Humane Society International plaude la decisione della maison italiana che si unisce ad un numero crescente di marchi fur-free
Humane Society International
ROMA—L’iconica maison italiana Valentino è la più recente tra le grandi case di moda ad eliminare le pellicce dalle proprie collezioni. Inoltre, a fine 2021 chiuderà Valentino Polar, la propria sussidiaria di pellicce. L’azienda ha dichiarato che la sua nuova politica fur-free è parte degli sforzi per ridefinire e rinvigorire il marchio, che eliminerà gradualmente le pellicce entro la fine dell’anno.
Jacopo Venturini, CEO di Valentino ha dichiarato: “Il concetto fur-free è perfettamente allineato ai valori della nostra azienda. Stiamo avanzando velocemente nella ricerca di materiali differenti e in ottica di una maggiore attenzione all’ambiente per le collezioni dei prossimi anni.”
Questo annuncio arriva in un momento storico particolare, che vede le attività degli allevamenti di visoni italiani sospese a causa dei rischi per la salute pubblica e solo due mesi dopo l’annuncio delle politiche fur-free di Alexander McQueen e Balenciaga. Valentino si unisce a un gruppo crescente di grandi designer che abbandonano l’uso delle pellicce, tra i quali Prada, Gucci, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel.
Humane Society International, che insieme alla Humane Society of the United States ha incontrato Valentino nel 2019 per confrontarsi sul tema e discutere della politica fur-free della maison, accoglie con favore l’annuncio:
Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International ha detto: “La decisione di Valentino di abbandonare le pellicce costituisce un duro colpo per il crudele commercio di pellicce. Come molti altri stilisti, Valentino ha riconosciuto che l’uso delle pellicce dà un’immagine anacronistica della moda e che gli schemi di certificazione proposti dell’industria della pellicceria sono solo un’operazione di facciata per coprire la realtà di un business che uccide cento milioni di animali all’anno. Compassione e sostenibilità sono il nuovo lusso in un mondo in cui indossare la pelliccia di volpi allevate in gabbia o di visoni uccisi in camere a gas è di cattivo gusto e crudele. Mentre rinnoviamo al governo italiano il nostro appello affinché vieti permanentemente l’allevamento di animali da pelliccia nel nostro paese, applaudiamo i grandi stilisti che stanno guidando la carica verso una moda senza pellicce”.
ALCUNI DATI:
L’allevamento di animali da pelliccia è vietato nel Regno Unito dal 2003, ed è proibito e/o è in fase di dismissione in numerose nazioni europee come l’Austria, il Belgio, la Bosnia-Erzegovina, la Repubblica Ceca, la Croazia, la Macedonia, i Paesi Bassi, la Norvegia, il Lussemburgo, la Serbia, la Slovacchia, la Slovenia e l’Ungheria. Più recentemente il governo irlandese si è impegnato a porre fine all’allevamento di animali da pelliccia e la Francia farà lo stesso entro il 2025.
Anche la Bulgaria, l’Estonia, la Lituania, il Montenegro, la Polonia e l’Ucraina stanno attualmente considerando di vietare gli allevamenti di animali da pelliccia e in Finlandia il partito di maggioranza ha recentemente annunciato il suo sostegno ad un divieto.
Negli Stati Uniti, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce nel 2019, in seguito a divieti simili in città come Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood.
FINE
Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
Humane Society International accoglie con favore le raccomandazioni del Ministero sudafricano per l’ambiente per porre fine all’allevamento di leoni in cattività
Humane Society International
CITTÀ DEL CAPO/ROMA—Il Ministero sudafricano per l’ambiente ha rilasciato ieri le raccomandazioni del comitato consultivo ministeriale (Ministerial High Level Advisory Panel) nominato nel novembre 2019 per rivedere le politiche, la legislazione e le pratiche relative alla gestione, all’allevamento, alla caccia e al commercio di elefanti, leoni, leopardi e rinoceronti.
Le raccomandazioni del comitato includono una serie di impegni positivi, tra cui la fine dell’allevamento di leoni in cattività e il commercio dei derivati di questo felino, nonchè il riconoscimento del benessere animale come pilastro centrale nella gestione della fauna selvatica. Queste proposte chiave sono state avanzate da Humane Society International/Africa al gruppo di esperti, in numerose presentazioni scritte e orali e durante i processi di partecipazione pubblica allo sviluppo di norme e standard specifici per ogni specie.
“Esultiamo per i leoni sudafricani grazie all’adozione da parte del Governo delle raccomandazioni per porre fine all’abominevole industria che li vede allevati e sfruttati in cattività. I leoni non dovranno più soffrire in condizioni orribili per i selfie dei turisti, per la caccia ai trofei o per essere trasformati in vini e polveri derivanti dal commercio delle loro ossa”, ha detto la Dott.ssa Audrey Delsink responsabile fauna selvatica di Humane Society International/Africa.
Secondo Humane Society International/Africa, che nel 2020 ha commissionato un sondaggio d’opinione nazionale e indipendente sulla caccia ai trofei, l’allevamento di leoni in cattività e le industrie associate, questa nuova misura è accolta calorosamente e sarà sostenuta dalla maggior parte dei sudafricani. Infatti, la maggioranza dei sudafricani intervistati si oppone all’allevamento di cuccioli di leone per due attività turistiche malviste, ovvero l’accarezzamento (“cub petting”) e le passeggiate con i leoni (“lion-walking”), legate al cosiddetto “canned hunting”, cioè la caccia in aree confinate dove gli animali non hanno possibilità di fuga, e al commercio di ossa di leone.
Secondo l’organizzazione, il Sudafrica è il primo esportatore di trofei di leone al mondo e la maggior parte di questi animali provengono da allevamenti commerciali presenti nel paese. Un’analisi di Humane Society International dei dati sul commercio delle specie di mammiferi elencate nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), ha rilevato che, tra il 2014 e il 2018, sono stati esportati dal Sudafrica 4.176 trofei di leone (così come 25 trofei di tigre in cattività).
“Siamo soddisfatti della decisione di porre fine all’allevamento di leoni in cattività e analizzeremo in modo approfondito le altre raccomandazioni per considerarne tutti gli aspetti nel dettaglio. Siamo anche contenti che il benessere degli animali sia ora espressamente riconosciuto come pilastro centrale della gestione della fauna selvatica. È fondamentale tenere in considerazione che gli animali sono esseri senzienti, il cui benessere va rispettato, quando vengono prese delle decisioni politiche sulla fauna selvatica. Questo è stato uno degli elementi principali della presentazione fatta da Humane Society International/Africa al comitato consultivo ministeriale e dell’input che abbiamo fornito nel processo di definizione delle norme e degli standard per le diverse specie”, ha aggiunto Delsink.
Humane Society International rimane comunque preoccupata per l’impatto dell’industria della caccia ai trofei sulla fauna selvatica del Sudafrica e per la centralità delle entrate generate attraverso la caccia alle specie simbolo del paese.
“Siamo consapevoli della necessità di ridurre la povertà attraverso lo sviluppo economico nel settore della biodiversità. Tuttavia, nonostante le molte prove scientifiche presentate al comitato da Humane Society International/Africa e da altre organizzazioni riguardo al danno arrecato dalle attività di tipo consumistico alle specie minacciate d’estinzione, siamo preoccupati che le raccomandazioni del comitato in questo ambito prevedano un’espansione della caccia ai trofei. Il nostro sondaggio nazionale indipendente ha rivelato che il 64% dei sudafricani condivide questa preoccupazione e si oppone alla caccia ai trofei, indipendentemente da razza, sesso, età e reddito”, ha detto Delsink.
