Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM presentano la brochure pensata per le scuole medie: “invitiamo gli istituti scolastici a portarla in classe!”

Humane Society International / Europa


Chiara Muzzini/Fondazione CAVE CANEM 

ROMA—Si è tenuto ieri pomeriggio il laboratorio IO NON COMBATTO, destinato agli alunni delle scuole medie per affrontare assieme a loro i temi interconnessi dei combattimenti tra cani, della legalità e della sensibilità nei confronti degli animali, organizzato da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS, presso la Biblioteca Aldo Fabrizi del quartiere San Basilio di Roma.

In Italia, la legge punisce chi organizza e dirige i combattimenti; alleva, addestra e fa partecipare gli animali; scommette sul risultato dei combattimenti; promuove o riprende queste attività; e chi le compie con persone armate o minori. La presenza di bambini o ragazzi è particolarmente grave perché può sviluppare insensibilità verso la sofferenza degli animali, entusiasmo per la violenza e mancanza di rispetto per la legge. Questo può portare alla devianza e alla delinquenza, che, secondo gli psicologi dell’età evolutiva, può svilupparsi nella fascia di età compresa fra i 10 e i 14 per i soggetti esposti a determinati comportamenti violenti, fino a diventarne assuefatti.

Per accompagnare il confronto con i ragazzi è intervenuta la Dottoressa Roberta Costagliola, psicologa specializzata nello sviluppo dell’età evolutiva. Ha dichiarato: “Il tema del combattimento tra cani è sì un argomento molto delicato ma che va assolutamente affrontato con i giovani di oggi, troppo spesso portati a vivere situazioni di vita devianti, in ambito sociale e relazionale, spesso sprovvisti degli strumenti giusti per fronteggiarle e fuggirle. Quindi si finisce per emulare i comportamenti dei “più forti” ma che risultano scorretti, lesivi, per loro e per gli altri, finendo inevitabilmente nel buio circuito della devianza minorile da cui risulta sempre più difficile uscirne. Con questo laboratorio abbiamo provato a lavorare sulle emozioni di giovani ragazzi davanti alla proiezione di video racconti con protagonisti i cani, con l’intenzione di sollecitare reazioni ed emozioni, dando a loro un nome. Un lavoro autoriflessivo gestito in piccoli gruppi con la possibilità di condivisione e collaborazione, ma anche un lavoro sull’empatia nei confronti dei cani, spostando il focus sulle vittime per far capire loro cosa realmente si prova ad essere dalla parte dei “più deboli”.”

In questo contesto è stata presentata anche una brochure dedicata agli alunni, che oltre a spiegare, con un linguaggio consono all’età dei lettori, cosa sono i combattimenti tra cani, interroga i ragazzi sul ruolo dei cani e degli animali nella società, del loro rapporto con essi e del contributo che possono dare per diffondere una cultura di rispetto e compassione verso gli animali. Gli animali come esseri senzienti, il significato di legalità, gli effetti crudeli sul corpo e sulla psiche dei combattenti i temi affrontati per sottolineare il messaggio centrale della brochure: “diventare un bullo, trasgredire, emulare comportamenti criminali non è mai cool!”

Federica Faiella, Presidente della Fondazione CAVE CANEM e Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe dichiarano: “I combattimenti tra animali sono una pratica criminosa ed estremamente crudele che non risparmia nessuno. In primis i cani costretti a combattere, allenarsi e riprodursi per alimentare questi circuiti. In secondo luogo, bambini e ragazzi esposti a questa barbarie e quindi al rischio di emulare comportamenti criminali ed entrare in una spirale di delinquenza e violenza. Invitiamo gli istituti scolastici di tutta Italia a portare il tema e la brochure nelle classi per sensibilizzare e far riflettere i ragazzi. Siamo disponibili a presentare il nostro progetto nelle scuole che lo richiederanno e ringraziamo la Biblioteca Aldo Fabrizi che per prima ci ha voluto accogliere.”

Infine, le classi partecipanti hanno anche potuto conoscere Zoe, cagnolina salvata da un circuito di combattimenti salernitano e accolta da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS presso il rifugio Valle Grande di Roma, dove ha intrapreso e concluso con successo un percorso di recupero psico-fisico, condotto dal team di educatori cinofili specializzati di Mirko Zuccari, Dog Trainer Manager della Fondazione CAVE CANEM. Con la presenza di Zoe il tema trattato non è rimasto solo astratto ma ha assunto il volto di un individuo concreto e reale. La vittima non è più un cane qualunque ma quel cane e la sua non è solo la storia di una vittima, bensì una di riscatto, di dignità restituita.

Foto dell’evento (creare account per il download)

Sul sito del progetto IO NON COMBATTO  è presente e scaricabile anche una guida al cittadino per riconoscere i segnali e denunciare la presenza di combattimenti tra cani.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

“La cittadinanza può contribuire a denunciare e arginare, nell’ottica di una totale eradicazione, il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani.”

Humane Society International


Jay Kim

ROMA—È stata pubblicata oggi da Humane Society International/Europe e Fondazione CAVE CANEM ONLUS, promotrici del progetto IO NON COMBATTO, una guida al cittadino per riconoscere i segnali e denunciare la presenza di combattimenti tra cani. Tramite questo progetto, le due organizzazioni promotrici si stanno impegnando per contribuire a fornire gli strumenti necessari al contrasto del fenomeno dei combattimenti tra cani alle Forze di Polizia e a figure professionali chiave, quali medici veterinari ed educatori cinofili, nonché per educare la popolazione a riconoscerlo e adeguatamente denunciarlo: proprio alle cittadine e ai cittadini è rivolta la guida. 

Federica Faiella, Vicepresidente della Fondazione CAVE CANEM e Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe spiegano: “La cittadinanza può contribuire a denunciare e arginare, nell’ottica di una totale eradicazione, il fenomeno criminoso dei combattimenti tra cani. Per farlo, è però necessario che acquisisca conoscenza dei segnali che ne indicano la presenza e delle corrette modalità di acquisizione delle fonti probatorie, agendo sempre nel pieno rispetto delle modalità e dei ruoli stabiliti dalle norme vigenti, senza pensare di sostituirsi alla Polizia Giudiziaria e agli organi inquirenti, ma cercando di fornire loro tutti gli strumenti per un intervento efficiente ed efficace. Per questo motivo abbiamo voluto mettere a disposizione questa guida, gratuitamente scaricabile dal sito www.iononcombatto.it.”

