La politica europea è chiamata a rispettare gli impegni presi con i cittadini

Humane Society International / Europa


HSI

BRUXELLES—Il Comitato dei Cittadini, composto dai sette cittadini europei promotori dell’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) “End the Cage Age”, ha presentato ricorso presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea contro la Commissione UE, responsabile di aver tradito il proprio impegno a proporre una normativa per mettere fine all’allevamento in gabbia.

La documentazione a sostegno del ricorso del Comitato dei Cittadini è già stata inviata alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo. Secondo il Comitato, la Commissione è venuta meno all’impegno, preso in risposta all’ICE End the Cage Age, di presentare entro il 2023 una legislazione per l’eliminazione graduale dell’uso delle gabbie dagli allevamenti europei.

“End the Cage Age” è stata la prima e finora l’unica ICE a ottenere dalle istituzioni UE un chiaro impegno formale. Inoltre, Il Comitato sottolinea come le ICE siano state introdotte con lo specifico intento di garantire ai cittadini dell’UE una maggiore influenza sui processi decisionali dell’Unione e come la retromarcia della Commissione rispetto al suo storico impegno comprometta proprio lo scopo di questo strumento democratico.

Nel 2021, la Commissione UE aveva assunto l’impegno formale a presentare una proposta legislativa per vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti europei entro la fine del 2023. Una decisione in risposta al successo dell’ICE “End the Cage Age” che – con il sostegno di una coalizione di 170 associazioni coordinate da Compassion in World Farming (CIWF), di cui 20 italiane – aveva raccolto 1,4 milioni di firme certificate.

L’azione legale “End the Cage Age” presso la Corte di Giustizia UE, le cui spese sono sostenute da CIWF, è ora la prima a chiamare la Commissione a rispondere della propria inazione in merito a una ICE. Se la Corte di Giustizia Europea si esprimerà in favore del ricorso, la Commissione sarà obbligata a pubblicare la propria proposta legislativa, seguendo una tempistica chiara e ragionevole, e a rendere pubblico il proprio dossier sull’ICE “End the Cage Age”.

Annamaria Pisapia, una dei sette membri del Comitato dei Cittadini promotori dell’ICE “End the Cage Age”, afferma: “La Commissione europea aveva dato la sua parola alle cittadine e ai cittadini UE che avrebbe proposto un divieto dell’allevamento in gabbia. Con la sua retromarcia, non ha tradito solo le persone, ma anche i 300 milioni di animali che ogni anno soffrono in gabbia negli allevamenti dell’UE. Non esistono giustificazioni per ulteriori ritardi.”

Le associazioni italiane della coalizione End the Cage Age hanno dichiarato: “Il ricorso presentato dal Comitato dei Cittadini contro la Commissione ha il nostro pieno sostegno. È un’azione non solo in difesa degli animali ma rappresenta anche tutti quei cittadini e cittadine dell’UE che hanno sostenuto convintamente l’introduzione del divieto di allevamento in gabbia, ritenendo la ICE uno strumento democratico autentico, che avrebbe garantito loro maggior influenza sui processi decisionali dell’UE. Finora non è stato così, purtroppo, ma noi non ci diamo per vinti.”

Ancora oggi, infatti, oltre 300 milioni tra suini, galline, conigli, oche, vitelli, quaglie e anatre soffrono in gabbia all’interno degli allevamenti dell’Unione europea, vivendo una vita fatta solo di crudeltà e sofferenza. Nell’ottobre dello scorso anno, proprio l’Eurobarometro della Commissione Europea ha evidenziato che una schiacciante maggioranza di nove cittadini UE su dieci – circa 400 milioni di persone – ritiene che gli animali non debbano essere allevati in gabbie individuali. Anche i consulenti scientifici della Commissione, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), si sono espressi a favore della graduale eliminazione delle gabbie per motivi di benessere animale per suini, vitelli, galline ovaiole, quaglie, oche e conigli.

