L’Italia importa centinaia di trofei di caccia compresi leoni africani, elefanti e rinoceronti neri

Humane Society International


Cathy Smith

ROMA—Un nuovo rapporto, pubblicato nella settimana che segna il sesto anniversario dell’uccisione del leone Cecil in Zimbabwe da parte di un cacciatore di trofei americano, rivela che l’Unione Europea è il secondo importatore di trofei di caccia al mondo, dopo gli Stati Uniti. “I numeri della caccia al trofeo: Il ruolo dell’Unione Europea nella caccia al trofeo a livello mondiale” pubblicato da Humane Society International/Europe, mostra che, tra il 2014 e il 2018, i paesi dell’UE hanno importato quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale , una media di quasi 3.000 trofei ogni anno, tra cui leoni africani, elefanti africani e rinoceronti neri in pericolo di estinzione. Sono stati importati anche zebre, ghepardi, pecore Argali dell’Asia quasi minacciate d’estinzione e orsi polari classificati come vulnerabili. Germania, Spagna e Danimarca contribuiscono con il 52% di tutti i trofei importati. Nel quinquennio analizzato, l’UE ha importato trofei prelevati da 889 leoni africani, 229 dei quali uccisi in libertà come Cecil.

Durante questi cinque anni, l’Italia ha importato 322 trofei di caccia di 22 specie di mammiferi elencate nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), come leopardi africani (29), orsi polari (3), lupi grigi (2), ghepardi (1) e l’Addax in pericolo di estinzione. (1). In particolare, l’Italia è il primo importatore UE di trofei di ippopotamo (145) e il quarto più grande importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica. Inoltre, il nostro paese ha svolto un ruolo significativo a livello UE nel commercio di trofei di elefanti africani, essendo il quinto importatore UE di questa specie.

Sebbene l’attenzione dei media tende a concentrarsi su casi che coinvolgono cacciatori di trofei statunitensi, come l’uccisione di Cecil da parte del dentista Walter Palmer o il selfie con la giraffa morta di Rebecca Francis, il rapporto di HSI dimostra che spesso il ruolo dei cacciatori dell’UE in questo passatempo mortale viene sottovalutato. Gli europei, e anche gli italiani, si recano regolarmente all’estero per uccidere specie iconiche e portarne a casa parti del corpo da esporre.

L’analisi completa di HSI dei dati commerciali della CITES mostra che una media di 2.982 trofei vengono importati dall’UE ogni anno, un numero che equivale a più di 8 trofei ogni giorno. I numeri delle importazioni di trofei sono cresciuti costantemente di quasi il 40% tra il 2014 e il 2018, nonostante i sondaggi di opinione mostrino che la stragrande maggioranza dei cittadini dell’UE (oltre l’80%) si oppone alla caccia ai trofei e vuole porre fine alle importazioni di trofei. In particolare, per quanto riguarda l’Italia, secondo un sondaggio commissionata da HSI/Europe a Savanta ComRes, l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici. Inoltre, l’88% concorda sul fatto che agli italiani non debba essere consentito importare trofei di caccia da altri paesi e il 74% è favorevole a un divieto totale di esportazione ed importazione di trofei di animali morti da e per l’Italia.

Le statistiche sulle importazioni di trofei dell’UE per i singoli animali (2014-2018) includono:

  • 3,119 zebre di montagna di Hartmann;
  • 1,751 babbuini neri;
  • 1,415 orsi neri americani;
  • 1,056 orsi bruni, di cui 13 in Italia;
  • 952 elefanti africani, di cui 65 in Italia;
  • 889 leoni africani, di cui 22 in Italia (660 erano leoni allevati in cattività)
  • 839 leopardi africani, di cui 29 in Italia;
  • 794 ippopotami, di cui 145 in Italia;
  • 480 caracal;
  • 415 lichi rossi;
  • 297 ghepardo – l’UE è il più grande importatore di trofei di ghepardi al mondo, di cui 1 in Italia;
  • 65 orso polare, di cui 3 in Italia;
  • 6 trofei di rinoceronti neri in pericolo di estinzione, di cui 1 in Italia.

Mentre Germania, Spagna, Danimarca, Austria, Svezia, Francia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia sono i principali stati membri dell’UE importatori di trofei, l’Italia è stata uno dei cinque paesi ad aver importato almeno 1 trofeo di rinoceronte nero in pericolo critico di estinzione, contribuendo al 17% delle importazioni UE di questa specie. Namibia, Sud Africa, Canada, Russia, Argentina, Kirghizistan e Stati Uniti rappresentano i primi paesi esportatori verso l’UE.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, afferma: “I cacciatori di trofei dell’UE uccidono per divertimento molte migliaia di animali selvatici in tutto il mondo, comprese le specie in via di estinzione o minacciate, e l’Italia è una destinazione importante per i trofei. Oltre alla crudeltà, mentre il mondo sta affrontando una crisi della biodiversità, è irresponsabile consentire alle élite ricche di sparare alle specie in pericolo per puro piacere. Impallinare, imbalsamare, imballare, farsi consegnare ed esporre a casa gli animali uccisi e loro parti del corpo, è ciò che motiva questi cacciatori. Un divieto d’importazione dei trofei in più paesi dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare l’uccisione di questi animali. Chiediamo all’Italia di introdurre un divieto di importazione, esportazione e riesportazione di tutte le specie che vengono uccise per divertimento all’estero e trasportate da e verso il paese per essere tristemente esposte”.

La caccia ai trofei non ha alcuna rilevanza per la conservazione o per il sostegno alle comunità locali. I cacciatori pagano enormi somme di denaro per uccidere gli animali più forti e imponenti per divertimento, esibizionismo e vanto. Inseriscono i loro successi nei registri tenuti dalle organizzazioni di caccia ai trofei, come ad esempio il Safari Club International che attribuisce punti per l’uccisione degli animali più grandi. Gli studi dimostrano che in genere solo il 3% delle entrate ricavate dalla caccia ai trofei viene destinato alle comunità locali. L’ecoturismo per l’osservazione della fauna selvatica genera molto più reddito e posti di lavoro per sostenere la conservazione e l’occupazione locale.

