Appello ai leader mondiali: è una bomba a orologeria

Humane Society International


La consegna della petizione #StopDeadlyFur in italia
Martina Pluda/HSI La consegna di 880.457 firme sulla petizione #StopDeadlyFur in italia

ROMA—In vista del Summit del G20 che si terrà a Roma a fine mese, sono state consegnate le firme di quasi 900.000 persone, raccolte dalla Fur Free Alliance, che esortano i leader mondiali a porre definitivamente fine all’allevamento di animali da pelliccia per fermare i casi di infezione da SARS-CoV-2 e prevenire future pandemie zoonotiche. In una lettera ai leader del G20, la coalizione globale di organizzazioni animaliste ha sottolineato la necessità di un’azione concreta e immediata: si sono registrati 446 focolai di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni in Olanda, Danimarca, Polonia, Lituania, Grecia, Spagna, Svezia, Francia, Italia, Lettonia, Stati Uniti e Canada, con il più recente focolaio in Spagna questa settimana.

Un numero elevato di esperti ha espresso gravi preoccupazioni sui rischi per la salute umana posti del commercio di pellicce. Il rapporto pubblicato lo scorso novembre dal Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC) ha avvertito che l’evoluzione del virus nei visoni potrebbe minare l’efficacia dei vaccini negli esseri umani, e che “la trasmissione continua del virus SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni potrebbe dare origine ad altre varianti preoccupanti“. A marzo di quest’anno, l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) ha concluso che le pelli di visone grezze non possono essere considerate una merce sicura per il commercio internazionale.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International che ha consegnato a membri della delegazione italiana del G20 le firme a nome della coalizione, ha dichiarato: “I governi non possono affrontare la crisi da Covid-19 che ha colpito gli allevamenti di visoni semplicemente monitorando i focolai e permettendo agli allevatori di continuare a svolgere le loro attività come al solito. Le condizioni spaventose all’interno degli allevamenti di animali da pelliccia li rendono una bomba a orologeria per lo sviluppo e la diffusione di malattie pandemiche. Gli esperti avvertono che è solo una questione di tempo prima che un altro virus mortale dilaghi se continueremo a tenere gli animali in questo modo, innaturale e crudele. Ora, anche centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo hanno espresso la loro volontà, chiedendo ai leader del G20 di riconoscere pubblicamente che è necessario porre fine all’allevamento di animali da pelliccia, come una delle strategie necessarie per uscire dalla crisi pandemica.”

Quattordici paesi tra cui il Regno Unito, i Paesi Bassi, l’Ungheria e la Lituania hanno già agito per vietare l’allevamento di animali da pelliccia, e questa pratica è attualmente sospesa in Danimarca, Italia e Svezia. Tuttavia, molti paesi in Europa, la Cina, la Russia e gli Stati Uniti continuano ad allevare in sistemi intensivi decine di milioni di volpi, visoni e cani procione, specie particolarmente suscettibili ai coronavirus. Questi animali passano tutta la loro vita confinati in gabbie metalliche molto piccole, che non solo causano loro immense sofferenze, ma rappresentano anche un grave rischio per la salute pubblica. Le condizioni di ammassamento in cui vivono, la scarsa igiene, lo stress, le ferite, le malattie, le cure veterinarie insufficienti e la mancanza di diversità genetica fanno sì che gli allevamenti di animali da pelliccia creino le condizioni ideali per la trasmissione e la mutazione dei virus, creando nuovi ceppi.

Una ricerca condotta nei Paesi Bassi utilizzando il sequenziamento dell’intero genoma, ha rivelato che almeno 66 persone che lavoravano negli allevamenti di visoni sono state infettate dal virus SARS-CoV-2 in rari, ma preoccupanti, casi di trasmissione della malattia da animale a uomo. Il rapporto preliminare, pubblicato nel febbraio 2021, di un focolaio di SARS- CoV-2 nei visoni e negli allevatori in Danimarca, ha concluso che il 19% delle persone identificate come collegate agli allevamenti di visoni si sono infettate, con circa 4.000 casi di persone contagiate da una variante dei visoni.

Foto della consegna delle firme al G20.

Foto e video delle condizioni di scarso benessere negli allevamenti di animali da pelliccia (creare account per il download):

  • Investigazione HSI in un allevamento cinese di animali da pelliccia, dicembre 2020
  • Investigazione HSI in un allevamento finlandese di animali da pelliccia, novembre 2019

ALCUNI DATI:  

  • Dall’aprile 2020, focolai di Covid-19 sono stati documentati in 446 allevamenti di visoni in 12 diversi paesi d’Europa e del Nord America, tra cui Canada (3 allevamenti), Danimarca (290 allevamenti), Francia (1 allevamento), Grecia (25 allevamenti), Italia (2 allevamenti), Lettonia (1 allevamento), Lituania (4 allevamenti), Olanda (69 allevamenti), Polonia (3 allevamenti), Spagna (17 allevamenti), Svezia (14 allevamenti) e Stati Uniti (17 allevamenti).
  • Ogni anno, più di 100 milioni di animali, tra cui visoni, volpi, cani procioni, cincillà e conigli, vengono uccisi per la loro pelliccia in tutto il mondo. Ciò equivale a tre animali uccisi al secondo per la loro pelliccia.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è stato proibito e/o è in fase di dismissione in numerose nazioni europee come Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Estonia, Lussemburgo, Macedonia, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica Ceca, Serbia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Anche Bulgaria, Francia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Montenegro, Spagna e Ucraina stanno considerando di introdurre dei divieti.
  • All’inizio di quest’anno Israele è diventato il primo paese al mondo a vietare la vendita di pellicce. Negli Stati Uniti, la California è stata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce nel 2019, dopo divieti simili in città come Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood.

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International


HSI

Di fronte alle pressanti richieste di test da parte delle autorità chimiche europee, che potrebbero avere un costo devastante per gli animali nei laboratori, il video virale di Ralph, il coniglio parlante, realizzato da Humane Society International, è arrivato in Europa per riunire i cittadini sotto il principio della #SicurezzaSenzaSofferenza. Ralph dà voce alla posizione di HSI, secondo la quale la sicurezza chimica e il benessere animale non sono concetti mutualmente esclusivi, ma possono procedere insieme grazie ai moderni strumenti che non fanno uso di animali e che modellano meglio la fisiologia umana rispetto agli anacronistici test su conigli e topi, che risalgono a 60 e perfino 80 anni fa.

Save Ralphè un premiato espediente narrativo che racconta la routine quotidiana di un “tester” che si chiama Ralph. La storia del coniglio viene utilizzata per accendere i riflettori sulle sofferenze di tutti gli animali nei laboratori di tossicologia. Sebbene Ralph sia un personaggio di animazione, la sofferenza che gli animali come lui sperimentano proprio ora in tutta Europa, come risultato di procedure di test chimici richieste dai governi, è davvero reale. Infatti, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche sta chiedendo nuovi test su animali per sostanze utilizzate solo nei cosmetici, in palese disprezzo del consolidato divieto europeo di testare i cosmetici sugli animali.

Troy Seidle, vicepresidente di Humane Society International per la ricerca e la tossicologia, dichiara: “La storia di Ralph ci fa riflettere su quanto sia ancora lunga la strada per mettere fine ai test su animali anche nell’UE. Le vittorie finora ottenute, come il divieto di test su animali per i cosmetici, sono a rischio perché le autorità di controllo per le sostanze chimiche dipendono ancora fortemente dai dati ottenuti tramite test su animali. È demoralizzante vedere come il Patto Verde europeo sia stato utilizzato dall’ambientalismo di facciata, il cosiddetto greenwash, per estendere i test su animali, quando è chiaro che con approcci senza animali si può ottenere un reale progresso a vantaggio delle persone, degli animali e del Pianeta”.