La Commissione stava per presentare la propria proposta legislativa per mettere fine all’allevamento in gabbia lo scorso autunno, quando la presidente Von der Leyen ha messo il tutto in pausa, molto probabilmente dietro le pressioni della lobby agricola. Un voltafaccia arrivato a discapito del fatto che i funzionari della Commissione avevano già completato tutti i preparativi e le valutazioni e consultazioni necessarie, e nonostante le proposte includessero un solido sostegno finanziario per assistere gli allevatori durante la transizione verso sistemi senza gabbie. Una misura, questa, che trova il favore delle associazioni di protezione animale, che ritengono che i sussidi pubblici dovrebbero essere reindirizzati per sostenere gli allevatori che transitano a sistemi più rispettosi del benessere animale e a coltivazioni vegetali, nel rispetto della natura e nell’interesse della società tutta.

Note
  • Il Comitato dei cittadini promotori dell’ICE “End the Cage Age” è composto da: Leopoldine Charbonneaux, Francia; Olga Kikou, Grecia; Malgorzata Szadkowska, Polonia; Romana Sonkova, Repubblica Ceca; Geert Laugs, Paesi Bassi; Annamaria Pisapia, Italia; e Mahi Klosterhalfen, Germania.
  • Un esempio delle sofferenze a cui sono sottoposti i millioni di animali allevati in gabbia: le scrofe sono costrette ad allattare i suinetti in gabbie così piccole da non potersi girare su loro stesse, i conigli e le quaglie trascorrono la vita in gabbie squallide e anguste, i vitelli trascorrono in box singolo le prime otto settimane della loro vita, dopo essere stati strappati alla loro madre, e le oche e anatre sono ingabbiate per essere sottoposte alla crudele pratica dell’alimentazione forzata per la produzione di foie gras.
  • Le associazioni italiane della coalizione End the Cage Age sono: Amici della Terra, Animal Aid, Animal Equality Italia, ALI – Animal Law Italia, Animalisti Italiani, CIWF Italia, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, HSI/Europe, Il Fatto Alimentare, Jane Goodall Institute Italia, LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia, LAV, Legambiente, LEIDAA, LNDC Animal Protection, LUMEN, OIPA, Partito animalista, Terra Nuova, Terra! Onlus.

FINE

Martina Pluda, direttrice per l’Italia : mpluda@hsi.org; 3714120885

“I trofei di caccia sono nature morte del nostro tempo, oggetti simbolo del disprezzo per animali appartenenti a specie a rischio estinzione e la natura. Che queste fotografie possano rimanere impresse nelle menti di coloro che hanno la responsabilità politica di proteggere le specie animali a rischio di estinzione” l’appello di Humane Society International/Europe e delle parlamentari Brambilla e Bevilacqua, sostenitrici dell’iniziativa

Humane Society International / Europa


HSI Natura morta. In consegna. Il macabro business della caccia al trofeo negli scatti di Britta Jaschinski

ROMA—La mostra fotografica Natura Morta. In Consegna. apre oggi le sue porte al pubblico per esporre il macabro business della caccia al trofeo attraverso gli scatti suggestivi di Britta Jaschinski, fotografa pluripremiata e co-fondatrice di Photographers Against Wildlife Crime™, nella prestigiosa cornice di Palazzo Valdina, sede della Camera dei Deputati, a Roma. Organizzata da Humane Society International/Europe con il patrocinio dell’On. Michela Vittoria Brambilla, Presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e la tutela dell’ambiente, l’esposizione è stata inaugurata alla presenza di rappresentati della stampa e delle istituzioni con un panel moderato da Diana Letizia,  Direttrice editoriale di Kodami, durante il quale hanno preso la parola l’On. Brambilla, la Sen. Dolores Bevilacqua, la fotografa Britta Jaschinski e Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, creando un momento di riflessione e sensibilizzazione sul tema della caccia al trofeo.

