Martina Pluda (HSI), “Intervento inutile: non elimina la sofferenza degli animali né il rischio per la salute pubblica. Tanto più che le attività si sarebbero comunque interrotte adesso per riprendere a marzo, come ogni anno”

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

ROMA“Fermare l’allevamento per i prossimi tre mesi è un provvedimento inutile che non elimina la sofferenza animale, né tanto meno il rischio per la salute pubblica, legato alla diffusione del virus SARS-CoV-2. Solo oggi il Ministero ha ordinato l’abbattimento di 28.000 visoni in un allevamento infettato a Capralba, in provincia di Cremona”. E’ quanto dichiara Martina Pluda, responsabile per l’Italia di Humane Society International (HSI), l’unica organizzazione attiva a livello locale e internazionale per proteggere tutti gli animali – in natura, nei laboratori, negli allevamenti e in ambiente domestico – con campagne globali e attività sul campo in più di 50 paesi.

“L’ordinanza pubblicata oggi dal ministro della Salute italiano Roberto Speranza, che prevede la sospensione delle attività degli allevamenti di visoni sul territorio nazionale fino al 28 febbraio 2021, è un paravento. Il ciclo d’allevamento e produzione dei visoni finisce proprio in queste settimane per riprendere a marzo”, dichiara Pluda.

“Gli allevamenti si fermerebbero comunque per loro natura in questo periodo, la decisione del ministro è ininfluente. Gli animali destinati al commercio delle loro pellicce, attualmente negli allevamenti, verranno uccisi e quelli invece usati come riproduttori resteranno chiusi nelle loro gabbie fino a marzo, in attesa della verifica dei presupposti per la proroga delle misure ed in caso contrario dell’accoppiamento che precede un nuovo ciclo di produzione e crudeltà. Considerato inoltre che la stessa ordinanza prevede l’abbattimento degli animali in caso di positività, ponderare una ripresa delle attività a marzo vuol dire giustificare un’industria fondata sulla crudeltà, che minaccia la salute pubblica e costa miliardi in fondi pubblici necessari per la gestione della biosicurezza. L’unico provvedimento utile e necessario per tutelare gli animali e la salute pubblica è il definitivo divieto d’allevamento di animali da pelliccia come hanno già fatto moltissimi paesi europei”.

Per portare avanti questa e molte altre battaglie a favore di tutti gli animali HSI ha appena lanciato una nuova campagna di sottoscrizioni online, con l’hashtag #salviAmotuttiglianimali. Da questa settimana dal sito http://www.hsi-europe.org/it/natale/ è possibile effettuare sottoscrizioni mensili, donarle agli amici oppure scegliere regali di Natale sostenibili e solidali con il mondo animale.

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Contatto:

Ufficio Stampa PS Comunicazione

Sara Chiarello, Francesca Puliti 392 9475467

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HSI chiede la chiusura permanente degli allevamenti "fabbriche di virus"

Humane Society International


Mark Hicken/Alamy

ROMA—Kopenhagen Fur, la più grande casa d’aste di pellicce al mondo, chiuderà i battenti entro i prossimi due o tre anni, in quello che potrebbe segnare l’inizio della fine del commercio mondiale di pellicce. Gran parte delle pellicce a livello mondiale vengono commerciate da una manciata di case d’asta. Fondata nel 1930, Kopenhagen Fur funge da intermediario per le pelli animali prodotte in Danimarca e in tutto il mondo, tra le quali anche quelle di volpe, cincillà e karakul. Poche ore prima, il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) ha pubblicato il suo nuovo rapporto Rapid Risk Assessment: Detection of new SARS-CoV-2 variants related to mink, evidenziando le potenziali implicazioni che l’evoluzione del virus nel visone comporta per la diagnosi, il trattamento e lo sviluppo di vaccini al Covid-19, nonché per l’efficacia di futuri vaccini.

Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International/ Europe, ha dichiarato: “Il rapporto dell’ECDC e l’annuncio di Kopenhagen Fur segnalano l’inizio della fine del commercio mondiale di pellicce. Gli allevamenti di animali da pelliccia non sono solo la causa di immense e inutili sofferenze per gli animali, ma sono anche fabbriche di virus in grado di produrre mutazioni di COVID-19 e persino di minare il progresso medico. Il rapporto dell’ECDC dovrebbe essere un campanello d’allarme per i Paesi che ancora allevano i visoni e non li stanno testando sistematicamente; devono agire urgentemente.

Di fronte ad una situazione di avversione pubblica per le pellicce, quali prodotti non etici e anacronistici, i Paesi che permettono l’allevamento di animali da pelliccia non possono più giustificare un’industria che minaccia la salute pubblica e costa miliardi in fondi pubblici necessari per la gestione della biosicurezza e per risarcire gli allevatori a seguito degli abbattimenti dei loro animali. Non possiamo semplicemente aspettare che emerga la prossima pandemia. I Governi devono porre fine al crudele e pericoloso commercio di pellicce e sostenere gli allevatori nella transizione ad attività più umane, sicure ed economicamente sostenibili. Non ci sarebbe mai stato un lieto fine per i 60 milioni di visoni sfruttati ogni anno per la loro pelliccia; smettere di allevarli è il modo migliore per evitare loro future sofferenze.”

La casa d’aste Kopenhagen Fur è una società cooperativa di proprietà di 1.500 allevatori danesi. La scomparsa di questo broker di rilevanza mondiale avrà presumibilmente un impatto anche sui produttori di altri paesi europei e non solo. Nel 2018-2019 Kopenhagen Fur ha fatto da tramite per la vendita di 24,8 milioni di pellicce di visone.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Stiamo assistendo a un calo significativo dei prezzi delle pellicce e ad un aumento dell’invenduto. Ci aspettiamo un’ulteriore decrescita della domanda di pellicce a causa dei focolai di Covid-19 negli allevamenti in tutto il mondo che stanno allarmando molti Governi e mettendo in ginocchio il settore.

Dopo il primo caso accertato anche in Italia è ora che il Governo italiano si assuma la sua parte di responsabilità, nell’interesse degli animali e della salute pubblica. l’Italia può e deve essere parte della soluzione del problema. Permettendo l’allevamento di visoni, stiamo contribuendo all’immensa sofferenza di decine di migliaia di animali ogni anno e offrendo l’ambiente ideale per lo sviluppo e la diffusone di agenti patogeni virali. Siamo il fanalino di coda in Europa, mentre molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente.”

Il rapporto dell’ECDC fa riferimento alla necessità di analizzare la nuova variante “cluster 5”, creata dai visoni negli allevamenti, e valutare se possa alterare il rischio di reinfezione o impattare l’efficacia del vaccino o della terapia al plasma. Sottolinea inoltre che “la trasmissione continua di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni può eventualmente risultare in altre varianti preoccupanti”.