Martina Pluda di HSI in Italia afferma: “Uccidere gli animali più grandi o più forti, che svolgono un importante ruolo, mette a rischio la conservazione delle specie, sconvolge le strutture sociali di mandrie, branchi e gruppi e indebolisce i pool genetici delle popolazioni selvatiche che già vivono sotto continua e forte minaccia. L’argomento della conservazione è una farsa messa in circolazione da persone che sanno che è sgradevole semplicemente ammettere che provano piacere nelll’uccidere animali per divertimento e selfie. Con così tanto in gioco, e la stragrande maggioranza dei cittadini italiani contrari all’uccisione, è tempo che l’Italia adotti misure efficaci”.

Alcuni paesi europei hanno adottato un numero ancora limitato di misure per frenare le importazioni di trofei di caccia. Oltre al divieto della Francia di importare trofei di leoni nel 2015, i Paesi Bassi hanno vietato l’importazione di trofei di oltre 200 specie nel 2016. Nel febbraio 2021 il primo ministro del Regno Unito ha espresso l’intenzione del suo governo di porre fine all’importazione di trofei e nel marzo di quest’anno il parlamento finlandese ha presentato una mozione che propone un divieto di importazione di trofei. Il rapporto di HSI/Europe rivela la misura impressionante in cui i paesi dell’UE favoriscono l’industria globale della caccia ai trofei. Questo dovrebbe ispirare gli Stati membri a introdurre divieti totali il più rapidamente possibile.

Link alla petizione italiana #NonNelMioMondo lanciata oggi da HSI/Europe per chiedere all’Italia di mettere fine alle crudeli esportazioni e importazioni dei trofei di caccia e all’uccisione di animali protetti: https://action.hsi-europe.org/bastacacciaaltrofeo

Foto e video (creare account per il download):
https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=TrophyHuntingReport0621

INVITO STAMPA
Il 30 giugno p.v., HSI/Europe ospiterà l’evento online ” Trophy Hunting: Conservation tool, or a threat to wildlife? (Caccia ai trofei: strumento di conservazione o una minaccia per la fauna selvatica?)”, in collaborazione con MEPs for Wildlife e altre ONG. Presentato dall’eurodeputata Manuela Ripa (Verdi/EFA, Germania), e con interventi della dott.ssa Audrey Delsink (biologa specializzata in elefanti africani di HSI), della dott.ssa Paula Kahumbu (CEO di WildlifeDirect), dell’avvocato ambientale Lenin Tinashe Chisaira, di Jorge Rodriguez (DG Environment) e del dott. David Scallan (European Federation for Hunting and Conservation), l’evento porrà la domanda se la caccia ai trofei eserciti una pressione insostenibile sulle specie in via di estinzione o, come affermato i suoi esponenti, contribuisca alla conservazione della fauna selvatica e alle popolazioni locali. Per partecipare, HSI invita a
registrarsi al seguente link: https://www.eventbrite.co.uk/e/trophy-hunting-conservation-tool-or-a-threat-to-wildlife-tickets-155634080725

FINE

Contatti:

  • Eva-Maria Heinen, Communications & Press Manager Italia: emheinen.hsi@gmail.com
  • Martina Pluda, Direttrice per l‘Italia: mpluda@his.org; 3714120885

Note:

HSI/Europe ha ottenuto i dati per questo rapporto dal sito web WCMC-CITES Trade Database (https://trade.cites.org/) il 4 marzo 2021. Sono stati analizzati i dati commerciali per gli anni 2014-2018, filtrando per le specie di mammiferi (“Classe” = “Mammalia”) e utilizzando tabelle comparative, con le importazioni calcolate sulla base della quantità segnalata dall’importatore e le esportazioni calcolate sulla base della quantità segnalata dall’esportatore. Per stimare il numero totale di mammiferi commerciati come trofei, sono stati analizzati diversi termini: il termine “trofeo” per scopi “personali” e “trofeo di caccia” per tutte le specie, così come i termini specifici per ogni specie (come “corpi”, “pelli”, “tappeti”, ecc.) per lo scopo “trofeo di caccia”.

Un sondaggio di opinione rappresentativo condotto nel marzo 2021 e commissionato da HSI/Europe ha raccolto opinioni in Spagna, Italia, Danimarca, Germania e Polonia. I risultati rivelano che l’85% degli intervistati non supporta la caccia ai trofei di specie protette a livello internazionale. Una percentuale simile (81%) ritiene inoltre che le persone non dovrebbero essere autorizzate a importare trofei di animali morti da altri paesi. In Italia sono stati intervistati un totale di 2.168 adulti italiani.

Dal 2016, l’UE ha superato gli Stati Uniti come il più grande importatore al mondo di trofei di leoni allevati in cattività dopo che gli Stati Uniti hanno inserito il leone africano nel suo Endangered Species Act.

L’UE è anche un esportatore di trofei di caccia, comprese specie straniere e specie autoctone rigorosamente protette dalla direttiva Habitat dell’UE. I trofei più significativi esportati dall’UE provenivano dall’orso bruno, dalla pecora berbera, dal leopardo africano, dall’ippopotamo, dalla zebra di montagna di Hartmann, dal lupo grigio e dall’elefante africano. I primi cinque stati membri dell’UE che esportano trofei di mammiferi di specie UE e non UE sono stati Romania, Francia, Spagna, Danimarca e Croazia. Durante il periodo di analisi, l’UE ha esportato 246 trofei di orso bruno, 9 trofei di lince eurasiatica (Lynx lynx) e 35 trofei di lupo grigio. I principali paesi di origine per i trofei di orso bruno esportati dall’UE sono stati Romania, Svezia, Croazia, Germania e Slovenia, mentre i principali paesi di origine per i trofei di lince eurasiatica esportati dall’UE sono stati Svezia, Russia e Lettonia. Romania, Spagna, Bulgaria, Lettonia e Russia sono stati i principali paesi di origine dei trofei di lupo grigio esportati dall’UE.

Un momento storico nella lotta alla crudele industria delle pellicce dice Humane Society International

Humane Society International


Nathan Hobbs/iStock.com 

ROMA/MONTREAL—Canada Goose ha annunciato che porrà fine all’uso di tutte le pellicce nei suoi prodotti. Il marchio fermerà l’acquisto di pellicce entro la fine del 2021 e terminerà la produzione di capi con pelliccia entro la fine del 2022.