La mostra, organizzata in sostegno alla campagna #NotInMyWorld, si propone di accelerare l’introduzione in Italia di un divieto di importazione ed esportazione dei trofei di caccia, al fine di proteggere animali appartenenti a specie a rischio di estinzione, come l’ippopotamo, l’elefante africano, il leone africano, il leopardo, l’orso bruno e l’orso polare, e preservare la biodiversità globale. I trenta scatti esposti saranno visionabili dal 12 al 21 marzo 2024, offrendo ai visitatori l’opportunità di immergersi nella tragica realtà della caccia al trofeo, osservare la trasformazione degli animali in oggetti – da apribottiglie a posacenere –, esplorare le implicazioni di questa pratica su animali, ambiente e comunità locali e lanciare l’appello per azioni concrete per la sua cessazione. Corpi, pelli, zampe e teste dagli sguardi oramai vacui, irrigiditi nell’immobilità della morte. Non più animali, ma oggetti, resi tali dalla canna di un fucile e immortalati dall’obiettivo della fotocamera. Sono nature morte del nostro tempo, dei secoli XIX-XXI. Questa l’essenza degli scatti di Britta Jaschinski esposti alla mostra Natura morta. In consegna., che, come lascia intendere il titolo, evocano il parallelismo tra l’uccisione e la reificazione di animali appartenenti a specie minacciate e a rischio di estinzione e l’idea classica di “natura morta”, ovvero la raffigurazione, normalmente pittorica, di oggetti inanimati, tra i quali anche bottini venatori.

L’On. Brambilla, madrina della mostra e promotrice di una proposta di legge per vietare l’importazione, l’esportazione e la ri-esportazione dei trofei di caccia delle specie protette dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), depositata alla Camera dei Deputati, ha affermato: “Gli scatti di Britta Jaschinski ritraggono animali trasformati in oggetti, ma anche, indirettamente, la psiche di chi pensa, in questo modo, di appropriarsi della loro “magia”. La caccia al trofeo è francamente una vergogna, alla quale occorrerebbe porre termine senza indugio. L’approvazione della proposta di legge che ho presentato metterebbe l’Italia sulla strada giusta, quella del divieto di importazione ed esportazione, già battuta da altri Paesi europei, per garantire la conservazione di un inestimabile patrimonio naturale a beneficio delle future generazioni.”

Una proposta di legge in tal senso è stata presentata anche al Senato della Repubblica dalla Sen. Bevilacqua che durante il panel di apertura ha sottolineato: “Numerosi paesi europei, come Francia, Paesi Bassi, Finlandia e Belgio, hanno adottato o stanno discutendo un divieto di importazione di trofei di caccia di specie a rischio estinzione. Anche in Italia dobbiamo discuterne, per questo sono felice che la proposta di legge presentata dal M5S nella scorsa legislatura alla Camera, sia stata riproposta grazie all’Intergruppo per i diritti animali. Serve però portare avanti il tema anche a livello UE, proprio alla luce dell’adozione da parte del Parlamento europeo di una risoluzione che chiede appunto il divieto di importazione di trofei di caccia delle specie minacciate. Auspico, quindi, che tutti i candidati alle prossime elezioni europee esprimano la propria sensibilità al riguardo: per quanto riguarda il M5S ci impegneremo a continuare a lavorare per un divieto nazionale ed europeo.”

Nel decennio tra il 2013 e il 2022, l’Unione Europea ha importato trofei di caccia provenienti da oltre 27.000 animali appartenenti a specie protette dalla CITES, posizionandosi come il secondo importatore mondiale dopo gli Stati Uniti d’America. I dati sulle importazioni di trofei di caccia dimostrano il coinvolgimento dell’Italia in questa macabra industria. Tra il 2014 e il 2022, l’Italia ha infatti importato 492 trofei di caccia provenienti da mammiferi protetti dalla CITES, come ippopotami, rinoceronti neri, elefanti africani, leoni, leopardi, ghepardi, giaguari, orsi polari e tante altre specie.  La caccia al trofeo non contribuisce positivamente alla conservazione, anzi, minaccia la sopravvivenza di intere popolazioni animali. Per la natura competitiva di questa pratica, l’obiettivo dei cacciatori di trofei è uccidere animali che presentano determinate caratteristiche fisiche: gli elefanti dalle zanne più imponenti, i leoni dalla criniera più folta e scura, i rinoceronti dai corni più sviluppati. Si tratta, spesso, di individui adulti, in età riproduttiva ed essenziali per il benessere e la stabilità dei gruppi sociali e degli ecosistemi in cui vivono.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe ha commentato: “In Italia, nonostante il 74% della popolazione sia chiaramente a favore di un divieto di importazione dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie a rischio di estinzione, questa pratica rimane legale. È essenziale che il Governo italiano dia ascolto alla volontà dei suoi cittadini. La collocazione di questa mostra, infatti, non è affatto casuale; queste foto devono servire da monito per accelerare il processo legislativo di adozione delle proposte di legge già sul tavolo alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica. Mettere un freno a questa pratica crudele e anacronistica non è solo un imperativo etico ma anche la risposta adeguata al mandato del Parlamento Europeo che, nel 2022, ha richiesto un divieto sulle importazioni di trofei. È arrivato il momento per l’Italia di schierarsi dalla parte della conservazione della fauna selvatica e di agire con responsabilità per proteggerla. È inaccettabile che si possano trasformare leoni, elefanti, rinoceronti in tappeti, sgabelli e portapenne.”