Ralph arriva sulla scia di una risoluzione quasi unanime da parte del Parlamento Europeo che chiede alla Commissione Europa un piano d’azione ambizioso ed esaustivo, con il quale si arriverebbe a un divieto di utilizzo degli animali in tutta l’UE nella sperimentazione, nella ricerca e nell’educazione. Un tale piano dovrà essere applicato in maniera coerente in un’ampia gamma di strumenti legali e finanziari in UE, incluse le normative che regolano l’etichettatura di sostanze chimiche, cosmetiche e pericolose. Nel corso di questa settimana, il Direttore esecutivo di ECHA, Bjorn Hansen, ha dichiarato, davanti al Parlamento, che “Sarebbe una situazione vincente per tutte le parti coinvolte se riuscissimo ad abbandonare i test su animali. Significherebbe che saremmo in grado di ottenere risultati sugli effetti indesiderati delle sostanze chimiche molto più velocemente.

Humane Society International invita i cittadini dell’UE, commossi dalla storia di Ralph e che vorrebbero vedere il Patto Verde implementato secondo criteri che non danneggino milioni di animali, a aderire alla campagna #SicurezzaSenzaSofferenza.

In breve:

  • In Europa, la normativa REACH sulla sostanze chimiche impone dei requisiti molto rigidi per quanto riguarda i test. Molti di questi prevedono una somministrazione forzata di sostanze chimiche, o altro tipo di esposizione, a roditori, pesci o altri animali con dosi non realistiche per periodi che vanno da una settimana a due anni, senza l’utilizzo di alcun antidolorifico. Alcuni degli esperimenti richiesti utilizzano da 1.300 a 2.600 animali per ciascuna sostanza chimica da testare.
  • Una recente analisi ha mostrato che 63 sostanze chimiche con registrazione REACH e utilizzate solo nei cosmetici sono state sottoposte a 104 nuovi test su animali, dopo che è entrato in vigore il Regolamento dell’UE sui prodotti cosmetici. HSI ha stimato che questi test hanno coinvolto 25.000 conigli, topi, ratti e altri animali in una combinazione di esperimenti su irritazione oculare e cutanea, allergie della pelle, avvelenamento acuto letale, tossicità a livello riproduttivo e dello sviluppo e altri tipi di esperimenti. Se l’approccio dell’UE non cambia, il numero di animali che potrebbero essere sottoposti a nuovi test per le 3.206 sostanze chimiche aggiuntive registrate REACH per cosmetici e altri utilizzi potrebbe crescere di alcune centinaia di migliaia.
  • Il film “Save Ralph” di HSI ha visto la partecipazione di un cast internazionale di eccezione, che comprende tra gli altri Taika Waititi, Ricky Gervais, Zac Efron, Olivia Munn, Pom Klementieff, Tricia Helfer. Dopo poche settimane dal suo lancio, avvenuto nell’aprile 2021, “Save Ralph” è diventato virale in tutto il mondo, con oltre 150 milioni di visualizzazioni sui social media, più di 740 milioni di tag su Tik Tok e quasi cinque milioni di firme per la petizione di HSI.
  • “Salve Ralph” è stato scelto in oltre una decina di festival del film in tutta Europa e ovunque nel mondo, quattro di essi di qualificazione all’Oscar, e ha ricevuto diversi riconoscimenti. “Save Ralph” è stato recentemente premiato come miglior film di animazione al Roma Creative Contest.

Contatto per la stampa: Yavor Gechev: ygechev@hsi.org

Il coniglietto animato, già fenomeno virale, Ralph sarà al centro di una campagna europea di Humane Society International contro i test sugli animali

Humane Society International


Riccardo De Luca/AP Images for The Humane Society

ROMA–Save Ralph, l’acclamato “mockumentary” che segue le vicende della cavia Ralph, animato con la tecnica della stop-motion, ha vinto il premio come miglior corto d’animazione al Roma Creative Contest, il Festival Internazionale di Cortometraggi di Roma. La cerimonia di premiazione si è svolta sabato 25 settembre al Teatro Palladium di Roma. A nome di Humane Society International, che ha co-prodotto il cortometraggio, il premio è stato ritirato dai rappresentanti italiani dell’organizzazione, che ha ringraziato gli organizzatori e la giuria del festival per questo importante riconoscimento, il primo in Europa.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International ha dichiarato: “È veramente un onore accettare questo premio a nome di Humane Society International e di tutti coloro che hanno lavorato per dare vita a Ralph e al suo mondo. Vorrei ringraziare in particolar modo lo sceneggiatore e regista di Save Ralph, Spencer Susser, per la sua visione, passione e il suo impegno. È un prezioso partner e amico di Humane Society International. Insieme abbiamo unito le forze per realizzare Save Ralph che è il punto cardine della campagna globale di Humane Society International per porre fine ai test cosmetici sugli animali. Spencer ha dato a Ralph una voce per parlare a nome degli animali che come lui soffrono nei laboratori di tutto il mondo. Voleva davvero che il pubblico empatizzasse con Ralph e agisse, firmando la nostra petizione per porre fine ai test cosmetici sugli animali.”

Save Ralph, uscito nell’aprile 2021, è scritto e diretto da Spencer Susser in collaborazione con Humane Society International e gli Arch Model Studios del modellista Andy Gent. Oltre a Taika Waititi nel ruolo di Ralph, le voci sono quelle di Ricky Gervais, Zac Efron, Olivia Munn, Pom Klementieff e Tricia Helfer. Save Ralph è diventato un fenomeno virale che ha generato oltre quattro milioni di firme su petizioni che chiedono di vietare i test cosmetici sugli animali, 150 milioni di visualizzazioni sulle diverse piattaforme social e 740 milioni di visualizzazioni su TikTok. Negli Stati Uniti è stato acclamato dalla critica ed ha già vinto numerosi premi. È in concorso in diversi festival di cortometraggi in Europa e nel mondo, tra cui quattro di qualifica per gli Oscar.

Il film segue la routine quotidiana di Ralph, un coniglietto usato come cavia di laboratorio e portavoce della campagna #SaveRalph di Humane Society International. La triste tematica dei test cosmetici sugli animali viene affrontata in un modo inaspettato, utilizzando la storia di un coniglio per far luce sulla situazione di innumerevoli altri animali che soffrono nei laboratori di tutto il mondo, e coinvolgendo gli spettatori affinché aiutino a vietare questa pratica. La campagna ha già condotto a progressi nelle discussioni politiche in Brasile e in Cile. Inoltre, all’inizio del mese, ha spinto il Messico a diventare il primo paese del Nord America a vietare i test cosmetici sugli animali, grazie alle firme di oltre 1,3 milioni di persone che si sono attivate dopo aver visto il film. In Europa, Ralph sarà presto protagonista di una nuova campagna di Humane Society International per contrastare l’attuale minaccia al divieto sugli esperimenti cosmetici sugli animali e per spingere le istituzioni europee a sviluppare un piano d’azione per eliminare gradualmente tutti gli esperimenti sugli animali.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International ha sottolineato: “Il prestigioso riconoscimento da parte del Roma Creative Contest ci aiuterà ad amplificare il messaggio di Ralph e a mettere la questione dei test cosmetici sugli animali al centro dell’attenzione pubblica nell’Unione Europea, in un momento in cui il divieto attualmente in vigore è seriamente minacciato da parte dei regolatori sulle sostanze chimiche europei.”

Foto e video della cerimonia di premiazione di sabato 25 settembre al Teatro Palladium (creare account per il download)

FINE

Contatto: Martina Pluda: 3714120885; mpluda@hsi.org

“Smettete di ignorare la verità” è il loro appello al presidente della COP26 Alok Sharma

Humane Society International


dhughes9/iStock.com 

ROMA/LONDRA—Alcune delle più grandi celebrità del mondo, tra cui Martin Freeman, Moby, Billie Eilish, Joaquin Phoenix, Alan Cumming, Alicia Silverstone, Leona Lewis, Lily Cole e Stephen Fry, si sono mobilitate per il clima. In una lettera congiunta a Alok Sharma, presidente della 26a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow questo novembre, hanno chiesto che si smetta di ignorare l’allevamento di animali a fini alimentari quale catastrofico colpevole del cambiamento climatico e che venga invece messo all’ordine del giorno della COP26. La lettera è stata inviata a sostegno della campagna #TheCowInTheRoom, lanciata dal ramo inglese dall’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International.