Rebecca Aldworth, direttrice esecutiva di Humane Society International/Canada, dichiara: “Applaudiamo Canada Goose per aver deciso di porre fine all’uso delle pellicce, una decisione compassionevole e al passo con i tempi. Questo è un momento storico nella lotta alla crudele industria delle pellicce. I parka con finiture in pelliccia di coyote, marchio di fabbrica Canada Goose, possono ora essere sostituiti da capi senza pelliccia che simboleggiano una moda sostenibile e cruelty-free, adatta al consumatore del ventunesimo secolo. Questo è un passo avanti importante per la protezione degli animali e testimonia il cambiamento delle abitudini dei consumatori. Non c’è dubbio, il futuro della moda è senza pelliccia”.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Un commissario europeo per il benessere animale

Humane Society International


Aumsama, iStock.com

ROMA—Per tutelare gli animali, il loro benessere, i loro elementari diritti è necessario che questi temi abbiano maggior rilievo in Europa, nelle istituzioni comunitarie che sulla materia prendono le decisioni più importanti. Lo scopo della campagna #EUforAnimals, cui aderiscono oltre trenta associazioni europee – tra cui le italiane Animal Equality Italia, Animal law, Enpa, Humane Society International/Europe – Italia, Lav, Leidaa, Oipa,  la Federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente – e oltre un centinaio di parlamentari europei di tutti i gruppi, è quello di inserire esplicitamente il “benessere degli animali” tra le mansioni del commissario competente, che è e deve essere il commissario alla Salute (non il titolare dell’Agricoltura). In questo modo non solo la tutela degli animali sarà rafforzata, ma il responsabile politico sarà sollecitato ad assumere un atteggiamento più propositivo e progressivo, con un chiaro mandato e risorse adeguate.

A tale scopo – spiegano le associazioni promotrici – invitiamo tutti i nostri sostenitori e simpatizzanti, e chiunque voglia che gli animali siano rispettati e tutelati, a sottoscrivere sulla pagina https://www.euforanimals.eu/it la petizione “Chiediamo un commissario europeo per il benessere animale”. Basta compilare i pochi campi obbligatori, eventualmente indicando l’organizzazione tramite la quale si aderisce alla campagna, per far sentire più chiara e più forte, nel prossimo futuro, la voce degli animali nell’Unione europea. Gli europarlamentari italiani sono invitati a comunicare il loro sostegno a una delle organizzazioni promotrici. 

FINE

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia; mpluda@hsi.org; 3714120885

Con il solstizio d'estate inizia il consumo di carne di cane a Yulin

Humane Society International


Vshine 68 dogs saved from Yulin arrive at HSI partner shelter in northeast China

ROMA/PECHINO—Alla vigilia del solstizio d’estate, periodo in cui inizia il consumo di cane di carne, alcuni attivisti cinesi della regione del Guangxi hanno intercettato, appena fuori dalla città di Yulin, un camion pieno di cani. Il veicolo trasportava 68 animali terrorizzati ed esausti, diretti ai macelli di Yulin, dopo aver già sopportato un lungo viaggio in autostrada senza cibo né acqua. Gli attivisti avevano esortato le autorità di Yulin a istituire più posti di blocco per fermare i camion in arrivo e confiscare i cani, ma in assenza di un’azione ufficiale hanno preso in mano la situazione e hanno fermato l’autocarro da soli.

I 68 cani sono stati stipati ed ammassati in gabbie di metallo arrugginito nel caldo soffocante. Ansimanti e traumatizzati, riuscivano a malapena a muoversi. Molti di loro erano in cattive condizioni di salute fisica, con infezioni agli occhi. Molti altri hanno invece mostrato dei comportamenti tipici degli animali domestici, rivelandone la loro provenienza quali pet rubati alle loro case e famiglie.

Foto da Yulin, giugno 2021 (creare account per il download)

Liang Jia, un attivista del Guangxi, ha dichiarato: “È stato frustrante vedere i camion pieni di cani arrivare a Yulin quando le autorità avrebbero dovuto fermarli e confiscare i cani. Così abbiamo deciso di salvarli da soli, aspettato e intervenendo sull’autostrada. Quando è arrivato un camion, gli abbiamo intimato di fermarsi e abbiamo convinto l’autista del camion a consegnare i cani perchè erano chiaramente animali domestici rubati, per i quali non aveva i documenti richiesti per legge. I cani ci hanno dato la zampa, proprio come farebbe un cane di casa, e avevano denti sani, il che significa che qualcuno si prendeva cura di loro prima di essere stati prelevati illegalmente. Le autorità di Yulin hanno la responsabilità di proteggere la salute pubblica, anche se non si preoccupano degli animali come facciamo noi. Questi poveri cani sembrano provati e per fortuna ora riceveranno cure veterinarie, ma chissà quali malattie avrebbero potuto portare al mercato.”

I cani sono stati trasferiti in una struttura temporanea per riposare, recuperare le forze e ricevere le cure veterinarie necessarie, prima di intraprendere il viaggio verso un rifugio supportato da Humane Society International (HSI).

Il dottor Peter Li, specialista in politica cinese di Humane Society International, sostenitore dei salvataggi di cani dal commercio di carne in Cina, ha dichiarato: “Questi attivisti sono il simbolo di una nuova generazione in Cina, che si oppone fermamente al commercio di cani e gatti per la loro carne e sono pronti ad agire per fermarlo in posti come Yulin. La verità è che la maggior parte dei cinesi, compresi i residenti di Yulin, non mangia carne di cane. La sofferenza di questi animali a Yulin è ovviamente una tragedia, ma dobbiamo dire basta a questo brutale commercio sempre e in tutta la Cina, non solo per pochi giorni a giugno ed in un’unica città. HSI agisce durante tutto l’anno ed in tutto il paese per mettere fine al commercio di cani e gatti. Dopo un calvario terrificante, questi 68 cani sono fortunatamente al sicuro, ma per altre migliaia di cani a Yulin e per milioni di animali in tutto il paese, la crudeltà continua. Attraverso il furto di cani, il trasporto illegale tra province e la macellazione crudele, il commercio non solo sottopone gli animali a sofferenze indicibili, ma espone la salute pubblica al rischio di diffusione della rabbia e altre malattie zoonotiche. Queste dovrebbero essere ragioni sufficienti affinché le autorità cinesi pongano fine a questo commercio una volta per tutte”.

