Dopo averne chiusi due nel corso dell’anno, Humane Society International contribuisce alla chiusura di un terzo allevamento, definito irregolare. Prosegue la campagna di donazioni per sostenere i salvataggi degli animali nel mondo, permettere cure e maggiori tutele

Humane Society International


Nara Kim/HSI

ROMA-Oltre 100 cani in uno scioccante stato di abbandono sono stati salvati da un allevamento illegale di cani a Gimpo, Corea del Sud. Il gruppo animale locale coreano LIFE, con l’assistenza di Humane Society International/Korea e di funzionari regionali, ha trovato barboncini, Jindos, Yorkshire terrier, Chihuahuahua, Shih Tzus, Pomerani, Spitz, Schnauzer e altri ancora, ingabbiati in condizioni deplorevoli in un allevamento pieno di rifiuti dove erano stati allevati e venduti sia per il commercio di animali domestici che di carne di cane.

Molti dei cani soffrivano di grave malnutrizione e di dolorose malattie della pelle dovute al fatto di vivere nelle proprie feci. Molti sono stati trovati rannicchiati accanto ai corpi senza vita dei loro compagni di gabbia morti di fame, mentre altri sembravano aver fatto ricorso al cannibalismo semplicemente per sopravvivere, le loro ciotole lasciate vuote dall’allevatore che diceva di non guadagnare abbastanza per sfamarli. Altri cani morti sono stati trovati conservati in un congelatore in disuso nella proprietà.

Il gruppo coreano LIFE ha negoziato con l’allevatore per chiudere definitivamente la sua struttura. Il terreno sarà riqualificato dalle autorità, ora che l’allevamento illegale di cani è stato chiuso. Humane Society International/Korea, che ha chiuso 17 allevamenti di carne di cane nel paese, ha fornito assistenza a LIFE il giorno del salvataggio e li sta aiutando anche fornendo rifugio e assistenza veterinaria d’emergenza a 40 dei cani. I restanti animali sono curati da LIFE.

Una volta che i cani in HSI/Corea saranno in grado di viaggiare, saranno trasportati in volo verso il Nord America per essere adottati da alcune famiglie. LIFE è grata alla Seoul Veterinary Medical Association, alla Gyeonggi Veterinary MedicalAssociation, alla Petdoc Korea, alla Harim Pet food e al Centro di addestramento ESAC per il loro generoso sostegno a questo salvataggio.

Nel corso del 2020, Humane Society International ha chiuso altri due allevamenti di cani da carne in Corea del Sud: la partecipazione a questa operazione porta a un totale di oltre 350 cani salvati da un destino di sofferenza. Per sostenere le fasi finali di questa operazione e permetterne altre in futuro HSI ha avviato una nuova campagna di donazioni online, disponibile alla pagina: https://donate.hsi-europe.org/page/72866/donate/1?ea.tracking.id=media

“Quando ho visitato per la prima volta l’allevamento di cani – dichiara Nara Kim, responsabile della campagna di HSI/Corea – è stato troppo scioccante per accettare quello che stavo vedendo. Ho salvato migliaia di cani da molti allevamenti di cani da carne in Corea del Sud, ma questo posto era un vero inferno”. Molti dei cani erano solo pelle e ossa, ed era difficile trovare cani dall’aspetto “normale” perché il loro corpo era così devastato dalla fame e dalle malattie della pelle. Avevo tanta paura che le loro fragili ossa potessero rompersi quando li tiravo fuori dalle gabbie, quindi sono stata davvero lenta e gentile. Quasi nessuno di loro aveva comunque l’energia per lottare. Siamo arrivati giusto in tempo per alcuni, non credo che sarebbero potuti sopravvivere un altro giorno. Sono così felice che LIFE ci abbia chiesto di partecipare a questo salvataggio, è stato un tale sollievo portare questi cani fuori da quell’orribile posto”.

“Questo è un esempio davvero scioccante di un problema comune qui in Corea del Sud – dichiara In-Seob Sim, presidente di LIFE – dove i cani vengono allevati nelle peggiori condizioni per massimizzare i profitti. È tempo che la società sudcoreana imponga controlli sull’allevamento di cani da compagnia. Se non troviamo una soluzione, questo tipo di sofferenza animale continuerà. I coreani che sono sconvolti nel vedere la terribile sofferenza di questi cani, devono rendersi conto che è la richiesta della società di cuccioli e di carne di cane che guida questo tipo di crudeltà. Se riusciamo a cambiare il nostro comportamento, possiamo cambiare il destino di questi cani”.

L’agricoltore aveva occupato abusivamente i terreni del governo per più di 10 anni e ha persino chiesto un risarcimento quando il governo della città di Gimpo ha annunciato che il terreno era stato sequestrato per la riqualificazione. Nella speranza di ottenere un maggiore risarcimento, ha allevato più cani, anche se non poteva permettersi di nutrirli. I funzionari della provincia di Gyeonggi stanno ora indagando su di lui con l’obiettivo di accusarlo di crudeltà sugli animali e di altri illeciti.

Humane Society International, che riprende ed amplia l’esperienza di oltre 60 anni maturata da Humane Society of the United States, lavora in tutto il mondo per promuovere il rapporto uomo-animale, salvare e proteggere cani e gatti, migliorare il benessere degli animali da allevamento, salvaguardare la fauna selvatica, promuovere una ricerca senza animali, intervenire in caso di disastri naturali e combattere la crudeltà nei confronti degli animali in tutte le sue forme. Nel corso del 2020 la campagna europea Basta Animali in Lockdown, per prevenire lo sviluppo di future pandemie, ha ottenuto il supporto di migliaia di persone. Oltre 10mila gli animali salvati dal 2017 ad oggi grazie a numerose operazioni sul campo, ad esempio in occasione dei roghi che hanno coinvolto i koala in Australia tra 2019 e 2020 e a seguito della terribile esplosione che ha colpito Beirut lo scorso agosto. Dall’inizio dell’emergenza Covid HSI ha sostenuto diverse realtà impegnate sul territorio italiano, aiutando oltre 2500 cani e gatti randagi e nei rifugi, oltre a numerosi animali da fattoria e più di 50 famiglie con animali domestici in difficoltà a causa della pandemia. www.hsi.org

Ufficio Stampa PS Comunicazione: Sara Chiarello, Francesca Puliti: 392 9475467; info@pscomunicazione.it

Secondo un sondaggio diffuso in Italia oggi 9 dicembre, l’83% dei cittadini in Italia è d’accordo con la riallocazione dei fondi per l’agricoltura, da parte dell’UE, per supportare una transizione a sistemi di allevamento senza gabbie. A seguito dell’Iniziativa di successo dei Cittadini Europei End the Cage Age, il sondaggio rivela anche che l’84%*dei cittadini in Italia ritiene che l’allevamento in gabbia sia crudele nei confronti degli animali

Humane Society International


ROMA—La coalizione italiana End the Cage Age ha diffuso oggi i risultati di un nuovo sondaggio (condotto fra il settembre e l’ottobre 2020) che esplora le attitudini dei cittadini europei riguardo all’uso delle gabbie negli allevamenti nell’Unione Europea. Il Sondaggio, condotto da YouGov, è stato commissionato da Compassion in World Farming, Animal Equality, Vier Pfoten International, Humane Society International/Europe, WeMove Europe and World Animal Protection Netherlands.