Ogni anno, a livello globale, più di 88 miliardi di animali terrestri sono allevati e macellati a scopo alimentare. Le stime indicano che l’allevamento intensivo è responsabile per il 14.5%—16.5% delle emissioni di gas serra antropiche a livello globale, alla pari con i livelli di emissioni dell’intero comparto dei trasporti. Nonostante sia uno dei settori che maggiormente contribuisce al cambiamento climatico, la produzione di animali a fini alimentari non è all’ordine del giorno della COP26; non rientra tra le priorità nelle discussioni sulla mitigazione del cambiamento climatico.

Gli studi dimostrano che ridurre il consumo di carne e latticini è una delle azioni di maggiore impatto che ogni individuo può intraprendere per evitare le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico. Con questa lettera, firmata anche dall’attrice di Star Wars Daisy Ridley, dalla cantautrice Alesha Dixon, dal naturalista Chris Packham, dall’imprenditrice e investitrice di Dragons Den Deborah Meaden, dall’attrice Evanna Lynch, dal cantautore e produttore discografico Finneas O’Connell, dal cantante e chitarrista dei Vamps James McVey, dall’attrice Joanna Lumley, dal comico e attore Ricky Gervais e dalla influencer Lucy Watson, viene chiesto alla COP26 di riconoscere formalmente l’impatto climatico dell’allevamento.

Humane Society International e le celebrity che la sostengono sono uniti dall’intento comune di proteggere gli animali e il pianeta attraverso politiche e azioni concrete. Auspicano che il riconoscimento formale alla COP26 incoraggerà i leader mondiali a impegnarsi a favore di strategie per la riduzione del consumo di carne e latticini, per raggiungere l’obiettivo di limitare al di sotto dei 2°C il riscaldamento medio globale dell’Accordo di Parigi.

Nella lettera si legge: “L’allevamento è una delle principali fonti di emissioni di gas serra ed è pertanto impossibile raggiungere gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi senza apportare modifiche al sistema alimentare globale. Anche se tutte le altre principali fonti di emissioni fossero riformate, non sarebbe sufficiente […]. Affrontare questa urgente tematica alla COP26, incoraggerebbe i governi di tutto il mondo ad agire e fornirebbe ai leader mondiali uno ulteriore strumento ad alto impatto per affrontare il cambiamento climatico. Chiediamo all’UNFCCC di riconoscere formalmente e pubblicamente il ruolo dell’allevamento come uno dei maggiori responsabili del cambiamento climatico e di aprire maggiore spazio al dialogo”.

Il cantautore e attivista per i diritti degli animali Moby, ha dichiarato: “L’allevamento intensivo sta distruggendo il nostro pianeta. Questo settore è il secondo più grande emettitore di CO2 al mondo, eppure rimane ampiamente ignorato dai leader mondiali. La scienza parla chiaro: l’adozione di una dieta maggiormente vegetale è una delle azioni più efficaci che possiamo intraprendere per evitare gli effetti catastrofici del cambiamento climatico. Quindi, se vogliamo proteggere il nostro pianeta, dobbiamo includere l’allevamento nelle discussioni sulle strategie di mitigazione del cambiamento climatico. La COP26 è l’occasione ideale per farlo e una delle ultime possibilità che abbiamo per riformare i sistemi alimentari globali. Vi supplico, per favore: SMETTETE di ignorare la verità”.

Oltre alle significative emissioni di gas serra, questo settore è anche il più grande utilizzatore antropogenico di superficie terrestre. La produzione di carne, uova, latticini e l’acquacoltura occupano infatti circa l’83% dei terreni agricoli del mondo, fornendo solo il 37% delle proteine e il 18% delle calorie. Inoltre, l’allevamento è uno dei principali motori della deforestazione, dell’estinzione di massa, del degrado del suolo, dell’inquinamento e dell’esaurimento delle risorse idriche.

Julie Janovsky, vicepresidente di Humane Society International per i programmi sugli animali allevati, ha detto: “Se vogliamo seriamente evitare la catastrofe climatica, è imperativo che i leader mondiali riconoscano e agiscano per arrestare tutti i principali motori del cambiamento climatico, inclusi gli allevamenti intensivi. Questo modello è insostenibile. Trasformare i sistemi alimentari globali verso diete maggiormente vegetali è una delle azioni più efficaci che possiamo intraprendere. La COP26 offre ai leader mondiali l’opportunità di prendere impegni significativi per affrontare il cambiamento climatico, ripristinare la biodiversità e contribuire a porre fine alla crudeltà causata dagli allevamenti intensivi”.

Alcuni dati:

  • Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, l’allevamento è “uno dei due o tre maggiori contribuenti ai più gravi problemi ambientali su ogni scala, da quella locale a quella globale.” (FAO)
  • Consumando meno prodotti di origine animale e più cibi vegetali, si può contribuire a proteggere le risorse idriche del mondo. Produrre carne, latte e uova richiede enormi quantità d’acqua: per la produzione di mangime, la pulizia dei recinti, gli animali, lo smaltimento dei loro rifiuti, la disinfezione delle attrezzature per la macellazione. Ad esempio, produrre 1 kg di pollo richiede in media 4.325 litri d’acqua, contro i 1.644 litri necessari per produrre 1 kg di cereali. (Hoekstra 2015)
  • Mangiare più pasti a base vegetale ridurrà la quantità di terreni destinati all’uso agricolo. In tutto il mondo, abbiamo bisogno di più terreni per allevare e nutrire gli animali che per qualsiasi altro scopo. Più del 97% della farina di soia e più del 60% dell’orzo e del mais prodotti a livello globale sono usati come mangimi per gli animali allevati. (FAO)
  • Il rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPPC) ha rivelato che la crisi climatica è destinata a peggiorare se le emissioni di gas serra continuano ad aumentare.
  • Secondo le previsioni entro il 2030, se non verrà intrapresa un’azione concreta, il settore dell’allevamento rappresenterà quasi la metà del bilancio mondiale di emissioni di gas serra consentito dagli obiettivi di limitare al di sotto di 1,5°C il riscaldamento medio globale. (Harwatt 2019)

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Contatto: Martina Pluda: 3714120885; mpluda@hsi.org

HSI lancia una nuova campagna per chiedere all'Italia di vietare l'importazione e l'esportazione di trofei di caccia

Humane Society International


Offroad and HSI 

ROMA–Humane Society International/Europe rafforza la sua battaglia contro la caccia al trofeo con una nuova campagna internazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica e fare pressione sui governi degli Stati membri dell’Unione Europea per vietare l’importazione, l’esportazione e la ri- esportazione dei trofei ricavati da specie minacciate e in via di estinzione. La campagna mette in luce la brutale realtà di questa pratica: impallinare, imbalsamare, imballare e consegnare trofei di caccia di animali protetti alle porte dell’Italia e di altri Stati membri dell’UE è una realtà terribile ma legale. La campagna di HSI/Europe chiede ai cittadini di prendere posizione e dire #NotInMyWorld.

Sebbene l’Unione Europea sia il secondo importatore di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti*, molti italiani potrebbero non sapere che è legale recarsi all’estero per cacciare specie minacciate e a rischio e riportarne a casa i corpi imbalsamati o parti di essi come “trofei”. L’uccisione mirata di specie iconiche come elefanti e leoni africani, rinoceronti, orsi polari, linci, trichechi, tigri allevate in cattività e orici dalle corna a scimitarra—una specie estinta in natura—sembra un problema remoto.