I lettori avranno la possibilità, prima di tutto, di documentarsi sui combattimenti fra animali quale fenomeno sommerso, di portata nazionale e internazionale che coinvolge diverse specie animali, tra cui i cani, collegato a criminalità organizzata, traffico internazionale di stupefacenti e di armi, comprese quelle da fuoco, pedo-pornografia e scommesse illegali attorno alle quali ruotano cospicue somme di denaro. In Italia è un reato punito dall’art. 544-quinquies del Codice penale. 

La guida vuole anche fornire precise indicazioni sulle attività legate ai combattimenti tra animali, causa di gravi danni fisici e psicologici ai cani addestrati per combattere. A subire immense crudeltà sono anche i cosiddetti “sparring partners”, ovvero altri cani usati per l’addestramento brutale dei combattenti, nonché le fattrici, obbligate a riprodursi per portare avanti le linee genetiche “vincenti”. 

Una sezione è dedicata alle attrezzature, agli strumenti e agli altri segni che possono indicare la presenza in un determinato luogo di combattimenti tra cani o attività propedeutiche agli stessi quali l’allenamento e l’allevamento. Nella guida HSI/Europe e Fondazione CAVE CANEM segnalano ad esempio: 

  • La detenzione a catena; 
  • La presenza di cicatrici;
  • Vitamine, medicinali e farmaci veterinari; 
  • Tapis roulant, “spingpoles”, “jenny mills” o “cat mills”; 
  • Bastoni “apribocca”; 
  • Gabbie di contenimento per l’accoppiamento. 

“I combattimenti tra cani sono una pratica criminosa e sanguinaria, ancora diffusa in Italia, nonostante sia illegale da molti anni e fortemente contestata dall’opinione pubblica. Prima di sporgere una denuncia, può essere utile avere maggiore chiarezza sulle tipologie e razze di cani più frequentemente utilizzate, sui diversi ruoli che i cani ricoprono e quali sono gli oggetti o le situazioni che possono indicare la presenza di combattimenti o altre attività ad essi collegate. Invitiamo chiunque sia testimone di attività criminose in danno agli animali di non rendersi complice, di non guardare dall’altra parte, ma di denunciare!” – concludono Federica Faiella e Martina Pluda.

FINE 

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885 

Humane Society International esorta la Commissione Europea a sostenere le proposte per la tutela delle specie in vista della COP19 della CITES

Humane Society International


Hippo
Imagebroker/Alamy

STRASBURGO—Oggi il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione importante, nella quale sono formulate domande specifiche riguardanti gli obiettivi dell’Unione Europea, in vista della prossima Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES).

Mentre il Parlamento rilascia, dunque, dichiarazioni chiare sulla necessità di affrontare la problematica legata al traffico di animali selvatici e di colmare le lacune giuridiche presenti nella legislazione europea in materia, e sulla volontà di porre fine alle importazioni di trofei di caccia di specie elencate nella CITES, Humane Society International/Europe teme che la Commissione Europea e gli Stati Membri non daranno ascolto alle richieste del Parlamento.

A novembre, i rappresentanti dei Paesi firmatari della CITES si riuniranno a Panama per la XIX conferenza delle parti, ovvero la COP19. In questa occasione decideranno il livello di protezione internazionale di una serie di specie minacciate e in pericolo di estinzione, tra le quali ippopotami, elefanti africani, rane di vetro e squali appartenente alla famiglia dei Carcarinidi. In particolare modo, Humane Society International/Europe è profondamente preoccupata per la raccomandazione della Commissione Europea di non sostenere la proposta di 10 Stati africani di trasferire l’ippopotamo nell’Appendice I della CITES, una modifica che proibirebbe tutto il commercio internazionale di parti e prodotti di ippopotamo, costituendo un’ancora di salvezza per questa specie in pericolo. Inoltre, la Commissione ha raccomandato all’UE di astenersi dalla proposta di 14 altri Paesi di inserire le rane di vetro nell’Appendice II, che garantirebbe una protezione fondamentale oltre al monitoraggio del commercio di questi anfibi in pericolo.

Joanna Swabe, Direttrice delle Relazioni Istituzionali per Humane Society International/Europe, afferma: “Accogliamo con favore la decisione degli eurodeputati di adottare una risoluzione così forte prima della riunione della CITES COP19, riconoscendo la persistente minaccia posta alla fauna selvatica dal commercio internazionale. L’UE è molto influente nel processo decisionale della CITES, e spesso si trova nella posizione di poter portare avanti o bloccare decisioni. Diversi Stati hanno avanzato proposte per chiedere una maggior protezione di specie endemiche, la cui sopravvivenza è minacciata dall’eccessivo sfruttamento a fini commerciali. Il mancato sostengo potrebbe spingere l’ippopotamo, la rana di vetro e ad altre specie ulteriormente verso l’estinzione. È inconcepibile che l’UE non sostenga tali proposte, visti gli impegni presi nella sua stessa Strategia per la biodiversità, sbandierata a gran voce, di fare tutto il possibile per arrestare il declino della biodiversità.”

La risoluzione del Parlamento Europeo sottolinea il forte sostegno a diverse proposte e afferma l’importanza di rafforzare ulteriormente il ruolo dell’UE nella lotta globale contro il traffico di animali selvatici. Gli eurodeputati fanno eco all’appello di Humane Society International affinché la Commissione intervenga per colmare le lacune delle attuali normative europee sul commercio di animali selvatici, presentando una proposta legislativa che criminalizzi l’importazione, l’esportazione, la vendita, l’ottenimento o l’acquisizione di specie selvatiche prelevate, possedute, trasportate o vendute in violazione della legge del Paese di origine.

HSI accoglie con favore anche la richiesta del Parlamento Europeo di intraprendere un’azione urgente per proibire l’importazione di trofei di caccia di specie protette dalla CITES. L’UE è il secondo importatore mondiale di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti. La legislazione dell’UE continua a consentire ai cacciatori di importare legalmente trofei di specie minacciate, molte delle quali sono protette a livello internazionale dalla CITES, la normativa sul commercio della fauna selvatica e la direttiva Habitat dell’UE.

Liam Slattery, responsabile europeo per la campagna di HSI/Europe sulla caccia al trofeo, ha dichiarato: “La richiesta del Parlamento Europeo di un’azione urgente per limitare l’importazione di trofei di caccia di specie elencate dalla CITES è sostenuta dalla maggioranza dell’opinione pubblica in tutti gli Stati Membri. I Paesi Bassi e la Francia hanno già messo al bando alcune tipologie di trofei; il Parlamento federale belga ha approvato all’unanimità una risoluzione che esorta il governo a sospendere l’autorizzazione all’importazione dei trofei di caccia; il Ministero dell’Ambiente tedesco ha espresso l’intenzione di limitarne l’importazione; altri Stati Membri stanno attivamente valutando proposte per limitare o vietare l’importazione di trofei. Ora la Commissione deve assumere la guida su questo tema, in linea con tali misure e con la strategia dell’UE per la biodiversità.”