L’analisi dei dati CITES ha dimostrato che, tra il 2014 e il 2018, il Sudafrica ha esportato 574 trofei di leopardo africano. Il 98% di questi animali è stato cacciato in natura, mentre il 2% è stato allevato in cattività. Inoltre, sono stati esportati anche 1.337 trofei di elefante africano e 21 trofei di rinoceronte nero.
“Nonostante le preoccupazioni legate alla caccia ai trofei, la giornata di ieri ha segnato un passo importante per trasformare la gestione della fauna selvatica in Sudafrica e riformulare le norme che la disciplinano. Accogliamo con favore le raccomandazioni del ministero e l’impegno espresso a favore di un dialogo trasparente e che coinvolga tutte le parti interessate. Humane Society International/Africa porterà avanti il proprio impegno e darà il suo contributo”, ha concluso Delsink.
Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
Rodrigo Santoro, Pom Klementieff, Maggie Q e altre celebrità supportano la campagna di Humane Society International
Humane Society International
ROMA—Registi di Hollywood e star del cinema hanno unito le forze con Humane Society International (HSI) per produrre il toccante cortometraggio animato in stop-motion “Save Ralph”, con l’obbiettivo di fermare i test cosmetici sugli animali a livello globale. Anche se vietata in 40 paesi, questa pratica è ancora perfettamente legale nella maggior parte del mondo, e sta persino tornando in auge in Europa, sottoponendo migliaia di animali a sofferenze e morte inutili.
Taika Waititi, Ricky Gervais, Zac Efron, Olivia Munn, Pom Klementieff, Tricia Helfer e altri si sono uniti per aiutare HSI a cambiare questa situazione, prestando le loro voci per il corto “Save Ralph”, che mira a far luce sulla sofferenza inflitta agli animali e a coinvolgere il pubblico e i decisori politici nella missione di HSI per porvi fine. Lo scrittore e regista Spencer Susser (“Hesher”, “The Greatest Showman”), il produttore Jeff Vespa (“Voices of Parkland”) e la società di produzione AllDayEveryDay hanno collaborato con lo studio Arch Model, del modellista Andy Gent, alla produzione per dare vita a Ralph. Il film è stato lanciato anche in portoghese, spagnolo, francese e vietnamita, con la partecipazione di Rodrigo Santoro, Denis Villeneuve, Rosario Dawson, H’Hen Nie e Diem My 9x che danno voce ai personaggi nelle rispettive lingue, e con il messaggio di sostegno di Maggie Q.
Troy Seidle, Vicepresidente di Humane Society International per la ricerca senza animali, ha dichiarato: “Save Ralph è un campanello d’allarme per i cittadini e i legislatori europei che credono che i test cosmetici sugli animali appartengano al passato dell’Unione Europea. Non è così. Gli è semplicemente stato dato un nuovo nome: ‘valutazione delle sostanze chimiche’, ma per gli animali è la stessa sofferenza. Le decisioni di eseguire nuovi test sugli animali non vengono dalle aziende, infatti alcune delle principali marche di cosmetici e ingredienti sono furiose e contrarie a questi test. La richiesta proviene dall’Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche che sta usando la legge europea sulle sostanze chimiche per aggirare lo storico divieto dell’UE sui test cosmetici sugli animali. I regolatori richiedono nuovi test di avvelenamento chimico, che distruggono la vita di migliaia di animali, per ingredienti cosmetici che sono stati usati in modo sicuro per anni. Al giorno d’oggi ci sono moltissimi approcci affidabili e senza animali per garantire la sicurezza dei prodotti, perciò non ci sono scuse per far soffrire animali come Ralph, in qualsiasi tipo di test cosmetico.”
Nel film, il coniglio portavoce della campagna HSI, Ralph, doppiato da Taika Waititi, viene intervistato e seguito nella sua routine quotidiana come “cavia” in un laboratorio di tossicologia. La campagna #SaveRalph di HSI affronta l’inquietante questione della sperimentazione animale in un modo originale e inaspettato, presentando la storia di un coniglio, per far luce sulla situazione di innumerevoli conigli e altri animali che in questo momento soffrono nei laboratori, in Europa e nel mondo. Coinvolge gli spettatori per aiutare a vietare definitivamente i test cosmetici sugli animali.
Il direttore di “Save Ralph”, Spencer Susser ha detto: “Gli animali nei laboratori, sottoposti ai test cosmetici, non hanno scelta ed è nostra responsabilità fare qualcosa al riguardo. Quando si è presentata l’opportunità di creare una nuova campagna per Humane Society International, ho sentito che lo stop-motion era il modo perfetto per trasmettere il messaggio. Quando vedi l’orribile realtà del modo in cui vengono trattati gli animali, non puoi fare a meno di guardare altrove. Quello che speravo di fare con questo film era creare qualcosa che trasmettesse un messaggio senza essere troppo pesante. Spero che il pubblico si innamori di Ralph e voglia lottare per lui e per gli altri animali come lui, in modo da poter bandire i test sugli animali una volta per tutte.”
Secondo il modellista e scenografo Andy Gent: “La bellezza dell’animazione è che si può dare vita a storie molto complesse, in modo positivo ed educativo. Con il nostro mondo in miniatura, fatto di modelli e pupazzi, e usando il cinema in stop-motion speriamo di portare l’attenzione sulla necessità di fermare i test cosmetici sugli animali. Siamo tutti molto appassionati a quello che facciamo e mi piacerebbe pensare che il progetto per salvare Ralph avrà un grande impatto.”
Taika Waititi, su Twitter prima del lancio: “C’è una cosa fantastica in arrivo. Se non lo guardi e lo ami allora odi gli animali e non possiamo più essere amici. #SaveRalph.”
Ricky Gervais ha commentato: “I test sugli animali mi fanno arrabbiare. Non c’è nessuna giustificazione per spruzzare sostanze chimiche negli occhi dei conigli o alimentare a forza i topi solo per fare rossetti e shampoo. La scienza si è evoluta nell’offrire soluzioni senza animali per porre fine a questa terribile crudeltà. È ora che l’umanità si metta al passo con i tempi.”
Tricia Helfer ha detto: “Sono un’amante degli animali da molti anni, quindi sono onorata di prestare la mia voce all’importante e commovente campagna di HSI per porre fine alla crudeltà dei test cosmetici sugli animali. Anche se abbiamo fatto progressi in alcuni paesi, a livello globale ci sono ancora migliaia di animali innocenti come Ralph che vengono fatti soffrire ogni giorno. Ora è il momento di cambiare le cose.”
A livello globale, la campagna è focalizzata su sedici paesi considerati prioritari, tra cui Brasile, Canada, Cile, Messico, Sudafrica e dieci nazioni del sud-est asiatico, mentre le organizzazioni partner di HSI, Humane Society of the United States e Humane Society Legislative Fund, si concentrano sulla legislazione negli Stati Uniti. “Save Ralph” accenderà i riflettori su tutti questi paesi, spingendoli verso il futuro senza crudeltà che il pubblico e i consumatori si aspettano.