Anche se l’uccisione avviene in Africa, Nord America e Russia, la triste verità è che l’UE svolge un ruolo cruciale e letale quando si tratta della caccia al trofeo. Ciò che interessa ai i cacciatori europei è poter spedire i loro trofei a casa propria. Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato 437 trofei di caccia provenienti da specie protette a livello internazionale. A livello UE, il nostro paese è il primo importatore di trofei di ippopotami e il quarto importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica. Inoltre, l’Italia ha svolto un ruolo significativo nel commercio di trofei di elefanti africani, essendo il quinto importatore UE di questa specie.

La campagna #NotInMyWorld di HSI/Europe vuole informare i cittadini italiani che, ancora oggi, le zampe di elefante possono essere trasformate in vasi da fiore e posacenere, i colli di giraffa in lampade da terra e gli orsi polari in scendiletto. Tutto ciò, incredibilmente, legalmente. Secondo una recente indagine commissionata da HSI/Europe** l’86% degli italiani si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe, afferma: “L’Italiano non sarà nella posizione di fermare la raccapricciante uccisione di animali in altri paesi, ma possiamo scegliere di chiudere le nostre porte a questi trofei e chiedere alla politica di agire. Con #NotInMyWorld, esaminiamo il problema della caccia al trofeo da un’angolazione diversa, non concentrandoci su ciò che sta accadendo in altri paesi, ma dimostrando che proprio dall’UE contribuiamo al problema. L’impattante campagna parla chiaro: è eclatante il contrasto tra l’uccisione e l’importazione di animali protetti a livello internazionale e una società moderna in cui la conservazione delle specie selvatiche e la protezione della biodiversità dovrebbero essere in cima all’agenda politica. Se da un lato, l’Italia e l’UE sono parte del problema, possiamo anche essere parte della soluzione, fermando le importazioni ed esportazioni di trofei per e dal nostro paese”.

HSI/Europe ha sviluppato il concetto della campagna insieme all’agenzia creativa austriaca offroad communications, il cui soggetto principale è rappresentato da un’animazione 3D di un elefante e un di rinoceronte, completamente avvolti in carta da pacchi. Lo slogan è: Impallinati. Imbalsamati. Imballati. In consegna? L’hashtag della campagna dà la risposta diretta alla domanda provocatoria: #NotInMyWorld, perché uccidere per divertimento non dovrebbe avere posto nel cuore e nella mente delle persone.

Benjamin Remhof, responsabile del design di offroad communications, dichiara: “Le immagini della
campagna mostrano la drammatica realtà: cadaveri di animali in via di estinzione spediti in tutto il mondo per profitto e intrattenimento. Insieme all’hashtag della campagna #NotInMyWorld, lanciamo un messaggio forte e inequivocabile”.

Insieme alla pubblicazione del rapporto “I numeri della caccia al trofeo”, HSI/Europe ha lanciato una petizione diretta al Governo italiano, chiedendo un divieto totale di importazione, esportazione e riesportazione dei trofei di caccia.

Dal 15 settembre la campagna sarà live su tutti i canali di comunicazione di HSI/Europe, sulle principali
piattaforme mediatiche tradizionali e digitali e presente con azioni di mobilizzazione in luoghi chiave.

Il Governo italiano non può più chiudere gli occhi davanti a questa problematica. La caccia al trofeo non ha posto nella società moderna. L’uccisione di animali selvatici da parte di una piccola cerchia di cacciatori per ottenere trofei ha un impatto negativo sulle popolazioni di questi animali e sull’intera biodiversità, favorisce le disuguaglianze geopolitiche e non fornisce significativi vantaggi socioeconomici.

Per scaricare i materiali della campagna (creare account per il download): https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=TrophyHuntingIT0921

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Contatti:

*Tra il 2014 e il 2018 l’UE ha importato quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale.Di fronte a questi dati, l’uccisione per mero divertimento e il rischio d’estinzione di intere specie, sono temi chedevono essere inseritinell’agenda politica. Per sapere di piùsulla caccia al trofeo e sul ruolo dell’UE, consultare ilrapporto “I numeri della caccia al trofeo”.

**Un sondaggio rappresentativo, risalente almarzo 2021, dimostra che l’86% degli italiani si oppone alla caccia altrofeodi tutti gli animali selvatici e il 74% è favorevole a un divieto diesportazionee importazionedei trofei da e per l’Italia.

I principali attori del settore del beauty invitano i consumatori a firmare l’iniziativa dei cittadini europei promossa da People for the Ethical Treatment of Animals (PETA), Cruelty Free Europe, Humane Society International/Europe (HSI), Eurogroup for Animals e dalla European Coalition to End Animal Experiments (ECEAE)

Humane Society International


mustafagull/iStock.com

Dove e The Body Shop si sono uniti a PETA, Cruelty Free Europe, Humane Society International/Europe, Eurogroup for Animals e l’ECEAE (che rappresentano un totale di 100 organizzazioni di 26 stati membri dell’UE*) per mobilitare urgentemente 1 milione di cittadini europei e salvare i cosmetici cruelty-free in Europa; l’attuale divieto europeo sui test cosmetici sugli animali è a rischio.

Nel 2004, dopo decenni di campagne da parte dei consumatori, delle organizzazioni per la protezione degli animali e di diverse aziende, l’Unione Europea ha vietato i test sugli animali per i prodotti cosmetici. Nel 2009, ha vietato i test degli ingredienti dei cosmetici e, infine, nel 2013 ha vietato la vendita di cosmetici che erano stati testati sugli animali. L’approccio dell’UE è diventato il modello per il cambiamento normativo nei paesi di tutto il mondo.

L’ECHA propone nuovi test sugli animali per ingredienti che sono notoriamente sicuri.

Tuttavia, le recenti richieste di nuovi test animali, da parte dell’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) sono in contrasto con tali divieti e minacciano l’ulteriore progresso per il quale il Parlamento Europeo si sta coraggiosamente spendendo dal 2018: un divieto globale di tutti i test cosmetici sugli animali entro il 2023.

I nuovi test richiesti dall’ECHA sono per ingredienti che vengono usati dai consumatori e manipolati dai produttori in modo sicuro da molti anni. Se queste richieste persisteranno, milioni di animali potrebbero essere sottoposti a test crudeli, di fronte a metodi alternativi per ottenere i dati sulla sicurezza richiesti.

Il tempo di agire è ora.

I due marchi di bellezza e le ONG si sono uniti per coinvolgere i consumatori e agire per salvare il divieto europeo sui test cosmetici sugli animali, firmando un’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE). Si tratta di uno strumento, simile a una petizione, che dà ai cittadini europei la possibilità di contribuire a plasmare le politiche dell’UE, chiedendo alla Commissione Europea di proporre nuove leggi.

I test cosmetici sugli animali non sono necessari per garantirne la sicurezza. Esistono metodi scientifici moderni, rilevanti per l’uomo e che non prevedono l’uso di animali, che i ricercatori nel campo della sicurezza hanno sviluppato e utilizzato per decenni.

Unendo le loro voci contro i test per i prodotti di bellezza, The Body Shop, Dove e le organizzazioni per la protezione degli animali invitano i consumatori a firmare un’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), che chiede alla Commissione Europea di:

  1. Proteggere e rafforzare il divieto dei test cosmetici sugli animali

Avviare un cambiamento legislativo per garantire la protezione dei consumatori, dei lavoratori e dell’ambiente con riferimento a tutti gli ingredienti dei cosmetici senza svolgere nuovi test sugli animali.

  1. Trasformare il regolamento UE sulle sostanze chimiche

Garantire la protezione della salute umana e dell’ambiente attraverso la gestione delle sostanze chimiche senza richiedere ulteriori test sugli animali.

  1. Modernizzare la scienza normativa nell’UE

Impegnarsi, prima della fine dell’attuale mandato, a favore di una proposta legislativa che tracci una tabella di marcia per eliminare gradualmente tutti i test sugli animali nell’UE.