Risultati chiave del rapporto dell’ECDC:

  • Il livello di rischio per la salute umana rappresentato dalle varianti di SARS-CoV-2 correlate al visone è basso per la popolazione generale, ma da moderato ad alto per gli individui vulnerabili che vivono in aree con un’alta concentrazione di allevamenti di animali da pelliccia. Il rischio è moderato per coloro che lavorano con il visone e molto alto per gli individui con esposizione legata alla professione esercitata, come gli allevatori di pellicce.
  • Le autorità nazionali competenti devono adottare una serie di misure per ridurre il rischio sanitario per coloro che lavorano con i visoni e le comunità in cui sono situati gli allevamenti, compresi test sistematici, rilevamento immediato del contatto, isolamento e quarantena se i casi umani sono legati a un allevamento di visoni; misure di prevenzione e controllo delle infezioni per lavoratori e visitatori degli allevamenti; monitoraggio e sorveglianza degli allevamenti di visoni.

Foto e video dell’industria finlandese (creare account per il download)

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International aiuta gli allevatori di cani da carne a cessare l’attività

Humane Society International


Jean Chung for HSI

SEOUL—Un nuovo sondaggio svolto in Corea del Sud evidenzia il crescente sostegno per un divieto al consumo di carne di cane, con l’84% degli intervistati che afferma di non mangiarne e quasi il 60% a favore di misure legislative. Il sondaggio, condotto dalla Nielsen* e commissionato dalla divisione coreana di Humane Society International, viene pubblicato nel giorno in cui HSI è impegnata per salvare 170 cani da un allevamento ad Haemi e trasferirli negli Stati Uniti e in Canada.

Dal sondaggio emergono i seguenti dati:

  • L’84% dei sudcoreani non ha mai consumato carne di cane o afferma di non essere disposto a consumarla in futuro.
  • Il 59% dei sudcoreani è a favore di un divieto sulla carne di cane. Tale numero è in aumento del 24% rispetto al 2017 e con il 41% della popolazione contraria, si registra l’opposizione più bassa di sempre a tale divieto.
  • Il 57% dei sudcoreani ritiene che il consumo di carne di cane dia un’immagine negativa della Corea, dato in aumento rispetto al 37% del 2017.

I 170 cani salvati da HSI sono stati tenuti in gabbie luride fino a quando l’allevatore Il-Hwan Kim si è rivolto ad HSI con la volontà di smettere di allevare cani da carne, dopo 40 anni di attività in questo settore. Si tratta del diciassettesimo allevamento di cani che l’organizzazione internazionale per la protezione degli animali chiude definitivamente. Quella dell’allevatore Kim è una storia sempre più comune, poiché in Corea del Sud l’opposizione a questo commercio è in forte aumento e per gli allevatori non è più così semplice guadagnarsi da vivere. Altri 26 cani sono diretti verso gli Stati Uniti per iniziare una nuova vita; erano stati tratti in salvo da HSI durante un’operazione precedente ma non hanno potuto lasciare il paese a causa delle restrizioni di viaggio, in atto durante l’emergenza sanitaria. Gli animali che stanno per lasciare la Corea del Sud sono 196, tra cui barboncini, jindo coreani e mastini, pomerania, terrier e labrador retriever.

A causa delle misure di sicurezza legate al Covid-19, la squadra di HSI è stata messa in quarantena obbligatoria, in un hotel autorizzato dal governo di Seoul, prima di poter avviare le operazioni di salvataggio. Poiché l’adozione di cani non è ancora diffusa in Corea del Sud, i cani verranno accolti da alcuni rifugi partner di HSI negli Stati Uniti e in Canada. Qui inizierà il lavoro di recupero e reinserimento in famiglia. HSI spera che le attività di sensibilizzazione e le adozioni a lieto fine all’estero, possano gradualmente convincere sempre più sudcoreani ad adottare, permettendo ai cani di rimanere nel paese.

Nara Kim, campaigner di HSI/Corea, ha dichiarato: “Ogni allevamento di cani che ho visitato puzza di feci e cibo avariato ma c’è qualcosa di diverso in questo posto, odora di morte. Le condizioni sono davvero pietose e i cani hanno un’espressione di totale disperazione. Non me la scorderò mai. Molti di loro sono ricoperti di piaghe e ferite dovute alla mancanza di cure, alcuni hanno gli occhi infiammati e vedono a malapena oltre le sbarre della propria gabbia. Penso sia meglio che non riescano a vedere il posto orribile in cui vivono; quando finalmente riceveranno le cure veterinarie e potranno aprire gli occhi, non dovranno mai più sopportare questo strazio”.

Come dimostra il sondaggio Nielsen/HSI, la maggior parte dei sudcoreani non consuma carne di cane e sempre più persone vede i cani come animali da compagnia. Infatti, negli ultimi due decenni, il loro ruolo nella società coreana è molto cambiato e i proprietari di animali domestici sono aumentati. Sono circa 5,9 milioni le famiglie (il 31%) che vivono con un compagno a quattro zampe. L’aumento, in particolare tra i giovani coreani, ha allo stesso tempo favorito un maggiore interesse per il benessere degli animali e una minore accettazione per il consumo di carne di cane.

Negli ultimi tempi, la sofferenza dei cani e le condizioni antigeniche negli allevamenti hanno ricevuto maggiore visibilità sui media sudcoreani, contribuendo ad aumentare i pareri favorevoli ad un divieto sulla carne di cane. I reportage televisivi sugli sforzi delle associazioni locali sudcoreane e sulle attività di Humane Society International sono stati fondamentali per puntare i riflettori su questa industria crudele che ancora coinvolge circa due milioni di cani.

Nara Kim dice: “Sempre più persone in Corea del Sud sono interessati alla protezione degli animali e dell’ambiente. Quando vedono al telegiornale i filmati delle nostre operazioni che mostrano la sofferenza degli animali, o leggono notizie a riguardo, sono davvero scioccati e sconvolti. L’inevitabile calo delle vendite sta portando sempre più allevatori di cani a cercare una via d’uscita e in questo momento HSI offre l’unico programma per aiutarli ad iniziare una nuova vita. Speriamo che il Governo coreano adotti presto questo tipo di approccio per eliminare definitivamente l’industria della carne di cane “.

L’allevatore Il-Hwan Kim ha dichiarato che negli ultimi dieci anni, il business gli è andato molto male. Afferma: “Non c’è futuro in questo settore che sta già morendo e presto cadrà completamente a pezzi. Allevare cani è stancante e sto invecchiando, voglio smettere. Quarant’anni fa era diverso ma ora è finita. Potrei iniziare a lavorare nell’edilizia perché è ciò di cui mi occupavo prima e lì ci sono più opportunità per me.”