Alcuni dati:
L’Unione europea ha vietato tutti i test cosmetici sugli animali nel 2013, ma oggi questo celebre precedente è minato dell’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche che chiede alle aziende di eseguire nuovi test sugli animali per le sostanze chimiche utilizzate esclusivamente nei cosmetici. Fare clic qui per saperne di più.
In alcune parti del mondo, i conigli come Ralph vengono immobilizzati per poter testare cosmetici e vari ingredienti sui loro occhi e sulla loro schiena rasata. Ai porcellini d’India e ai topi questo viene fatto sulla pelle nuda o sulle orecchie. A nessuno di questi animali viene dato dell’antidolorifico ed al termine tutti vengono uccisi.
I test cosmetici sugli animali sono già vietati in quaranta paesi. HSI e i suoi partner sono stati determinanti nell’assicurare i divieti in India, Taiwan, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Guatemala, Australia e dieci stati in Brasile. Tali test sono vietati anche in Turchia, Israele, Norvegia, Islanda, Svizzera e negli stati americani di California, Illinois, Nevada e Virginia. Cinque altri stati americani – New Jersey, Maryland, Rhode Island, Hawaii e New York – stanno attualmente considerando proposte di legge per porre fine ai test cosmetici sugli animali e una legge federale chiamata Humane Cosmetics Act dovrebbe essere reintrodotta al Congresso quest’anno.
Più di 2.000 marchi di bellezza “cruelty-free” sono disponibili in tutto il mondo, tra cui Lush, Garnier, Dove, Herbal Essences e H&M. Queste aziende producono prodotti usando ingredienti storicamente sicuri e strumenti moderni e senza animali per valutarne la sicurezza. Non esiste ancora una guida globale ma HSI riconosce come risorse utili LeapingBunny.org, BeautyWithoutBunnies, Logical Harmony, ChooseCrueltyFree e Te Protejo.
HSI avverte che anche i cosmetici cruelty-free sono in pericolo se la legislazione sulla sicurezza chimica continua a richiedere nuovi test sugli animali per gli ingredienti chimici usati esclusivamente nei cosmetici. Per questo motivo la campagna #SaveRalph ha come priorità l’ottenimento e la difesa di divieti.
Oltre a perseguire misure legislative, HSI e i suoi partner stanno collaborando per sviluppare un programma di formazione sulla valutazione della sicurezza che non prevede l’uso di animali, per sostenere le aziende più piccole e le autorità governative nella transizione ai metodi all’avanguardia disponibili e migliori nel garantire la sicurezza umana rispetto ai test sugli animali.
Altri materiali ed informazioni sul tema: hsi.org/ralph
FINE
Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia—mpluda@hsi.org; 3714120885
Scampati alla macellazione e all’eutanasia, hanno ora la possibilità di vivere
Humane Society International
SEOUL—Diversi gruppi di attivisti coreani per la protezione degli animali hanno unito le forze per salvare 50 cani dall’eutanasia, dopo che l’allevamento nella città di Yongin dal quale provenivano era stato chiuso dalle autorità. I cani trovati dai soccorritori erano rinchiusi in gabbie metalliche prive di acqua e cibo adeguato, abbandonati dai quattro allevatori che hanno lasciato la proprietà. Ciò è avvenuto a seguito di un ordine di demolizione da parte dei funzionari locali poiché l’allevamento operava in violazione della legge nazionale sulla protezione degli animali. Humane Society International/Corea, LIFE, KoreanK9Rescue e Yongin Animal Care Association sono intervenuti e hanno lavorato insieme alle autorità locali per salvare i cani e demolire le strutture.
Oltre alle misere condizioni di vita in gabbia, alcuni dei cani erano tenuti accanto alla zona adibita alla macellazione e perciò visibilmente traumatizzati. Tutti i cani – Jindo e mastini, razze spesso promosse come “da carne” dall’industria – e Tiny Tim, il piccolo terrier da compagnia di uno degli allevatori, stanno ora ricevendo tutte le cure veterinarie e le vaccinazioni necessarie per essere trasportati nei rifugi temporanei di Humane Society International negli Stati Uniti e in Canada e successivamente essere dati in adozione.
Nara Kim, campaigner di HSI/Corea, ha dichiarato: “Questi cani avevano bisogno del nostro aiuto perché sarebbero stati soppressi dalle autorità, prive di un piano di salvataggio. Sapevamo di dover agire in fretta ed è stato meraviglioso che HSI, LIFE, KK9K e YACA abbiano lavorato in squadra per liberare i cani. Questi sforzi dimostrano quanto sia forte il desiderio di porre fine all’industria della carne di cane in Corea del Sud. I cani erano in uno stato pietoso, magri e spaventati, tenuti in condizioni terribili. È stato scioccante vedere anche l’area di macellazione, le attrezzature per l’elettrocuzione e i coltelli abbandonati. Sono inorridita al pensiero di quanti cani abbiano perso la vita lì. Fermare l’industria della carne di cane significa porre fine a questa sofferenza.”
Molti dei cani soffrivano di malnutrizione e dolorose malattie della pelle e avevano le zampe infiammate a causa della mancanza di lettiera nelle gabbie. Altri presentavano dolorose ferite non curate alla testa e alle orecchie. Diversi animali, invece, sono stati trovati tremanti sul fondo delle gabbie, estremamente spaventati dalle persone.
In-Seob Sim, presidente di LIFE, ha detto: “Sono passati 30 anni da quando la legge sulla protezione degli animali è entrata in vigore in Corea ma ancora tanti animali non sono protetti adeguatamente. I funzionari del governo dovrebbero attuare delle politiche per vietare la macellazione dei cani a fini alimentari. Dovremmo risparmiare questa miseria alle future generazioni di cani.”
Secondo Hyun Yu Kim, fondatore di KoreanK9Rescue: “È importante che a tutti questi cani venga data la possibilità di una nuova vita. Là fuori ci sono però ancora moltissimi cani allevati per la loro carne che stanno soffrendo. Chiediamo un’azione urgente da parte del governo per introdurre leggi che vietino il commercio di carne di cane e proteggano cani come questi.”
Miyeon Ki, della Yongin Animal Care Association, ha dichiarato: “È stata una missione incredibile. Questi 50 cani sono sfuggiti prima alla brutale macellazione per la loro carne, poi alla morte per eutanasia e ora hanno trovato una possibilità di vivere. Penso che lo sforzo per salvare delle vite in situazioni difficili si concretizzi solo grazie alla speranza delle persone coinvolte.”
Yang-Jin Cho, della Divisione per la Protezione degli Animali, della città di Yongin ha commentato: “I funzionari della città si sentivano davvero male per questi cani e speravano che si potesse concretizzare l’opportunità di dare loro la via d’uscita migliore. Quindi siamo davvero felici che queste associazioni siano state in grado di aiutare e dare ai cani un futuro”.
Ad oggi Humane Society International ha chiuso 17 allevamenti di carne di cane nel paese. Inoltre, l’organizzazione sta portando avanti una campagna legislativa per vietare il commercio di carne di cane in Corea del Sud. Un recente sondaggio commissionato da HSI/Corea e condotto da Nielsen* ha evidenziato un crescente sostegno per un divieto: quasi il 60% si è dimostrato a favore, mentre l’84% dei sudcoreani ha dichiarato di non mangiare carne di cane.