Insieme, brand e ONG, mirano a raggiungere 1 milione di firme in tempo record, inviando un chiaro messaggio: le richieste dell’ECHA per nuovi test sono in contrasto con la volontà dei cittadini dell’UE e con l’approccio, sostenuto dalla Commissione Europea, che prevede la sperimentazione animale come ultima ratio.

Ma non possono farlo da soli.

I cittadini europei hanno la possibilità di firmare l’ICE e dire alla Commissione che non accetteranno promesse non mantenute dall’Europa, o regolamenti che fanno soffrire e morire gli animali per i cosmetici.

Le organizzazioni per la protezione degli animali dichiarano: “I sondaggi dimostrano che tre quarti dei cittadini adulti dell’UE concordano che i test sugli animali per i prodotti di cosmetica e i loro ingredienti sono inaccettabili in tutte le circostanze. Inoltre, il 70% sostiene un piano di eliminazione graduale per tutti i test sugli animali. È triste dover combattere nuovamente una battaglia che i cittadini europei pensavano di aver già vinto. Con un’ICE di successo possiamo fare in modo che i decisori ascoltino, possiamo proteggere i divieti esistenti e sostenere un’azione decisa per porre fine alla sofferenza degli animali nei laboratori dell’UE per sempre[1].”

Dove ha lavorato per 15 anni per apportare cambi positivi all’industria della bellezza, iniziando con la “Campagna per la Bellezza Autentica” e lanciando il più grande programma per l’autostima al mondo. Come marchio orgogliosamente certificato cruelty-free, Dove ha sostenuto i divieti globali per porre definitivamente fine ai test sugli animali in tutto il mondo, lavorando al fianco di legislatori, organizzazioni per la protezione degli animali e aziende che la pensano allo stesso modo nel raggiungimento di questo obiettivo.

Firdaous El Honsali, Senior Director of Global Communications and Sustainability per Dove, afferma: “Da Dove, ci opponiamo con convinzione alla crudeltà sugli animali. Crediamo fermamente che non ci sia posto per testare i prodotti di bellezza o i loro ingredienti sugli animali e siamo pionieri da molti anni nell’uso di alternative sicure e senza crudeltà, per valutare la sicurezza dei prodotti e degli ingredienti. Questo impegno ci spinge a intraprendere un’azione urgente per proteggere il divieto dei test sugli animali nell’UE. Insieme ai nostri partner, The Body Shop e i principali gruppi per la protezione degli animali, esortiamo sia i nostri colleghi dell’industria della bellezza, sia il grande pubblico, a prestare la loro voce alla lotta per porre fine ai test sugli animali nell’UE una volta per tutte, firmando questa iniziativa dei cittadini europei.”

The Body Shop si è impegnato senza sosta contro la pratica dei test cosmetici sugli animali dal 1989, aiutando a guidare la carica verso l’attuale divieto in Europa.

Christopher Davis, Global CSR and Activism Director, per The Body Shop International, aggiunge: “The Body Shop è stato il primo marchio globale del beauty a lottare contro i test cosmetici sugli animali e questo impegno è stato al centro delle nostre campagne per oltre tre decenni. Il nostro lavoro, assieme ai diversi partner della campagna Cruelty Free International, ha portato al divieto dell’Unione Europea del 2013. Oggi, stiamo richiamando l’UE – il più grande mercato della cosmetica al mondo – a mantenere la promessa pionieristica che ha fatto. Siamo orgogliosi di collaborare con Dove e di unire la nostra voce a quella di tutti coloro che agiscono per una fine globale della sperimentazione animale per i cosmetici, a sostegno di questa iniziativa dei cittadini europei.”

NOTE PER I REDATTORI

*Le organizzazioni per la protezione degli animali coinvolte nell’iniziativa dei cittadini europei:

  • People for the Ethical Treatment of Animals e le sue sedi in Germania, Francia e Paesi Bassi
  • Cruelty Free Europe
  • Humane Society International/Europe e le sue sedi in Germania, Italia, Polonia e Romania
  • Eurogroup for Animals
  • European Coalition to End Animal Experiments

[1] https://comresglobal.com/polls/cruelty-free-europe-animal-testing-in-the-eu/ A European wide survey among the public to gauge perceptions of animal testing in the EU.

Humane Society International e LIFE salvano 66 cani che verranno dati in adozione negli Stati Uniti e in Canada

Humane Society International


Nara Kim di HSI mentre salva cuccioli di Jindo durante la chiusura dell’allevamento di cani da carne sull’Isola di Jindo, ad agosto 2021.

SEOUL—Un allevamento di cani da carne sulla famosa isola di Jindo, in Corea del Sud, ha chiuso definitivamente i battenti dopo aver allevato e macellato cani dell’omonima razza, destinati al consumo umano, per più di 20 anni, nonostante si trattasse della razza canina nazionale del paese. La chiusura è avvenuta grazie all’accordo raggiunto con Humane Society International/Corea e il gruppo coreano per la protezione degli animali LIFE. L’allevatore sessantaseienne, gestore anche di un ristorante locale nel quale i suoi stessi cani erano sul menu, è stato trovato dalle autorità locali in violazione della Legge per la protezione degli animali, dopo le segnalazioni dei residenti della zona, insospettiti dai guaiti di terrore degli animali. Invece di spostare i propri affari altrove, l’allevatore ha firmato un contratto con LIFE con il quale si è impegnato a rinunciare per sempre all’allevamento di cani e a rimuovere la carne di cane dal menu del proprio ristorante.

LIFE e HSI/Corea hanno salvato tutti i 66 cani e cuccioli di Jindo trovati in piccole gabbie metalliche, nell’allevamento. Il loro destino sarebbe stato quello dell’elettrocuzione e della macellazione. Humane Society International/Corea, che ha già chiuso altri 17 allevamenti di cani da carne nel paese, sta facendo pressione politica per porre finalmente fine all’industria della carne di cane in Corea del Sud.

Nara Kim, campaigner di HSI/Corea, ha dichiarato: “Tutti i cani di questo allevamento sono di razza Jindo, che dovrebbe essere la razza nazionale coreana. Invece, questi poveri cani sono stati rinchiusi in luride gabbie metalliche, nutriti con gli avanzi dei ristoranti; sono state negate loro anche le cure più elementari e la minima gentilezza umana. Da orgogliosa coreana sono sempre sconvolta dalla crudeltà degli allevamenti di cani da carne ma è stato particolarmente scioccante vedere la razza canina più rappresentativa del nostro paese sfruttata in questo modo, sull’Isola di Jindo. Ho pianto quando ho visto il macello. Nel luogo della loro elettrocuzione c’era una grande pila di collari di tutti gli animali che sono stati uccisi. Per fortuna, insieme ai nostri colleghi di LIFE, siamo riusciti a far uscire questi cani da quel posto orribile e ad assicurare che lì nessun animale soffrirà più. Le autorità perseguiranno anche le accuse di crudeltà mosse contro l’allevatore. Poiché, attualmente, la Legge per la protezione degli animali offre poca protezione ai cani allevati per la loro carne, è incoraggiante vedere le forze dell’ordine far leva su quelle poche norme a loro disposizione. Ad ogni modo per porre fine definitivamente a questa industria brutale, continueremo a fare pressione per un divieto di allevamento, macellazione e vendita di cani da carne”.

In-Seob Sim, presidente di LIFE, ha affermato: “Provo enorme rabbia. Ci vantiamo di questa razza come il nostro cane nazionale, ma allo stesso tempo i Jindo vengono serviti in tavola. Questo è un esempio della doppiezza degli esseri umani ma anche delle contraddizioni all’interno della società coreana. C’è davvero differenza tra un cane Jindo da compagnia e un cane Jindo definito commestibile come i commercianti di carne di cane vogliono farci pensare? La risposta è no. Sono entrambi gli stessi cani e animali domestici”.