Alcuni dati:     

  • La carne di cane è più popolare durante i Bok Nal, i “giorni del cane” a luglio e agosto, perché ritenuta curativa durante i mesi estivi caldi e umidi.
  • A novembre 2018, HSI/Corea ha aiutato il Consiglio Comunale di Seongnam a chiudere il macello di Taepyeong (il più grande macello di cani del paese), seguito a luglio 2019 dalla chiusura del mercato di Gupo a Busan (il secondo mercato per la carne di cane in Corea del Sud dopo quello di Moran, chiuso anch’esso). A ottobre 2019 il sindaco di Seoul ha dichiarato la città “libera dalla macellazione dei cani”.
  • HSI ha salvato oltre 2.000 cani da 17 allevamenti in Corea del Sud. Gli allevatori firmano un contratto ventennale, rinunciando ad allevare cani o altri animali in futuro e impegnandosi a distruggere le gabbie. HSI controlla regolarmente per garantire il rispetto degli accordi presi con gli ex-allevatori.
  • Le operazioni per la chiusura di questo allevamento sono state condotte nel rispetto delle norme di sicurezza legate al Covid-19. La squadra di HSI è stata in quarantena per 14 giorni, in un hotel autorizzato. Dopo la chiusura di un allevamento, l’organizzazione effettua un test veterinario per escludere la presenza del virus H3N2 (influenza canina) e somministrare i vaccini contro la rabbia, il DHPP, il coronavirus canino, il cimurro e il parvovirus. I cani vengono poi messi in quarantena per almeno 30 giorni prima di ricevere l’idoneità per il trasporto all’estero.

Foto e video del salvataggio (creare un account per il download)

Link alla petizione italiana per fermare il commercio di carne di cane in Asia

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia: 3714120885; mpluda@hsi.org

*Sondaggio online condotto nel periodo da agosto a settembre 2020. Totale del campione: 1.000 persone in sei principali città della Corea del Sud (Busan, Daegu, Incheon, Gwangju, Daejeon, Ulsan) ponderate e rappresentative degli adulti sudcoreani di età superiore ai 18 anni.

Humane Society International


Alberto Bernasconi for HSI 

PARMA, 8 ottobre 2020–Il gruppo alimentare italiano Barilla, il più grande produttore di pasta al mondo, è il ricevente del premio Henry Spira per il Progresso Aziendale Sostenibile di quest’anno, un riconoscimento conferito dalla Humane Society of the United States alle aziende che adottano politiche che hanno un impatto positivo e significativo sugli animali. Anche la Humane Society International, la divisione internazionale della Humane Society of the United States, si congratula con Barilla per la transizione verso l’approvvigionamento responsabile, su scala globale, di uova da galline non allevate in gabbia. Barilla è infatti, una delle pochissime aziende al mondo in grado di passare ad una filiera 100% “cage-free” in anticipo rispetto ai tempi previsti.

Il primo contatto tra HSI e Barilla è avvenuto alla fine del 2016, e nel giro di pochi mesi l’azienda italiana si è impegnata a raggiungere questo obiettivo chiave per il benessere animale, riuscendoci nel 2019, un anno prima della data che era stata annunciata pubblicamente. Su base annuale, Barilla fornisce aggiornamenti e statistiche sull’approvvigionamento delle uova nel proprio rapporto annuale di sostenibilità. La policy globale di Barilla viene applicata in ciascuno dei sei paesi in cui il gruppo opera. Con 23,000 tonnellate di uova che ogni anno entrano nella filiera Barilla, l’attuazione di questa politica di benessere animale sta cambiando la vita di circa due milioni di galline ovaiole in tutto il mondo.

Elena Franchi, Purchasing Manager presso la sede centrale Barilla, ha dichiarato: “Nel nostro modello di business cerchiamo di fare la cosa giusta ed è quello che si è concretizzato in questo caso. Abbiamo beneficiato del sostegno costante e costruttivo della Humane Society International, e la nostra collaborazione è stata cruciale per il conseguimento anticipato dell’obiettivo prefissato da Barilla. In particolare in Brasile, dove siamo presenti da pochi anni, il supporto di HSI è stato fondamentale per il raggiungimento di questo traguardo.” 

Barilla si unisce ad una lista crescente di aziende globali, orientate verso l’uso di uova “cage-free”. Solitamente i sistemi di produzione senza gabbie offrono alle galline livelli di benessere più elevati, consentendo ai volatili di esprimere maggiormente i loro comportamenti naturali, come muoversi, deporre le uova nel nido, appollaiarsi e spiegare le ali. Sebbene dal gennaio 2012 l’Unione Europea abbia vietato l’uso delle gabbie convenzionali, le cosiddette gabbie arricchite sono ancora del tutto legali; tuttora in Italia il 62% delle galline viene allevato in questi sistemi. La politica adottata da Barilla riconosce la necessità di escludere completamente le gabbie, garantendo un maggiore benessere alle galline ovaiole.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI, sostiene che l’esempio di Barilla abbia implicazioni più ampie. “La leadership mostrata da Barilla sta creando un importante precedente per altre aziende, molte delle quali si sono impegnate pubblicamente ad escludere l’uso dalle gabbie ma non hanno ancora fatto progressi significativi. Sono molto contenta che un’azienda italiana sia in grado di fissare uno standard globale così importante nell’industria alimentare. Garantire un trattamento migliore degli animali coinvolti nelle filiere alimentari è una responsabilità condivisa, dai consumatori e dai produttori, e vorrei incoraggiare più aziende a seguire questo esempio. Saremmo lieti di continuare a lavorare con la leadership di Barilla per promuovere la visione al centro del premio Spira.”

Il premio Henry Spira riconosce l’impegno aziendale per il benessere animale, in memoria di Henry Spira (1927-1998), leggendario difensore degli animali, di origini belga-americane. Impegnato nel dialogo costruttivo con le aziende per inserire e promuovere il benessere animale nelle loro missioni di responsabilità sociale d’impresa, è considerato uno degli attori più efficaci del XX secolo per la protezione degli animali.

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Contatto HSI Italia:

Martina Pluda, Country Director: mpluda@hsi.org; +39 371 4120885

Contatto Barilla:

Andrea Belli, Group Communication and External Relations: andrea.belli@barilla.com; +39 0521 262217

Il COVID-19 deve essere un “momento cruciale di cambiamento” per gli animali negli allevamenti, uccisi per le loro pellicce e vittime del traffico di specie selvatiche

Humane Society International


ROMA—Per milioni di persone in tutto il mondo, il lockdown durante la pandemia globale di coronavirus ha significato diversi mesi di isolamento, a tutela della salute pubblica. Ma per miliardi di animali ingabbiati e confinati negli allevamenti intensivi, negli allevamenti di animali da pelliccia e oggetto del commercio di specie selvatiche, la prigionia dura una vita intera. In questi contesti, gli animali trascorrono tutta la loro esistenza, o gran parte di essa, rinchiusi in gabbie, voliere, stabulari o altri metodi di confinamento in cui gli vengono negati sufficiente spazio e stimoli. Il tutto per le nostre abitudini alimentari o per i capricci della moda. L’organizzazione internazionale per la protezione degli animali Humane Society International vuole cambiare tutto ciò e ha collaborato con la società di produzione belga Fledge, per creare un video social per mobilitare le persone di tutto il mondo ad agire a favore degli animali rinchiusi e costretti a una vita di isolamento.

Con la colonna sonora resa disponibile dalla band belga Svínhunder, il video di 120 secondi intitolato “End the Lockdown for Animals” (“Basta Animali in Lockdown”) chiede allo spettatore di riflettere sui propri sentimenti di frustrazione e solitudine durante la pandemia, per potersi immedesimare nella situazione vissuta da miliardi di animali sfruttati e imprigionati.

