggior parte delle persone in Cina non mangia abitualmente i cani. Infatti, la carne di cane viene consumata solo raramente dal 20% dei cinesi. Un sondaggio del 2017 ha rivelato inoltre, che anche a Yulin, sede del noto festival della carne canina, il 72% degli abitanti non mangia regolarmente carne di cane, nonostante gli sforzi dei commercianti di carne di cane per promuoverla. A livello nazionale, un sondaggio del 2016 condotto dalla società di sondaggi cinese Horizon e commissionato dalla China Animal Welfare Association in collaborazione con Humane Society International e Avaaz, ha rivelato che la maggior parte dei cittadini cinesi (il 64%) vuole che il festival di Yulin venga fermato. Inoltre, più della metà (il 51,7%) ritiene che il commercio di carne di cane dovrebbe essere completamente vietato e la maggioranza (il 69,5%) non ha mai consumato carne di cane.

Petizione italiana, lanciata oggi da Humane Society International Italia, per fermare il commercio di carne di cane e di gatto in Asia.

Foto e video del mercato della carne di cane cinese (creare account per il download)

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI/Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

Humane Society International


ROMA/WASHINGTON (20 maggio 2020)—Wuhan, la città che ha registrato i primi contagi di COVID-19, ha appena vietato il consumo di tutta la fauna selvatica. Questa misura segue quelle già prese dalle città di Pechino, Shenzhen e Zhuhai e un divieto a livello nazionale, ancora temporaneo, al consumo di animali selvatici. A differenza dei divieti permanenti delle città menzionate, il divieto di Wuhan sarà in vigore per cinque anni.

Il Dott. Peter Li, specialista in politica cinese della Humane Society International, ha dichiarato: “Il divieto di Wuhan rappresenta un chiaro riconoscimento di quanto sia serio il rischio per la salute pubblica, collegato alla diffusione di malattie zoonotiche attraverso il commercio di specie selvatiche. Un rischio che deve essere preso sul serio se vogliamo evitare future pandemie e che non sarà certo minore tra cinque anni. La pericolosità di un divieto temporaneo è infatti ancora troppa. Wuhan diventa la quarta città della Cina continentale a prendere l’iniziativa, ma ora serve una volontà su scala globale per fermare il pericoloso traffico di fauna selvatica.”

Il divieto di Wuhan segue altre notizie positive. Ad inizio settimana, infatti, agli allevatori di animali selvatici in diverse province della Cina continentale sono stati offerti compensi in denaro per aiutarli nella transizione verso mezzi di sussistenza alternativi come la coltivazione di frutta, verdura, piante da tè o erbe per la medicina tradizionale cinese. Tali incentivi fanno parte di un pacchetto di misure messe in atto dalla Cina per fronteggiare il traffico di specie selvatiche. Le province di Hunan e Jiangxi sono tra quelle che forniscono tali compensi. La provincia di Hunan offrirà, ad esempio, una somma di ¥120 per ogni chilogrammo di cobra o serpente a sonagli; ¥75 per ogni chilogrammo di ratto dei bambù; ¥630 ad istrice; ¥600 a zibetto; ¥378 per un’oca selvatica e ¥2,457 per un cervo cinese.

FINE

Contatto:  Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org

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Humane Society International chiede chiarimenti all'OMS sulle sue ultime dichiarazioni

Humane Society International


Masked man in Hong Kong market
Jayne Russell/ZUMA Wire/Alamy Live News

ROMA/WASHINGTON—Secondo quanto diffuso dall’Associated Press, uno scienziato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità non sosterrebbe la chiusura dei mercati di animali vivi, come quello di Wuhan, in Cina, collegato alla diffusione del COVID-19. Stando a quanto riferito, i commenti in questione sono stati fatti dall’esperto per la sicurezza alimentare e le malattie animali dell’OMS, Peter Ben Embarek. Di seguito la dichiarazione di Teresa Telecky, responsabile del dipartimento fauna selvatica di Humane Society International:

“Le osservazioni fatte, non hanno affrontato il problema degli animali selvatici venduti per essere consumati. Si tratta di una distinzione importante, data la prova scientifica che malattie come il COVID-19 e la SARS hanno avuto diffusione nei mercati di fauna selvatica. Il 17 aprile, infatti, il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato: “I governi devono applicare rigorosamente divieti sulla vendita e sul commercio di animali selvatici destinati all’alimentazione umana”. Chiediamo pertanto all’OMS di fornire delucidazioni su quanto detto da Peter Ben Embarek e ribadire che gli animali selvatici non dovrebbero essere venduto in questi mercati.