Il sondaggio fornisce informazioni sulle opinioni dei cittadini in Italia sul modo in cui l’UE assicura il benessere degli animali negli allevamenti e alloca i fondi per l’agricoltura. Più nello specifico, secondo i risultati:

  • L’84% dei cittadini in Italia concorda o concorda decisamente sul fatto che l’uso delle gabbie negli allevamenti sia crudele nei confronti degli animali.
  • Il 56% è in disaccordo o in forte disaccordo con l’affermazione che l’UE stia facendo abbastanza per assicurare il benessere degli animali negli allevamenti
  • L’83% concorda o concorda decisamente che l’UE dovrebbe riallocare gli attuali fondi per l’agricoltura per supportare una transizione verso l’abbandono dei sistemi in gabbia per gli animali negli allevamenti e solo l’8% non concordava o non concordava decisamente.

Le associazioni della Coalizione italiana End the Cage Age hanno dichiarato: “Questo nuovo sondaggio fornisce nuove evidenze su qualcosa che sappiamo da anni: i cittadini italiani ci tengono alle condizioni in cui gli animali sono allevati; riconoscono inoltre chiaramente che l’UE sta fallendo nel tutelarli e che la transizione verso sistemi senza gabbie è la via da seguire”.

L’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age è stata lanciata l’11 settembre 2018 e si è chiusa esattamente un anno dopo dopo aver raccolto 1.397.113 firme validate in tutta l’UE. L’iniziativa ha anche superato il numero minimo di firme in 18 Stati membri, ben oltre I 7 richiesti. Per questo End the Cage Age è:

  • La sesta ICE di successo su 75 registrate negli ultimi 8 anni
  • La terza per numero di firme raccolte
  • La prima di successo sul benessere degli animali

“I risultati di questo nuovo sondaggio aggiungono un altro forte argomento a sostegno di un  cambio immediato che i cittadini europei vogliono per gli animali negli allevamenti, aspetto che ha un impatto sulle condizioni di vita degli animali ma anche sulla sicurezza sanitaria. Il dibattito non è più se l’UE debba abbandonare l’uso delle gabbie, ma quando e come questo sarà fatto. Ci aspettiamo che le istituzioni europee facciano la cosa giusta, per i loro cittadini e per gli oltre 300 milioni di animali che sono allevati nell’UE”, hanno dichiarato le associazioni della coalizione italiana End the Cage Age.

La Coalizione Italiana End the Cage Age è formata da Animal Law Italia, Animal aid, Animal Equality, CIWF Italia Onlus, LAC-Lega per l’Abolizione della Caccia, Lega Nazionale Difesa del Cane, Legambiente, Amici della Terra, HSI Italia, Il Fatto Alimentare, Terra Nuova, Confconsumatori, Jane Goodall Institute Italia, Terra! Onlus, Animalisti Italiani, ENPA, LAV, Partito animalista, LEIDAA, OIPA, LUMEN.

 Note

  1. Tutti i dati, a meno che non sia indicato diversamente, sono di YouGov Plc. Il campione era di 1037 adulti. L’indagine è stata Condotta fra il 22 e il 23 settembre 2020, online. I dati sono stati pesati e sono rappresentativi di tutti gli italiani adulti (+18 anni).
  2. Chi ha risposto alle domande doveva leggere questa informazione prima di rispondere alla domanda: “Nell’Unione Europea (UE) più di 300 milioni di animali negli allevamenti (galline, maiali, conigli, oche, papere, vitelli eccetera) sono allevati in gabbia a scopo alimentare. Alcuni sostengono che il confinamento e la restrizione  dei movimenti naturali causati dalle gabbie non siano giustificabili. Altri pensano che le gabbie siano necessarie per l’economia degli allevamenti consentendo gli animali siano allevati su grande scala.
  3.  Su richiesta, sono disponibili i dati relative ai sondaggi condotti negli altri Stati membri

Per maggiori informazioni su End the Cage Age:

https://www.endthecageage.eu/
https://www.endthecageage.eu/how-close-are-we-to-a-cage-free-europe/

FINE

Contatto:  Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International


RomaSarà un Natale fuori dal comune, segnato da limitazioni dovute alla pandemia in corso, ma anche dalla riscoperta di valori immateriali e da una maggior consapevolezza rispetto al rapporto tra uomo e natura e tra società e animali: è quanto auspica Humane Society International (HSI), l’unica organizzazione attiva a livello locale e internazionale per proteggere tutti gli animali – in natura, nei laboratori, negli allevamenti e in ambiente domestico – con campagne globali e attività sul campo in più di 50 paesi. Per portare avanti le numerose battaglie a favore di tutti gli animali, HSI ha appena lanciato una nuova campagna di sottoscrizioni online, con l’hashtag #salviAmotuttiglianimali. Da questa settimana dal sito http://www.hsi-europe.org/it/natale/ è possibile effettuare sottoscrizioni mensili, donarle agli amici oppure scegliere regali di Natale sostenibili e solidali con il mondo animale.

Tra i possibili kit da acquistare e regalare decorazioni natalizie, biglietti personalizzati e donazioni mensili per diventare parte di una community attiva in tutto il mondo per promuovere un rapporto uomo-animale più umano, compassionevole. Un obiettivo dichiarato fin dal nome dell’organizzazione, “Humane Society”.  Humane Society International, riprende ed amplia l’esperienza di oltre 60 anni maturata da Humane Society of the United States. Lavora in tutto il mondo per salvare e proteggere cani e gatti, migliorare il benessere degli animali da allevamento, salvaguardare la fauna selvatica, promuovere una ricerca senza animali, intervenire in caso di disastri naturali e combattere la crudeltà nei confronti degli animali in tutte le sue forme.