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International, dice: “Milioni di persone in tutto il mondo hanno condiviso la sfida, la frustrazione e la monotonia del lockdown. Ora, mentre ripartiamo e riconquistiamo alcune delle nostre libertà, chiediamo ai cittadini e ai responsabili politici in Italia e in tutta l’Unione Europea di contribuire a porre fine all’isolamento per quegli animali che passano tutta la loro vita in questo stato. Per troppo tempo le industrie alimentari e della moda hanno operato sulla sofferenza degli animali, sia che si tratti di galline ovaiole rinchiuse in gabbie così piccole da non poter nemmeno allungare le ali, sia che si tratti di volpi e cani procione che impazziscono a causa della monotonia della loro vita negli allevamenti di pellicce. Scegliendo stili di vita che non causano sofferenza agli animali e modificando le leggi per proteggerli, possiamo cambiare tutto questo. Il COVID-19 deve essere un momento cruciale di cambiamento del modo in cui trattiamo gli animali. È tempo di plasmare un futuro più umano, sicuro e libero per tutti!”

La Fledge dichiara: “Come regista, l’obiettivo principale è quello di trasmettere al pubblico un sentimento, un messaggio o un’idea. Questa esperienza globale e senza precedenti della quarantena, ha fatto capire alla gente l’importanza di vivere liberamente e ci ha dato l’opportunità unica di raccontare questa storia parallela. Ci auguriamo che evidenziando questa esperienza condivisa, in un video di due minuti, le persone possano comprendere la sofferenza di tutti questi animali. Speriamo funga da catalizzatore per il cambiamento.”

Mentre in alcune parti del mondo le misure per il contenimento del COVID-19 cominciano ad allentarsi, gli uffici di HSI presenti su tutto il globo – Stati Uniti, Canada, India, Nepal, Sri Lanka, Corea del Sud, Vietnam, Messico, Sudafrica, Regno Unito, Italia, Germania, Brasile, Costa Rica, El Salvador, Honduras e Guatemala – promuoveranno il video attraverso i propri canali social. Con la sua ultima campagna #BastaAnimaliInLockdown, HSI ha individuato tre misure cruciali per porre fine a una vita di isolamento per gli animali e prevenire future pandemie.

Tre misure per porre fine all’isolamento degli animali e prevenire future pandemie

1.  Mettere fine all’uso delle gabbie per gli animali d’allevamento e fare scelte alimentari più sostenibili

Miliardi di animali soffrono negli allevamenti di tutto il mondo. Sono ancora 300 milioni gli animali allevati che soffrono nelle gabbie d’Europa. Nonostante l’Unione Europea abbia vietato alcune delle pratiche d’allevamento più crudeli, le cosiddette gabbie arricchite per le galline ovaiole e le gabbie di gestazione per le scrofe sono ancora permesse e molto diffuse. Questo significa che a milioni di galline e di scrofe viene negato lo spazio per muoversi, socializzare ed esplorare l’ambiente circostante. Oltre ad essere crudele, questa forma di allevamento è anche legata all’origine di malattie più virulente, a causa del gran numero di animali ammassati in ambienti non igienici. HSI vuole che i governi e le aziende mettano fine all’allevamento intensivo ed investano nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie e alternative a base vegetale. HSI esorta anche i consumatori a fare scelte alimentari più sostenibili e compassionevoli, scegliendo una dieta a base vegetale.

2. Vietare l’allevamento e il commercio di animali da pelliccia

Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono uccisi per la loro pelliccia. Per la maggior parte si tratta di volpi, visoni e cani procione rinchiusi in piccole gabbie di filo metallico. Queste terribili condizioni possono causare disturbi psicologici e stereotipie e portare persino all’automutilazione. Alla fine della loro cosiddetta vita produttiva vengono brutalmente uccisi con gas tossici, elettrocuzione anale e, in alcuni casi, a bastonate. Gli allevamenti di animali da pelliccia sono anche un terreno fertile per la diffusione di malattie infettive, tra cui il virus che causa il Covid-19, come dimostrato dai recenti focolai negli allevamenti di animali da pelliccia nei Paesi Bassi e in Danimarca. HSI esorta tutte le aziende del settore della moda a rinunciare all’uso delle pellicce e i governi a prendere provvedimenti per porre fine a questo business crudele. Paesi come gli Stati Uniti, il Canada, la Cina e l’Italia dovrebbero impegnarsi a porre fine all’allevamento di visoni e di altri animali usati per questo scopo.

3. Fermare il traffico di animali selvatici vivi 

Nel 2018 l’Unione Europea ha importato oltre 560.000 esemplari vivi di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi selvatici, protetti dalla convenzione CITES. Ogni anno, questo traffico mette a repentaglio la sopravvivenza e il benessere di miliardi di animali in tutto il mondo, comprese specie minacciate e in pericolo d’estinzione. Questi animali vengono spesso uccisi semplicemente per essere trasformati e venduti come suppellettili o gioielli, oppure condannati a una vita in cattività, come animali domestici esotici o per altri scopi commerciali. Allevati in cattività o catturati in natura, questi animali possono trasmettere una varietà di infezioni virali, batteriche, fungine e parassitarie comportano gravi rischi per la salute umana.

Link alla campagna di HSI: action.hsi-europe.org/BastaAnimaliInLockdown

Link per scaricare il video: https://we.tl/t-9btsNRu2rN

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

Crediti:

Società di produzione: Fledge

Scrittrice e regista: Maria Leon

Produttore: Roeland Jeangout

Editore: Joris Willems

Studio del suono: Sonhouse

Colonna sonora: Svínhunder

Voce fuori campo: Ewan Black

Classificazione: Florian Keirse

Humane Society International lavora in tutto il mondo per promuovere il rapporto uomo-animale, salvare e proteggere cani e gatti, migliorare il benessere degli animali da allevamento, salvaguardare la fauna selvatica, promuovere una ricerca senza animali, intervenire in caso di disastri naturali e combattere la crudeltà nei confronti degli animali in tutte le sue forme – www.hsi.org.

"Sono scene infernali", dichiara Humane Society International Italia

Humane Society International


ROMA—I video inquietanti rilasciati da Humane Society International Italia mostrano la scioccante realtà di migliaia di volpi e cani procione che vivono in condizioni miserabili e soffrono morti atroci negli allevamenti di animali da pelliccia in Asia. Le volpi sono state, infatti, filmate mentre venivano ripetutamente colpite alla testa, provocando loro gravi lesioni ma non causandone la morte istantanea. In altre scene si vedono invece animali feriti con un coltello o addirittura scuoiati vivi. “Sono scene infernali” è come le descrive Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia.

Per scaricare le foto ed i filmati.