Informazioni aggiuntive:

  • HSI esorta l’UE a sostenere la proposta di inserire l’ippopotamo nell’Appendice I. Le popolazioni di ippopotami selvatici sono in declino o il loro attuale stato di conservazione è sconosciuto nel 65% dei Paesi del loro habitat. L’avorio di ippopotamo è molto richiesto e quasi 80.000 prodotti derivanti dall’ippopotamo, per la maggior parte di origine selvatica, sono stati importati nell’ultimo decennio per il quale sono disponibili dati. Il bracconaggio e il traffico sono la minaccia primaria per gli ippopotami e il commercio illegale è spesso intrecciato con quello legale. Inoltre, si prevede che gli attuali livelli di prelievo, sia legale che illegale, provocheranno un futuro declino delle popolazioni di ippopotami selvatici. Questo evidenzia la necessità di ridurre il commercio internazionale di questa specie per motivi di conservazione e per il rischio di promuovere l’uccisione e il commercio illegale. L’UE contribuisce allo sfruttamento degli ippopotami: quasi 800 trofei di ippopotamo sono stati importati dagli Stati membri dell’UE tra il 2014 e il 2018.
  • HSI esorta l’UE a sostenere la proposta di inserire le rane di vetro nell’Appendice II. Metà delle specie di questa famiglia sono minacciate di estinzione, rendendo necessaria l’inclusione dell’intera famiglia nell’Appendice II. Poiché i maschi di molte di queste specie di rane difendono attivamente le uova, la rimozione dei maschi comporta la depredazione di intere covate, causando alti tassi di mortalità. Inoltre, le rane di vetro sono diventate sempre più popolari come animali domestici e gran parte del commercio avviene illegalmente. L’inserimento nell’Appendice II comporterebbe un necessario monitoraggio del commercio internazionale e contribuirebbe ad arginarne quello illegale.
  • HSI esorta l’UE a sostenere tutte le proposte per includere o aumentare la protezione delle specie di rettili e anfibi. Si tratta di 21 proposte che riguardano 239 specie, tra cui 53 specie di tartarughe. Tutte queste specie vulnerabili si trovano a fronteggiare minacce, compreso l’eccessivo commercio a livello internazionale. È allarmante che la Commissione Europea non raccomandi il sostegno alle proposte degli Stati interessati dal problema che chiedono l’assistenza dei Paesi importatori, compresi quelli dell’UE, per controllare il commercio e garantire che le popolazioni selvatiche non vengano decimate.
  • Tra il 2014 e il 2018, l’UE ha importato quasi 15.000 trofei di caccia—circa otto al giorno—di 73 specie protette a livello internazionale.
  • Il numero di trofei entrati nell’UE è aumentato del 40% in cinque anni, nonostante i sondaggi d’opinione indichino che la stragrande maggioranza dei cittadini dell’UE intervistati è chiaramente contraria alla caccia ai trofei e vorrebbe vedere la fine di questa brutale industria.

FINE

Contatto:

Humane Society International accoglie con favore le interrogazioni parlamentari dei senatori e onorevoli dell’Intergruppo per i Diritti degli Animali, a seguito della mancata risposta alla richiesta d’informazioni inviata dall’organizzazione per la protezione degli animali da parte dei Ministeri

Humane Society International


Mink on a fur farm
Jo-Anne McArthur

ROMA—Humane Society International accoglie favorevolmente l’iniziativa dell’Intergruppo Parlamentare per i Diritti degli Animali che, con il sostegno di diversi onorevoli e senatori e senatrici, ha presentato due interrogazioni parlamentari—alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica—, rivolte al Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della Salute e al Ministro della Transizione ecologica in merito alla mancata adozione, a oltre due mesi dalla scadenza stabilita dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022), del decreto per l’indennizzo agli allevatori di visoni italiani e per la cessione degli animali a strutture autorizzate.

Il primo di gennaio è entrata in vigore la Legge di Bilancio 2022 che ha sancito il divieto di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia, con un particolare focus su alcune specie, tra le quali i visoni; è stata altresì decretata la chiusura degli allevamenti ancora presenti sul territorio nazionale entro il 30 giugno 2022—una vittoria storica, celebrata da tutte le maggiori organizzazioni animaliste italiane e non. Sono stati inoltre allocati indennizzi per un totale di 6 milioni di euro, i cui criteri di erogazione dovrebbero essere contenuti all’interno di un decreto del Ministro Patuanelli di concerto con il Ministro Speranza e il Ministro Cingolani. All’interno del medesimo decreto doveva essere regolata anche l’eventuale cessione e detenzione degli animali ancora in vita, presso strutture autorizzate, accordando preferenza a quelle gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute. Nonostante sia trascorso più del doppio del tempo stabilito dalla Legge di Bilancio e che manchino poco più di due mesi alla scadenza per la dismissione degli allevamenti, il decreto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali non risulta ancora adottato e non sono giunte notizie rispetto allo stesso.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI, ha dichiarato: “Dopo aver lavorato arduamente per l’ottenimento dello storico divieto di allevamento di animali da pelliccia in Italia, vogliamo assicurarci che i Ministri competenti agiscano nei tempi e modi stabiliti. La pubblicazione del decreto è centrale, poiché solo a seguito della stessa sarà possibile permettere il trasferimento degli animali presso centri specializzati, salvando la vita di almeno alcuni dei visoni, fino a poco fa sfruttati per le loro pellicce. Il tempo rimanente per tale operazione, dato il limite del 30 giugno prossimo, è ormai poco. Abbiamo dapprima pazientato e poi sollecitato e chiesto informazioni ai Ministeri preposti senza però aver ricevuto alcuna risposta. Accogliamo pertanto con favore le interrogazioni parlamentari dei senatori e onorevoli dell’Intergruppo per i Diritti degli Animali che mi auguro riceveranno pronta e adeguata risposta dai Ministri Patuanelli, Speranza e Cingolani per poter finalmente chiudere il triste capitolo dell’allevamento di animali da pelliccia in Italia.”