“Mai come quest’anno – dichiara Martina Pluda, Direttrice HSI per l’Italia – siamo chiamati a riscoprire la solidarietà con il mondo animale: approfittiamo di questo Natale che si preannuncia più intimo e riflessivo per agire e diventare parte del cambiamento verso un futuro più umano e libero per tutti. Chi sceglie di partecipare concretamente alla campagna contribuisce a realizzare la missione di HSI per la tutela di tutti gli animali nel mondo. Ogni donazione si trasformerà in attività di informazione e sensibilizzazione, interventi concreti, salvataggi, cibo, cure veterinarie, ricoveri, come per i cani salvati dagli allevamenti per la loro carne”.

Nel corso del 2020 la campagna europea Basta Animali in Lockdown, per prevenire lo sviluppo di future pandemie, ha ottenuto il supporto di decine di migliaia di persone. Negli ultimi mesi ha fatto sentire la propria voce contro gli allevamenti di animali da pelliccia, battaglia perseguita da anni e tornata al centro dell’attenzione mediatica a causa dei focolai di Coronavirus rilevati negli allevamenti di visoni in Europa. Ma sono numerose le operazioni di sensibilizzazione aziendale che hanno convinto brand di alta moda, come il gruppo Prada e alcuni tra gli store più importanti al mondo ad abbandonare l’uso e la commercializzazione di capi in pelliccia animale.

Dal 2017 ad oggi i volontari di HSI hanno soccorso oltre 10mila animali colpiti da disastri naturali e ambientali, tra cui i roghi che hanno coinvolto i koala in Australia tra 2019 e 2020 e la terribile esplosione avvenuta a Beirut lo scorso agosto. Solo nell’anno in corso l’organizzazione ha fatto chiudere due allevamenti di cani da carne in Corea del Sud, salvando oltre 240 cani e portando così il bilancio a 17 allevamenti chiusi negli ultimi anni. Dall’inizio dell’emergenza Covid HSI ha sostenuto diverse realtà impegnate sul territorio italiano, aiutando oltre 2500 cani e gatti randagi e nei rifugi, oltre a numerosi animali da fattoria e più di 50 famiglie con animali domestici in difficoltà a causa della pandemia. hsi-europe.org

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Martina Pluda (HSI), “Intervento inutile: non elimina la sofferenza degli animali né il rischio per la salute pubblica. Tanto più che le attività si sarebbero comunque interrotte adesso per riprendere a marzo, come ogni anno”

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

ROMA“Fermare l’allevamento per i prossimi tre mesi è un provvedimento inutile che non elimina la sofferenza animale, né tanto meno il rischio per la salute pubblica, legato alla diffusione del virus SARS-CoV-2. Solo oggi il Ministero ha ordinato l’abbattimento di 28.000 visoni in un allevamento infettato a Capralba, in provincia di Cremona”. E’ quanto dichiara Martina Pluda, responsabile per l’Italia di Humane Society International (HSI), l’unica organizzazione attiva a livello locale e internazionale per proteggere tutti gli animali – in natura, nei laboratori, negli allevamenti e in ambiente domestico – con campagne globali e attività sul campo in più di 50 paesi.

“L’ordinanza pubblicata oggi dal ministro della Salute italiano Roberto Speranza, che prevede la sospensione delle attività degli allevamenti di visoni sul territorio nazionale fino al 28 febbraio 2021, è un paravento. Il ciclo d’allevamento e produzione dei visoni finisce proprio in queste settimane per riprendere a marzo”, dichiara Pluda.

“Gli allevamenti si fermerebbero comunque per loro natura in questo periodo, la decisione del ministro è ininfluente. Gli animali destinati al commercio delle loro pellicce, attualmente negli allevamenti, verranno uccisi e quelli invece usati come riproduttori resteranno chiusi nelle loro gabbie fino a marzo, in attesa della verifica dei presupposti per la proroga delle misure ed in caso contrario dell’accoppiamento che precede un nuovo ciclo di produzione e crudeltà. Considerato inoltre che la stessa ordinanza prevede l’abbattimento degli animali in caso di positività, ponderare una ripresa delle attività a marzo vuol dire giustificare un’industria fondata sulla crudeltà, che minaccia la salute pubblica e costa miliardi in fondi pubblici necessari per la gestione della biosicurezza. L’unico provvedimento utile e necessario per tutelare gli animali e la salute pubblica è il definitivo divieto d’allevamento di animali da pelliccia come hanno già fatto moltissimi paesi europei”.

Per portare avanti questa e molte altre battaglie a favore di tutti gli animali HSI ha appena lanciato una nuova campagna di sottoscrizioni online, con l’hashtag #salviAmotuttiglianimali. Da questa settimana dal sito http://www.hsi-europe.org/it/natale/ è possibile effettuare sottoscrizioni mensili, donarle agli amici oppure scegliere regali di Natale sostenibili e solidali con il mondo animale.

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HSI chiede la chiusura permanente degli allevamenti "fabbriche di virus"

Humane Society International


Mark Hicken/Alamy

ROMA—Kopenhagen Fur, la più grande casa d’aste di pellicce al mondo, chiuderà i battenti entro i prossimi due o tre anni, in quello che potrebbe segnare l’inizio della fine del commercio mondiale di pellicce. Gran parte delle pellicce a livello mondiale vengono commerciate da una manciata di case d’asta. Fondata nel 1930, Kopenhagen Fur funge da intermediario per le pelli animali prodotte in Danimarca e in tutto il mondo, tra le quali anche quelle di volpe, cincillà e karakul. Poche ore prima, il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) ha pubblicato il suo nuovo rapporto Rapid Risk Assessment: Detection of new SARS-CoV-2 variants related to mink, evidenziando le potenziali implicazioni che l’evoluzione del virus nel visone comporta per la diagnosi, il trattamento e lo sviluppo di vaccini al Covid-19, nonché per l’efficacia di futuri vaccini.

Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International/ Europe, ha dichiarato: “Il rapporto dell’ECDC e l’annuncio di Kopenhagen Fur segnalano l’inizio della fine del commercio mondiale di pellicce. Gli allevamenti di animali da pelliccia non sono solo la causa di immense e inutili sofferenze per gli animali, ma sono anche fabbriche di virus in grado di produrre mutazioni di COVID-19 e persino di minare il progresso medico. Il rapporto dell’ECDC dovrebbe essere un campanello d’allarme per i Paesi che ancora allevano i visoni e non li stanno testando sistematicamente; devono agire urgentemente.

Di fronte ad una situazione di avversione pubblica per le pellicce, quali prodotti non etici e anacronistici, i Paesi che permettono l’allevamento di animali da pelliccia non possono più giustificare un’industria che minaccia la salute pubblica e costa miliardi in fondi pubblici necessari per la gestione della biosicurezza e per risarcire gli allevatori a seguito degli abbattimenti dei loro animali. Non possiamo semplicemente aspettare che emerga la prossima pandemia. I Governi devono porre fine al crudele e pericoloso commercio di pellicce e sostenere gli allevatori nella transizione ad attività più umane, sicure ed economicamente sostenibili. Non ci sarebbe mai stato un lieto fine per i 60 milioni di visoni sfruttati ogni anno per la loro pelliccia; smettere di allevarli è il modo migliore per evitare loro future sofferenze.”