Il 10 di agosto, in Corea del Sud, si è conclusa la stagione estiva di Boknal. Si tratta di un periodo in cui la zuppa di carne di cane o “bosintang” viene consumata più spesso e in cui, in tutto il paese, vengono uccise decine di migliaia di cani allevati per la loro carne. Anche se i sondaggi mostrano che la maggior parte dei coreani (84%) non consuma carne di cane, tra i coreani che la mangiano, il 70% lo fa durante il Boknal, nella convinzione che possa aiutare ad alleviare gli effetti del caldo soffocante dell’estate.

Durante il Boknal di quest’anno, HSI/Corea ha collaborato con diversi chef vegani e con i ristoranti Baek-rin Ahn, Nammi Plant Lab e Jung-won Park (Haru Vegan) per incoraggiare i consumatori a sostituire la zuppa di carne di cane con deliziose ricette a base vegetale. Ogni chef ha reinterpretato il cibo tipico del Boknal, incorporando molti degli ingredienti che si trovano tradizionalmente nel “bosintang”, in maniera fresca e completamente vegetale.

Il salvataggio dei cani da parte di LIFE e HSI/Corea segue l’annuncio del mese scorso, da parte del Ministero della Giustizia coreano che l’articolo 82 del Codice civile verrà modificato per chiarire che “gli animali non sono oggetti”. Humane Society International/Corea accoglie con favore questa proposta ma sottolinea che le condizioni deplorevoli di quest’ultimo allevamento di cani da carne dimostrano quanto sia vitale vietare questa crudele industria. Nara Kim ha detto: “Spero che il riconoscimento legale degli animali quali individui la cui vita è da proteggere, porti finalmente alla chiusura di tutti gli allevamenti di cani da carne”.

Humane Society International/Corea ha salvato più di 2.500 cani, da 17 allevamenti, che oggi vivono con le loro nuove famiglie negli Stati Uniti, in Canada e nel Regno Unito. Ora, i 66 Jindo di quest’ultimo salvataggio verranno trasferiti in un rifugio partner in Corea del Sud dove riceveranno le prime cure veterinarie, le vaccinazioni e i test medici necessari per viaggiare oltreoceano. Quando saranno in grado di volare, e le restrizioni legate al Covid-19 lo permetteranno, HSI porterà i cani in Nord America dove inizierà la ricerca di nuove sistemazioni.

 Alcuni dati:     

  • Si stima che da 1 a 2 milioni di cani vivano in migliaia di allevamenti in tutta la Corea del Sud.
  • Oltre ai Jindo e ai mastini tipicamente allevati per la loro carne, molti allevamenti di cani allevano anche Labrador, Golden retriever, Cocker spaniel, Husky, Beagle e altre razze.
  • Nel 1962, il governo sudcoreano ha designato il Jindo come il 53° monumento naturale del paese, assicurandogli nominalmente protezione secondo la Legge per la protezione del patrimonio culturale.
  • La maggior parte dei sudcoreani non consuma carne di cane, e una porzione crescente della popolazione considera i cani come animali da compagnia. Secondo una stima del Ministero dell’agricoltura, dell’alimentazione e degli affari rurali, nel 2020, 6,38 milioni di famiglie sudcoreane (pari al 28% delle famiglie) hanno avuto animali da compagnia.
  • Le recenti azioni delle autorità per frenare l’industria della carne di cane includono la chiusura, nel novembre 2018, del macello di cani Taepyeong (il più grande del paese) da parte del Consiglio Comunale di Seongnam, seguita nel luglio 2019 dalla chiusura del mercato di Gupo a Busan. A ottobre 2019 il sindaco di Seoul ha dichiarato la città “libera dalla macellazione dei cani”.
  • Le operazioni per la chiusura di questo allevamento sono state condotte nel rispetto delle norme di sicurezza legate al Covid-19. La squadra di HSI è stata in quarantena per 14 giorni, in un hotel autorizzato. Dopo la chiusura di un allevamento, l’organizzazione effettua un test veterinario per escludere la presenza del virus H3N2 (influenza canina) e somministrare i vaccini contro la rabbia, il DHPP, il coronavirus canino, il cimurro e il parvovirus. I cani vengono poi messi in quarantena per almeno 30 giorni prima di ricevere l’idoneità per il trasporto all’estero.

Foto e video del salvataggio (creare account per il download).

FINE

Contatto: Martina Pluda: 3714120885; mpluda@hsi.org

La morte di Mopane ricorda tristemente quella di Cecil

Humane Society International


Chris Upton/Alamy Stock Photo

ROMA—Un possente leone di nome Mopane sarebbe stato ucciso da un cacciatore americano fuori dal Parco Nazionale di Hwange, nello Zimbabwe, la scorsa settimana. La morte di Mopane ha suscitato proteste internazionali; i dettagli emersi sulla sua uccisione sarebbero simili a quelli del leone Cecil, ucciso nel 2015 nella stessa zona. Con la sua imponente criniera, Mopane era ben noto alle guide turistiche locali e ai turisti internazionali che visitavano la zona per ammirare la sua bellezza.

Proprio come il tredicenne Cecil, adescato con una carcassa di elefante, fonti riferiscono che Mopane, maschio di circa 12 anni, è stato probabilmente attirato fuori dal Parco Nazionale di Hwange con un’esca e ucciso nello stesso posto, su un terreno adiacente al Parco. Come Cecil che guidava un branco di leoni, Mopane era noto per aver formato una coalizione con un altro leone maschio di nome Sidhule. Insieme formavano un branco con due femmine adulte e sei leoni di circa 16-18 mesi. La gente del posto temeva che Sidhule e Mopane sarebbero stati presi di mira dai cacciatori di trofei e hanno avviato una petizione per proteggerli. Sfortunatamente, Sidhule è caduto vittima di un cacciatore di trofei ed è stato ucciso nel 2019, esattamente due anni fa questo mese.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe afferma: “La depravazione che sta alla base della caccia ai trofei è evidente. Ma la terribile verità è che anche in Italia il governo facilita la caccia ai trofei di specie minacciate e in via di estinzione attraverso la mancata implementazione di divieti di importazione, esportazione e riesportazione di quei trofei, permettendo di continuare questo spargimento di sangue. Esortiamo quindi l’Italia ad agire in tal senso, a protezione di tutte le specie che vengono cacciate per divertimento all’estero e trasportate da e verso il nostro paese per raccapriccianti esibizioni. Ci stiamo lavorando concretamente su tutti i livelli e abbiamo lanciato una petizione #NotInMyWorld.“

Purtroppo, le uccisioni di Cecil e di Mopane non sono anomalie. Tra il 2009 e il 2018, 7.667 trofei di leoni sono stati commerciati a livello internazionale, anche negli Stati Uniti e nell’Unione Europea.

Informazioni aggiuntive:

  • Si stima che in Africa rimangano allo stato brado 000 leoni adolescenti.
  • I leoni sono specie infanticide. L’infanticidio si verifica quando i maschi adulti si impossessano di un nuovo territorio e uccidono i cuccioli che ci vivono per aumentare le opportunità di accoppiamento con le femmine-madri del nuovo
  • La rimozione dei leoni provocata dall’uomo, come la caccia ai trofei, disgrega il gruppo sociale e provoca l’infanticidio.
  • Mentre gli Stati Uniti sono il più grande importatore di trofei di caccia, l’UE ha superato gli Stati Uniti come il più grande importatore di trofei di leoni tra il 2016 e il 2018 secondo un nuovo rapporto di HSI/Europe.
  • A livello UE, l’Italia è il primo importatore di trofei di ippopotamo e il quarto più grande importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica

Foto e video (creare account per il download)

FINE

Contatti:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia: emheinen.hsi@gmail.com
  • Martina Pluda, Direttrice per l‘Italia: mpluda@his.org; 371.4120885

Giornata storica frutto del lavoro di 170 ONG di tutta Europa di cui 21 italiane

Humane Society International


HSI

ROMA/BRUXELLESOggi, in una giornata storica per la protezione degli animali, la Commissione UE si è impegnata a eliminare gradualmente le gabbie negli allevamenti di animali in tutta l’UE entro il 2027. 