Gli investigatori di Humane Society International hanno filmato questi fatti in undici allevamenti, selezionati casualmente, in uno paese asiatico, tra i maggiori produttori ed esportatori di pellicce in tutto il mondo. L’organizzazione ha scelto di non rivelare il paese al fine di proteggere l’identità degli investigatori, ma non esclude che le pellicce di questi animali possano arrivare fino in Italia che importa da paesi asiatici quali la Cina, la Turchia, le Filippine, Hong Kong, la Corea del Sud, il Giappone, l’India e il Vietnam. Nel 2017 il valore importato è stato di 89,6 milioni di dollari, il 34% del quale (30,6 milioni di dollari) dalla sola Cina.

Sebbene molti brand della moda italiana, ma anche internazionale, abbiano deciso di rimuovere le pellicce dalle proprie collezioni, in Italia è ancora permesso l’allevamento degli animali da pelliccia, nonché l’importazione e la vendita di questi prodotti.

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia, ha dichiarato: Gli italiani rimarranno scioccati dalla triste e crudele realtà che le abili strategie di marketing dell’industria riescono a nascondere. Questi animali sono condannati a una vita alienante in minuscole gabbie e ad una morte terrificante, colpiti alla testa con una barra di metallo e spesso scuoiati vivi. Chiunque pensi che la pelliccia sia un oggetto di lusso deve guardare i nostri filmati per rendersi conto che non è così

Ogni designer che presenta le pellicce in passerella, ogni rivenditore che le mette sugli scaffali dei propri negozi e ogni consumatore che le indossa, finanzia questa vergogna che non è né glamour né trendy. È una crudeltà e i consumatori, in Italia e nel mondo, possono aiutarci rifiutando di comprare e indossare capi e accessori di pelliccia

lItalia può essere parte della risoluzione del problema. Finché permetteremo l’allevamento di visoni, rimarremo il fanalino di coda in Europa. Già molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente. L’Italia deve intraprendere questo primo passo importante, seguito da un divieto d’importazione e vendita.”

Le criticità documentate da Humane Society International sono molteplici:

  • Specie selvatiche (volpi e cani procione) tenute in condizioni miserabili, simili a quelle degli allevamenti intensivi;
  • Gabbie talmente piccole da non permettere agli animali di muoversi che di pochi centimetri;
  • Gabbie in filo metallico sprovviste di lettiera e materiali di arricchimento;
  • Ammassi di feci;
  • Ciotole sporche e prive di acqua;
  • Mancanza di veterinari in loco;
  • Stereotipie comportamentali, tipiche delle situazioni gravi di stress;
  • Volpi ripetutamente colpite alla testa con una barra di metallo, provocando loro gravi lesioni ma non causandone la morte istantanea;
  • Animali percossi, uccisi e scuoiati di fronte agli altri;
  • Volpiferite con un coltello e scuoiatevive.

Humane Society International lavora in tutto il mondo per fermare questa industria e sensibilizzare le persone, con il sostegno di molti personaggi di fama internazionale tra i quali Jane Goodall, Brian May e Leona Lewis che ha dichiarato: “Amo tutti gli animali e credo che debbano essere trattati con gentilezza e rispetto. Quindi da amante degli animali non indosserei mai una pelliccia.” Anche Judi Dench ha riaffermato: “L’allevamento di animali da pelliccia è crudele e innecessario.”

Alcuni dati sull’industria della pellicceria:

  • Ogni anno vengono uccisi a livello globale più di 100 milioni di animali (visoni, volpi, cani procione, cincillà e conigli) per la loro pelliccia; questo equivale a tre animali al secondo.
  • Oltre il 95% delle pellicce vendute a livello mondiale proviene da animali allevati. Negli allevamenti gli animali trascorrono tutta la vita in minuscole gabbie in filo metallico. La dimensione standard delle gabbie per le volpi è di appena un metro quadrato. Sarebbe come far vivere una persona nello spazio di un ascensore.
  • In Italia sono presenti ancora oltre 10 allevamenti in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo dove vengono allevati 000 visoni (dati di Essere Animali).
  • Volpi e cani procione possono infettarsi con virus correlati alla SARS-CoV, fungendopotenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina. HSI sta facendo pressione sui governi affinché vengano vietati il consumo ed il commercio di animali selvatici, al fine di ridurre il rischio di un’altra pandemia. L’attuale proposta del Governo cinese di vietare il commercio e il consumo di specie selvatiche non si applica agli animali da pelliccia, considerati “bestiame” e questo è inaccettabile.
  • Rispetto ad altri tessuti, l’impatto ambientale della pelliccia è molto elevato. Si parla di elevate emissioni di CO2legate all’allevamento intensivo; di inquinamento dell’acquacausatodal deflusso di letame in laghi e fiumi; di tossicità dovuta all’uso sostanze chimiche pericolose e cancerogene come il cromo e la formaldeide.
  • I seguenti paesi hanno già vietato l’allevamento di animali da pelliccia: Regno Unito (2000), Austria (2004), Slovenia (2013), Macedonia (2014), Croazia (2017), Lussemburgo (2018), Repubblica Ceca (2019), Serbia (2019), Belgio (2023), Olanda (2024), Norvegia (2025), Bosnia ed Erzegovina (2028).
  • Un numero sempre crescente di stilisti e rivenditori stanno cambiando le loro politiche aziendali. Solo negli ultimi anni brand qualiPrada, Gucci, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel e piattaforme di vendita al dettaglio come Net-A-Porter e Farfetch hanno abbandonato le pellicce.
  • Nel 2019, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce, a seguito delle misure adottate dalle città di Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, le Hawaii e lo Stato del Rhode Island hanno introdotto divieti alla vendita, così come le città di Minneapolis, Minnesota eWellesley, Massachusetts.

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI/Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

Humane Society International


La Coalizione italiana End the Cage Age ha pubblicato oggi la classifica dei Paesi europei secondo la percentuale di animali ancora allevati in gabbia. L’Italia si piazza in basso nella classifica: degli oltre 300 milioni di animali allevati in gabbia ogni anno in UE, oltre 45 milioni sono in Italia. La Coalizione invita i cittadini a twittare ai Ministri competenti, il Ministro della Salute Speranza e delle Politiche Agricole Bellanova, perchè si impegnino ad avviare la transizione a sistemi senza gabbie sia in Italia che nell’Unione Europea.

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Link alla classifica

Scarica le mappe con la classifica

Nell’Unione Europea galline, scrofe, conigli, quaglie, anatre e oche sono allevati, per la maggior parte, in gabbie che limitano molto seriamente la loro possibilità di muoversi, costringendoli a una vita misera e piena di sofferenze. Si tratta di una questione sempre più vicina alla sensibilità dei cittadini europei. L’anno scorso, a seguito della campagna di comunicazione associata all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age, più di un milione di persone ha firmato la richiesta di mettere fine all’era delle gabbie in UE. In Italia, le firme raccolte e autenticate dal Ministero dell’Interno sono oltre 90.000. 

Oggi la Coalizione italiana End the Cage Age, costituita da Animal Equality, Animalisti italiani, CIWF, ENPA, Humane Society International Italia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale del Cane e OIPA, pubblica una classifica dei Paesi in base alla percentuale di animali allevati in gabbia. In Italia la quasi totalità di scrofe, conigli e quaglie, così come il 62% delle galline sono allevati ancora in gabbia ed è necessario agire il prima possibile per mettere fine a questa situazione. I ministri competenti per un’eventuale transizione a sistemi senza gabbie sono il ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, e il ministro della Salute, Roberto Speranza.