La casa d’aste Kopenhagen Fur è una società cooperativa di proprietà di 1.500 allevatori danesi. La scomparsa di questo broker di rilevanza mondiale avrà presumibilmente un impatto anche sui produttori di altri paesi europei e non solo. Nel 2018-2019 Kopenhagen Fur ha fatto da tramite per la vendita di 24,8 milioni di pellicce di visone.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Stiamo assistendo a un calo significativo dei prezzi delle pellicce e ad un aumento dell’invenduto. Ci aspettiamo un’ulteriore decrescita della domanda di pellicce a causa dei focolai di Covid-19 negli allevamenti in tutto il mondo che stanno allarmando molti Governi e mettendo in ginocchio il settore.

Dopo il primo caso accertato anche in Italia è ora che il Governo italiano si assuma la sua parte di responsabilità, nell’interesse degli animali e della salute pubblica. l’Italia può e deve essere parte della soluzione del problema. Permettendo l’allevamento di visoni, stiamo contribuendo all’immensa sofferenza di decine di migliaia di animali ogni anno e offrendo l’ambiente ideale per lo sviluppo e la diffusone di agenti patogeni virali. Siamo il fanalino di coda in Europa, mentre molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente.”

Il rapporto dell’ECDC fa riferimento alla necessità di analizzare la nuova variante “cluster 5”, creata dai visoni negli allevamenti, e valutare se possa alterare il rischio di reinfezione o impattare l’efficacia del vaccino o della terapia al plasma. Sottolinea inoltre che “la trasmissione continua di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni può eventualmente risultare in altre varianti preoccupanti”.

Risultati chiave del rapporto dell’ECDC:

  • Il livello di rischio per la salute umana rappresentato dalle varianti di SARS-CoV-2 correlate al visone è basso per la popolazione generale, ma da moderato ad alto per gli individui vulnerabili che vivono in aree con un’alta concentrazione di allevamenti di animali da pelliccia. Il rischio è moderato per coloro che lavorano con il visone e molto alto per gli individui con esposizione legata alla professione esercitata, come gli allevatori di pellicce.
  • Le autorità nazionali competenti devono adottare una serie di misure per ridurre il rischio sanitario per coloro che lavorano con i visoni e le comunità in cui sono situati gli allevamenti, compresi test sistematici, rilevamento immediato del contatto, isolamento e quarantena se i casi umani sono legati a un allevamento di visoni; misure di prevenzione e controllo delle infezioni per lavoratori e visitatori degli allevamenti; monitoraggio e sorveglianza degli allevamenti di visoni.

Foto e video dell’industria finlandese (creare account per il download)

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International aiuta gli allevatori di cani da carne a cessare l’attività

Humane Society International


Jean Chung for HSI

SEOUL—Un nuovo sondaggio svolto in Corea del Sud evidenzia il crescente sostegno per un divieto al consumo di carne di cane, con l’84% degli intervistati che afferma di non mangiarne e quasi il 60% a favore di misure legislative. Il sondaggio, condotto dalla Nielsen* e commissionato dalla divisione coreana di Humane Society International, viene pubblicato nel giorno in cui HSI è impegnata per salvare 170 cani da un allevamento ad Haemi e trasferirli negli Stati Uniti e in Canada.

Dal sondaggio emergono i seguenti dati:

  • L’84% dei sudcoreani non ha mai consumato carne di cane o afferma di non essere disposto a consumarla in futuro.
  • Il 59% dei sudcoreani è a favore di un divieto sulla carne di cane. Tale numero è in aumento del 24% rispetto al 2017 e con il 41% della popolazione contraria, si registra l’opposizione più bassa di sempre a tale divieto.
  • Il 57% dei sudcoreani ritiene che il consumo di carne di cane dia un’immagine negativa della Corea, dato in aumento rispetto al 37% del 2017.

I 170 cani salvati da HSI sono stati tenuti in gabbie luride fino a quando l’allevatore Il-Hwan Kim si è rivolto ad HSI con la volontà di smettere di allevare cani da carne, dopo 40 anni di attività in questo settore. Si tratta del diciassettesimo allevamento di cani che l’organizzazione internazionale per la protezione degli animali chiude definitivamente. Quella dell’allevatore Kim è una storia sempre più comune, poiché in Corea del Sud l’opposizione a questo commercio è in forte aumento e per gli allevatori non è più così semplice guadagnarsi da vivere. Altri 26 cani sono diretti verso gli Stati Uniti per iniziare una nuova vita; erano stati tratti in salvo da HSI durante un’operazione precedente ma non hanno potuto lasciare il paese a causa delle restrizioni di viaggio, in atto durante l’emergenza sanitaria. Gli animali che stanno per lasciare la Corea del Sud sono 196, tra cui barboncini, jindo coreani e mastini, pomerania, terrier e labrador retriever.

A causa delle misure di sicurezza legate al Covid-19, la squadra di HSI è stata messa in quarantena obbligatoria, in un hotel autorizzato dal governo di Seoul, prima di poter avviare le operazioni di salvataggio. Poiché l’adozione di cani non è ancora diffusa in Corea del Sud, i cani verranno accolti da alcuni rifugi partner di HSI negli Stati Uniti e in Canada. Qui inizierà il lavoro di recupero e reinserimento in famiglia. HSI spera che le attività di sensibilizzazione e le adozioni a lieto fine all’estero, possano gradualmente convincere sempre più sudcoreani ad adottare, permettendo ai cani di rimanere nel paese.

Nara Kim, campaigner di HSI/Corea, ha dichiarato: “Ogni allevamento di cani che ho visitato puzza di feci e cibo avariato ma c’è qualcosa di diverso in questo posto, odora di morte. Le condizioni sono davvero pietose e i cani hanno un’espressione di totale disperazione. Non me la scorderò mai. Molti di loro sono ricoperti di piaghe e ferite dovute alla mancanza di cure, alcuni hanno gli occhi infiammati e vedono a malapena oltre le sbarre della propria gabbia. Penso sia meglio che non riescano a vedere il posto orribile in cui vivono; quando finalmente riceveranno le cure veterinarie e potranno aprire gli occhi, non dovranno mai più sopportare questo strazio”.