Alcuni dati:
Si stima che fino a due milioni di cani vengono allevati ogni anno in Corea del Sud.
La maggior parte dei sudcoreani non consuma carne di cane e una porzione sempre maggiore della popolazione i cani sono considerati animali da compagnia.
La carne di cane è più popolare durante i Bok Nal, i “giorni del cane” a luglio e agosto, perché ritenuta curativa durante i mesi estivi caldi e umidi.
Le recenti azioni delle autorità per frenare l’industria della carne di cane includono la chiusura, nel novembre 2018, del macello di cani Taepyeong (il più grande del paese) da parte del Consiglio Comunale di Seongnam, seguita nel luglio 2019 dalla chiusura del mercato di Gupo a Busan. A ottobre 2019 il sindaco di Seoul ha dichiarato la città “libera dalla macellazione dei cani”.
Le operazioni per la chiusura di questo allevamento sono state condotte nel rispetto delle norme di sicurezza legate al Covid-19. La squadra di HSI è stata in quarantena per 14 giorni, in un hotel autorizzato. Dopo la chiusura di un allevamento, l’organizzazione effettua un test veterinario per escludere la presenza del virus H3N2 (influenza canina) e somministrare i vaccini contro la rabbia, il DHPP, il coronavirus canino, il cimurro e il parvovirus. I cani vengono poi messi in quarantena per almeno 30 giorni prima di ricevere l’idoneità per il trasporto all’estero.
Petizione italiana per fermare il commercio di carne di cane in Asia.
*Sondaggio online condotto nel periodo tra agosto e settembre 2020. Totale del campione: 1.000 persone in sei principali città della Corea del Sud (Busan, Daegu, Incheon, Gwangju, Daejeon, Ulsan) ponderate e rappresentative degli adulti sudcoreani di età superiore ai 18 anni.
FINE
Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885
Wojciechowski assicura "il pieno sostegno della Commissione europea per attuare questa trasformazione"
Humane Society International
ROMA—Oggi, il Parlamento Europeo ha tenuto un’audizione pubblica di tre ore sull’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age”, che è stata accolta calorosamente dai tre commissari europei presenti durante il dibattito. Molti europarlamentari sono intervenuti e, nel complesso, l’ICE ha ricevuto un sostegno schiacciante.
L’iniziativa End the Cage Age chiede all’UE di eliminare gradualmente l’uso delle gabbie negli allevamenti. L’audizione pubblica di oggi è stata una pietra miliare per l’Iniziativa, in vista della risposta ufficiale della Commissione Europea, attesa nei prossimi mesi.
“L’UE sostiene di essere leader nel benessere degli animali, eppure ogni anno condanna più di 300 milioni di animali d’allevamento a una vita misera in gabbie anguste. Questa pratica medievale è crudele e completamente inutile, dato che i sistemi senza gabbie non solo esistono, ma sono anche in uso in alcune parti dell’UE, hanno detto le 21 organizzazioni italiane che hanno aderito all’iniziativa, Amici della terra Italia, Animal Aid, Animal Equality, Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, HSI/Europe—Italia, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC—Lega per l’abolizione della caccia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, LEIDAA, OIPA, Partito Animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus, Lumen.
“Un certo numero di Stati membri pionieri e di imprese hanno aperto la strada all’abbandono delle gabbie. Ora è il momento che il resto dell’UE si metta al passo con le ambizioni del Green Deal Europeo e della strategia Farm to Fork, chiediamo alla Commissione europea di mettere in atto una graduale eliminazione delle gabbie negli allevamenti, attraverso una revisione della direttiva del 1998 sulla protezione degli animali d’allevamento”.
Norbert Lins, presidente della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (gruppo del Partito popolare europeo, Germania) ha concluso durante l’audizione che “la maggior parte degli oratori ha accolto con favore questa iniziativa” e ha osservato che “la palla è ora nel campo della Commissione”.
Prima dell’audizione, lo scorso 13 aprile, i cittadini dell’UE e le organizzazioni non governative (ONG) si sono riuniti in un twitterstorm, incoraggiando gli eurodeputati a sostenere l’ICE durante l’audizione pubblica. Un totale di 35.000 tweet sono stati inviati, raggiungendo un numero potenziale di oltre 3,7 milioni di visualizzazioni, rendendo innegabile il sostegno pubblico all’ICE.
All’audizione sono intervenuti anche Věra Jourovà, vicepresidente della Commissione europea responsabile per i valori e la trasparenza, Stella Kyriakides, commissario per la salute e la sicurezza alimentare, Janusz Wojciechowski, commissario per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, oltre a rappresentanti del Comitato delle regioni, del Comitato economico e sociale europeo e decine di membri del Parlamento Europeo.
La ICE End the Cage Age è stata lanciata l’11 settembre 2018 e si è chiusa esattamente un anno dopo. Con 1,4 milioni di firme verificate dai cittadini di tutta l’UE, è diventata la prima ICE di successo nel benessere degli animali da allevamento.
Dichiarazioni:
Bo Algers, professore emerito dell’Università svedese di scienze agricole, ha detto: “La legge dell’UE per gli animali d’allevamento è incredibilmente obsoleta. Dal 1998, quando l’UE ha adottato la sua direttiva sulla protezione degli animali d’allevamento, la ricerca sul benessere animale è decuplicata. Oggi, abbiamo una comprensione molto migliore di come i fattori fisici, fisiologici e psicologici siano legati al benessere degli animali. Un’ampia gamma di bisogni etologici specifici delle specie non sono, o non possono essere, forniti in una gabbia, arricchita o meno. È ormai chiaro che le gabbie, a causa delle loro intrinseche restrizioni fisiche e comportamentali, non possono fornire un buon benessere, non importa quanto sia buona la gestione”.
L’eurodeputata Eleonora Evi, vicepresidente dell’intergruppo per il benessere degli animali e co-presidente del suo gruppo di lavoro “cage-free”, ha dichiarato: “L’audizione pubblica di oggi ha segnato un altro passo fondamentale verso l’obiettivo di un’Europa senza gabbie. Insieme a molti eurodeputati che la pensano come noi, abbiamo dato voce agli oltre 300 milioni di animali che ogni anno, solo nell’UE, passano tutta la loro vita, o una parte significativa, imprigionati nelle gabbie. L’enorme sostegno ricevuto da questa iniziativa dei cittadini europei in tutta Europa non può essere ignorato dalla Commissione europea, che deve presentare al più presto una proposta legislativa per porre fine all’inutile crudeltà dell’allevamento in gabbia, avvicinando le pratiche agricole dell’UE alle aspettative dei nostri cittadini e allineandole maggiormente alla natura e alla protezione della salute pubblica”.
La deputata Anja Hazekamp, presidente dell’intergruppo per il benessere degli animali e co-presidente del suo gruppo di lavoro senza gabbie, ha detto: “Centinaia di milioni di animali in Europa sono rinchiusi in gabbie per scopi di allevamento. Questi animali non hanno la possibilità di esercitare i loro comportamenti naturali e le condizioni in cui sono tenuti sono così terribili che la loro vita diventa solo un’agonia. Le gabbie sono crudeli, ma anche antiquate e inutili. È una pietra miliare che più di 1,4 milioni di cittadini si siano uniti per questi animali per mettere fine all’ “era delle gabbie”. Ora ci aspettiamo che la Commissione europea e gli Stati membri dimostrino di prendere sul serio il loro appello e che prendono sul serio l’Iniziativa dei cittadini europei come strumento democratico. Una proposta legislativa per vietare l’uso delle gabbie in agricoltura deve essere presentata senza indugio”.