Per questo motivo, le associazioni della Coalizione End the Cage chiedono ai cittadini, a partire da oggi e nei prossimi giorni, di lanciare utilizzando un linguaggio civile e propositivo – dei tweet rivolti proprio ai due ministri, chiedendo a entrambi di impegnarsi pubblicamente e concretamente a dismettere gradualmente le gabbie nel nostro Paese. Il ministro Speranza ha già dichiarato la propria disponibilità ad aprire un dialogo sulla transizione a sistemi senza gabbia per le scrofe*, mentre finora nessun segnale di apertura al dialogo è stato ricevuto dalle associazioni da parte del Ministro Bellanova.

La dismissione delle gabbie dagli allevamenti è urgente perché risponde a una sempre più pressante istanza etica di milioni di cittadini europei ed è coerente con la rinnovata e crescente attenzione anche a livello europeo per il benessere animale e la sostenibilità, così come tracciato nel Green Deal”, hanno dichiarato le associazioni, che aggiungono:  “Far uscire dall’invisibilità le sofferenze di decine di milioni di animali è un dovere etico di ogni Paese civile e democratico e ci auguriamo che i nostri Ministri avviino al più presto il dibattito pubblico per una transizione verso sistemi senza gabbie, per far sì che l’Italia non resti indietro in questa battaglia di civiltà in difesa degli animali, ma divenga rapidamente tra i Paesi europei all’avanguardia.

L’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age – È uno strumento ufficiale e unico previsto dall’Unione Europea  per influenzare i decisori politici, e prevede la raccolta di almeno un milione di firme nell’arco di un anno per poter essere ammessa. Ogni firma viene verificata attraverso uno specifico processo dagli Stati Membri.

L’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age ha raccolto più di un milione e mezzo di firme che sono ancora in corso di validazione in tutti gli Stati Membri. In Italia la validazione è già avvenuta, confermando l’autenticità  di oltre 90.000 firme. Quando le firme di tutti i Paesi saranno validate, verranno consegnate alla Commissione Europea, che potrà pronunciarsi positivamente o negativamente sulla richiesta, eventualmente avviando un processo legislativo in favore della dismissione delle gabbie.

l’Iniziativa End the Cage Age è stata il frutto del coordinamento di oltre 170 organizzazioni ambientaliste, di protezione animale e dei consumatori in tutta europa, 20 in Italia.

* https://www.ciwf.it/area-stampa/comunicati-stampa/2020/02/allevamenti-ciwf-consegna-200000-firme-al-ministro-speranza-per-chiedere-una-transizione-a-sistemi-senza-gabbie-per-le-scrofe

Parte la nuova campagna di HSI Italia per chiedere un futuro migliore, più umano e sicuro per tutti dopo la crisi COVID-19

Humane Society International


Kristo Muurimaa/Oikeutta Elaimille 

ROMA (22 giugno 2020)—In risposta alla crisi COVID-19 ed in vista della fase di ripresa e rilancio, Humane Society International Italia lancia oggi la campagna #BastaAnimaliInLockdown per chiedere un’azione decisiva volta a prevenire una nuova crisi sanitaria globale e plasmare un futuro migliore, più umano e sicuro per gli esseri umani e gli animali.

Secondo HSI Italia sono tre le misure chiave che la Commissione Europea ed i governi degli Stati Membri, incluso quello italiano, devono adottare per ridurre il
rischio di malattie zoonotiche. A tale proposito è fondamentale:

  1. Fermare il traffico di animali selvatici vivi;
  2. Mettere fine all’uso delle gabbie per gli animali d’allevamento;
  3. Vietare l’allevamento ed il commercio di animali da pelliccia.

Martina Pluda, Direttrice di HSI Italia, ha affermato:

“La pandemia di Covid-19 avrebbe dovuto suonare come un campanello d’allarme per l’umanità. Questo coronavirus è solo l’ultimo di una serie di malattie zoonotiche che hanno devastato la salute umana e la società a causa del modo in cui l’essere umano abusa degli animali. Più continuiamo a sfruttarli per il cibo, la loro pelliccia, l’uso medicinale o per l’intrattenimento e più invadiamo o distruggiamo i loro habitat naturali, maggiori sono le probabilità di diffusione di nuove patologie. Crediamo che sia giunto il tempo di rivalutare la nostra relazione con gli animali e il modo in cui sfruttiamo il mondo naturale. Crediamo che un futuro migliore, più umano e sicuro per tutti debba partire dall’Europa.”

Allevati in cattività o catturati in natura, gli animali selvatici acquistati e venduti come animali domestici esotici o per altri scopi commerciali, possono trasmettere una varietà di infezioni virali, batteriche, fungine e parassitarie che comportano gravi rischi per la salute. Vietare il commercio di animali selvatici vivi è essenziale per proteggere le persone dalle zoonosi. Il precedente c’è già. Nel 2007 l’UE ha vietato l’importazione di uccelli selvatici come misura per prevenire la diffusione dell’influenza aviaria, che può avere gravi ripercussioni non solo per le popolazioni di pollame, ma anche per la salute pubblica.

Mettere fine all’uso delle gabbie come metodo d’allevamento è la seconda misura imprescindibile.

Se da un lato è una vera fortuna che il COVID-19 non abbia colpito le specie allevate per la produzione di carne, latticini e uova, questa pandemia ha certamente dimostrato quanto sia fragile il nostro sistema alimentare. Nei sistemi produttivi di tipo intensivo, migliaia di animali dello stesso genotipo vengono confinati in un unico luogo per essere processati ad un ritmo incessante. Tenere gli animali d’allevamento in questo modo crea un rischio per lo sviluppo di agenti patogeni zoonotici che possono potenzialmente contagiare gli esseri umani. Secondo HSI Italia è necessaria una transizione verso sistemi produttivi liberi dall’uso delle gabbie e rispettosi del benessere animale.

Infine, i casi di coronavirus negli allevamenti di animali da pelliccia dei Paesi Bassi e della Danimarca hanno evidenziato i rischi collegati al confinamento ed allo sfruttamento di questi animali. Considerata la crudeltà associata al settore della pellicceria e poiché visoni, volpi e procioni possono essere infettati dai coronavirus SARS-CoV, l’allevamento e il commercio di queste specie dovrebbero essere vietati. Anche i rivenditori del settore dell’abbigliamento dovrebbero sostenere la tendenza verso una moda libera dall’uso di pellicce, per eliminare del tutto la domanda di questi prodotti.