Testo dell’interrogazione:

“Al Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della Salute, al Ministro della Transizione ecologica

Per sapere—premesso che:

 la legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024”, all’ articolo 1, commi 980 e seguenti, prevede il divieto di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pellicce;

in deroga a tale divieto, l’articolo 1, comma 981 della citata legge stabilisce che gli allevamenti autorizzati alla data di entrata in vigore della legge medesima possano continuare a detenere gli animali per il periodo necessario alla dismissione, e comunque, non oltre il 30 giugno 2022;

il successivo comma 982 prevede, poi, uno specifico fondo per indennizzare gli allevamenti. I criteri e le modalità di indennizzo, ai sensi del comma 983, sono individuati con “decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro della Salute e il Ministro della Transizione ecologica, sentite le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”;

ai sensi del comma 984, il medesimo decreto dovrà regolare altresì “l’eventuale cessione degli animali e detenzione, con obbligo di sterilizzazione, nel rispetto del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146, e delle procedure indicate dal Ministro della salute per la prevenzione della diffusione di zoonosi presso gli allevamenti, presso strutture autorizzate, accordando preferenza a quelle gestite direttamente o in collaborazione con associazioni animaliste riconosciute”;

nonostante sia ampiamente decorso il termine indicato dalla legge, il citato decreto non risulta ancora emanato;

è rimasta senza risposta anche la richiesta di notizie in merito alla tempistica di adozione del decreto formalizzata dalle associazioni animaliste, tra le quali Humane Society International (HSI), che si sono battute per la chiusura definitiva degli allevamenti di animali da pelliccia in Italia, obiettivo raggiunto dopo anni di campagne;

il provvedimento è essenziale anche allo scopo di consentire il ricovero degli animali ancora in vita, in specie visoni, fino a oggi sfruttati e uccisi al solo scopo di ricavarne pellicce, presso strutture autorizzate, sicché possa essere garantita, almeno ad alcuni, la sopravvivenza in condizioni di benessere: 

quali sono i tempi previsti per l’adozione del decreto ministeriale attuativo della disposizione di legge che prevede il divieto di allevamento, riproduzione in cattività, cattura e uccisione di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pellicce e la conseguente chiusura definitiva delle attività correlate.”

FINE

Contatti:

  • Martina Pluda, Direttrice per l‘Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885
  • Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia: emheinen.hsi@gmail.com

La sua elezione offre l’opportunità storica di relegare il commercio di carne di cane in Corea del Sud ai libri di storia

Humane Society International


Jean Chung for HSI

SEOUL—Le organizzazioni animaliste in Corea del Sud stanno esortando il neoeletto presidente Yoon Seok-yeol ad agire rapidamente per dare seguito al suo impegno preelettorale di porre fine all’industria della carne di cane. Tra queste, l’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International/Corea, con sede a Seoul, afferma che l’elezione di Yoon deve rappresentare “un’opportunità storica affinché l’industria della carne di cane in Corea del Sud venga relegata ai libri di storia.”

Yoon Seok-yeol, del partito People Power, ha rilasciato diverse dichiarazioni confermando il suo sostegno al divieto della commercializzazione della carne di cane a condizione che vi sia consenso sociale. Un sondaggio d’opinione del 2020, commissionato da HSI/Corea e condotto da Nielsen, ha dimostrato tale consenso. Infatti, quasi l’84% dei cittadini sudcoreani intervistati hanno affermato di non mangiare o di non voler mangiare carne di cane in futuro. Inoltre, quasi il 60% degli intervistati sosterrebbe un divieto legislativo del suo commercio.

Durante la 20a campagna elettorale presidenziale, Yoon è stato criticato per un’affermazione, infondata, ma spesso ripetuta dagli esponenti del settore, secondo cui i cani allevati per la loro carne sono diversi dai cani da compagnia. Yoon ha successivamente chiarito di essere personalmente contrario al consumo di cani e ha dichiarato che avrebbe portato avanti un piano di eliminazione graduale di quest’industria, a patto che questa azione fosse sostenuta dalla società coreana, cosa che è stata confermata dai sondaggi.

Dal 2015, HSI/Corea ha salvato più di 2.500 cani da allevamenti di cani da carne in Corea del Sud e ne ha chiusi definitivamente 17, in collaborazione con allevatori desiderosi di lasciarsi alle spalle questa attività in declino. Nara Kim, responsabile della campagna per HSI/Corea, afferma: “L’elezione di Yoon Seok-yeol come nuovo Presidente della Corea del Sud offre al nostro paese un’opportunità storica per relegare il commercio di carne di cane in Corea del Sud ai libri di storia. Più di un milione di cani all’anno—dai piccoli bassotti ai grandi Tosa—soffrono negli allevamenti di cani da carne, per poi essere uccisi e finire in una pietanza. I cani vengono ormai percepiti come membri della famiglia a tutti gli effetti quindi il consenso sociale a favore di un divieto sul consumo di carne di cane è ormai fuori dubbio. HSI/Corea è pronta a lavorare con il nuovo Presidente per mettere in atto il suo impegno. I cani allevati per la loro carne devono diventare un ricordo passato il prima possibile.”

Nel dicembre dello scorso anno, il Governo sudcoreano ha istituito una task force interministeriale per prendere in considerazione un divieto sul commercio dei cani da carne, su suggerimento dell’allora Presidente, Moon Jae-in. La task force, composta da quattro ministeri, nonché da stakeholder accademici, dell’industria della carne di cane e portavoce del benessere degli animali, dovrebbe formulare nuove raccomandazioni nell’aprile di quest’anno. Inoltre, il consiglio municipale della città di Seoul è chiamato a votare  su una proposta di legge che chiederà al Sindaco di vietare il consumo di cani da carne in tutta la città.

Alcuni dati:

  • HSI/Corea aiuta gli allevatori a passare a mezzi di sussistenza alternativi, rispettosi degli animali e maggiormente redditizi, come la coltivazione di piante di peperoncino o la distribuzione di cisterne di acqua. La maggior parte degli allevatori con cui HSI/Corea ha lavorato, ha sperimentato una crescente pressione sociale, familiare e finanziaria volta alla cessazione delle attività di allevamento dei cani. Con una maggiore attenzione al benessere degli animali e oltre sei milioni di cani da compagnia che ora vivono nelle case coreane, la domanda di carne di cane è diminuita.
  • Sebbene la maggior parte delle persone in Corea del Sud non mangi carne di cane, la convinzione che la zuppa di carne di cane dia sollievo durante la calura estiva e aumenti le forze è ancora valida per alcuni, in particolare per le generazioni più anziane.
  • In Corea del Sud vengono allevati fino a 1,5 milioni di cani all’anno in migliaia di allevamenti in tutto il paese. Molti di loro vengono venduti ai macellai per la stagione del Bok Nal tra luglio e agosto, per essere poi uccisi per elettrocuzione e venduti come ingrediente per le zuppe.
  • La carne di cane è vietata a Hong Kong, Singapore, in Taiwan, Thailandia, nelle Filippine, nonché nelle città cinesi di Shenzhen e Zhuhai, nella provincia di Siem Reap in Cambogia e in cinque città e reggenze in Indonesia. Si stima che in altre parti dell’Asia vengano ancora uccisi circa 30 milioni di cani all’anno per la loro carne.