Věra Jourovà, vicepresidente della Commissione europea responsabile per i valori e la trasparenza, ha dichiarato durante l’audizione: “L’Iniziativa si batte per una causa che è di grande attualità nell’attuale dibattito pubblico per migliorare il benessere degli animali d’allevamento e per investire in un’agricoltura sostenibile. Si tratta di obiettivi validi, che la Commissione ha abbracciato nelle sue ambizioni politiche di progettare sistemi alimentari equi, sani e rispettosi dell’ambiente e che hanno trovato la loro strada nella strategia Farm to Fork adottata nel maggio dello scorso anno”.
Stella Kyriakides, commissario per la salute e la sicurezza alimentare, ha dichiarato durante l’audizione: “Stiamo facendo dei passi verso un’azione tangibile perché, come ho ripetutamente dichiarato, il benessere e la salute degli animali sono molto in alto nella nostra agenda. Ha aggiunto: “Siamo molto consapevoli del fatto che dobbiamo fare di più e dobbiamo sforzarci di fare meglio. E siamo assolutamente determinati a farlo. L’iniziativa dei cittadini europei è un promemoria tempestivo di questo. È anche un esempio caloroso di democrazia al suo meglio”.
Janusz Wojciechowski, commissario per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, ha detto durante l’audizione che i sussidi agricoli dell’UE e il Recovery Fund “possono anche essere utilizzati in parte per eliminare gradualmente l’allevamento in gabbia e implementare metodi alternativi”, e ha aggiunto “avete il pieno sostegno della Commissione europea per attuare questa trasformazione”.
L’audizione è stata organizzata dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (AGRI) del Parlamento Europeo in associazione con la commissione per le petizioni (PETI).
Il programma dell’audizione può essere trovato qui.
La registrazione dell’audizione può essere consultata qui.
Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
A livello mondiale, i mercati di animali selvatici e gli allevamenti di animali da pelliccia rappresentano l’ambiente ideale per la prossima pandemia e devono essere vietati, afferma Humane Society International
Humane Society International
ROMA—L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato il suo report “WHO-convened Global Study of the Origins of SARS-CoV-2”, a seguito della missione congiunta in Cina, e ha identificato l’allevamento di animali da pelliccia, assieme al commercio di animali selvatici, come settori di interesse nella ricerca delle origini della pandemia da coronavirus. Lo studio congiunto OMS-Cina suggerisce che gli animali selvatici, allevati in modo intensivo per il consumo umano e per le pellicce, potrebbero essere divenuti infetti negli allevamenti per poi essere trasportati presso un “mercato umido”, dove ha avuto inizio l’epidemia.
In questi mercati i commercianti mettono in mostra, vendono e macellano una serie di specie animali domestiche e selvatiche, inclusi tassi, ratti dei bambù, serpenti, coccodrilli e procioni, accanto a conigli, maiali e galline. Molte delle specie osservate sono conosciute per la loro predisposizione all’infezione ai virus SARS, inclusi i visoni, i procioni e le volpi. Questi animali sono allevati a milioni negli allevamenti di pellicce della Cina.
Secondo quanto si legge nella sezione “Studi animali e ambientali” del report, la via di trasmissione indicata come probabile è attraverso un ospite intermedio. Una delle raccomandazioni specifiche contenute richiede “indagini per identificare i virus SARSr-CoVs negli animali allevati, selvatici o domestici, che possono esserne infettati, incluse le specie allevate per la produzione di alimenti come il tasso-furetto e lo zibetto, e quelli allevati per le pellicce come il visone e il cane procione in Cina, nell’Asia sudorientale e in altre regioni”.
Il report aggiunge anche che “il virus SARS-CoV-2 si adatta in modo relativamente rapido negli animali che possono esserne infettati (come i furetti). Il numero crescente di animali che presentano la possibilità di infezione include animali che sono allevati in densità sufficienti per permetterne una circolazione endemica”.
L’industria delle pellicce cinese è la più grande al mondo. Nel 2019 la Cina ha allevato 14 milioni di volpi, 13,5 milioni di cani procione e 11,6 milioni di visoni, destinati anche all’esportazione oltreoceano in paesi come l’Italia. Nel 2019, il valore delle pellicce grezze e conciate, nonché degli articoli di pellicceria importati è stato di 478 miliardi di dollari, di cui il 7,34% (35,1 miliardi di dollari) dalla Cina. L’Italia importa anche da Germania, Francia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Stati Uniti e Russia.
Il Dott. Peter Li, esperto in politica cinese di Humane Society international, ha affermato: “Il rapporto dell’OMS fornisce un forte avvertimento sui rischi devastanti per la salute pubblica derivanti dallo sfruttamento di animali selvatici in sistemi di allevamento intensivi, luoghi antigienici, sovraffollati e disumani, che siano ratti del bambù o tassi destinati al consumo umano, pangolini per la medicina tradizionale o cani procione e visoni per le pellicce. Mettere insieme milioni di animali in queste industrie abusanti crea un ambiente perfetto per lo sviluppo di pandemie e, se non vietiamo l’allevamento di pellicce e il commercio di animali selvatici, continueremo a giocare alla roulette russa con la sicurezza pubblica globale”.
Il report dell’OMS è stato pubblicato nel medesimo giorno di una lettera firmata da 25 leader mondiali, che esprime l’intenzione comune di lavorare verso un nuovo trattato internazionale per la preparazione e la risposta alle pandemie, che includa “responsabilità reciproca e condivisa, trasparenza e cooperazione”. La lettera riconosce inoltre la connessione tra la salute umana e quella degli animali. Gli Stati Uniti, la Cina e la Russia non hanno firmato la lettera ma il Direttore Generale dell’OMS ha affermato che tutti gli Stati Membri saranno rappresentati quando inizieranno i confronti per la stesura del trattato.
Il Dott. Peter Li ha dichiarato: “Abbiamo più volte chiesto un’azione coordinata a seguito della pandemia da Covid-19. Perciò accogliamo con favore la lettera dei leader mondiali e auspichiamo che altri si uniranno, anche dagli Stati Uniti e dalla Cina. Speriamo che il trattato fornisca ai paesi l’occasione per riflettere e discutere sulla fine delle industrie che ignorano il benessere animale e mettono a rischio la salute umana. La preparazione e la risposta sono importanti, ma se ci concentriamo solo sui sintomi, piuttosto che sulla causa del problema, continueremo a giocare d’azzardo con la salute pubblica e le economie mondiali”.
Il report dell’OMS e la lettera dei leader arrivano appena due settimane dopo la pubblicazione, da parte di Humane Society International, di nuove immagini raccolte in 13 allevamenti di animali da pelliccia in Cina, che mostrano animali tenuti a stretto contatto, in violazione di numerose regolamentazioni cinesi, incluse quelle sui controlli epidemiologici. Nonostante l’indagine di HSI abbia avuto luogo durante la pandemia di Covid-19, nessuno degli allevamenti ha seguito le misure minime di biosicurezza. Contrariamente a quanto stabilito dai regolamenti cinesi, mancavano stazioni di disinfezione all’entrata e all’uscita. Alla luce di almeno 422 focolai di Covid-19, in 289 allevamenti di visoni da pelliccia, in 11 diversi paesi in Europa e Nord America dall’aprile 2020, e considerato che anche i cani procione e le volpi possono contrarre il coronavirus, la mancanza di rispetto delle misure di sicurezza è estremamente preoccupante.