Dati:

  • Nel 2018, l’Unione Europea ha importato oltre 000 esemplari vivi di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi selvatici protetti. Sono ancora 300 milioni gli animali, come galline e maiali, che nell’Unione Europea trascorrono la propria vita, o una parte sostanziale di essa, in gabbia. Ogni anno, circa 100 milioni di animali vengono allevati e uccisi per la loro pelliccia.
  • L’elenco dei patogeni che possono essere trasmessi dagli animali selvatici tenuti come “pet” è lungo: hantavirus, Bartonella, Tularemia, virus Herpes B, Mycobacterium, tigna, Yersinia, Clostridium, Campylobacter, Leptospira, Trichinella, ecc. Anche gli uccelli domestici sono collegati a malattie come la clamidofilosi, la psittacosi, la tubercolosi e l’influenza aviaria.
  • Sebbene l’Unione Europea abbia vietato alcune delle pratiche d’allevamento più crudeli, come ad esempio l’uso delle gabbie in batteria, HSI Italia ritiene che anche le gabbie arricchite per le galline ovaiole e le gabbie di gestazione per le scrofe vadano proibite a favore di sistemi alternativi, maggiormente rispettosi del benessere
  • Dal 26 aprile 2020, il SARS-CoV-2 è stato identificato in 17 allevamenti di visoni dei Paesi Bassi. Due dipendenti sono risultati positivi al COVID-19 e si ritiene che la trasmissione sia avvenuta tramite i visoni. Il Governo olandese ha ordinato l’abbattimento di tutti gli animali presenti negli allevamenti colpiti.
  • Il 17 giugno 2020, anche le autorità danesi hanno annunciato la presenza del coronavirus in un allevamento di visoni della Danimarca; 11.000 animali sono stati abbattuti. Da allora il virus è stato rilevato anche in un secondo allevamento, nella stessa regione.
  • Anche altri animali da pelliccia, come volpi e cani procione, possono infettarsi con virus correlati al SARS-CoV, fungendo potenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina.

Dalle ore 12:00 di martedì 23 giugno, HSI Italia si unisce alle associazioni Animal Equality, LAV, Essere Animali e Lega del Cane con un tweetstorm per chiedere all’Europa e all’Italia di prendere misure concrete per prevenire un’altra crisi sanitaria globale, radicata nello sfruttamento degli animali e creare un futuro più umano, sicuro e libero per tutti.

Link al profilo Twitter di HSI Italia: @HSIItalia

Link alla petizione di HSI Italia #BastaAnimaliInLockdown: action.hsi-europe.org/bastaanimaliinlockdown

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI Italia – mpluda@hsi.org

Humane Society International e i suoi partner costituiscono una delle più grandi organizzazioni al mondo per la protezione degli animali. Da più di 25 anni, HSI lavora per la protezione di tutti gli animali attraverso la realizzazione di studi scientifici, campagne di sensibilizzazione, programmi di educazione, e progetti sul campo. Valorizziamo gli animali e combattiamo la crudeltà su di essi in tutto il mondo – www.hsi.org.

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ROMA/PECHINO (17 giugno 2020)—In vista dell’apertura del festival della carne di cane di Yulin, alcuni attivisti animalisti cinesi hanno esortato le autorità locali ad accogliere, non solo a parole, la recente dichiarazione del governo nazionale, secondo il quale i cani sono compagni e non “bestiame”, e quindi ad interrompere l’evento che dovrebbe avere inizio il prossimo 21 giugno. Gli attivisti hanno inoltre salvato dieci cuccioli, trovati in vendita in un mercato alle porte di Yulin e filmato la macellazione di diverse carcasse di cani. Atti in chiaro contrasto con la posizione presa nel mese scorso dal Ministero dell’Agricoltura cinese.

Gli attivisti hanno inviato un rapporto di quanto osservato alla Humane Society International, confermando che la maggior parte dei venditori si trovano ora concentrati nella zona del mercato di Nanchao, alla periferia di Yulin. Il noto mercato Dongkou di Yulin, che in precedenza era l’epicentro delle vendite di carne di cane e del macello di questi animali, è apparso relativamente vuoto al confronto. Humane Society International ritiene che la centralizzazione dell’attività potrebbe essere frutto del tentativo delle autorità di semplificarne il monitoraggio e la gestione.

Il dottor Peter Li, specialista in politica cinese della Humane Society International, ha dichiarato: “È probabile che le autorità di Yulin vogliano tenere d’occhio tutta le attività commerciali della carne di cane, concentrandole in un unico mercato, a causa della natura sempre più controversa di questo settore. Mentre alcuni commercianti hanno riferito che stavano cercando di fare il maggior numero possibile di affari per compensare la mancanza di vendite a causa del coronavirus, altri hanno confermato che attualmente sarebbe più difficile procurarsi i cani al di fuori della provincia del Guangxi, a seguito del freno al trasporto trans-provinciale di animali imposto del governo. Secondo quanto riportato, gli enormi camion, carichi di migliaia animali destinati al macello, degli anni precedenti non si vedono più. Ora arrivano piccoli camion con cani principalmente di provenienza locale.

Il vento del cambiamento sta soffiando in Cina e, sebbene non credo nessuno si aspetti che il commercio di Yulin cessi d’esistere dall’oggi al domani, ciò chi gli attivisti hanno visto, potrebbe essere sintomo del fatto che le cose stanno mutando anche lì. Mi auguro che le città di Shenzhen e Zhuhai, le prime a vietare la carne di cane, abbiano spianato la strada e che la dichiarazione del governo nazionale in merito alla considerazione dei cani come animali da compagnia, fornisca un incentivo sufficiente per far sì che altre città ne seguano l’esempio. Spero vivamente che la situazione a Yulin cambierà. Non solo per il bene degli animali, ma anche per la salute e la sicurezza dei suoi abitanti. Con la conferma di nuovi casi di COVID-19 collegati ad un mercato di Pechino, dare il via libera ad un festival molto affollato rappresenta un rischio significativo per la salute pubblica.”

Alle bancarelle del mercato di Nanchao, gli attivisti hanno riscontrato principalmente la vendita di animali già macellati, mentre poco lontano da esso, appena fuori Yulin, hanno scoperto un banchetto con una gabbia piena di cuccioli ancora vivi, pronti da macellare. Dopo aver interpellato il proprietario in merito all’origine degli animali, lo stesso ha accettato di consegnarli agli attivisti.

L’attivista Jenifer Chen ha affermato: “Non potevo credere che questi dolci ed innocenti cuccioli sarebbero stati uccisi se non fossimo stati lì per caso. Non posso proprio immaginare che ci sia qualcuno disposto a mangiare questi piccolini. Questo è stato il mio primo viaggio a Yulin e ciò che ho visto al mercato mi ha davvero scioccata. Le mie mani tremavano quando ho tirato fuori il primo cucciolo dalla gabbia. Continuava a leccarmi le mani e, a sua insaputa, avrei potuto essere una cliente interessata alla sua carne. La gente spesso crede che assistere a queste orribili scene sia normale per la maggior parte dei cinesi, invece non è così. Mi sono infuriata ma riuscire a salvare i cani da morte certa mi ha reso molto felice. Come ha dichiarato il Governo cinese, questi cuccioli sono compagni, non cibo, e città come Yulin dovrebbero mettere in pratica queste parole e porre fine a questa vergogna.”