Il traffico di fauna selvatica è la causa della pandemia di COVID-19 e l’OMS ha l’obbligo di consigliare ai paesi di ridurre il rischio di un’altra pandemia, vietando i mercati di animali vivi.”

Il mese scorso, Humane Society International ha pubblicato un white paper scientifico, che descrive in dettaglio il legame tra i mercati di fauna selvatica ed il COVID-19.

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice, HSI Italia – mpluda@hsi.org

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"Non c'è futuro in questo settore", afferma l’allevatore Nekseon Kim

Humane Society International


Jean Chung/for HSI Dogs are shown locked in a cage at a dog meat farm in Hongseong, South Korea, on Saturday, February 8, 2020.

ROMA/SEOUL–Più di 70 cani sofferenti, trovati da Humane Society International in un allevamento di carne di cane della Corea del Sud, hanno avuto una seconda chance grazie alla decisione dell’allevatore di abbandonare l’attività. Dopo aver allevato cani per quasi 40 anni, Nakseon Kim ha colto al volo l’occasione di cambiare vita, a seguito della proposta di Humane Society International per aiutarlo a iniziare un nuovo business coltivando cavoli e altri ortaggi.

Tra la crescente opposizione sudcoreana al consumo di cani e una serie di nuovi regolamenti e sentenze giudiziarie che frenano il settore, sempre più allevatori come il signor Kim sono in cerca di una via d’uscita. Ad una condizione: salvare i propri cani. Dopo aver mandato gli animali al macello per anni, Kim non è il primo allevatore ad apprendere con sollievo che Humane Society International salva, rieduca e cerca una nuova casa per ogni cane.

“Sembrerà strano, ma ho iniziato ad allevare i cani proprio perché mi piacciono questi animali”, ha dichiarato Kim. “Non sono mai stato un grande amante della loro carne. Avevo alcuni cani e così ho iniziato ad allevarli. Quando ne avevo 20 o 30 ho iniziato a venderli perché pensavo che avrei potuto guadagnare, ma non è andata così. Non guadagno nulla e con la crescente pressione del governo non è affatto un buon affare.”

Sulla sua proprietà a Hongseong, il signor Kim alleva cani di razza tosa, jindo coreani, barboncini, beagle, husky, golden retriever, pomerania, chihuahua e Boston terrier per due commerci crudeli: quello della carne e quello dei cuccioli. In numerose file di gabbie fatiscenti e sporche, circondati da escrementi e spazzatura, alcuni cani sono destinati al macello mentre altri alla vendita come animali da compagnia. L’industria coreana della carne di cane sta tentando di differenziare tra cani da compagnia e cani da carne, ma la realtà è che per questi animali il destino dipende solamente da dove si possono trarre i maggiori profitti.

Nara Kim, campaigner di Humane Society International Corea, ha dichiarato: “Sfortunatamente, è ancora molto comune vedere cuccioli in vendita nelle vetrine dei negozi di animali della Corea del Sud. Ma ciò che la maggior parte dei coreani non sa è che questi stessi cuccioli avrebbero potuto essere macellati. Che vivano o muoiano, nascono tutti in luoghi miserabili come questo, dove le femmine vengono ingravidate di continuo, fino all’esaurimento, per poi essere vendute ai macelli. Sono felice che questo orrore sia finito per questi 70 cani, ma fino a quando il governo non si impegnerà ad eliminare questa terribile industria, l’incubo continuerà per milioni di altri animali. Come coreani dobbiamo essere la loro voce e batterci per porre fine all’allevamento ed al consumo di cani.”