Nell’aprile 2020 Humane Society International ha pubblicato un appello urgente e un white paper scientifico, chiedendo un immediato divieto sul commercio, trasporto e consumo di animali selvatici, in particolare di mammiferi e uccelli la cui specie è nota per la possibilità di contrarre coronavirus, al fine di affrontare la minaccia che questi rappresentano alla salute pubblica, oltre che al benessere animale e alla conservazione delle specie.
Numerose epidemie di malattie infettive sono state legate al commercio di animali selvatici, inclusa la SARS nel 2003, che si ritiene sia stata trasmessa agli umani dagli zibetti venduti per la loro carne. Si stima che il 75% delle malattie infettive emergenti siano zoonotiche, ovvero si diffondano dagli animali non-umani agli umani.
La Cina ha introdotto un divieto sulla vendita di animali selvatici a fini alimentari nel febbraio 2020, ma gli animali selvatici ancora utilizzati per altri scopi, come la medicina tradizionale e la produzione di pellicce, sono esclusi da tale provvedimento (e anche riclassificati come animali da allevamento) nonostante il fatto che l’allevamento di specie selvatiche in condizioni di affollamento, malsane e stressanti, forniscano le circostanze ideali per la diffusione delle zoonosi.
DATI:
Undici paesi (inclusi nove Stati Membri dell’UE) hanno ufficialmente identificato animali positivi al virus negli allevamenti di visoni: Canada (2 strutture) Danimarca (290 strutture), Francia (1 struttura), Grecia (23 strutture), Italia (2 strutture), Lituania (2 strutture), Paesi Bassi (69 strutture), Polonia (1 struttura), Spagna (4 strutture), Stati Uniti (16 strutture), Svezia (13 strutture). Sono stati confermati casi anche negli Stati Uniti e in Canada.
Si stima che 53 milioni di visoni vengano allevati per la loro pelliccia in più di 20 paesi in tutto il mondo. I primi tre per numero di animali allevati sono in Europa (dati del 2018): Danimarca (17,6 milioni di visoni), Polonia (5 milioni di visoni) e Paesi Bassi (4,5 milioni di visoni). Nel 2019 la Cina ha allevato 11,6 milioni di visoni, dato in calo rispetto ai 20,6 milioni di visoni del 2018.
FINE
Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
Humane Society of the United States e Humane Society International celebrano i due marchi Kering che con Gucci e Bottega Veneta rifiutano le pellicce
Humane Society International
PARIGI—L’iconica casa di moda britannica Alexander McQueen e il designer di lusso spagnolo Balenciaga sono i più recenti marchi di proprietà del gruppo Kering ad annunciare l’adozione di politiche aziendali “fur-free”. Humane Society International e Humane Society of the United States hanno lavorato con il gruppo ed i marchi Kering sull’adozione di tali politiche per oltre un decennio. McQueen e Balenciaga si uniscono così ad un numero sempre crescente di stilisti che hanno abbandonato l’uso delle pellicce nelle proprie collezioni, tra i quali Prada, Gucci, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel.
L’annuncio è stato inserito nel documento del gruppo Kering “2020 Universal Registration”, con le seguenti parole: “La maggior parte delle Maison del Gruppo non utilizza pellicce. Per esempio, Gucci fa parte del programma Fur Free Retailer promosso dalla Fur Free Alliance, e ha bandito l’uso di pellicce in tutta la sua gamma a partire dalle collezioni primavera/estate 2018. Gucci si è anche impegnata a non utilizzare più l’angora. Anche Balenciaga, Alexander McQueen e MCQ non usano più pellicce nelle loro collezioni.”
Mentre l’annuncio di Gucci risale al 2017, secondo Bottega Veneta, le loro collezioni sono state “fur-free” per quasi 20 anni. Solamente i marchi Kering Saint Laurent e Brioni devono ancora annunciare l’adozione di politiche aziendali che escludano l’uso delle pellicce.
Kitty Block, Presidente e AD per Humane Society of the United States e Humane Society International, ha dichiarato: “Ogni grande nome della moda che dice addio alle pellicce, come hanno fatto Alexander McQueen e Balenciaga, manda un messaggio chiaro e forte: la pelliccia non ha ragione d’essere in una società moderna. Questo attesta che al consumatore interessano maggiormente le soluzioni sostenibili e non le finiture in pelliccia su una borsa o un cappotto. Continueremo con entusiasmo il nostro lavoro con Kering, e il resto dell’industria, per fare in modo che il futuro della moda sia caratterizzato da materiali innovativi e privi di crudeltà”.
Questo annuncio arriva in un momento storico molto particolare. Attualmente, diverse città, stati federali e persino paesi interi stanno cercando di vietare la vendita di pellicce. Nel 2019, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce, dopo che diverse città californiane, tra cui Los Angeles e San Francisco, hanno approvato leggi in merito. Diversi altri stati americani hanno introdotto divieti simili nel 2021, mentre il Regno Unito, che ha vietato la produzione di pellicce nel 2000, sta ora considerando di diventare il primo paese al mondo a vietare la vendita di pellicce.
FINE
Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
Humane Society International identifica cinque rischi pandemici collegati all’allevamento
Humane Society International
ROMA—La dipendenza mondiale dai sistemi di allevamento intensivi, in cui migliaia di animali dello stesso genotipo vengono tenuti a stretto contatto ed in situazioni di stress e scarso benessere, rappresenta un rischio reale per lo sviluppo di future pandemie. Questo è quanto emerge dal nuovo rapporto “Allevamento, zoonosi e pandemie”, redatto dall’organizzazione internazionale per la protezione degli animali Humane Society International (HSI), che sottolinea inoltre la necessità di accelerare l’azione globale per la transizione verso un’alimentazione sempre più vegetale.
HSI identifica cinque rischi pandemici associati all’allevamento che contribuiscono a creare le condizioni ideali per lo sviluppo, la mutazione e la diffusione di agenti patogeni:
L’espansione degli allevamenti in aree selvagge mette specie selvatiche e addomesticate a stretto contatto, favorendo gli “spillover” di virus.
Tenere un gran numero di animali in ambienti chiusi, in condizioni di stress, facilita l’amplificazione virale.
La concentrazione degli allevamenti in una determinata area geografica aumenta il rischio di diffusione di agenti patogeni.
Il commercio globale di animali vivi consente agli agenti patogeni di diffondersi ulteriormente.
I mercati di animali vivi, le fiere agricole e le aste rappresentano centri in cui animali provenienti da luoghi diversi vengono portati in prossimità del pubblico e dove i virus possono proliferare.
Negli ultimi due secoli, gli animali da allevamento sono stati al centro di molteplici epidemie zoonotiche, compresa l’influenza aviaria H5N1 trasmessa all’uomo dal pollame, il virus Nipah e l’influenza suina H1N1 trasmessi invece dai maiali.