Foto del programma di HSI/Corea per la chiusura degli allevamenti di cani da carne (creare account per il download.)

FINE

Contatti: Martina Pluda, Direttrice per l‘Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Onorevoli Ferraresi e Flati e Humane Society International: “Un passo cruciale per fermare il coinvolgimento dell’Italia in questa pratica anacronistica e crudele che mette a rischio la sopravvivenza di molte specie selvatiche”

Humane Society International


HSI

ROMA—L’inserimento di un divieto formale e un adeguamento sanzionatorio della Legge nr. 150/1992 che regola il commercio di animali appartenenti a specie minacciate di estinzione per porre fine all’importazione, esportazione e riesportazione di trofei di caccia verso e dall’Italia, al fine di tutelare la loro conservazione, la biodiversità e il benessere degli individui appartenenti a dette specie, favorendo una riduzione del numero di tali animali che vengono cacciati. Sono questi i punti principali della proposta di legge (Atto Camera n. 3430), presentata in occasione del World Wildlife Day, alla Camera dei Deputati, dai suoi primi firmatari, gli Onorevoli Vittorio Ferraresi e Francesca Flati (M5S), insieme alla Direttrice per l’Italia di Humane Society International (HSI) Martina Pluda. Si tratta della prima iniziativa legislativa sull’argomento, con il potenziale di posizionare l’Italia come leader per la protezione della biodiversità e la conservazione sostenibile della fauna selvatica. La proposta è stata elaborata per rispondere alle criticità legate al coinvolgimento dell’Italia nella caccia al trofeo, sollevate del rapporto pubblicato nel 2021 da HSI/Europe “I numeri della caccia al trofeo: Il ruolo dell’Unione europea nella caccia al trofeo a livello mondiale” che evidenzia altresì il ruolo devastante dell’Unione Europea come secondo importatore mondiale, dopo gli Stati Uniti, di trofei di caccia, compresi quelli di specie minacciate e in via di estinzione.

La proposta di legge prevede:

  • il divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione da e per l’Italia dei trofei di caccia di specie protette ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES);
  • una pena, in caso di violazione del divieto, con l’arresto fino a tre anni e un’ammenda fino a 200.000 euro e 300.000 euro in casi di recidiva, nonché la confisca dei trofei di caccia che, sentita la Commissione CITES, saranno distrutti o utilizzati a fini didattici.

Nel quinquennio dal 2014 al 2018 l’UE ha importato quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale, di cui 322 in Italia. Numeri simili sono stati confermati anche nel biennio 2019-2020, nonostante l’emergenza COVID: durante tale periodo, l’Italia ha importato 105 trofei di caccia di 13 differenti specie di mammiferi protette dalla CITES, tra le quali leoni minacciati, elefanti africani in pericolo e rinoceronti neri in pericolo critico di estinzione. In particolare, dal 2014-2018 l’Italia è risultata il primo importatore UE di trofei di ippopotamo (145), il quarto di trofei di leone africano di origine selvatica e il quinto di elefante africano. Rispetto ai trofei di leone, l’80% dei leoni risultano allevati in cattività, ovvero derivanti dalla pratica del cosiddetto “canned hunting”, o “caccia in scatola”, che prevede l’allevamento di tali animali e la loro uccisione in spazi recintati, così da facilitare il compito del cacciatore.

L’importazione dei trofei di caccia in Italia è tuttora legale e questa proposta di legge volta a fermarla incontra il favore della popolazione italiana. Infatti, secondo i risultati di un recente sondaggio, commissionato da HSI/Europe a Savanta ComRes, l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici e il 74% è a favore di un divieto di importazione di trofei di caccia nel nostro Paese. Inoltre, la petizione #NotInMyWorld lanciata da HSI in Italia ha già raccolto più di 40.000 firme.

L’Onorevole Vittorio Ferraresi, primo firmatario della proposta di legge, ha dichiarato: “Con questa proposta di legge a mia prima firma si intende contrastare l’uccisione di specie protette, a rischio di estinzione che potremmo non vedere mai più, e le violenze che vengono perpetrate contro di esse. La tutela della biodiversità è un importante fattore anche per la sopravvivenza dell’essere umano e quando intaccata mette a rischio il futuro e la qualità di vita delle prossime generazioni.”

L’Onorevole Francesca Flati ha detto: “Gli animali non sono trofei da esibire, ma esseri viventi e senzienti. Con questa proposta di legge vogliamo dire basta alla caccia senza regole. Blocchiamo subito l’importazione e l’esportazione dei trofei di caccia! Come Movimento 5 Stelle siamo in prima linea e al lavoro per fermare questa ignobile pratica.”

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha affermato: “Con questa proposta di legge diamo all’Italia la possibilità di schierarsi dalla parte della fauna selvatica e della sua reale tutela, azzerando il numero di animali protetti cacciati per divertimento, mercificati e importati quali macabri trofei in Italia, per poter essere appesi sopra un caminetto, come motivo di vanto. Si tratta di un passo che incontra il favore degli italiani, contrari a questa pratica elitaria e fuori dal tempo che non ha nulla a che vedere con la conservazione delle specie e della biodiversità.”

Il Senatore Gianluca Perilli (M5S), che nel dicembre del 2021 ha promosso, assieme ad altri senatori e senatrici, un emendamento alla Legge di Bilancio sul tema, ha espresso il suo supporto con la seguente dichiarazione: “Il nostro impegno per la tutela degli animali e per la salvaguardia della biodiversità va oltre i nostri confini nazionali. Con l’approvazione della riforma costituzionale, che introduce la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli animali in Costituzione abbiamo fatto un passo importantissimo per la nostra società ma siamo consapevoli che dovranno seguire anche altri interventi normativi. Vietare l’importazione e l’esportazione di trofei di caccia a livello internazionale significa salvaguardare quelle specie selvatiche minacciate d’estinzione e tutelare la biodiversità.”