Si tratta della sedicesima chiusura di un allevamento che Humane Society International è riuscita ad ottenere, dopo aver lanciato nel 2015 un programma per sostenere gli allevatori nella transizione. Ora i cani verranno trasferiti in diversi rifugi partner in Canada e negli Stati Uniti, con l’obbiettivo di trovar loro nuove case adottive. Prima che ciò avvenga, verranno però portati in una struttura d’accoglienza temporanea in Corea del Sud, in attesa che le restrizioni di viaggio a causa del Covid-19 si allentino. Una volta usciti sani e salvi dall’allevamento, i cani riceveranno immediatamente un controllo veterinario completo e avrà inizio il lavoro di riabilitazione.

Humane Society International spera che il modello proposto accelererà la fine di questa controversa e crudele industria, dimostrando al Governo coreano che con un aiuto concreto agli allevatori coinvolti, la transizione può funzionare.

Nakseon Kim ha dichiarato: “Ne ho avuto abbastanza, soprattutto ora che devo comprare il cibo per i cani dopo che la scuola locale ha deciso di non donarmi più gli avanzi. Non credo siano molte le persone in Corea del Sud, ancora disposte a gestire un allevamento di cani da carne. Non c’è futuro in questo settore. Non appena avrò chiuso il mio allevamento, con l’aiuto di Humane Society International, inizierò a coltivare verdure da vendere ai ristoranti. Quello è un business sostenibile.”

Il consumo di carne di cane è in costante calo in Corea del Sud ed è già vietato o severamente limitato a Hong Kong, a Singapore, a Taiwan, in Tailandia e nelle Filippine. Nel 2018, la capitale indonesiana e quella vietnamita hanno messo fine al commercio di carne di cane. Più recentemente, nell’aprile 2020, le città cinesi di Shenzhen e Zhuhai hanno vietato il consumo di carne di cane e di gatto, a seguito della dichiarazione del Governo cinese in merito allo status di cani e gatti come animali da compagnia. Mentre la pressione globale per chiudere permanentemente i “wet market” asiatici aumenta alla luce del Covid-19, i rischi per la salute umana dal consumo di carne di cane in Corea del Sud e in tutta l’Asia, stanno rafforzando le richieste di intervento nel continente.

Alcuni dati:     

  • Fino a due milioni di cani vengono allevati ogni anno in Corea del Sud.
  • Il consumo di carne di cane sta diminuendo in Corea del Sud, in particolare tra le fasce giovani della popolazione. Secondo un sondaggio Gallup del giugno 2018, il 70% dei sudcoreani afferma che non mangerà carne di cane in futuro. Tuttavia, la carne di cane rimane popolare durante l’estate, considerata curativa durante i mesi caldi e umidi.
  • A novembre 2018, Humane Society International Corea ha aiutato il Consiglio Comunale di Seongnam a chiudere il macello di Taepyeong (il più grande macello di cani del paese), seguito a luglio 2019 dalla chiusura del mercato di Gupo a Busan (il secondo mercato per la carne di cane in Corea del Sud dopo quello di Moran, chiuso anch’esso). Nell’ottobre scorso il sindaco di Seoul ha dichiarato la città “libera dalla macellazione dei cani”.
  • Humane Society International ha salvato oltre 2.000 cani in Corea del Sud. Dopo la chiusura di un allevamento, l’organizzazione effettua un test veterinario per escludere la presenza del virus H3N2 (influenza canina) e somministrare i vaccini contro la rabbia, il DHPP, il coronavirus canino, il cimurro e il parvovirus. I cani vengono poi messi in quarantena per almeno 30 giorni prima del trasporto all’estero.

Foto e video del salvataggio (creare un account per il download).

Link alla petizione italiana per fermare il commercio di carne di cane in Asia.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice HSI/Italia, mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

Lettera alla Rai delle associazioni animaliste e ambientaliste

Humane Society International


Animal Equality Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Greenpeace Italia, Humane Society International Italia, LAV, Legambiente esprimono massima solidarietà a Sabrina Giannini, conduttrice di Indovina chi viene a cena, Mario Tozzi, conduttore di Sapiens, Luca Chianca e Sigfrido Ranucci di Report, duramente attaccati nei giorni scorsi dagli industriali della carne e della zootecnia.