Mentre l’attuale pandemia ha spinto il mondo a riconoscere la necessità di chiudere i mercati di fauna selvatica, luoghi insalubri e probabile fonte della propagazione incontrollata del coronavirus, manca lo stesso livello di consapevolezza per allevamenti e macelli, che possono avere conseguenze ugualmente gravi per la salute umana e che sono molto più vicini a noi.
Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, dice: “Da quando è stata diffusa la notizia che attribuiva ad un mercato di animali vivi la possibile origine della diffusione del Covid-19, abbiamo iniziato ad interrogarci su quali altri contesti di sfruttamento animale potessero creare delle condizioni simili, per lo sviluppo di malattie. L’allevamento intensivo e la sua espansione senza precedenti è senza dubbio uno di questi. Ogni anno alleviamo e macelliamo più di 80 miliardi di animali in tutto il mondo ma se vogliamo prevenire future pandemie, dobbiamo liberarci da questa dipendenza dalla carne. I leader globali devono attivarsi per permettere la transizione verso un’alimentazione maggiormente vegetale”.
Come nei mercati di fauna selvatica, i sistemi di confinamento intensivo usati nell’allevamento, ammassano un numero elevato di animali in spazi ristretti ma su una scala molto più ampia. Negli impianti produttivi industriali di pollame, vengono allevate decine o addirittura centinaia di migliaia di animali, costretti a respirare la stessa aria polverosa e carica di ammoniaca. Le scrofe e le galline ovaiole sono tenute in gabbie metalliche così piccole da non poter rispettivamente girarsi o spiegare le ali. Più animali rappresentano più opportunità per un virus di replicarsi e mutare e quindi di creare maggiori possibilità per un nuovo e mortale agente patogeno di svilupparsi da un sito di produzione infetto.
Per prevenire un’altra epidemia dovuta a virus zoonotici come quello che causa il Covid-19, secondo HSI sono necessarie:
Una riduzione sostanziale della dipendenza globale dalle proteine di origine animale.
Politiche pubbliche che favoriscano la produzione di opzioni a base vegetale invece che l’espansione dell’allevamento.
Una riduzione del numero di animali allevati a fini alimentari, per ridurre la densità della popolazione animale sia all’interno degli allevamenti che geograficamente.
Una graduale eliminazione dell’uso delle gabbie usate per confinare gli animali nei sistemi intensivi.
Una graduale eliminazione del trasporto a lunga distanza di animali vivi.
Politiche per proteggere gli ecosistemi naturali dall’espansione agricola e da altre fonti di degrado e frammentazione.
Un divieto sulla vendita di pollame in tutti i mercati di uccelli vivi e restrizioni sulle esibizioni di animali vivi.
Sara Shields, Senior Scientist di Humane Society International dichiara: “Studiando le malattie passate, trasmesse dagli animali all’uomo, si può notare un modello che identifica chiaramente l’allevamento intensivo come responsabile chiave. L’epidemia di Nipah del 1997 in Malesia è un esempio di diffusione del virus da specie selvatiche a specie domestiche. Le metanalisi hanno inoltre dimostrato che l’influenza aviaria altamente patogena è resa possibile dal confinamento di migliaia di uccelli insieme, permettendo ai virus di scambiarsi facilmente tra gli ospiti. Possiamo rendere il mondo meno vulnerabile a future pandemie ma solo rivalutando i sistemi d’allevamento e attingendo a fonti di proteine vegetali. Per fare questo è necessario che i governi si impegnino a riequilibrare il nostro sistema alimentare e che i consumatori si rendano conto di essere direttamente responsabili dell’impatto delle proprie scelte. Il mercato degli alimenti a base vegetale è in piena espansione, rendendo facile la sostituzione dei prodotti animali con alternative vegetali. Non c’è momento migliore per prendere decisioni coscienziose pensando agli animali e alla salute del nostro pianeta”.
FINE
Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
“I sistemi senza gabbie sono diffusi, economicamente sostenibili e forniscono migliori condizioni di vita per le galline”
Humane Society International
ROMA—Oggi, le principali aziende alimentari dell’UE hanno inviato una lettera congiunta alla Commissione europea e ai membri del Parlamento europeo chiedendo l’eliminazione graduale dell’uso delle gabbie negli allevamenti animali, a partire dalle gabbie arricchite per le galline ovaiole.
ALDI Nord (rivenditore), Gruppo Barilla, Fattoria Roberti (produttore di uova), Ferrero, Gruppo Inter IKEA (rivenditore), Gruppo Jamie Oliver, Le Groupement Les Mousquetaires (rivenditore), Mondelēz International, Nestlé e Unilever hanno firmato la lettera che sottolinea come il business case per la graduale eliminazione delle gabbie arricchite per le galline ovaiole sia forte, in particolare a livello UE. La lettera spiega come “i sistemi senza gabbie sono diffusi, economicamente sostenibili e forniscono migliori condizioni di vita per le galline”.
I firmatari hanno sottolineato che la revisione della legislazione sul benessere degli animali, che è attualmente in preparazione, è l’occasione ideale per porre fine all’uso delle gabbie negli allevamenti animali in tutta l’UE, a partire dalle galline ovaiole in gabbia. Hanno anche dichiarato: “Siamo pronti e disposti a condividere la nostra esperienza e collaborare per raggiungere questo obiettivo.
“Molte aziende sono già avanti nel processo, avendo eliminato gradualmente le gabbie nelle loro catene di approvvigionamento. Un futuro senza gabbie è possibile e viene già attivato da alcune aziende progressiste”, hanno spiegato Amici della Terra, Animalisti Italiani, Animal Equality, Animal Law, CIWF Italia Onlus, Enpa, HSI/Europe – Italia, LAC, LAV, LEIDAA, OIPA, Partito Animalista Italiano, fra i promotori italiani dell’iniziativa End the Cage Age. “L’UE deve ora mettersi al passo e rivedere la legislazione per gli animali d’allevamento, la direttiva 98/58/CE, in modo da porre fine all’uso crudele delle gabbie, per tutte le specie allevate”.
La lettera delle aziende elogia gli obiettivi dell’iniziativa dei cittadini europei ‘End the Cage Age’ (ECI) che chiede la fine delle gabbie negli allevamenti animali in tutta l’UE. 170 ONG europee di cui 21 italiane hanno lanciato l’ECI “End the Cage Age” l’11 settembre 2018. Un anno più tardi l’iniziativa è stata chiusa avendo ottenuto 1,4 milioni di e-mail verificato e diventando la prima ECI di successo sul benessere degli animali d’allevamento. In tutta l’UE, oltre 300 milioni di animali d’allevamento sono confinati in gabbia ogni anno.
Nota per i redattori:
La lettera è indirizzata alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen; al vicepresidente Frans Timmermans, responsabile dell’European Green Deal; alla vicepresidente Věra Jourová, responsabile per i valori e la trasparenza; la commissaria Stella Kyriakides responsabile per la salute e la sicurezza alimentare; il commissario Janusz Wojciechowski, responsabile per l’agricoltura e lo sviluppo rurale; i presidenti delle commissioni agricoltura e petizioni del Parlamento europeo, Norbert Lins e Dolors Montserrat.