In un video messaggio da Cape Town, la Dott.ssa Audrey Delsink, Wildlife Director per HSI/Africa, ha sottolineato: “Studi dimostrano come la caccia al trofeo mette a rischio la conservazione delle specie selvatiche impattando negativamente sulla dinamica della popolazione, diminuendo i tassi di concepimento, riducendo la sopravvivenza dei cuccioli e degli adulti e aumentando la mortalità in specie come leoni, leopardi e puma, solo per citarne alcuni. Oltre a questo rischio, la caccia al trofeo non sostiene le comunità locali, che continuano a vivere in condizioni di estrema povertà. Infatti, uno studio su 8 paesi africani dimostra che mentre il turismo, nel suo complesso, contribuisce al PIL per il 2,8%-5,1%, il contributo massimo attribuibile ai cacciatori di trofei non supera lo 0,03% del PIL.”

“Questa proposta di legge rappresenta un’azione politica concreta per fermare il vergognoso coinvolgimento del nostro Paese in una pratica anacronistica e crudele che contribuisce a mettere a rischio la sopravvivenza globale di molte specie selvatiche” hanno concluso Ferraresi, Flati e Pluda.

Foto della presentazione della proposta di legge durante la conferenza stampa alla Camera dei Deputati (creare account per il download)

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Contatti:

  • Eva-Maria Heinen: emheinen.hsi@gmail.com
  • Martina Pluda: mpluda@hsi.org; 371.4120885

Anche gli animali sono coinvolti nei conflitti: possono subire ferite, perdere la vita o essere abbandonati durante le evacuazioni

Humane Society International


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BRUXELLES—L’organizzazione per la protezione degli animali Humane Society International/Europe, applaude la Commissione Europea per aver consigliato a tutti gli Stati Membri dell’UE di allentare i requisiti in merito alla documentazione veterinari di cani, gatti e altri animali da compagnia che viaggiano con i rifugiati, in cerca di un passaggio sicuro verso i paesi dell’UE.

In una comunicazione inviata a Humane Society International e ad altri membri della Piattaforma Europea per il Benessere Animale (EU Animal Welfare Platform), Bernard Van Goethem, Director of Crisis Preparedness in food, animals and plants presso la DG SANTE, ha scritto ai capi dei servizi veterinari e alle rappresentanze permanenti di tutti gli Stati Membri, dicendo [traduzione non ufficiale]:

“In considerazione dei preoccupanti sviluppi della situazione in Ucraina e per evitare possibili difficoltà con i rifugiati provenienti dall’Ucraina accompagnati dai loro cani, gatti o altri animali da compagnia…per facilitare il processo e affrontare in modo appropriato questa situazione di emergenza, la Commissione suggerisce agli Stati Membri di adottare misure d’autorizzazione applicabili agli animali da compagnia che viaggiano con i rifugiati e autorizzare il loro ingresso senza previa richiesta individuale di permesso. Questo approccio permetterebbe di informare il personale alle frontiere per garantirne la consapevolezza e quindi evitare eventuali problemi”.

Ruud Tombrock, Direttore esecutivo di Humane Society International/Europe, dice: “Siamo profondamente preoccupati per le persone e gli animali colpiti dall’azione militare russa in Ucraina e quindi accogliamo con favore il riconoscimento da parte della Commissione Europea che le persone in fuga dal conflitto tengono profondamente ai loro animali da compagnia come membri amati della loro famiglia da tenere al sicuro. Coloro che cercano rifugio saranno molto sollevati nel sapere che possono fare piani di evacuazione nei paesi dell’UE con i loro animali domestici senza inutili ritardi. Speriamo che questa presa di posizione—e di compassione—dell’UE possa creare un precedente e che venga replicata in tutto il mondo, durante situazioni di conflitto simili. Le persone non dovrebbero mettere a repentaglio la propria sicurezza nel tentativo di evitare che i loro animali vengano abbandonati.”

Durante qualsiasi situazione di conflitto, l’attenzione immediata è comprensibilmente rivolta alle vittime umane ma non dobbiamo dimenticare che anche gli animali sono coinvolti: possono subire ferite, perdere la vita o essere abbandonati durante le evacuazioni. Sebbene Humane Society International non operi in Ucraina, stiamo monitorando da vicino la situazione e siamo in contatto con gruppi locali per valutare se e come possiamo sostenere al meglio chi ne ha bisogno. Aggiorneremo i nostri sostenitori su qualsiasi sviluppo.

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: 3714120885; mpluda@hsi.org

Brambilla, Humane Society International: “Una vittoria storica!”

Humane Society International


HSI

ROMA—È stato approvato oggi dalla Commissione Bilancio del Senato una versione riscritta dell’emendamento dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali che prevede la definitiva chiusura, entro sei mesi, degli allevamenti di animali da pelliccia e un divieto di queste attività nel nostro Paese. In Italia si tratta, di fatto, di dieci allevamenti di visoni ancora formalmente attivi (5 dei quali senza animali) con 14 addetti complessivi, la cui operatività era già stata sospesa fino alla fine del 2021 a causa dell’emergenza COVID. L’emendamento era stato annunciato il 16 novembre scorso dall’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente dell’Intergruppo e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente (LEIDAA), durante la presentazione, insieme a Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International (HSI), dello studio “L’allevamento di visoni in Italia: Mappatura e prospettive future”, realizzato per conto dell’organizzazione internazionale di protezione animale da Studio Come Srl. per offrire soluzioni concrete per la riconversione degli allevamenti in questione. Ora è attesa entro fine anno l’approvazione della Legge di Bilancio da parte del Parlamento per confermare l’entrata in vigore delle misure contenute nell’emendamento.

L’emendamento approvato prevede:

  • l’immediato divieto di allevare, far riprodurre in cattività, catturare e uccidere visoni, volpi, cani procione, cincillà e animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia;
  • la chiusura degli allevamenti ancora presenti entro il 30 giugno 2022. Gli allevamenti, la cui attività è sospesa fino al 31 dicembre 2021, saranno comunque soggetti al monitoraggio e alle procedure previste dal Ministero della Salute;
  • un indennizzo per le aziende che ancora detengono il codice attività relativo all’allevamento di animali da pelliccia, coperto da un fondo appositamente istituito presso il Ministero delle Politiche Agricole: 3 milioni di euro nel 2022.