Con una lettera aperta rivolta al Presidente e al Consiglio d’Amministrazione della Rai, le sopracitate associazioni manifestano il loro appoggio a tutti i giornalisti che, con le loro inchieste, si occupano e si occuperanno di portare alla luce scomode verità, come l’impatto ambientale e il problema sanitario legato agli attuali consumi di carne e al metodo di allevamento intensivo.

Alla Rai, servizio pubblico pagato da tutti i cittadini, le associazioni rivolgono un ringraziamento per aver dato spazio a simili programmi di approfondimento e l’invito a non far influenzare palinsesto e contenuti da simili levate di scudi da parte di aziende e associazioni di categoria che proteggono gli interessi dei produttori di carne.

Lettera aperta delle associazioni animaliste e ambientaliste

Alla cortese attenzione di Marcello Foa, Presidente del Consiglio d’Amministrazione della Rai – Radiotelevisione Italiana

Alla cortese attenzione del Consiglio d’Amministrazione della Rai – Radiotelevisione Italiana

Sostegno ai giornalisti Rai sotto attacco per le loro inchieste

Lettera a firma delle Associazioni:

Animal Equality Italia, CIWF Italia, ENPA, Essere Animali, Greenpeace Italia, Humane Society International Italia, LAV, Legambiente

Con questa lettera le associazioni firmatarie vogliono esprimere piena solidarietà e appoggio ai giornalisti Rai che, a causa delle loro inchieste, si sono trovati sotto attacco da parte degli industriali della carne e della zootecnia.

In particolare, ci riferiamo a Sabrina Giannini, conduttrice di Indovina chi viene a cena, e Mario Tozzi, conduttore di Sapiens, nominati nella lettera diffusa la scorsa settimana da Assalzoo, Assocarni, Una Italia, Unica, Carni Sostenibili, Assolatte. Ma anche a Luca Chianca e Sigfrido Ranucci di Report, contro i quali si sono scagliati in questi giorni Coldiretti e Cia – Agricoltori Italiani.

Allo stesso tempo il nostro è un forte appoggio a tutti i giornalisti d’inchiesta che si impegnano ad approfondire, analizzare dati ufficiali, documentare in prima persona, per parlare di scomode verità legate all’impatto ambientale e al problema sanitario collegato agli attuali livelli di produzione e consumo di carne e al metodo di allevamento intensivo.

Chiedere di far tacere dei giornalisti, o di impedire che trattino specifici argomenti, è inoltre contrario al concetto di libertà d’informazione, su cui è basata ogni vera democrazia.

E proprio in un momento difficile come quello che stiamo vivendo è necessario andare ad analizzare le problematiche che possono favorire l’insorgere di zoonosi o che ne rendono più rapida la diffusione. Così come lo è sicuramente porsi domande su quanto sia stato l’impatto umano sulla natura a creare le condizioni più utili per il passaggio di specie, da animali a esseri umani, di numerosi virus.
Inchieste come quelle citate sono un prezioso faro che aiuta a fare luce sul ruolo giocato in tutto questo anche dall’allevamento intensivo. Non si tratta di attacchi di natura personale o senza basi scientifiche, così come le associazioni di categoria hanno avuto il coraggio di definirli, ma al contrario di inchieste basate strettamente su dati ufficiali e interviste a esperti e professionisti.

A mettere in guardia su quanto deforestazione e allevamento intensivo abbiano reso negli anni più facile il passaggio di specie delle malattie, creando molte pericolose epidemie, non sono né attivisti né giornalisti, ma Fao, Oms e ricercatori dei principali istituti scientifici di tutto il mondo. Uno studio pubblicato sulla rivista Nature stima infatti che il 75% delle malattie infettive che hanno colpito noi umani negli ultimi decenni derivino dagli animali. Sars, ebola, influenza suina, influenza aviaria, morbo di Creutzfeldt-Jakob (noto come “mucca pazza”), sono solo alcuni esempi che hanno preceduto questo Coronavirus. E molti altri seguiranno se non corriamo ai ripari e impariamo qualcosa da questa lezione, modificando l’impatto delle nostre attività sul pianeta e il nostro rapporto con gli animali.