Foto e video da Yulin, giugno 2020 (creare account per il download).

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Contatto: Martina Pluda: Direttrice HSI/Italia – mpluda@hsi.org

L'allevamento di animali da pelliccia rappresenta un potenziale rischio per la salute umana ed è ora che il mondo della moda se ne liberi

Humane Society International


Jo-Anne McArthur/We Animals

ROMA (4 giugno 2020)—Da domani migliaia di visoni verranno abbattuti in nove allevamenti olandesi. Così ha ordinato il Governo olandese, seguendo i consigli di un team di veterinari e virologhi secondo i quali gli allevamenti di visoni potrebbero fungere da serbatoio per il SARS-CoV-2, permettendogli di rimanere in circolazione per molto tempo.

I parlamentari olandesi sono stati informati della decisione in una lettera inviata ieri sera dal Ministro dell’Agricoltura e dal Ministro della Sanità. L’inchiesta svolta dal team di esperti è partita a seguito della dichiarazione, fatta il 25 maggio, del Ministro dell’Agricoltura Carola Schouten, secondo la quale era “estremamente probabile” che due lavoratori olandesi, impiegati nell’allevamento di animali da pelliccia, avessero contratto il COVID-19 da visoni infetti da SARS-CoV-2.

Alla luce di questi fatti, l’organizzazione animalista Humane Society International chiede la chiusura su scala globale degli allevamenti di visone a causa della loro pericolosità, legata al COVID-19 e ad altre malattie infettive di origine zoonotica. Secondo le stime si tratta di 60 milioni di visoni allevati in 24 paesi, primi tra i quali nel 2018 la Cina (20,6 milioni di visoni), la Danimarca (17,6 milioni di visoni) e la Polonia (5 milioni di visoni).

Da Amsterdam, Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International Europe, ha dichiarato: “Il confinamento degli animali da pelliccia ha sempre rappresentato un potenziale rischio per lo sviluppo e la diffusione di malattie infettive. La conferma che i visoni degli allevamenti olandesi hanno contagiato alcuni lavoratori con il COVID-19, da ulteriore prova che questo settore va fermato. In questi allevamenti vivono migliaia di visoni, in gabbie sporche e affollate e in condizioni stressanti, non molto diverse da quelle dei mercati di fauna selvatica, attualmente al centro delle preoccupazioni globali. Il fatto che oltre ad essere estremamente crudele, l’allevamento di animali da pelliccia possa fungere da incubatrice per i coronavirus, dovrebbe essere ragione sufficiente per porre fine a questa industria e reindirizzare il mondo della moda verso il “fur-free”. Per i Paesi Bassi, i tre anni che mancano al 2024, comportano dei rischi inutili. Il Governo olandese e quelli di tutti i paesi produttori di pellicce come Danimarca, Polonia, Francia, Italia, Cina, Finlandia, Spagna e Stati Uniti, devono impegnarsi per difendere gli animali da questa pratica brutale e proteggere la salute pubblica.”

Secondo la lettera dei ministri è previsto un aumento dei casi nelle prossime settimane e, mentre le trasmissioni da uomo a uomo diminuiranno, le infezioni da visone a uomo potrebbero incrementare l’incidenza di SARS-CoV-2 nell’uomo. Nei Paesi Bassi tutti gli allevamenti di animali da pelliccia sono ora sottoposti a controlli obbligatori. Le misure vigenti prevedono restrizioni sia per i visitatori sia per il trasporto dei visoni. Le zone attorno agli allevamenti infettati sono state delimitate ed ai residenti è stato consigliato di mantenere una distanza di almeno 400 metri. I test iniziali hanno confermato la presenza di particelle di virus nella polvere trovata nelle strutture, che gli impiegati potrebbero aver inalato.

Alle strutture attualmente non infettate è richiesto di continuare a seguire le misure in vigore e di consegnare settimanalmente le carcasse degli animali presumibilmente deceduti di cause naturali. I test obbligatori su tutti gli allevamenti sono in corso ed i risultati sono attesi per la prossima settimana.

Nei Paesi Bassi l’allevamento di visoni è stato vietato nel 2013 con un periodo di transizione fino al 2024. Nel 2018 sono stati 4,5 milioni i visoni allevati nel paese. Humane Society International sostiene le richieste delle organizzazioni animaliste olandesi per la chiusura immediata dei circa 128 allevamenti rimanenti, alla luce del rischio legato al COVID-19. La lettera dei ministri afferma che il Governo olandese sta valutando se e come sostenere le strutture tuttora attivi che vogliono velocizzare la chiusura delle proprie attività.

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International Italia, ha accolto la notizia esortando l’Italia a chiudere gli allevamenti presenti sul territorio nazionale: “l’Italia deve cessare di far parte del problema. Permettendo l’allevamento di visoni, stiamo contribuendo all’immensa sofferenza di 100.000 animali ogni anno e potenzialmente offrendo l’ambiente ideale per lo sviluppo di futuri agenti patogeni virali come sta succedendo in Olanda. Non possiamo solamente puntare il dito contro i gli allevamenti di animali da pelliccia esteri; dobbiamo assumerci la nostra parte di responsabilità e smettere di essere il fanalino di coda in Europa. Già molti paesi come l’Austria, la Slovenia, il Regno Unito hanno vietato gli allevamenti di animali da pelliccia e molti altri, ad esempio la Germania, li stanno eliminando gradualmente. L’Italia deve intraprendere questo primo passo importante, seguito da un divieto d’importazione e vendita.”

Cronologia degli eventi:

Anche volpi e cani procione possono infettarsi con virus correlati alla SARS-CoV, fungendo potenzialmente da ospiti intermedi per la trasmissione del virus all’uomo. Casi positivi sono stati trovati nei mercati di fauna selvatica in Cina.

I seguenti paesi hanno già vietato l’allevamento di animali da pelliccia: Regno Unito (2000), Austria (2004), Slovenia (2013), Macedonia (2014), Croazia (2017), Lussemburgo (2018), Repubblica Ceca (2019), Serbia (2019), Belgio (2023), Olanda (2024), Norvegia (2025), Bosnia ed Erzegovina (2028). Anche la Bulgaria, la Lituania, il Montenegro e l’Ucraina stanno attualmente valutando la possibilità di introdurre un divieto all’allevamento, un’attività che tuttavia continua in altri paesi come la Danimarca, la Finlandia e la Polonia. A livello globale, si stima che 100 milioni di animali vengono uccisi ogni anno per la loro pelliccia. In Italia sono presenti ancora oltre 10 allevamenti in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Abruzzo dove vengono allevati 100.000 visoni (dati di Essere Animali).

Nel 2019, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce, a seguito delle misure adottate dalle città di Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, le Hawaii e lo Stato del Rhode Island hanno introdotto divieti alla vendita, così come le città di Minneapolis, Minnesota e Wellesley, Massachusetts.

Filmati degli allevamenti di visoni olandesi (per gentile concessione delle organizzazioni olandesi Bont voor Dieren e Animal Rights): https://vimeo.com/194246126

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice HSI/Italia, mpluda@hsi.org

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