L’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali e della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente (LEIDAA) ha commentato il voto: “In trent’anni di lotta animalista questa è la vittoria più bella. Finalmente un voto parlamentare sancisce lo stop a sofferenze inenarrabili inflitte agli animali in nome soltanto del lucro e della vanità. L’Italia è il ventesimo Paese europeo che introduce divieti o severe restrizioni a questa attività: meglio tardi che mai. Ora attendiamo l’approvazione definitiva della legge di bilancio, ma la volontà politica è stata chiaramente espressa. Si realizza un sogno che le associazioni di protezione animale hanno coltivato per decenni nel nostro Paese e che altrove in Europa, da ultimo in Irlanda e Francia, è già diventato realtà. Voglio ringraziare tutte le colleghe e i colleghi dell’Intergruppo, in particolare la Vicepresidente De Petris che ha fatto proprio l’emendamento e l’ha segnalato alla commissione, i parlamentari che hanno condiviso questa scelta e l’ufficio italiano di Humane Society International che ha promosso lo studio economico i cui risultati hanno costituito la “base” per formulare la proposta. È un grande traguardo, di cui finalmente gioiscono tutti coloro che amano e rispettano gli animali!”

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International afferma: “È un passo cruciale verso una vittoria storica per le associazioni animaliste in Italia, che da anni portano avanti questa battaglia di civiltà. Ci sono ragioni di ordine economico, ambientale, di salute pubblica e non da ultimo di benessere animale per vietare e chiudere gli allevamenti di animali da pelliccia. Siamo felici che il nostro Paese si sia finalmente reso conto che la persistenza di queste attività rappresenterebbe una scelta eticamente inaccettabile e rischiosa per la società che supera i limitati benefici economici che offre alla piccola minoranza coinvolta in questa pratica disumana. Siamo orgogliosi di aver contribuito al raggiungimento di questo traguardo, portando soluzioni concrete che hanno di fatto sancito la fine dell’allevamento di animali da pelliccia in Italia, offrendo allo stesso tempo proposte sostenibili di riconversione. Ringrazio l’on. Brambilla per l’instancabile impegno e tutti i membri dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali per il supporto corale.”

Foto della presentazione dell’emendamento durante la conferenza stampa alla Camera dei Deputati (creare account per il download) 

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Contatti:

Senatore Perilli e Humane Society International: “È un imperativo morale fermare le importazioni di trofei di caccia di animali uccisi per divertimento!”

Humane Society International


HSI

ROMA—Un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione di trofei di caccia per e dal territorio italiano e lo stanziamento di fondi al fine di garantire la formazione e l’addestramento delle forze di polizia. Questi i due punti principali dell’emendamento alla Legge di Bilancio 2022 presentato dall’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, a prima firma della Senatrice Loredana De Petris (LeU) e del Senatore Gianluca Perilli (M5S) anche sulla base dei contenuti del rapporto “I numeri della caccia al trofeo: Il ruolo dell’Unione europea nella caccia al trofeo a livello mondiale”, pubblicato da HSI/Europe.

Tra il 2014 e il 2018 l’UE ha importato quasi 15.000 trofei di caccia di 73 specie protette a livello internazionale, diventando così il secondo importatore di trofei di caccia al mondo dopo gli Stati Uniti. Tra il 2014 e il 2020, l’Italia ha importato 437 trofei di caccia provenienti da specie protette a livello internazionale, tra le quali leoni, elefanti africani e rinoceronti neri in pericolo di estinzione. In particolare, l’Italia è il primo importatore UE di trofei di ippopotamo e il quarto più grande importatore di trofei di leoni africani di origine selvatica. Inoltre, il nostro paese ha svolto un ruolo significativo a livello UE nel commercio di trofei di elefanti africani, essendo il quinto importatore UE di questa specie. L’importazione dei trofei di caccia è tuttora legale, nonostante un recente sondaggio, commissionato da HSI/Europe a Savanta ComrRes, dimostri che l’86% degli italiani intervistati si oppone alla caccia al trofeo di tutti gli animali selvatici e il 74% è a favore di un divieto di importazione di trofei di caccia nel nostro Paese.

A seguito della presentazione del rapporto, HSI ha lanciato in numerosi paesi europei la campagna #NotInMyWorld, tesa a ottenere un divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia. In Italia, Humane Society International ha percorso le strade di Roma, portando con sé le sagome di elefanti e rinoceronti, raffigurati, da un lato, liberi nei loro habitat naturali, dall’altro come vittime della caccia al trofeo, imballati alla stregua di meri oggetti e pronti alla spedizione. L’impegno portato avanti anche sul piano istituzionale ha ottenuto il supporto degli Onorevoli Francesca Flati e Vittorio Ferraresi e del Senatore Gianluca Perilli (M5S), che hanno alacremente lavorato per portare avanti un’azione politica volta a introdurre tale divieto anche in Italia.

Nelle ultime ore, quest’impegno si è tradotto nella presentazione di un emendamento, annunciato dallo stesso Sen. Gianluca Perilli (M5S), intervenuto durante la conferenza stampa di presentazione degli emendamenti alla Legge di Bilancio 2022, convocata dall’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, alla presenza della sua presidente, l’On. Michela Vittoria Brambilla (Fi), e le Senatrici Loredana De Petris (LeU) e Gabriella Giammanco (Fi). L’emendamento prevede il divieto di importazione, esportazione e ri-esportazione da e per l’Italia dei trofei di caccia di specie protette ai sensi della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES). In caso di violazione del divieto, il trasgressore sarà punito con l’arresto fino a due anni e l’ammenda fino a 200.000 euro, nonché con la confisca dei trofei di caccia che, sentita la Commissione CITES, saranno distrutti o utilizzati a fini didattici. Inoltre, l’emendamento prevede lo stanziamento di 100.000 euro per la formazione delle forze di polizia, finalizzata al contrasto del commercio illegale e al controllo del commercio internazionale e della detenzione di specie di fauna e flora minacciate di estinzione, protette dalla CITES.

Il Senatore Gianluca Perilli ha dichiarato: “Ritengo il tema dei trofei di caccia un tema centrale. Per questo abbiamo presentato un emendamento che propone di aumentare i fondi alle forze di polizia per il contrasto ai reati CITES e di imporre un divieto di importazione ed esportazione di trofei di caccia nel nostro paese. Siamo certi, infatti, che la caccia al trofeo rappresenti il simbolo della crudeltà inflitta dagli uomini agli altri animali. Già questo basta per chiederne l’abolizione. Inoltre, questa pratica non apporta alcun beneficio all’ambiente né alle comunità locali sui territori delle quali viene praticata. Imporne il divieto è un imperativo morale”.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, ha detto: “I cacciatori di trofei uccidono per divertimento molte migliaia di animali selvatici in tutto il mondo, comprese le specie in via di estinzione o minacciate, e l’Italia è una destinazione importante per questi trofei. Oltre alla crudeltà, mentre il mondo sta affrontando una crisi della biodiversità, è irresponsabile consentire alle élite ricche di sparare alle specie in pericolo per puro piacere. Un divieto d’importazione dei trofei in più paesi dell’UE aiuterebbe efficacemente a fermare l’uccisione di questi animali. Per questo stiamo lavorando affinché l’Italia introduca un divieto di importazione, esportazione e riesportazione dei trofei di caccia.”