Come dimostra il sondaggio Nielsen/HSI, la maggior parte dei sudcoreani non consuma carne di cane e sempre più persone vede i cani come animali da compagnia. Infatti, negli ultimi due decenni, il loro ruolo nella società coreana è molto cambiato e i proprietari di animali domestici sono aumentati. Sono circa 5,9 milioni le famiglie (il 31%) che vivono con un compagno a quattro zampe. L’aumento, in particolare tra i giovani coreani, ha allo stesso tempo favorito un maggiore interesse per il benessere degli animali e una minore accettazione per il consumo di carne di cane.

Negli ultimi tempi, la sofferenza dei cani e le condizioni antigeniche negli allevamenti hanno ricevuto maggiore visibilità sui media sudcoreani, contribuendo ad aumentare i pareri favorevoli ad un divieto sulla carne di cane. I reportage televisivi sugli sforzi delle associazioni locali sudcoreane e sulle attività di Humane Society International sono stati fondamentali per puntare i riflettori su questa industria crudele che ancora coinvolge circa due milioni di cani.

Nara Kim dice: “Sempre più persone in Corea del Sud sono interessati alla protezione degli animali e dell’ambiente. Quando vedono al telegiornale i filmati delle nostre operazioni che mostrano la sofferenza degli animali, o leggono notizie a riguardo, sono davvero scioccati e sconvolti. L’inevitabile calo delle vendite sta portando sempre più allevatori di cani a cercare una via d’uscita e in questo momento HSI offre l’unico programma per aiutarli ad iniziare una nuova vita. Speriamo che il Governo coreano adotti presto questo tipo di approccio per eliminare definitivamente l’industria della carne di cane “.

L’allevatore Il-Hwan Kim ha dichiarato che negli ultimi dieci anni, il business gli è andato molto male. Afferma: “Non c’è futuro in questo settore che sta già morendo e presto cadrà completamente a pezzi. Allevare cani è stancante e sto invecchiando, voglio smettere. Quarant’anni fa era diverso ma ora è finita. Potrei iniziare a lavorare nell’edilizia perché è ciò di cui mi occupavo prima e lì ci sono più opportunità per me.”

Alcuni dati:     

  • La carne di cane è più popolare durante i Bok Nal, i “giorni del cane” a luglio e agosto, perché ritenuta curativa durante i mesi estivi caldi e umidi.
  • A novembre 2018, HSI/Corea ha aiutato il Consiglio Comunale di Seongnam a chiudere il macello di Taepyeong (il più grande macello di cani del paese), seguito a luglio 2019 dalla chiusura del mercato di Gupo a Busan (il secondo mercato per la carne di cane in Corea del Sud dopo quello di Moran, chiuso anch’esso). A ottobre 2019 il sindaco di Seoul ha dichiarato la città “libera dalla macellazione dei cani”.
  • HSI ha salvato oltre 2.000 cani da 17 allevamenti in Corea del Sud. Gli allevatori firmano un contratto ventennale, rinunciando ad allevare cani o altri animali in futuro e impegnandosi a distruggere le gabbie. HSI controlla regolarmente per garantire il rispetto degli accordi presi con gli ex-allevatori.
  • Le operazioni per la chiusura di questo allevamento sono state condotte nel rispetto delle norme di sicurezza legate al Covid-19. La squadra di HSI è stata in quarantena per 14 giorni, in un hotel autorizzato. Dopo la chiusura di un allevamento, l’organizzazione effettua un test veterinario per escludere la presenza del virus H3N2 (influenza canina) e somministrare i vaccini contro la rabbia, il DHPP, il coronavirus canino, il cimurro e il parvovirus. I cani vengono poi messi in quarantena per almeno 30 giorni prima di ricevere l’idoneità per il trasporto all’estero.

Foto e video del salvataggio (creare un account per il download)

Link alla petizione italiana per fermare il commercio di carne di cane in Asia

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia: 3714120885; mpluda@hsi.org

*Sondaggio online condotto nel periodo da agosto a settembre 2020. Totale del campione: 1.000 persone in sei principali città della Corea del Sud (Busan, Daegu, Incheon, Gwangju, Daejeon, Ulsan) ponderate e rappresentative degli adulti sudcoreani di età superiore ai 18 anni.

Humane Society International


Alberto Bernasconi for HSI 

PARMA, 8 ottobre 2020–Il gruppo alimentare italiano Barilla, il più grande produttore di pasta al mondo, è il ricevente del premio Henry Spira per il Progresso Aziendale Sostenibile di quest’anno, un riconoscimento conferito dalla Humane Society of the United States alle aziende che adottano politiche che hanno un impatto positivo e significativo sugli animali. Anche la Humane Society International, la divisione internazionale della Humane Society of the United States, si congratula con Barilla per la transizione verso l’approvvigionamento responsabile, su scala globale, di uova da galline non allevate in gabbia. Barilla è infatti, una delle pochissime aziende al mondo in grado di passare ad una filiera 100% “cage-free” in anticipo rispetto ai tempi previsti.

Il primo contatto tra HSI e Barilla è avvenuto alla fine del 2016, e nel giro di pochi mesi l’azienda italiana si è impegnata a raggiungere questo obiettivo chiave per il benessere animale, riuscendoci nel 2019, un anno prima della data che era stata annunciata pubblicamente. Su base annuale, Barilla fornisce aggiornamenti e statistiche sull’approvvigionamento delle uova nel proprio rapporto annuale di sostenibilità. La policy globale di Barilla viene applicata in ciascuno dei sei paesi in cui il gruppo opera. Con 23,000 tonnellate di uova che ogni anno entrano nella filiera Barilla, l’attuazione di questa politica di benessere animale sta cambiando la vita di circa due milioni di galline ovaiole in tutto il mondo.

Elena Franchi, Purchasing Manager presso la sede centrale Barilla, ha dichiarato: “Nel nostro modello di business cerchiamo di fare la cosa giusta ed è quello che si è concretizzato in questo caso. Abbiamo beneficiato del sostegno costante e costruttivo della Humane Society International, e la nostra collaborazione è stata cruciale per il conseguimento anticipato dell’obiettivo prefissato da Barilla. In particolare in Brasile, dove siamo presenti da pochi anni, il supporto di HSI è stato fondamentale per il raggiungimento di questo traguardo.” 