Dati sul commercio della carne di cane in Cina:

  1. La maggior parte delle persone in Cina non mangia abitualmente i cani. Infatti, la carne di cane viene consumata solo raramente dal 20% dei cinesi. Un sondaggio del 2017 (condotto da enti no-profit cinesi registrati e personale di ricerca del governo municipale di Yulin) ha rivelato inoltre, che anche a Yulin il 72% degli abitanti non mangia regolarmente carne di cane, nonostante gli sforzi dei commercianti di carne di cane per promuoverla. A livello nazionale, un sondaggio del 2016 condotto dalla società di sondaggi cinese Horizon e commissionato dalla China Animal Welfare Association in collaborazione con Humane Society International e Avaaz, ha rivelato che la maggior parte dei cittadini cinesi (il 64%) vuole che il festival di Yulin venga fermato. Inoltre, più della metà (il 51,7%) ritiene che il commercio di carne di cane dovrebbe essere completamente vietato e la maggioranza (il 69,5%) non ha mai consumato carne di cane.
  2. Nel 2020 il Ministero per l’agricoltura e gli affari rurali cinese ha dichiarato ufficialmente che i cani sono da considerarsi animali da compagnia e non “bestiame” destinato al consumo. L’annuncio è arrivato con la pubblicazione da parte del ministero dell’“Elenco delle Risorse Genetiche di Bestiame e Pollame” (Directory of Genetic Resources of Livestock and Poultry). Nello stesso anno, due grandi città della Cina – Shenzhen e Zhuhai – hanno vietato il consumo di carne di cane e gatto, una decisione sostenuta secondo i sondaggi da quasi il 75% dei cittadini cinesi (sondaggio condotto nell’aprile 2020 sul portale online ifeng.com che ha intervistato 378 milioni di cinesi).
  3. Quando nel 2010 il festival a Yulin si è tenuto per la prima volta, 15.000 cani sono stati uccisi durante i giorni principali dell’evento. Le pressioni cinesi e internazionali hanno portato questa cifra a ridursi fino a circa 3.000 cani. Tuttavia, molte centinaia di animali vengono ancora uccisi ogni giorno nelle settimane che precedono il festival.
  4. Si stima che ogni anno circa 30 milioni di cani vengano uccisi in tutta l’Asia per la loro carne, circa 10-20 milioni solo in Cina.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

“Utilizzare la pelle e la pelliccia di animali selvatici per l'industria della moda è immorale"

Humane Society International


RT-Images/iStock.com 

ROMA–Israele è diventato il primo paese al mondo a vietare la vendita di pellicce per l’industria della moda. Il divieto entrerà in vigore tra sei mesi. Humane Society International, che si batte a livello globale per porre fine alla crudeltà causata dalla produzione di pellicce, spera che il divieto di Israele ispiri altri paesi a fare lo stesso, come ad esempio il Regno Unito che sta attualmente considerando un simile divieto.

Il divieto di Israele prevede alcune eccezioni: si può fare uso di pellicce “per la ricerca scientifica, l’educazione o l’istruzione, e per motivi religiosi o per tradizione”. Questo permetterebbe, ad esempio, la vendita di shtreimel, i cappelli di pelliccia tradizionalmente indossati dagli uomini ortodossi durante lo Shabbat e le feste. Un’esenzione simile esiste nello stato americano della California, dove la vendita di pellicce è stata vietata nel 2019.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International (HSI), ha detto: “La decisione presa da Israele, primo paese al mondo a vietare la vendita di pellicce, segna un momento storico per la protezione degli animali. Anche con l’esenzione per gli abiti tradizionali, senza la quale questo divieto difficilmente sarebbe passato, Israele invia un chiaro messaggio che le pellicce sono immorali, inutili e anacronistiche. Attendo con ansia il giorno in cui anche l’Italia si metterà al passo coi tempi e vieterà non solo il crudele allevamento di animali da pelliccia ma anche la vendita di pellicce, risparmiando la vita a milioni di animali che soffrono in modo indicibile.”

P.J Smith, Head of Fashion policy della Humane Society of the United States (HSUS), ha aggiunto: “Vietando la vendita di pellicce, Israele sta mettendo in chiaro che la crudeltà sugli animali non ha posto nella società di oggi. West Hollywood lo ha fatto nel 2011, aprendo la strada alla California nel 2019 e ora interi paesi stanno approvando leggi simili. Questo è un grande giorno per gli animali.”

La Ministra per l’ambiente Gila Gamliel, che ha introdotto il divieto, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “L’industria della pelliccia causa la morte di centinaia di milioni di animali in tutto il mondo e infligge crudeltà e sofferenze indescrivibili. Usare la pelle e la pelliccia degli animali selvatici per l’industria della moda è immorale e certamente innecessario. I cappotti di pelliccia animale non possono coprire la brutalità dell’industria che li produce. La firma di questi regolamenti renderà il mercato della moda israeliano più rispettoso dell’ambiente e molto più gentile verso gli animali.”

Jane Halevy, fondatrice dell’International Anti-Fur Coalition (IAFC) e promotrice di questo divieto per oltre un decennio, ha detto: “La IAFC ha promosso una proposta di legge per vietare la vendita di pellicce in Israele dal 2009. Applaudiamo il governo israeliano per aver finalmente fatto questo passo storico verso l’esclusione delle pellicce dal mondo della moda. Tutti gli animali soffrono orribilmente per mano di questa industria crudele e anacronistica. Niente è più forte di un’idea il cui tempo è ormai giunto. Uccidere gli animali per la produzione di pellicce dovrebbe diventare illegale ovunque, è ora che i governi di tutto il mondo vietino la vendita di pellicce”.

L’allevamento di animali da pelliccia è stato proibito e/o è in fase di dismissione in numerose nazioni europee come Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Macedonia, Paesi Bassi, Norvegia, Lussemburgo, Serbia, Slovacchia, Slovenia e Regno Unito. Più recentemente il parlamento estone ha votato a favore di un divieto sull’allevamento di animali da pelliccia e l’Ungheria ha vietato l’allevamento di visoni e volpi, mentre in Francia si sta discutendo un divieto di allevare visoni e l’Iralnda si è impegnata a presentare una legislazione in merito entro quest’anno.