La mostra sarà aperta al pubblico dal 12 al 21 marzo 2024, presso la Camera dei Deputati – Palazzo Valdina, Piazza in Campo Marzio 42, Roma, da lunedì a venerdì, dalle ore 11:00 alle 19:30 (ultimo ingresso ore 19:00), entrata libera.

Ulteriori informazioni sulla mostra.

Foto della mostra e dell’inaugurazione.

Cronologia dell’attività politica in Italia:

Divieti di importazione dei trofei di caccia in altri paesi:

  • Il Belgio, tredicesimo maggior importatore di trofei di caccia di specie protette a livello internazionale in Europa, ha vietato l’importazione di trofei di caccia a gennaio 2024.
  • Nel maggio 2016, i Paesi Bassi hanno istituito un divieto all’importazione di trofei di caccia per oltre 200 specie elencate nell’Allegato A del Regolamento europeo 338/97 sulla protezione delle specie della fauna e flora selvatiche, nonché specie in pericolo di estinzione. Il divieto di importazione si applica anche alle seguenti specie dell’Allegato B: rinoceronte bianco, ippopotamo, muflone (pecora selvatica del Caucaso), leone e orso polare. Il divieto di rilascio di permessi di importazione coinvolge complessivamente 200 specie animali.
  • La Francia ha implementato un divieto all’importazione di trofei di caccia di leone nel 2015. Nel 2023, una proposta di legge volta a “fermare il rilascio di permessi di importazione per trofei di caccia di alcune specie in via di estinzione” è stata presentata.
  • Le importazioni di trofei di caccia in Finlandia sono state limitate nel giugno 2023. La nuova Legge sulla Conservazione della Natura include una disposizione che vieta l’importazione di singoli animali o delle loro parti per le specie più minacciate al mondo, minacciate dal commercio internazionale come trofei provenienti da paesi al di fuori dell’UE.
  • In Germania, la Ministra dell’Ambiente, Steffi Lemke, ha annunciato l’intenzione di limitare l’importazione di trofei di caccia da specie animali protette. Nel 2022, la Germania ha terminato la sua adesione all’International Council for Game and Wildlife Conservation, un gruppo a favore della caccia al trofeo, nel 2022.

FINE

Contatto: Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589

L’appello di HSI, LAV e Fur Free Alliance per “inaugurare” la settimana della moda di Milano

Humane Society International / Europa


HSI

REGGIO EMILIA—“Max Mara GO FUR-FREE!” è il messaggio lanciato dalle associazioni Humane Society International (HSI) e LAV e da tutti i membri della Fur Free Alliance alla casa di moda italiana Max Mara, con una spettacolare mongolfiera che ha sorvolato la sede centrale del Gruppo, a Reggio Emilia, in occasione della settimana della moda di Milano, inaugurata ieri. La sfilata di Max Mara è in programma per giovedì 22 febbraio, poi seguirà quella di Sportmax venerdì 23, nel mentre le proteste di associazioni in tutto il mondo stanno incitando Max Mara Fashion Group – di proprietà della famiglia Maramotti – ad eliminare le pellicce dalle collezioni di tutti i brand di proprietà e adottare una politica fur-free come hanno fatto già molti altri marchi e stilisti.