Barilla si unisce ad una lista crescente di aziende globali, orientate verso l’uso di uova “cage-free”. Solitamente i sistemi di produzione senza gabbie offrono alle galline livelli di benessere più elevati, consentendo ai volatili di esprimere maggiormente i loro comportamenti naturali, come muoversi, deporre le uova nel nido, appollaiarsi e spiegare le ali. Sebbene dal gennaio 2012 l’Unione Europea abbia vietato l’uso delle gabbie convenzionali, le cosiddette gabbie arricchite sono ancora del tutto legali; tuttora in Italia il 62% delle galline viene allevato in questi sistemi. La politica adottata da Barilla riconosce la necessità di escludere completamente le gabbie, garantendo un maggiore benessere alle galline ovaiole.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI, sostiene che l’esempio di Barilla abbia implicazioni più ampie. “La leadership mostrata da Barilla sta creando un importante precedente per altre aziende, molte delle quali si sono impegnate pubblicamente ad escludere l’uso dalle gabbie ma non hanno ancora fatto progressi significativi. Sono molto contenta che un’azienda italiana sia in grado di fissare uno standard globale così importante nell’industria alimentare. Garantire un trattamento migliore degli animali coinvolti nelle filiere alimentari è una responsabilità condivisa, dai consumatori e dai produttori, e vorrei incoraggiare più aziende a seguire questo esempio. Saremmo lieti di continuare a lavorare con la leadership di Barilla per promuovere la visione al centro del premio Spira.”

Il premio Henry Spira riconosce l’impegno aziendale per il benessere animale, in memoria di Henry Spira (1927-1998), leggendario difensore degli animali, di origini belga-americane. Impegnato nel dialogo costruttivo con le aziende per inserire e promuovere il benessere animale nelle loro missioni di responsabilità sociale d’impresa, è considerato uno degli attori più efficaci del XX secolo per la protezione degli animali.

FINE

Contatto HSI Italia:

Martina Pluda, Country Director: mpluda@hsi.org; +39 371 4120885

Contatto Barilla:

Andrea Belli, Group Communication and External Relations: andrea.belli@barilla.com; +39 0521 262217

Il COVID-19 deve essere un “momento cruciale di cambiamento” per gli animali negli allevamenti, uccisi per le loro pellicce e vittime del traffico di specie selvatiche

Humane Society International


ROMA—Per milioni di persone in tutto il mondo, il lockdown durante la pandemia globale di coronavirus ha significato diversi mesi di isolamento, a tutela della salute pubblica. Ma per miliardi di animali ingabbiati e confinati negli allevamenti intensivi, negli allevamenti di animali da pelliccia e oggetto del commercio di specie selvatiche, la prigionia dura una vita intera. In questi contesti, gli animali trascorrono tutta la loro esistenza, o gran parte di essa, rinchiusi in gabbie, voliere, stabulari o altri metodi di confinamento in cui gli vengono negati sufficiente spazio e stimoli. Il tutto per le nostre abitudini alimentari o per i capricci della moda. L’organizzazione internazionale per la protezione degli animali Humane Society International vuole cambiare tutto ciò e ha collaborato con la società di produzione belga Fledge, per creare un video social per mobilitare le persone di tutto il mondo ad agire a favore degli animali rinchiusi e costretti a una vita di isolamento.

Con la colonna sonora resa disponibile dalla band belga Svínhunder, il video di 120 secondi intitolato “End the Lockdown for Animals” (“Basta Animali in Lockdown”) chiede allo spettatore di riflettere sui propri sentimenti di frustrazione e solitudine durante la pandemia, per potersi immedesimare nella situazione vissuta da miliardi di animali sfruttati e imprigionati.

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International, dice: “Milioni di persone in tutto il mondo hanno condiviso la sfida, la frustrazione e la monotonia del lockdown. Ora, mentre ripartiamo e riconquistiamo alcune delle nostre libertà, chiediamo ai cittadini e ai responsabili politici in Italia e in tutta l’Unione Europea di contribuire a porre fine all’isolamento per quegli animali che passano tutta la loro vita in questo stato. Per troppo tempo le industrie alimentari e della moda hanno operato sulla sofferenza degli animali, sia che si tratti di galline ovaiole rinchiuse in gabbie così piccole da non poter nemmeno allungare le ali, sia che si tratti di volpi e cani procione che impazziscono a causa della monotonia della loro vita negli allevamenti di pellicce. Scegliendo stili di vita che non causano sofferenza agli animali e modificando le leggi per proteggerli, possiamo cambiare tutto questo. Il COVID-19 deve essere un momento cruciale di cambiamento del modo in cui trattiamo gli animali. È tempo di plasmare un futuro più umano, sicuro e libero per tutti!”

La Fledge dichiara: “Come regista, l’obiettivo principale è quello di trasmettere al pubblico un sentimento, un messaggio o un’idea. Questa esperienza globale e senza precedenti della quarantena, ha fatto capire alla gente l’importanza di vivere liberamente e ci ha dato l’opportunità unica di raccontare questa storia parallela. Ci auguriamo che evidenziando questa esperienza condivisa, in un video di due minuti, le persone possano comprendere la sofferenza di tutti questi animali. Speriamo funga da catalizzatore per il cambiamento.”

Mentre in alcune parti del mondo le misure per il contenimento del COVID-19 cominciano ad allentarsi, gli uffici di HSI presenti su tutto il globo – Stati Uniti, Canada, India, Nepal, Sri Lanka, Corea del Sud, Vietnam, Messico, Sudafrica, Regno Unito, Italia, Germania, Brasile, Costa Rica, El Salvador, Honduras e Guatemala – promuoveranno il video attraverso i propri canali social. Con la sua ultima campagna #BastaAnimaliInLockdown, HSI ha individuato tre misure cruciali per porre fine a una vita di isolamento per gli animali e prevenire future pandemie.

Tre misure per porre fine all’isolamento degli animali e prevenire future pandemie

1.  Mettere fine all’uso delle gabbie per gli animali d’allevamento e fare scelte alimentari più sostenibili

Miliardi di animali soffrono negli allevamenti di tutto il mondo. Sono ancora 300 milioni gli animali allevati che soffrono nelle gabbie d’Europa. Nonostante l’Unione Europea abbia vietato alcune delle pratiche d’allevamento più crudeli, le cosiddette gabbie arricchite per le galline ovaiole e le gabbie di gestazione per le scrofe sono ancora permesse e molto diffuse. Questo significa che a milioni di galline e di scrofe viene negato lo spazio per muoversi, socializzare ed esplorare l’ambiente circostante. Oltre ad essere crudele, questa forma di allevamento è anche legata all’origine di malattie più virulente, a causa del gran numero di animali ammassati in ambienti non igienici. HSI vuole che i governi e le aziende mettano fine all’allevamento intensivo ed investano nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie e alternative a base vegetale. HSI esorta anche i consumatori a fare scelte alimentari più sostenibili e compassionevoli, scegliendo una dieta a base vegetale.