L’opinione pubblica in merito all’uso della pelliccia è cambiata rapidamente negli ultimi anni e sempre più stilisti, tra cui Gucci, Prada, Chanel, Burberry, Versace e Armani, hanno adottato politiche aziendali fur-free.

Negli Stati Uniti, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce nel 2019, dopo divieti simili in città come Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, i legislatori delle Hawaii e del Rhode Island hanno introdotto proposte di divieto alla vendita di pellicce, così come altre città del Minnesota e del Massachusetts.

Foto e video dell’ultima investigazione di HSI in Finlandia (2019):

https://newsroom.humanesociety.org/fetcher/index.php?searchMerlin=1&searchBrightcove=1&submitted=1&mw=d&q=FinlandFurFarm1019

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Giornata storica per la lotta per un'Europa senza gabbie, ora la Commissione Europea deve agire

Humane Society International


HSI

ROMA—La fine dell’era delle gabbie nell’Unione Europea da ieri è più vicina. Il Parlamento Europeo ha infatti esortato la Commissione Europea a vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti entro il 2027, approvando una risoluzione sull’iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age” con una maggioranza schiacciante: 558 membri del Parlamento Europeo (MEP) a favore, 37 contro e 85 astensioni. La risoluzione esorta la Commissione a rivedere l’obsoleta direttiva europea sugli animali d’allevamento per eliminare gradualmente i crudeli sistemi di allevamento in gabbia. Questo eviterà che più di 300 milioni di animali – come galline, maiali e conigli – siano ancora tenuti in gabbie anguste ogni anno.

La risoluzione approvata ieri sottolinea anche che tutti i prodotti immessi sul mercato dell’UE – compresi quelli importati – devono essere conformi ai futuri standard senza gabbie. Inoltre, la risoluzione ha rimarcato la necessità di fornire adeguati incentivi e programmi finanziari per sostenere gli allevatori nella transizione verso sistemi senza gabbie.

Le 21 associazioni italiane (Amici della terra Italia, Animal Aid, Animal Equality, Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, HSI/Europe – Italia, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’abolizione della caccia, LAV, Legambiente, Lega Nazionale per la Difesa del Cane, LEIDAA, OIPA, Partito Animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus, LUMEN APS) che hanno sostenuto l’iniziativa dei cittadini europei hanno dichiarato: “I cittadini dell’UE stanno aspettando da anni di vedere un divieto delle gabbie. Pertanto, siamo lieti che il Parlamento Europeo abbia preso una posizione ferma contro le gabbie e abbia ascoltato gli 1,4 milioni di cittadini europei che hanno sostenuto “End the Cage Age”. Ora la palla è nel campo della Commissione. Ci aspettiamo di vedere il passaggio dalle parole all’azione, con un calendario ambizioso che ponga fine all’uso di questi strumenti di tortura obsoleti, le gabbie”.

Il Parlamento Europeo ha anche chiesto alla Commissione di “presentare proposte per vietare l’alimentazione forzata crudele e inutile di anatre e oche per la produzione di foie gras”. I deputati hanno spinto la Commissione ad accelerare la revisione della legislazione UE sul benessere degli animali, chiedendo che sia completata entro il 2022 invece del 2023, come attualmente previsto. Questo può garantire che il divieto delle gabbie negli allevamenti animali sarà introdotto entro il mandato dell’attuale Commissione, che lascerà l’incarico nel 2024.

L’eurodeputata Eleonora Evi, co-presidente del gruppo di lavoro del Parlamento Europeo sull’allevamento senza gabbie, ha dichiarato ieri: “Oggi è una giornata storica per la lotta per un’Europa senza gabbie. Adottando, con un’ampia maggioranza una risoluzione che chiede l’eliminazione graduale dell’uso delle gabbie negli allevamenti animali dell’UE, il Parlamento Europeo ha portato l’UE un passo più vicino a porre finalmente fine alla crudele pratica dell’allevamento in gabbia, che ogni anno condanna oltre 300 milioni di animali a vivere in gabbia. Con questa risoluzione inviamo un messaggio inequivocabile alla Commissione europea, che ora deve presentare una proposta legislativa per porre fine all’era delle gabbie e permettere una transizione verso metodi di allevamento più umani, sostenibili e sani in tutta l’UE”.

Il Commissario per la salute, Stella Kyriakides, ha partecipato al dibattito sulla risoluzione e ha espresso il suo sostegno all’ICE “End the Cage Age”. Ha commentato che l’impegno della Commissione per migliorare il benessere degli animali “rimane un imperativo morale, sanitario ed economico”. 

La Commissione ha in programma di annunciare la sua risposta all’ICE “End the Cage Age” il 30 giugno di quest’anno, che dovrebbe risultare in una proposta di nuova legislazione. La proposta avrebbe bisogno dell’approvazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’UE.

Note per i redattori

  1. La prima bozza della risoluzione è stata adottata il 21 maggio 2021 dalla Commissione agricoltura del Parlamento europeo, con 39 voti a favore e 4 contrari. Nella sessione plenaria di ieri a Strasburgo sono stati adottati due emendamenti aggiuntivi, tra cui la richiesta di vietare l’alimentazione forzata.
  2. Per maggiori informazioni sull’iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age”, visitare:

https://www.endthecageage.eu/

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia:  mpluda@hsi.org; 3714120885

“Non si può mettere in pericolo la nostra capacità di controllare e porre fine a questa, o a future pandemie da coronavirus”, dicono gli esperti

Humane Society International


Mink on a fur farm
Jo-Anne McArthur

ROMA—In vista della riunione del G7 che si terrà questo mese, ai governi di tutto il mondo è stato chiesto di agire per concordare una fine permanente, a livello globale, dell’allevamento di animali da pelliccia per prevenire future epidemie, come quella da SARS-CoV-2. In Italia, l’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International si è rivolta al Primo ministro Mario Draghi, inoltrandogli anche una lettera firmata da 67 virologi, veterinari ed esperti di malattie infettive e salute animale e un rapporto dal titolo “L’allevamento di animali da pelliccia, il COVID-19 e i rischi di malattie zoonotiche”, con la richiesta di proteggere la salute pubblica, sostenendo un divieto globale di queste attività. HSI in Australia, Canada, Germania, India, Sud Africa, Regno Unito e Stati Uniti hanno anche rivolto questo appello ai loro rispettivi governi, a seguito di più di 400 focolai di SARS-CoV-2 negli allevamenti di visoni in Olanda, Danimarca, Polonia, Lituania, Grecia, Spagna, Svezia, Francia, Italia, Lettonia, Stati Uniti e Canada.