Questo stunt si inserisce all’interno delle attività della campagna globale #FurFreeMaxMara, lanciata dai 50+ membri della Fur Free Alliance, in occasione dell’attuale fashion month (9 febbraio – 3 marzo), per esortare tutti i marchi del Max Mara Fashion Group come Marina Rinaldi, Sportmax, Max&co., Pennyblack e altri oltre a Max Mara ad abbandonare l’uso di pellicce animali. Il Gruppo Max Mara, che conta oltre 2.500 negozi in 105 paesi, è uno degli ultimi grandi marchi ad impiegare la pelliccia. L’attuale gamma include articoli realizzati in volpe, cane procione e visone. Tra i prodotti con pelliccia di Max Mara si trovano polsini in pelliccia di volpe, un cappuccio rifinito in visone, un cappuccio rifinito in pelliccia di volpe, guanti in visone, un parka con rifiniture in pelliccia di volpe e un accessorio per borse in pelliccia di cane procione. Inoltre, le etichette dei prodotti rivelano che l’azienda utilizza pelliccia di visone di provenienza cinese e pelliccia di volpe e cane procione dalla Finlandia (paese dove, peraltro, sono già stati documentati oltre 70 focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità H5N1 proprio in allevamenti di animali da pelliccia).

Con la portata della Fur Free Alliance, presente tramite i suoi membri in 35 paesi, la campagna #FurFreeMaxMara è la più grande corporate campaign antipelliccia di tutti i tempi, con decine di migliaia di e-mail e chiamate ai telefoni dell’azienda e con azioni sia nei social media che presso i punti vendita dell’azienda. Per far giungere il messaggio a destinazione, HSI e LAV hanno optato per veicolarlo in maniera plateale e inequivocabile alla sede del marchio: con una mongolfiera di 25 metri di altezza e 20 di diametro.

“Se fino a ieri la famiglia Maramotti insieme al management di Max Mara Fashion Group non ha ascoltato la nostra richiesta di dialogo e confronto circa l’insostenibilità della produzione di pellicce, oggi non hanno certo potuto non vedere il nostro messaggio ‘Max Mara Go Fur-Free!’ arrivato dal cielo con una mongolfiera. Se l’azienda proseguirà ignorando il nostro invito, continueremo a coinvolgere migliaia di persone nel mondo sino all’ottenimento di una policy fur-free definitiva” – ha dichiarato Simone Pavesi, Responsabile LAV, Area Moda Animal Free.

Martina Pluda, direttrice per l’Italia di HSI ha detto: “È inconcepibile che il Max Mara Fashion Group abbia ignorato gli appelli di adesione al movimento fur-free per così tanto tempo, non ritenendo necessario allinearsi alle richieste e alle sensibilità dei moderni consumatori. Proporre una moda maggiormente etica non è solamente la cosa giusta da fare ma anche un imperativo in un contesto caratterizzato da moltissime innovazioni tessili e da competitor sempre più all’avanguardia. Auspichiamo che il nostro messaggio dal cielo sia arrivato!”

La maggior parte delle principali case di moda del mondo ha già eliminato la pelliccia dalle proprie collezioni. Tra queste Dolce & Gabbana, Saint Laurent, Valentino, Gucci, Versace, Alexander McQueen, Balenciaga e Jimmy Choo, oltre ai marchi storicamente contrari come Hugo Boss, Armani, Tommy Hilfiger, Stella McCartney e Vivienne Westwood. L’uso della pelliccia da parte di Max Mara rende il gruppo sempre più demodé.

Visoni, volpi e cani procione – tutte specie utilizzate dal Max Mara Fashion Group – trascorrono tutta la loro vita in gabbie di rete metallica anche nella pavimentazione, in condizioni di scaro benessere, privati della capacità di esprimere i propri comportamenti naturali, per poi essere uccisi tramite gas o elettrocuzione anale. La produzione di pellicce è anche devastante dal punto di vista ambientale e un rischio per la salute pubblica. Allevamenti e concerie sono estremamente dannosi per il suolo e i corsi d’acqua, poiché rifiuti e sostanze chimiche tossiche possono finire sversati nell’ambiente circostante. Inoltre, a confronto con altri materiali, la pelliccia ha le più alte emissioni di gas serra per chilogrammo. Ad esempio, l’impronta carbonica di 1kg di pelliccia di visone risulta 31 volte superiore a quella del cotone e 25 volte superiore al poliestere.