La Commissione prevede di vietare le gabbie per galline, scrofe, vitelli, conigli, anatre, oche e altri animali – oltre 300 milioni ogni anno in UE – con un’eliminazione graduale ma totale entro il 2027. La Commissaria europea per la salute Stella Kyriakides e la Vicepresidente della Commissione Věra Jourová lo hanno annunciato durante una conferenza stampa sulla risposta della Commissione all’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age”. L’ICE, che è la prima iniziativa di successo per gli animali d’allevamento, è stata firmata da ben 1,4 milioni di cittadini europei. 

La Commissione ha annunciato che intende “presentare una proposta legislativa entro la fine del 2023 per eliminare gradualmente e vietare definitivamente l’uso delle gabbie per tutte le specie e categorie di animali menzionate nell’iniziativa”. Affronterà anche la questione dei prodotti importati da paesi extra UE, impegnandosi a studiare “l’introduzione di regole o standard per i prodotti importati che siano equivalenti a quelli dell’UE”. Entro la fine del prossimo anno, la Commissione valuterà i dettagli della proposta legislativa che sarà presentata nel 2023 e che avrà bisogno dell’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’UE.

Le associazioni italiane che hanno promosso l’Iniziativa – Amici della terra Italia, Animal Aid, Animal Equality, Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, HSI/Europe – Italia, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’abolizione della caccia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, LEIDAA, OIPA, Partito Animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus, Lumen- hanno dichiarato: Il giorno tanto atteso è finalmente arrivato! Oggi la Commissione europea ha preso una decisione storica per migliorare le condizioni degli animali negli allevamenti europei. I cittadini hanno chiesto un cambiamento e la Commissione ha recepito il messaggio forte e chiaro, prendendo un impegno inequivocabile e visionario per eliminare gradualmente le gabbie.”

“Questo rappresenta il cambiamento più grande nel sistema di sfruttamento degli animali per numero di animali coinvolti. L’annuncio di oggi rappresenta uno storico passo verso l’abolizione delle gabbie per 300 milioni di animali e pone un’importante pietra per il superamento dello sfruttamento degli animali a scopo alimentare. Resteremo concentrati sulle istituzioni europee fino a quando non realizzeranno questo progetto e saremo vigili per impedire che altri interessi ne moderino l’ambizione.”

“L’allevamento intensivo è la più grande crudeltà nei confronti di miliardi di animali – esseri senzienti – confinati in questi luoghi in tutto il mondo. Porre fine all’uso delle gabbie è un passo importante verso la fine dell’allevamento intensivo”.

L’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) End the Cage Age è stata lanciata l’11 settembre 2018 e si è chiusa esattamente un anno dopo, avendo ottenuto oltre 1,6 milioni di firme. Dopo il periodo di convalida delle firme, l’ICE ha superato facilmente la soglia richiesta di 1 milione di firme, con un totale di 1.397.113 firme validate in tutta Europa. Ha anche superato la soglia minima di firme in 18 stati membri dell’UE, sui sette richiesti. Questo rende l’ICE End the Cage Age:

  • la sesta ICE ad avere successo tra le 75 iniziative registrate negli ultimi dieci anni,
  • la terza con il più alto numero di firme,
  • la prima ICE di successo sul benessere degli animali d’allevamento.

Questa giornata storica è il frutto del lavoro di una coalizione di 170 ONG di tutta Europa di cui 21 italiane.

Note per i redattori:

1.               Per maggiori informazioni su End the Cage Age ECI, visitare:

https://www.endthecageage.eu/

2.               Per la comunicazione completa della Commissione Europea su End the Cage Age, visitare:

https://europa.eu/citizens-initiative/media/1085_en

FINE

Contatto:

 Martina Pluda: Direttrice per l’Italia – mpluda@hsi.org; 3714120885

L’Italia importa centinaia di trofei di caccia compresi leoni africani, elefanti e rinoceronti neri

Humane Society International


Cathy Smith

ROMA—Un nuovo rapporto, pubblicato nella settimana che segna il sesto anniversario dell’uccisione del leone Cecil in Zimbabwe da parte di un cacciatore di trofei americano, rivela che l’Unione Europea è il secondo importatore di trofei di caccia al mondo, dopo gli Stati Uniti. “I numeri della caccia al trofeo: Il ruolo dell’Unione Europea nella caccia al trofeo a livello mondiale” pubblicato da Humane Society International/Europe, mostra che, tra il 2014 e il 2018, i paesi dell’UE hanno importato quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale , una media di quasi 3.000 trofei ogni anno, tra cui leoni africani, elefanti africani e rinoceronti neri in pericolo di estinzione. Sono stati importati anche zebre, ghepardi, pecore Argali dell’Asia quasi minacciate d’estinzione e orsi polari classificati come vulnerabili. Germania, Spagna e Danimarca contribuiscono con il 52% di tutti i trofei importati. Nel quinquennio analizzato, l’UE ha importato trofei prelevati da 889 leoni africani, 229 dei quali uccisi in libertà come Cecil.

Durante questi cinque anni, l’Italia ha importato 322 trofei di caccia di 22 specie di mammiferi elencate nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), come leopardi africani (29), orsi polari (3), lupi grigi (2), ghepardi (1) e l’Addax in pericolo di estinzione. (1). In particolare, l’Italia è il primo importatore UE di trofei di ippopotamo (145) e il quarto più grande importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica. Inoltre, il nostro paese ha svolto un ruolo significativo a livello UE nel commercio di trofei di elefanti africani, essendo il quinto importatore UE di questa specie.

Sebbene l’attenzione dei media tende a concentrarsi su casi che coinvolgono cacciatori di trofei statunitensi, come l’uccisione di Cecil da parte del dentista Walter Palmer o il selfie con la giraffa morta di Rebecca Francis, il rapporto di HSI dimostra che spesso il ruolo dei cacciatori dell’UE in questo passatempo mortale viene sottovalutato. Gli europei, e anche gli italiani, si recano regolarmente all’estero per uccidere specie iconiche e portarne a casa parti del corpo da esporre.

L’analisi completa di HSI dei dati commerciali della CITES mostra che una media di 2.982 trofei vengono importati dall’UE ogni anno, un numero che equivale a più di 8 trofei ogni giorno. I numeri delle importazioni di trofei sono cresciuti costantemente di quasi il 40% tra il 2014 e il 2018, nonostante i sondaggi di opinione mostrino che la stragrande maggioranza dei cittadini dell’UE (oltre l’80%) si oppone alla caccia ai trofei e vuole porre fine alle importazioni di trofei. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, secondo un sondaggio commissionata da HSI/Europe a Savanta ComRes, l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici. Inoltre, l’88% concorda sul fatto che agli italiani non debba essere consentito importare trofei di caccia da altri paesi e il 74% è favorevole a un divieto totale di esportazione ed importazione di trofei di animali morti da e per l’Italia.

Le statistiche sulle importazioni di trofei dell’UE per i singoli animali (2014-2018) includono:

  • 3,119 zebre di montagna di Hartmann;
  • 1,751 babbuini neri;
  • 1,415 orsi neri americani;
  • 1,056 orsi bruni, di cui 13 in Italia;
  • 952 elefanti africani, di cui 65 in Italia;
  • 889 leoni africani, di cui 22 in Italia (660 erano leoni allevati in cattività)
  • 839 leopardi africani, di cui 29 in Italia;
  • 794 ippopotami, di cui 145 in Italia;
  • 480 caracal;
  • 415 lichi rossi;
  • 297 ghepardo – l’UE è il più grande importatore di trofei di ghepardi al mondo, di cui 1 in Italia;
  • 65 orso polare, di cui 3 in Italia;
  • 6 trofei di rinoceronti neri in pericolo di estinzione, di cui 1 in Italia.