Mentre alcuni governi, come quello dei Paesi Bassi e dell’Ungheria, hanno intrapreso azioni decisive per fermare l’allevamento di visoni nelle loro giurisdizioni, e 14 paesi a livello globale hanno vietato completamente l’allevamento di animali da pelliccia, decine di milioni di visoni, volpi e cani procioni – tutte specie suscettibili al Covid-19 – continuano ad essere allevati intensivamente negli allevamenti in Europa, Cina, Russia e Nord America. In Italia, l’allevamento di visoni è stato sospeso fino al 31 dicembre 2021 a causa dei focolai di virus riscontrati. Nel paese ci sono sei allevamenti con circa 60.000 visoni, 26.000 dei quali sono stati abbattuti lo scorso anno.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Il governo italiano ha fatto bene a sospendere l’allevamento di visoni all’inizio di quest’anno, ma per affrontare seriamente il rischio Covid rappresentato dall’allevamento di animali da pelliccia, l’Italia e il resto del mondo devono chiudere definitivamente questa industria crudele e pericolosa. Confinare e ammassare migliaia di animali, in piccole gabbie metalliche, in condizioni di scarso benessere, per la produzione di pellicce non solo causa terribili sofferenze, ma favorisce inoltre lo sviluppo di serbatoi di patogeni zoonotici. Se i leader del G7 non affronteranno questa questione, metteranno gli interessi commerciali dell’industria della moda e della pellicceria davanti alla salute pubblica. Ci appelliamo a loro affinché facciano la cosa giusta per i cittadini e per gli animali”.

Una ricerca condotta nei Paesi Bassi utilizzando il sequenziamento dell’intero genoma ha rivelato che almeno 66 persone che lavoravano negli allevamenti di visoni sono state infettate dal virus SARS-CoV-2 in rari, ma preoccupanti, casi di trasmissione della malattia da animale a uomo. Una ricerca danese ha inoltre dimostrato che l’infezione nei visoni può portare a mutazioni delle proteine spike che, se trasmesse alle popolazioni umane, potrebbero potenzialmente minare l’efficacia dei vaccini. Nel gennaio 2021, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e l’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) hanno pubblicato una valutazione del rischio in cui si afferma che in Europa il rischio di spillover del virus SARS-CoV-2, dagli allevamenti di animali da pelliccia agli esseri umani, è “alto”.

Secondo la lettera degli esperti: “È chiaro che gli allevamenti di animali da pelliccia hanno il potenziale di agire come serbatoi di SARS-CoV-2 … le condizioni di allevamento intensivo tipiche degli allevamenti di animali da pelliccia – animali ammassati insieme in modo innaturale, in condizioni di scarsa igiene, stress, soggetti a lesioni e bassa diversità genetica – sono ideali per la creazione e la diffusione di nuovi agenti patogeni. Gravi carenze nel benessere degli animali sono inerenti all’allevamento intensivo di animali da pelliccia, e il commercio crea il potenziale per milioni di animali di agire da ospiti immediati, intermedi o amplificatori di patogeni virali. Rischiare di mettere in pericolo la nostra capacità di controllare e porre fine a questa, o a future pandemie da coronavirus, per salvaguardare la produzione di pellicce, risulta imprudente. Sosteniamo quindi l’appello di Humane Society International per una fine globale permanente della riproduzione, dell’allevamento e dell’uccisione di animali per la produzione e la vendita di pellicce”.

La lettera completa può essere letta qui.

I filmati girati negli allevamenti di tutto il mondo, rivelano ripetutamente condizioni di scarso benessere. Gli schemi di certificazione adoperati dall’industria della pellicceria non migliorano significativamente il benessere degli animali e non riducono in modo soddisfacente il potenziale rischio di malattie.

ALCUNI DATI:  

  • Dall’aprile 2020, focolai di Covid-19 sono stati documentati in 427 allevamenti di visoni in 12 diversi paesi d’Europa e del Nord America, tra cui Canada (3 allevamenti), Danimarca (290 allevamenti), Francia (1 allevamento), Grecia (23 allevamenti), Italia (2 allevamenti), Lettonia (1 allevamento), Lituania (4 allevamenti), Olanda (69 allevamenti), Polonia (1 allevamento), Spagna (4 allevamenti), Svezia (13 allevamenti) e Stati Uniti (16 allevamenti).
  • Ogni anno, più di 100 milioni di animali, tra cui visoni, volpi, cani procioni, cincillà e conigli, vengono uccisi per la loro pelliccia in tutto il mondo. Questo equivale a tre animali uccisi al secondo per la loro pelliccia.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è stato proibito e/o è in fase di dismissione in numerose nazioni europee come Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Macedonia, Paesi Bassi, Norvegia, Lussemburgo, Serbia, Slovacchia, Slovenia e Regno Unito. Più recentemente il parlamento estone ha votato a favore di un divieto sull’allevamento di animali da pelliccia e l’Ungheria ha vietato l’allevamento di visoni e volpi, mentre in Francia si sta discutendo un divieto di allevare visoni e l’Iralnda si è impegnata a presentare una legislazione in merito entro quest’anno.
  • Anche la Bulgaria, la Lituania, il Montenegro e l’Ucraina stanno attualmente considerando di vietare l’allevamento di animali da pelliccia. In Finlandia il partito di maggioranza della coalizione di governo ha recentemente annunciato il suo sostegno a un divieto degli allevamenti di pellicce.
  • Negli Stati Uniti, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce nel 2019, dopo divieti simili in città come Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood. Nel 2020, i legislatori delle Hawaii e del Rhode Island hanno introdotto proposte di divieto alla vendita di pellicce, così come altre città del Minnesota e del Massachusetts.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia; mpluda@hsi.org; 3714120885