Ringraziamo la Rai e i suoi giornalisti anche per aver dato più volte spazio alle inchieste delle organizzazioni non profit, con immagini che mostrano un altro lato degli allevamenti intensivi. Questo sistema produttivo, spinto dall’eccessivo consumo di carne, è mirato alla crescita veloce, all’ottimizzazione di spazi e costi e all’abbassamento dei prezzi, e non tiene conto delle esigenze degli animali, provocando loro inevitabili sofferenze e del relativo impatto ambientale. Un sistema intensivo, in cui decine di migliaia di individui di una specie vivono ammassati in capannoni, è inoltre luogo ottimale per pericolosi focolai di malattie e spinge a un utilizzo sconsiderato di antibiotici sugli animali, che sta contribuendo a un’altra serissima crisi sanitaria, l’antibiotico-resistenza.

Voler tenere nascoste tutte queste informazioni al pubblico è gravissimo: significa disinteressarsi della salute pubblica e di un problema globale che tutto il mondo sta vivendo con drammaticità e con un impatto sociale ed economico devastante, e che, se non risolto alla radice in tutte le problematiche correlate, si riproporrà di nuovo in futuro. Attaccare giornalisti che affrontano scomode verità, che non possiamo più permetterci di omettere dalla discussione, è solo un modo per difendere i propri interessi, a scapito di quelli della collettività e dell’umanità intera.

E se il nostro plauso va ai giornalisti prima citati, un ringraziamento va anche alla Rai, servizio pubblico pagato da tutti i cittadini che diventa tale proprio nel momento in cui dà spazio a simili programmi di approfondimento, utili per il bene collettivo. Alla dirigenza Rai, e ai direttori di tutte le testate giornalistiche, va anche l’invito a non far influenzare palinsesto e contenuti da simili levate di scudi da parte di aziende e associazioni di categoria, perché mai come adesso una vera e sana informazione è stata cruciale.

Matteo Cupi, Direttore Esecutivo Animal Equality Italia

Annamaria Pisapia, Direttrice CIWF Italia

Carla Rocchi, Presidente ENPA

Simone Montuschi, Presidente Essere Animali

Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne Greenpeace Italia

Martina Pluda, Direttrice Humane Society International Italia

Gianluca Felicetti, Presidente LAV

Antonino Morabito, Responsabile Nazionale Cites, Fauna e Benessere Animale, Direzione Nazionale LEGAMBIENTE Onlus

Humane Society International spera in un “effetto domino” che coinvolga tutto il paese

Humane Society International


AP Images for HSI

ROMA/PECHINO—La città di Zhuhai, nella provincia del Guangdong, è diventata la seconda città della Cina continentale a vietare il consumo di carne di cani, gatti e fauna selvatica. Si tratta di un passo importante che gli attivisti della Humane Society International sperano darà inizio ad un vero e proprio “effetto domino” per l’emanazione di una legislazione nazionale, allo scopo di porre fine alla macellazione di circa 10 milioni di cani e 4 milioni di gatti, ogni anno.

Il divieto di Zhuhai segue quello già annunciato dalla città di Shenzhen e la dichiarazione del Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali cinese che cani e gatti sono da considerarsi animali da compagnia e non “bestiame”, in merito al quale è stata redatta una nuova white list ministeriale. Proprio a questa fa riferimento il Comitato Permanente del Congresso Popolare del Comune di Zhuhai nel legiferare in merito al consumo di animali. C’è ragione di credere che altre città della Cina continentale stiano considerando di adottare misure simili.

Da anni, Humane Society International è in prima linea per porre fine al crudele commercio di carne di cane e di gatto in tutta l’Asia e ha contribuito a salvare migliaia di animali in Cina, Corea del Sud, India e Indonesia. In particolare, in Corea del Sud, Humane Society International collabora con gli allevatori di carne di cane, per aiutarli a trovare fonti di reddito alternative, e fa pressione a livello politico per ottenere un cambio legislativo.