2. Vietare l’allevamento e il commercio di animali da pelliccia

Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono uccisi per la loro pelliccia. Per la maggior parte si tratta di volpi, visoni e cani procione rinchiusi in piccole gabbie di filo metallico. Queste terribili condizioni possono causare disturbi psicologici e stereotipie e portare persino all’automutilazione. Alla fine della loro cosiddetta vita produttiva vengono brutalmente uccisi con gas tossici, elettrocuzione anale e, in alcuni casi, a bastonate. Gli allevamenti di animali da pelliccia sono anche un terreno fertile per la diffusione di malattie infettive, tra cui il virus che causa il Covid-19, come dimostrato dai recenti focolai negli allevamenti di animali da pelliccia nei Paesi Bassi e in Danimarca. HSI esorta tutte le aziende del settore della moda a rinunciare all’uso delle pellicce e i governi a prendere provvedimenti per porre fine a questo business crudele. Paesi come gli Stati Uniti, il Canada, la Cina e l’Italia dovrebbero impegnarsi a porre fine all’allevamento di visoni e di altri animali usati per questo scopo.

3. Fermare il traffico di animali selvatici vivi 

Nel 2018 l’Unione Europea ha importato oltre 560.000 esemplari vivi di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi selvatici, protetti dalla convenzione CITES. Ogni anno, questo traffico mette a repentaglio la sopravvivenza e il benessere di miliardi di animali in tutto il mondo, comprese specie minacciate e in pericolo d’estinzione. Questi animali vengono spesso uccisi semplicemente per essere trasformati e venduti come suppellettili o gioielli, oppure condannati a una vita in cattività, come animali domestici esotici o per altri scopi commerciali. Allevati in cattività o catturati in natura, questi animali possono trasmettere una varietà di infezioni virali, batteriche, fungine e parassitarie comportano gravi rischi per la salute umana.

Link alla campagna di HSI: action.hsi-europe.org/BastaAnimaliInLockdown

Link per scaricare il video: https://we.tl/t-9btsNRu2rN

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

Crediti:

Società di produzione: Fledge

Scrittrice e regista: Maria Leon

Produttore: Roeland Jeangout

Editore: Joris Willems

Studio del suono: Sonhouse

Colonna sonora: Svínhunder

Voce fuori campo: Ewan Black

Classificazione: Florian Keirse

Humane Society International lavora in tutto il mondo per promuovere il rapporto uomo-animale, salvare e proteggere cani e gatti, migliorare il benessere degli animali da allevamento, salvaguardare la fauna selvatica, promuovere una ricerca senza animali, intervenire in caso di disastri naturali e combattere la crudeltà nei confronti degli animali in tutte le sue forme – www.hsi.org.

"Sono scene infernali", dichiara Humane Society International Italia

Humane Society International


ROMA—I video inquietanti rilasciati da Humane Society International Italia mostrano la scioccante realtà di migliaia di volpi e cani procione che vivono in condizioni miserabili e soffrono morti atroci negli allevamenti di animali da pelliccia in Asia. Le volpi sono state, infatti, filmate mentre venivano ripetutamente colpite alla testa, provocando loro gravi lesioni ma non causandone la morte istantanea. In altre scene si vedono invece animali feriti con un coltello o addirittura scuoiati vivi. “Sono scene infernali” è come le descrive Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia.

Per scaricare le foto ed i filmati.

Gli investigatori di Humane Society International hanno filmato questi fatti in undici allevamenti, selezionati casualmente, in uno paese asiatico, tra i maggiori produttori ed esportatori di pellicce in tutto il mondo. L’organizzazione ha scelto di non rivelare il paese al fine di proteggere l’identità degli investigatori, ma non esclude che le pellicce di questi animali possano arrivare fino in Italia che importa da paesi asiatici quali la Cina, la Turchia, le Filippine, Hong Kong, la Corea del Sud, il Giappone, l’India e il Vietnam. Nel 2017 il valore importato è stato di 89,6 milioni di dollari, il 34% del quale (30,6 milioni di dollari) dalla sola Cina.

Sebbene molti brand della moda italiana, ma anche internazionale, abbiano deciso di rimuovere le pellicce dalle proprie collezioni, in Italia è ancora permesso l’allevamento degli animali da pelliccia, nonché l’importazione e la vendita di questi prodotti.

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia, ha dichiarato: Gli italiani rimarranno scioccati dalla triste e crudele realtà che le abili strategie di marketing dell’industria riescono a nascondere. Questi animali sono condannati a una vita alienante in minuscole gabbie e ad una morte terrificante, colpiti alla testa con una barra di metallo e spesso scuoiati vivi. Chiunque pensi che la pelliccia sia un oggetto di lusso deve guardare i nostri filmati per rendersi conto che non è così

Ogni designer che presenta le pellicce in passerella, ogni rivenditore che le mette sugli scaffali dei propri negozi e ogni consumatore che le indossa, finanzia questa vergogna che non è né glamour né trendy. È una crudeltà e i consumatori, in Italia e nel mondo, possono aiutarci rifiutando di comprare e indossare capi e accessori di pelliccia

lItalia può essere parte della risoluzione del problema. Finché permetteremo l’allevamento di visoni, rimarremo il fanalino di coda in Europa. Già molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente. L’Italia deve intraprendere questo primo passo importante, seguito da un divieto d’importazione e vendita.”

Le criticità documentate da Humane Society International sono molteplici:

  • Specie selvatiche (volpi e cani procione) tenute in condizioni miserabili, simili a quelle degli allevamenti intensivi;
  • Gabbie talmente piccole da non permettere agli animali di muoversi che di pochi centimetri;
  • Gabbie in filo metallico sprovviste di lettiera e materiali di arricchimento;
  • Ammassi di feci;
  • Ciotole sporche e prive di acqua;
  • Mancanza di veterinari in loco;
  • Stereotipie comportamentali, tipiche delle situazioni gravi di stress;
  • Volpi ripetutamente colpite alla testa con una barra di metallo, provocando loro gravi lesioni ma non causandone la morte istantanea;
  • Animali percossi, uccisi e scuoiati di fronte agli altri;
  • Volpiferite con un coltello e scuoiatevive.

Humane Society International lavora in tutto il mondo per fermare questa industria e sensibilizzare le persone, con il sostegno di molti personaggi di fama internazionale tra i quali Jane Goodall, Brian May e Leona Lewis che ha dichiarato: “Amo tutti gli animali e credo che debbano essere trattati con gentilezza e rispetto. Quindi da amante degli animali non indosserei mai una pelliccia.” Anche Judi Dench ha riaffermato: “L’allevamento di animali da pelliccia è crudele e innecessario.”