Per Humane Society International, Essere Animali e Compassion in World Farming “è la decisione giusta verso una transizione alimentare in linea con gli obbiettivi di sostenibilità dell’UE”

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ROMA–Il Parlamento Europeo ha fatto dietrofront sul suo tentativo di implementare restrizioni ingiustificate e sproporzionate sull’etichettatura, il packaging e le modalità di marketing dei prodotti lattiero-caseari a base vegetale. In vista dei negoziati finali sulla riforma della politica agricola comune (PAC), tenutisi la scorse settimana, funzionari del Consiglio dell’UE e del Parlamento Europeo hanno confermato che gli eurodeputati hanno accettato di eliminare il controverso emendamento 171, attraverso il quale era stata avviata una manovra di censura delle alternative vegetali a latte, yogurt e formaggi. Si dicono soddisfatte Humane Society International/Europe, Essere Animali e Compassion in World Farming Italia Onlus che, insieme alla European Alliance for Plant-based Foods (EAPF), si erano rivolte in una lettera alla Commissione Europea e agli Stati Membri nel Consiglio dell’UE per fermare la proposta.

“È la decisione giusta verso una transizione alimentare in linea con gli obiettivi di sostenibilità del Green Deal europeo e della Strategia Farm to Fork. In quest’ultima, infatti, la Commissione Europea riconosce la necessità di passare a una dieta maggiormente a base vegetale ed esprime il suo desiderio di responsabilizzare i consumatori e rendere più facile scegliere diete sane e sostenibili. Incoraggiare una più ampia diffusione della dieta a base vegetale è un mezzo chiave per ridurre le emissioni di gas serra, l’uso di terreni e risorse idriche, oltre che per prevenire il declino della biodiversità globale e le molte pratiche d’allevamento in contrasto con il benessere animale. Siamo soddisfatti che, nonostante le forti pressioni dell’industria, il Parlamento Europeo abbia deciso di ritirare l’emendamento 171”, affermano i firmatari Martina Pluda (HSI/Europe – Italia), Claudio Pomo (Essere Animali) e Annamaria Pisapia (CIWF Italia Onlus).

L’emendamento 171 prevedeva una drastica estensione delle restrizioni già esistenti sulle denominazioni di latticini, introducendo nuovi divieti contro qualsiasi “uso diretto o indiretto” o “evocazione” di questi termini. Nella pratica, questo avrebbe potuto impedire l’utilizzo di, descrizioni sulla consistenza e il sapore del prodotto, immagini esemplificative, forme e colori di imballaggi che vengono adoperati anche dall’industria lattiero-casearia, informazioni essenziali sulla salute e sugli allergeni e confronti sull’impatto climatico degli alimenti a base vegetale e dei latticini convenzionali. Con l’eliminazione dell’emendamento 171, rimangono tuttavia in vigore le attuali protezioni per i termini lattiero-caseari che già in precedenza non premettevano l’uso di parole come “latte”, “yogurt” o “formaggio” per indicare le alternative vegetali.

“Questa censura avrebbe messo a rischio la capacità dei produttori di informare correttamente i consumatori sulla natura dei loro prodotti, impattando particolarmente quelli che non consumano prodotti lattiero-caseari per ragioni mediche, ambientali, religiose o etiche. Accogliamo con favore la decisone degli eurodeputati di tutti gli schieramenti di tenere conto della volontà di un crescente segmento di consumatori che predilige cibi a base vegetale e del loro diritto ad essere correttamente e adeguatamente informati”, concludono Martina Pluda (HSI/Europe – Italia), Claudio Pomo (Essere Animali) e Annamaria Pisapia (CIWF Italia Onlus).

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International plaude la decisione della maison italiana che si unisce ad un numero crescente di marchi fur-free

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ROMA—L’iconica maison italiana Valentino è la più recente tra le grandi case di moda ad eliminare le pellicce dalle proprie collezioni. Inoltre, a fine 2021 chiuderà Valentino Polar, la propria sussidiaria di pellicce. L’azienda ha dichiarato che la sua nuova politica fur-free è parte degli sforzi per ridefinire e rinvigorire il marchio, che eliminerà gradualmente le pellicce entro la fine dell’anno.

Jacopo Venturini, CEO di Valentino ha dichiarato: “Il concetto fur-free è perfettamente allineato ai valori della nostra azienda. Stiamo avanzando velocemente nella ricerca di materiali differenti e in ottica di una maggiore attenzione all’ambiente per le collezioni dei prossimi anni.

Questo annuncio arriva in un momento storico particolare, che vede le attività degli allevamenti di visoni italiani sospese a causa dei rischi per la salute pubblica e solo due mesi dopo l’annuncio delle politiche fur-free di Alexander McQueen e Balenciaga. Valentino si unisce a un gruppo crescente di grandi designer che abbandonano l’uso delle pellicce, tra i quali Prada, Gucci, Armani, Versace, Michael Kors, Jimmy Choo, DKNY, Burberry e Chanel.

Humane Society International, che insieme alla Humane Society of the United States ha incontrato Valentino nel 2019 per confrontarsi sul tema e discutere della politica fur-free della maison, accoglie con favore l’annuncio:

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane Society International ha detto: “La decisione di Valentino di abbandonare le pellicce costituisce un duro colpo per il crudele commercio di pellicce. Come molti altri stilisti, Valentino ha riconosciuto che l’uso delle pellicce dà un’immagine anacronistica della moda e che gli schemi di certificazione proposti dell’industria della pellicceria sono solo un’operazione di facciata per coprire la realtà di un business che uccide cento milioni di animali all’anno. Compassione e sostenibilità sono il nuovo lusso in un mondo in cui indossare la pelliccia di volpi allevate in gabbia o di visoni uccisi in camere a gas è di cattivo gusto e crudele. Mentre rinnoviamo al governo italiano il nostro appello affinché vieti permanentemente l’allevamento di animali da pelliccia nel nostro paese, applaudiamo i grandi stilisti che stanno guidando la carica verso una moda senza pellicce”.