Oltre al rischio per la conservazione delle specie, la caccia ai trofei non ha alcuna rilevanza per il sostegno alle comunità locali. I cacciatori pagano enormi somme di denaro per uccidere gli animali più rari e imponenti solamente per divertimento, esibizionismo e vanto, registrando i loro successi nei registri tenuti dalle organizzazioni di caccia ai trofei. Inoltre, studi dimostrano che solo il 3% delle entrate ricavate da questa attività viene destinato alle comunità locali. L’ecoturismo per l’osservazione della fauna selvatica genera molto più reddito e posti di lavoro per sostenere la conservazione e l’occupazione locale.

Nelle foto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia di HSI/Europe con il Senatore Gianluca Perilli e l’Onorevole Vittorio Ferraresi durante la street action a Roma, lo scorso 20 ottobre.

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

Brambilla, De Petris, Humane Society International: “Attività eticamente insostenibile!”

Humane Society International


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ROMA—Chiusura definitiva, entro sei mesi, degli allevamenti di animali da pelliccia ancora formalmente attivi in Italia (10, di visoni); indennizzi e contributi alle imprese parametrati sul numero degli animali ancora presenti, sul fatturato dell’ultimo ciclo produttivo e sulle spese sostenute per la demolizione o la riconversione degli impianti; una corsia preferenziale per l’assegnazione di parte (5 milioni di euro) dei fondi del PNRR destinati all’agrivoltaico. Questi i capisaldi dell’emendamento alla legge di bilancio presentato dall’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali – di cui è presidente la deputata Michela Vittoria Brambilla (Fi)-  a prima firma della sen. Loredana De Petris (LeU), presidente del Gruppo misto al Senato della Repubblica e vicepresidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e della sen. Gabriella Giammanco (Fi).

Proprio l’on. Brambilla, il 16 novembre scorso, aveva annunciato l’emendamento, presentando—insieme con Martina Pluda, direttrice per l’Italia di Humane society international—l’indagine  “L’allevamento di visoni in Italia: Mappatura e prospettive future” realizzata per conto dell’organizzazione internazionale di protezione animale da Studio Come Srl.  Il rapporto contiene un approfondimento sullo stato attuale degli allevamenti di visoni in Italia, sulla loro rilevanza economica e commerciale per il nostro Paese e proposte concrete per favorire il superamento e la riconversione di questa attività, eticamente inaccettabile, incompatibile con il benessere animale, pericolosa per la salute umana, dannosa per l’ambiente e ormai di dimensione e rilevanza ridotte in Italia.

Nelle ultime ore il testo dell’emendamento è stato definito nei dettagli e depositato, a breve sarà pubblicato sulla pagina internet del Senato. Prevede l’immediato divieto di riproduzione per gli animali da pelliccia ancora presenti negli allevamenti e la chiusura degli stessi entro il 30 giugno 2022. Gli allevamenti, la cui attività è sospesa fino al 31 dicembre 2021, a causa del dilagare del virus SARS-CoV-2 tra i visoni di due di queste strutture, saranno comunque soggetti al monitoraggio e alle procedure previste dal Ministero della Salute. Alle aziende che ancora detengono il codice attività, indipendentemente dalla presenza o meno di animali, saranno riconosciuti un indennizzo per ogni animale presente alla data di entrata in vigore della legge, un contributo a fondo perduto corrispondente al 30% del fatturato registrato nell’ultimo ciclo produttivo, un contributo a fondo perduto, sino ad un massimo di 10.000 euro, per la copertura delle spese sostenute per la demolizione degli impianti o per la riconversione in attività agricola diversa. L’ammontare complessivo dei benefici e le modalità di erogazione saranno stabiliti da un decreto interministeriale: la copertura prevista è di circa un milione di euro. Alle stesse aziende sarà riconosciuta una corsia preferenziale nell’assegnazione dei fondi del PNRR per lo sviluppo agrivoltaico e la creazione di parchi agrisolari entro il limite complessivo di 5 milioni di euro e di 500.000 euro per singolo intervento.

Il decreto interministeriale regolerà anche l’eventuale cessione degli animali, con obbligo di sterilizzazione (i visoni sono specie alloctone, di origine americana) e nel rispetto delle procedure indicate dal Ministro della Salute per la prevenzione della diffusione di zoonosi, a strutture autorizzate, preferibilmente quelle gestite da associazioni di protezione animale riconosciute.

L’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente e dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, ha dichiarato: “Ovunque si parla di transizione ecologica, di svolta ambientalista, di rispetto per la natura e gli animali: concetti e principi che presto otterranno un riconoscimento formale anche nella nostra Costituzione. A maggior ragione è impensabile perpetuare la sofferenza di animali nati per correre in libertà, ma costretti ad una vita che non è vita e destinati ad una morte orribile, solo per lucro e vanità. Chiudere definitivamente gli allevamenti di visoni è etico, auspicabile per la salute umana, responsabile nei confronti dell’ambiente e sostanzialmente indifferente per la nostra economia”.

La sen. Loredana De Petris, presidente del Gruppo misto al Senato della Repubblica e vicepresidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, ha dichiarato: “Già 19 paesi europei hanno posto fine alla vergogna degli allevamenti da animali da pelliccia, da ultimo Irlanda e Francia hanno eliminato così, alla radice, il rischio che questi stabilimenti, potenziali serbatoi del virus SARS-Cov-2, rappresentano per la salute pubblica nel pieno della pandemia. Proprio perché “non è finita”, e purtroppo ce lo confermano le cronache di tutti i giorni, anche noi in Italia dobbiamo muoverci rapidamente, e senza esitazioni, nella stessa direzione dei nostri partner. Grazie al lavoro dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali, il Parlamento italiano ha l’opportunità di mettersi al passo. Le forze politiche siano responsabili e facciano la scelta giusta”.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International, ha dichiarato: “Ci troviamo davanti a un’occasione storica per relegare definitivamente al passato l’allevamento e l’uccisione di animali per produrre pellicce, colletti, pompon e altri capi o accessori frutto di crudeltà, di cui nessuno ha più bisogno e la cui domanda è in costante calo. Da anni HSI si batte, anche a livello internazionale, per la chiusura degli allevamenti di animali da pelliccia, documentando ciò che avviene al loro interno, dialogando con gli attori del settore e offrendo soluzioni concrete come quelle contenute nello studio che abbiamo pubblicato, punto di partenza per l’emendamento presentato”.

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