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia, ha accolto con favore il divieto di Zhuhai, dicendo: “Le notizie che ci giungono dalla città di Zhuhai sono estremamente positive per tutti coloro che in Cina e nel mondo stanno lavorando duramente per porre fine a questa brutale realtà. Dopo il divieto di Shenzhen e la storica dichiarazione del Governo cinese che classifica i cani come animali domestici, speriamo che inizi un “effetto domino”, a livello legislativo, che coinvolga tutta la Cina. Con così tanti milioni di vittime tra cani e gatti, si trascura spesso il fatto che la maggior parte della popolazione cinese non mangia abitualmente questo tipo di carne ma è anzi favorevole affinché ne venga proibito il consumo. Infatti, ora sembra che, in assenza di un divieto nazionale, le città stiano prendendo in mano la situazione, seguendo l’opinione pubblica cinese”.

Per la protezione degli animali si tratta di un enorme passo in avanti che ha effetti altrettanto positivi per la salute pubblica. Il commercio ed il consumo di carne canina rappresentano un pericolo per la salute umana, legato alla diffusione di trichinellosi, colera e rabbia. Quest’ultima è stata rilevata in diversi cani destinati al consumo umano in Cina, Vietnam e Indonesia. In particolare le condizioni antigieniche di trasporto e macellazione degli animali ne favoriscono la diffusione.

Alcuni dati sul commercio di carne di cane in Cina:

  1. Sono 30 milioni i cani che ogni anni vengono uccisi in tutta l’Asia. Si stima che in Cina ci siano oltre 91,49 milioni di cani e gatti tenuti come animali domestici. Si stima che 10 milioni di cani  vengano uccisi annualmente per il commercio di carne solo in Cina.
  2. L’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte che tale commercio diffonde malattie come la rabbia e aumenta il rischio di colera.
  3. La maggior parte delle persone in Cina non mangia abitualmente i cani. Infatti, la carne di cane viene consumata solo raramente dal 20% dei cinesi. Un sondaggio del 2017 ha rivelato inoltre, che anche a Yulin, sede del noto festival della carne canina, il 72% degli abitanti non mangia regolarmente carne di cane, nonostante gli sforzi dei commercianti di carne di cane per promuoverla. A livello nazionale, un sondaggio del 2016 condotto dalla società di sondaggi cinese Horizon e commissionato dalla China Animal Welfare Association in collaborazione con Humane Society International e Avaaz, ha rivelato che la maggior parte dei cittadini cinesi (il 64%) vuole che il festival di Yulin venga fermato. Inoltre, più della metà (il 51,7%) ritiene che il commercio di carne di cane dovrebbe essere completamente vietato e la maggioranza (il 69,5%) non ha mai consumato carne di cane.

Petizione italiana, lanciata oggi da Humane Society International Italia, per fermare il commercio di carne di cane e di gatto in Asia: https://bit.ly/2z3qOL2.

Foto e video del mercato della carne di cane cinese (creare account per il download): https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=YulinDogMeat0618

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

 

Humane Society International


ROMA (9 aprile 2020)—Qui di seguito il commento di Humane Society International in merito alla white list del Ministero Cinese dell’Agricoltura e degli Affari Rurali, non contenete cani e gatti nell’elenco ufficiale degli animali commestibili:

“Questa proposta, al momento in fase di consultazione aperta, se approvata, rappresenterà un enorme passo in avanti per la protezione degli animali in Cina e un cambio culturale davvero importante. Darà un nuovo status a cani e gatti come animali da compagnia, invece di essere considerati carne per il consumo umano, cosa che sta diventando sempre di più l’opinione della popolazione cinese. Infatti, la carne di cane viene consumata solo raramente dal 20% dei cinesi. Un sondaggio del 2017 ha rivelato inoltre, che anche a Yulin, sede del noto festival della carne canina, il 72% degli abitanti non mangia regolarmente carne di cane. Tuttavia, gli animali coinvolti e brutalmente uccisi sono ancora moltissimi. Humane Society International stima che ogni anno in Cina, vengono macellati tra i 10 e 20 milioni di cani per la loro carne. Vedere azzerati questi numeri, è un grande successo. Spero che questa proposta possa incoraggiare altre città a seguire l’esempio di Shenzhen e vietare definitivamente il consumo di cani e gatti.” – Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia.

Foto e video del mercato della carne di cane cinese (creare account per il download).

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

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