ALCUNI DATI:

  • L’allevamento di animali da pelliccia è vietato nel Regno Unito dal 2003, ed è proibito e/o è in fase di dismissione in numerose nazioni europee come l’Austria, il Belgio, la Bosnia-Erzegovina, la Repubblica Ceca, la Croazia, la Macedonia, i Paesi Bassi, la Norvegia, il Lussemburgo, la Serbia, la Slovacchia, la Slovenia e l’Ungheria. Più recentemente il governo irlandese si è impegnato a porre fine all’allevamento di animali da pelliccia e la Francia farà lo stesso entro il 2025.
  • Anche la Bulgaria, l’Estonia, la Lituania, il Montenegro, la Polonia e l’Ucraina stanno attualmente considerando di vietare gli allevamenti di animali da pelliccia e in Finlandia il partito di maggioranza ha recentemente annunciato il suo sostegno ad un divieto.
  • Negli Stati Uniti, la California è diventata il primo stato americano a vietare la vendita di pellicce nel 2019, in seguito a divieti simili in città come Los Angeles, San Francisco, Berkeley e West Hollywood.

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International accoglie con favore le raccomandazioni del Ministero sudafricano per l’ambiente per porre fine all’allevamento di leoni in cattività

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CITTÀ DEL CAPO/ROMA—Il Ministero sudafricano per l’ambiente ha rilasciato ieri le raccomandazioni del comitato consultivo ministeriale (Ministerial High Level Advisory Panel) nominato nel novembre 2019 per rivedere le politiche, la legislazione e le pratiche relative alla gestione, all’allevamento, alla caccia e al commercio di elefanti, leoni, leopardi e rinoceronti.

Le raccomandazioni del comitato includono una serie di impegni positivi, tra cui la fine dell’allevamento di leoni in cattività e il commercio dei derivati di questo felino, nonchè il riconoscimento del benessere animale come pilastro centrale nella gestione della fauna selvatica. Queste proposte chiave sono state avanzate da Humane Society International/Africa al gruppo di esperti, in numerose presentazioni scritte e orali e durante i processi di partecipazione pubblica allo sviluppo di norme e standard specifici per ogni specie.

“Esultiamo per i leoni sudafricani grazie all’adozione da parte del Governo delle raccomandazioni per porre fine all’abominevole industria che li vede allevati e sfruttati in cattività. I leoni non dovranno più soffrire in condizioni orribili per i selfie dei turisti, per la caccia ai trofei o per essere trasformati in vini e polveri derivanti dal commercio delle loro ossa”, ha detto la Dott.ssa Audrey Delsink responsabile fauna selvatica di Humane Society International/Africa.

Secondo Humane Society International/Africa, che nel 2020 ha commissionato un sondaggio d’opinione nazionale e indipendente sulla caccia ai trofei, l’allevamento di leoni in cattività e le industrie associate, questa nuova misura è accolta calorosamente e sarà sostenuta dalla maggior parte dei sudafricani. Infatti, la maggioranza dei sudafricani intervistati si oppone all’allevamento di cuccioli di leone per due attività turistiche malviste, ovvero l’accarezzamento (“cub petting”) e le passeggiate con i leoni (“lion-walking”), legate al cosiddetto “canned hunting”, cioè la caccia in aree confinate dove gli animali non hanno possibilità di fuga, e al commercio di ossa di leone.

Secondo l’organizzazione, il Sudafrica è il primo esportatore di trofei di leone al mondo e la maggior parte di questi animali provengono da allevamenti commerciali presenti nel paese. Un’analisi di Humane Society International dei dati sul commercio delle specie di mammiferi elencate nella Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), ha rilevato che, tra il 2014 e il 2018, sono stati esportati dal Sudafrica 4.176 trofei di leone (così come 25 trofei di tigre in cattività).

“Siamo soddisfatti della decisione di porre fine all’allevamento di leoni in cattività e analizzeremo in modo approfondito le altre raccomandazioni per considerarne tutti gli aspetti nel dettaglio. Siamo anche contenti che il benessere degli animali sia ora espressamente riconosciuto come pilastro centrale della gestione della fauna selvatica. È fondamentale tenere in considerazione che gli animali sono esseri senzienti, il cui benessere va rispettato, quando vengono prese delle decisioni politiche sulla fauna selvatica. Questo è stato uno degli elementi principali della presentazione fatta da Humane Society International/Africa al comitato consultivo ministeriale e dell’input che abbiamo fornito nel processo di definizione delle norme e degli standard per le diverse specie”, ha aggiunto Delsink.

Humane Society International rimane comunque preoccupata per l’impatto dell’industria della caccia ai trofei sulla fauna selvatica del Sudafrica e per la centralità delle entrate generate attraverso la caccia alle specie simbolo del paese.

“Siamo consapevoli della necessità di ridurre la povertà attraverso lo sviluppo economico nel settore della biodiversità. Tuttavia, nonostante le molte prove scientifiche presentate al comitato da Humane Society International/Africa e da altre organizzazioni riguardo al danno arrecato dalle attività di tipo consumistico alle specie minacciate d’estinzione, siamo preoccupati che le raccomandazioni del comitato in questo ambito prevedano un’espansione della caccia ai trofei. Il nostro sondaggio nazionale indipendente ha rivelato che il 64% dei sudafricani condivide questa preoccupazione e si oppone alla caccia ai trofei, indipendentemente da razza, sesso, età e reddito”, ha detto Delsink.

L’analisi dei dati CITES ha dimostrato che, tra il 2014 e il 2018, il Sudafrica ha esportato 574 trofei di leopardo africano. Il 98% di questi animali è stato cacciato in natura, mentre il 2% è stato allevato in cattività. Inoltre, sono stati esportati anche 1.337 trofei di elefante africano e 21 trofei di rinoceronte nero.

“Nonostante le preoccupazioni legate alla caccia ai trofei, la giornata di ieri ha segnato un passo importante per trasformare la gestione della fauna selvatica in Sudafrica e riformulare le norme che la disciplinano. Accogliamo con favore le raccomandazioni del ministero e l’impegno espresso a favore di un dialogo trasparente e che coinvolga tutte le parti interessate. Humane Society International/Africa porterà avanti il proprio impegno e darà il suo contributo”, ha concluso Delsink.

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FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

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