Alcuni dati sull’industria della pellicceria:

  • Ogni anno vengono uccisi a livello globale più di 100 milioni di animali (visoni, volpi, cani procione, cincillà e conigli) per la loro pelliccia; questo equivale a tre animali al secondo.
  • Oltre il 95% delle pellicce vendute a livello mondiale proviene da animali allevati. Negli allevamenti gli animali trascorrono tutta la vita in minuscole gabbie in filo metallico. La dimensione standard delle gabbie per le volpi è di appena un metro quadrato. Sarebbe come far vivere una persona nello spazio di un ascensore.
  • In Italia sono presenti ancora oltre 10 allevamenti in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo dove vengono allevati 000 visoni (dati di Essere Animali).
  • Volpi e cani procione possono infettarsi con virus correlati alla SARS-CoV, fungendopotenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina. HSI sta facendo pressione sui governi affinché vengano vietati il consumo ed il commercio di animali selvatici, al fine di ridurre il rischio di un’altra pandemia. L’attuale proposta del Governo cinese di vietare il commercio e il consumo di specie selvatiche non si applica agli animali da pelliccia, considerati “bestiame” e questo è inaccettabile.
  • Rispetto ad altri tessuti, l’impatto ambientale della pelliccia è molto elevato. Si parla di elevate emissioni di CO2legate all’allevamento intensivo; di inquinamento dell’acquacausatodal deflusso di letame in laghi e fiumi; di tossicità dovuta all’uso sostanze chimiche pericolose e cancerogene come il cromo e la formaldeide.
  • I seguenti paesi hanno già vietato l’allevamento di animali da pelliccia: Regno Unito (2000), Austria (2004), Slovenia (2013), Macedonia (2014), Croazia (2017), Lussemburgo (2018), Repubblica Ceca (2019), Serbia (2019), Belgio (2023), Olanda (2024), Norvegia (2025), Bosnia ed Erzegovina (2028).
  • Un numero sempre crescente di stilisti e rivenditori stanno cambiando le loro politiche aziendali. Solo negli ultimi anni brand qualiPrada, Gucci, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel e piattaforme di vendita al dettaglio come Net-A-Porter e Farfetch hanno abbandonato le pellicce.
  • Nel 2019, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce, a seguito delle misure adottate dalle città di Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, le Hawaii e lo Stato del Rhode Island hanno introdotto divieti alla vendita, così come le città di Minneapolis, Minnesota eWellesley, Massachusetts.

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI/Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

Humane Society International


La Coalizione italiana End the Cage Age ha pubblicato oggi la classifica dei Paesi europei secondo la percentuale di animali ancora allevati in gabbia. L’Italia si piazza in basso nella classifica: degli oltre 300 milioni di animali allevati in gabbia ogni anno in UE, oltre 45 milioni sono in Italia. La Coalizione invita i cittadini a twittare ai Ministri competenti, il Ministro della Salute Speranza e delle Politiche Agricole Bellanova, perchè si impegnino ad avviare la transizione a sistemi senza gabbie sia in Italia che nell’Unione Europea.

Scarica foto e report di approfondimento

Link alla classifica

Scarica le mappe con la classifica

Nell’Unione Europea galline, scrofe, conigli, quaglie, anatre e oche sono allevati, per la maggior parte, in gabbie che limitano molto seriamente la loro possibilità di muoversi, costringendoli a una vita misera e piena di sofferenze. Si tratta di una questione sempre più vicina alla sensibilità dei cittadini europei. L’anno scorso, a seguito della campagna di comunicazione associata all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, più di un milione di persone ha firmato la richiesta di mettere fine all’era delle gabbie in UE. In Italia, le firme raccolte e autenticate dal Ministero dell’Interno sono oltre 90.000. 

Oggi la Coalizione italiana End the Cage Age, costituita da Animal Equality, Animalisti italiani, CIWF, ENPA, Humane Society International Italia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale del Cane e OIPA, pubblica una classifica dei Paesi in base alla percentuale di animali allevati in gabbia. In Italia la quasi totalità di scrofe, conigli e quaglie, così come il 62% delle galline sono allevati ancora in gabbia ed è necessario agire il prima possibile per mettere fine a questa situazione. I ministri competenti per un’eventuale transizione a sistemi senza gabbie sono il ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, e il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Per questo motivo, le associazioni della Coalizione End the Cage chiedono ai cittadini, a partire da oggi e nei prossimi giorni, di lanciare utilizzando un linguaggio civile e propositivo – dei tweet rivolti proprio ai due ministri, chiedendo a entrambi di impegnarsi pubblicamente e concretamente a dismettere gradualmente le gabbie nel nostro Paese. Il ministro Speranza ha già dichiarato la propria disponibilità ad aprire un dialogo sulla transizione a sistemi senza gabbia per le scrofe*, mentre finora nessun segnale di apertura al dialogo è stato ricevuto dalle associazioni da parte del Ministro Bellanova.

La dismissione delle gabbie dagli allevamenti è urgente perché risponde a una sempre più pressante istanza etica di milioni di cittadini europei ed è coerente con la rinnovata e crescente attenzione anche a livello europeo per il benessere animale e la sostenibilità, così come tracciato nel Green Deal”, hanno dichiarato le associazioni, che aggiungono:  “Far uscire dall’invisibilità le sofferenze di decine di milioni di animali è un dovere etico di ogni Paese civile e democratico e ci auguriamo che i nostri Ministri avviino al più presto il dibattito pubblico per una transizione verso sistemi senza gabbie, per far sì che l’Italia non resti indietro in questa battaglia di civiltà in difesa degli animali, ma divenga rapidamente tra i Paesi europei all’avanguardia.

L’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age – È uno strumento ufficiale e unico previsto dall’Unione Europea  per influenzare i decisori politici, e prevede la raccolta di almeno un milione di firme nell’arco di un anno per poter essere ammessa. Ogni firma viene verificata attraverso uno specifico processo dagli Stati Membri.

L’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age ha raccolto più di un milione e mezzo di firme che sono ancora in corso di validazione in tutti gli Stati Membri. In Italia la validazione è già avvenuta, confermando l’autenticità  di oltre 90.000 firme. Quando le firme di tutti i Paesi saranno validate, verranno consegnate alla Commissione Europea, che potrà pronunciarsi positivamente o negativamente sulla richiesta, eventualmente avviando un processo legislativo in favore della dismissione delle gabbie.

l’Iniziativa End the Cage Age è stata il frutto del coordinamento di oltre 170 organizzazioni ambientaliste, di protezione animale e dei consumatori in tutta europa, 20 in Italia.

* https://www.ciwf.it/area-stampa/comunicati-stampa/2020/02/allevamenti-ciwf-consegna-200000-firme-al-ministro-speranza-per-chiedere-una-transizione-a-sistemi-senza-gabbie-per-le-scrofe

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