Mentre Germania, Spagna, Danimarca, Austria, Svezia, Francia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia sono i principali stati membri dell’UE importatori di trofei, l’Italia è stata uno dei cinque paesi ad aver importato almeno 1 trofeo di rinoceronte nero in pericolo critico di estinzione, contribuendo al 17% delle importazioni UE di questa specie. Namibia, Sud Africa, Canada, Russia, Argentina, Kirghizistan e Stati Uniti rappresentano i primi paesi esportatori verso l’UE.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, afferma: “I cacciatori di trofei dell’UE uccidono per divertimento molte migliaia di animali selvatici in tutto il mondo, comprese le specie in via di estinzione o minacciate, e l’Italia è una destinazione importante per i trofei. Oltre alla crudeltà, mentre il mondo sta affrontando una crisi della biodiversità, è irresponsabile consentire alle élite ricche di sparare alle specie in pericolo per puro piacere. Impallinare, imbalsamare, imballare, farsi consegnare ed esporre a casa gli animali uccisi e loro parti del corpo, è ciò che motiva questi cacciatori. Un divieto d’importazione dei trofei in più paesi dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare l’uccisione di questi animali. Chiediamo all’Italia di introdurre un divieto di importazione, esportazione e riesportazione di tutte le specie che vengono uccise per divertimento all’estero e trasportate da e verso il paese per essere tristemente esposte”.

La caccia ai trofei non ha alcuna rilevanza per la conservazione o per il sostegno alle comunità locali. I cacciatori pagano enormi somme di denaro per uccidere gli animali più forti e imponenti per divertimento, esibizionismo e vanto. Inseriscono i loro successi nei registri tenuti dalle organizzazioni di caccia ai trofei, come ad esempio il Safari Club International che attribuisce punti per l’uccisione degli animali più grandi. Gli studi dimostrano che in genere solo il 3% delle entrate ricavate dalla caccia ai trofei viene destinato alle comunità locali. L’ecoturismo per l’osservazione della fauna selvatica genera molto più reddito e posti di lavoro per sostenere la conservazione e l’occupazione locale.

Martina Pluda di HSI in Italia afferma: “Uccidere gli animali più grandi o più forti, che svolgono un importante ruolo, mette a rischio la conservazione delle specie, sconvolge le strutture sociali di mandrie, branchi e gruppi e indebolisce i pool genetici delle popolazioni selvatiche che già vivono sotto continua e forte minaccia. L’argomento della conservazione è una farsa messa in circolazione da persone che sanno che è sgradevole semplicemente ammettere che provano piacere nelll’uccidere animali per divertimento e selfie. Con così tanto in gioco, e la stragrande maggioranza dei cittadini italiani contrari all’uccisione, è tempo che l’Italia adotti misure efficaci”.

Alcuni paesi europei hanno adottato un numero ancora limitato di misure per frenare le importazioni di trofei di caccia. Oltre al divieto della Francia di importare trofei di leoni nel 2015, i Paesi Bassi hanno vietato l’importazione di trofei di oltre 200 specie nel 2016. Nel febbraio 2021 il primo ministro del Regno Unito ha espresso l’intenzione del suo governo di porre fine all’importazione di trofei e nel marzo di quest’anno il parlamento finlandese ha presentato una mozione che propone un divieto di importazione di trofei. Il rapporto di HSI/Europe rivela la misura impressionante in cui i paesi dell’UE favoriscono l’industria globale della caccia ai trofei. Questo dovrebbe ispirare gli Stati membri a introdurre divieti totali il più rapidamente possibile.

Link alla petizione italiana #NonNelMioMondo lanciata oggi da HSI/Europe per chiedere all’Italia di mettere fine alle crudeli esportazioni e importazioni dei trofei di caccia e all’uccisione di animali protetti: https://action.hsi-europe.org/bastacacciaaltrofeo

Foto e video (creare account per il download):
https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=TrophyHuntingReport0621

INVITO STAMPA
Il 30 giugno p.v., HSI/Europe ospiterà l’evento online ” Trophy Hunting: Conservation tool, or a threat to wildlife? (Caccia ai trofei: strumento di conservazione o una minaccia per la fauna selvatica?)”, in collaborazione con MEPs for Wildlife e altre ONG. Presentato dall’eurodeputata Manuela Ripa (Verdi/EFA, Germania), e con interventi della dott.ssa Audrey Delsink (biologa specializzata in elefanti africani di HSI), della dott.ssa Paula Kahumbu (CEO di WildlifeDirect), dell’avvocato ambientale Lenin Tinashe Chisaira, di Jorge Rodriguez (DG Environment) e del dott. David Scallan (European Federation for Hunting and Conservation), l’evento porrà la domanda se la caccia ai trofei eserciti una pressione insostenibile sulle specie in via di estinzione o, come affermato i suoi esponenti, contribuisca alla conservazione della fauna selvatica e alle popolazioni locali. Per partecipare, HSI invita a
registrarsi al seguente link: https://www.eventbrite.co.uk/e/trophy-hunting-conservation-tool-or-a-threat-to-wildlife-tickets-155634080725

FINE

Contatti:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & Press Manager Italia: emheinen.hsi@gmail.com
  • Martina Pluda, Direttrice per l‘Italia: mpluda@his.org; 3714120885

Note:

HSI/Europe ha ottenuto i dati per questo rapporto dal sito web WCMC-CITES Trade Database (https://trade.cites.org/) il 4 marzo 2021. Sono stati analizzati i dati commerciali per gli anni 2014-2018, filtrando per le specie di mammiferi (“Classe” = “Mammalia”) e utilizzando tabelle comparative, con le importazioni calcolate sulla base della quantità segnalata dall’importatore e le esportazioni calcolate sulla base della quantità segnalata dall’esportatore. Per stimare il numero totale di mammiferi commerciati come trofei, sono stati analizzati diversi termini: il termine “trofeo” per scopi “personali” e “trofeo di caccia” per tutte le specie, così come i termini specifici per ogni specie (come “corpi”, “pelli”, “tappeti”, ecc.) per lo scopo “trofeo di caccia”.

Un sondaggio di opinione rappresentativo condotto nel marzo 2021 e commissionato da HSI/Europe ha raccolto opinioni in Spagna, Italia, Danimarca, Germania e Polonia. I risultati rivelano che l’85% degli intervistati non supporta la caccia ai trofei di specie protette a livello internazionale. Una percentuale simile (81%) ritiene inoltre che le persone non dovrebbero essere autorizzate a importare trofei di animali morti da altri paesi. In Italia sono stati intervistati un totale di 2.168 adulti italiani.

Dal 2016, l’UE ha superato gli Stati Uniti come il più grande importatore al mondo di trofei di leoni allevati in cattività dopo che gli Stati Uniti hanno inserito il leone africano nel suo Endangered Species Act.

L’UE è anche un esportatore di trofei di caccia, comprese specie straniere e specie autoctone rigorosamente protette dalla direttiva Habitat dell’UE. I trofei più significativi esportati dall’UE provenivano dall’orso bruno, dalla pecora berbera, dal leopardo africano, dall’ippopotamo, dalla zebra di montagna di Hartmann, dal lupo grigio e dall’elefante africano. I primi cinque stati membri dell’UE che esportano trofei di mammiferi di specie UE e non UE sono stati Romania, Francia, Spagna, Danimarca e Croazia. Durante il periodo di analisi, l’UE ha esportato 246 trofei di orso bruno, 9 trofei di lince eurasiatica (Lynx lynx) e 35 trofei di lupo grigio. I principali paesi di origine per i trofei di orso bruno esportati dall’UE sono stati Romania, Svezia, Croazia, Germania e Slovenia, mentre i principali paesi di origine per i trofei di lince eurasiatica esportati dall’UE sono stati Svezia, Russia e Lettonia. Romania, Spagna, Bulgaria, Lettonia e Russia sono stati i principali paesi di origine dei trofei di lupo grigio esportati dall’UE.

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