FINE
Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
Gli attivisti denunciano molteplici violazioni alle autorità cinesi, compresa la mancanza di controlli anti-Covid nonostante i rischi di trasmissione
Humane Society International
ROMA—Prove video inquietanti, contenenti immagini di estrema sofferenza, raccolte in diversi allevamenti di animali da pelliccia in Cina, sono state rilasciate da Humane Society International nell’ambito della propria azione globale per porre fine all’industria delle pellicce e per denunciare la crudeltà verso gli animali negli allevamenti di tutto il mondo, incluso in Cina, Finlandia, Stati Uniti e Italia. Sebbene in Italia non ci siano allevamenti di volpi o cani procione, quelli di visoni sono ancora operativi (anche se sospesi per tutto il 2021) e vengono importate pellicce da diversi paesi, tra cui la Germania, la Francia, la Cina, la Spagna, i Paesi Bassi, il Belgio, gli Stati Uniti e la Russia. Nel 2019, il valore delle pellicce grezze e conciate, nonché degli articoli di pellicceria importati è stato di 478 miliardi di dollari, di cui il 7,34% (35,1 miliardi di dollari) dalla Cina. Sebbene i capi d’abbigliamento di pelliccia siano ancora abbastanza diffusi, HSI ritiene che una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori sulla sofferenza degli animali coinvolti, porterà ad una diminuzione degli acquisti di questi prodotti in Italia, come è successo in altre parti del mondo, ad esempio nel Regno Unito.
L’investigazione, condotta in 13 allevamenti di animali da pelliccia tra novembre e dicembre 2020, rivela violazioni di molte delle norme cinesi sul benessere animale, l’allevamento, la macellazione e la sorveglianza epidemiologica. Genera preoccupazione, inoltre, la dichiarazione di un allevatore che ammette che la carne degli animali uccisi viene venduta ai ristoranti locali, per il consumo umano da parte di ignari commensali. In un altro allevamento, le immagini mostrano cani procione sottoposti a elettrocuzione eseguita approssimativamente. Secondo gli esperti, questo avrebbe causato la paralisi degli animali che erano ancora pienamente coscienti mentre sperimentavano una morte lenta e agonizzante per arresto cardiaco. I filmati presentano anche file di volpi ingabbiate che manifestano i classici comportamenti stereotipati e i sintomi da stress ed esaurimento, dovuti alla privazione di stimoli ambientali.
Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Gli italiani rimarranno scioccati dalla triste e crudele realtà che le abili strategie di marketing dell’industria riescono a nascondere. Oltre alla sofferenza, l’investigazione di HSI negli allevamenti cinesi, rivela una quasi totale mancanza di misure per il controllo epidemiologico. Questo è estremamente preoccupante, considerando che visoni, cani procione e volpi sono suscettibili ai coronavirus. L’Italia importa miliardi di euro in pellicce dalla Cina e da molti altri paesi e non c’è assolutamente nulla che impedisca di vendere ai clienti italiani pellicce provenienti da allevamenti come quelli che abbiamo filmato. Sempre più marchi di moda e stilisti italiani di fama internazionale come Armani, Gucci, Prada, Miu Miu e Versace hanno adottato politiche fur-free. Chiediamo ai consumatori di avere a cuore gli animali, facendo scelte informate a favore di alternative fur-free che non prevedono l’uccisione di esseri senzienti per la moda”.
Dalle immagini si evince che, in molti degli allevamenti oggetto delle indagini di HSI, i cani procione sono stati uccisi per elettrocuzione, con degli elettrodi fissati su un bastone appuntito e collegati a una batteria ad alta tensione. Uno ad uno gli animali, trafitti in parti casuali del corpo, hanno ricevuto una scossa elettrica che li ha paralizzati ma non uccisi all’istante, poiché l’uso sbagliato di questo metodo non ha attraversato il cervello.
Il Professor Alastair MacMillan, consulente veterinario di HSI, ha affermato: “Gli animali in questo video sono stati sottoposti a un’elettrocuzione violenta sul corpo e non nel cervello, il che significa che è molto probabile che abbiano sperimentato diversi minuti di estremo dolore fisico e sofferenza, simile ai sintomi dell’infarto. Invece della morte istantanea, è probabile che siano stati immobilizzati dalle scosse elettriche, rimanendo coscienti e provando l’intenso dolore dell’elettrocuzione”.
Nonostante l’indagine di HSI abbia avuto luogo durante la pandemia di Covid-19, nessuno degli allevamenti ha seguito le misure minime di biosicurezza. Contrariamente a quanto stabilito dai regolamenti cinesi, mancavano stazioni di disinfezione all’entrata e all’uscita e i visitatori erano autorizzati ad andare e venire senza che fosse loro richiesto di osservare alcuna precauzione. Alla luce di almeno 422 focolai di Covid-19, in 289 allevamenti di visoni da pelliccia, in 11 diversi paesi in Europa e Nord America dall’aprile 2020, e considerato che che anche i cani procione e le volpi possono contrarre il coronavirus, la mancanza di rispetto delle misure di sicurezza è estremamente preoccupante. HSI ha fornito le prove raccolte alle autorità cinesi, sia a Pechino sia a Londra.
L’industria delle pellicce cinese è la più grande al mondo. Nel 2019 la Cina ha allevato 14 milioni di volpi, 13,5 milioni di cani procione e 11,6 milioni di visoni, destinati anche all’esportazione oltreoceano in paesi come l’Italia. Nonostante l’orribile crudeltà riscontrata in questi allevamenti, è dimostrabile che la sofferenza degli animali è una conseguenza diretta dell’industria mondiale delle pellicce, indipendentemente dal paese di provenienza.
Secondo Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International: “Anche se questa indagine ha avuto luogo in Cina, scene altrettanto angoscianti di animali stressati, tenuti in piccole gabbie metalliche, si riscontrano negli allevamenti sia in Nord America sia in Europa, Italia compresa. L’allevamento intensivo di animali da pelliccia comporta sempre enormi sofferenze e un rischio inaccettabile per la salute pubblica. Mentre il Governo italiano non ha autorità sugli allevamenti di animali da pelliccia all’estero, dovrà decidere sul futuro di questa industria in Italia. Un divieto permanente è l’unica soluzione accettabile”.
Recenti denunce sugli allevamenti di animali da pelliccia in tutto il mondo:
POLONIA: Cannibalismo, autoaggressione, ferite aperte e paralisi in un allevamento di visoni (Open Cages, settembre 2020). Volpi abbandonate e lasciate a morire di fame con casi di cannibalismo tra gli animali (Open Cages, ottobre 2020).
FRANCIA: Sofferenza estrema, visoni con comportamenti stereotipati, disturbi mentali, ferite agli occhi e alla coda, zampe paralizzate e necrotiche, malattie della pelle (One Voice, agosto 2020).
PAESI BASSI: Visoni trascinati fuori dalle loro gabbie per la coda o la zampa posteriore e gettati da lontano nella camera a gas mobile, in violazione dei regolamenti UE (Animal Rights, novembre 2020).
ITALIA: Diffuse violazioni delle misure di biosicurezza contro la diffusione del virus SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni (LAV, novembre 2020).
FINLANDIA: Visoni e volpi morte, animali con ferite non curate e casi di cannibalismo tra gli animali (HSI e Oikeutta eläimille, ottobre 2019).
CANADA: 14 capi d’accusa per maltrattamento contro un allevamento di visoni in Ontario, a seguito di un’indagine durata un anno che ha documentato animali con ferite e infezioni non trattate (LCA, maggio 2018).