L’appello fur-free può essere rivolto da chiunque al gruppo Max Mara tramite questa pagina

Approfondimenti:
  • Decine di milioni di animali soffrono e muoiono ogni anno per mano dell’industria globale della pellicceria. La maggior parte di loro viene allevata in maniera intensiva.
  • I visoni di oltre 480 allevamenti in 13 Paesi sono risultati infetti da SARS-CoV-2 e si sono riscontrati focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità (H5N1) in allevamenti di visoni in Spagna e Finlandia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il potenziale di trasmissione e diffusione zoonotica negli allevamenti di animali da pelliccia.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è già vietato in 20 paesi europei, di cui 15 Stati Membri dell’UE: Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Serbia, Slovacchia e Slovenia. Svizzera e Germania hanno introdotto standard di benessere animale talmente rigidi da aver di fatto posto fine all’allevamento di animali per la produzione di pellicce nei paesi.

Foto e video (creare account per il download) dello stunt in mongolfiera

FINE

Contatto da stampa: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

Organizzazioni animaliste di tutto il mondo unite nell’appello rivolto a Max Mara

Humane Society International / Europa


Kristo Muurimaa/ Oikeutta Elaimille

MILANO—In vista delle settimane della moda di New York, Londra, Milano e Parigi, è stata lanciata la più grande campagna globale fur-free mai realizzata per esortare il gruppo di moda Max Mara a eliminare l’uso di pellicce dalle sue collezioni. La richiesta per l’adozione di una policy fur-free è rivolta a tutti i marchi del Max Mara Fashion Group come Marina Rinaldi, Sportmax, Max&co., Pennyblack e altri. A guidare la campagna sono le associazioni animaliste Humane Society International (HSI), Humane Society of the United States (HSUS) e le organizzazioni della Fur Free Alliance (FFA) presenti in più di 35 paesi. Le associazioni si rivolgono da oggi a tutti i loro sostenitori, nel mondo e in Europea, in particolar modo in Italia dove il gruppo Max Mara ha sede, per chiedere supporto nel rivolgere questo appello al marchio; tramite email, telefono e sui social, l’obbiettivo è di esortare, in maniera corale, Max Mara a cessare l’utilizzo della pelliccia animale perché crudele, anacronistica e fuori luogo nella società moderna.

Il Gruppo Max Mara, che conta oltre 2.500 negozi in 105 paesi, è uno degli ultimi grandi marchi ad impiegare la pelliccia. L’attuale gamma include articoli realizzati in volpe, cane procione e visone. Tra i prodotti con pelliccia di Max Mara si trovano polsini in pelliccia di volpe, un cappuccio rifinito in visone, un cappuccio rifinito in pelliccia di volpe, guanti in visone, un parka con rifiniture in pelliccia di volpe e un accessorio per borse in pelliccia di cane procione. Inoltre, le etichette dei prodotti rivelano che l’azienda utilizza pelliccia di visone di provenienza cinese e pelliccia di volpe e cane procione dalla Finlandia.

La maggior parte delle principali case di moda del mondo ha già eliminato la pelliccia dalle proprie collezioni. Tra queste Dolce & Gabbana, Saint Laurent, Valentino, Gucci, Versace, Alexander McQueen, Balenciaga e Jimmy Choo, oltre ai marchi storicamente contrari come Hugo Boss, Armani, Tommy Hilfiger, Stella McCartney e Vivienne Westwood. L’uso della pelliccia da parte di Max Mara rende il gruppo sempre più demodé.

PJ Smith, Director of fashion policy per HSUS e HSI, ha dichiarato: “Max Mara è uno degli ultimi grandi marchi della moda che continua a sostenere la tremenda industria della pellicceria, nonostante le prove della sua crudeltà nei confronti degli animali e della sua pericolosità per l’ambiente e per la salute pubblica. Proseguendo su questa strada, Max Mara è sempre più isolata in un mondo in cui la stragrande maggioranza dei consumatori trova la pelliccia oscena. Speriamo che Max Mara smetta di associarsi al business delle pellicce e invece decida di optare per una moda più etica e compassionevole.”

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di HSI/Europe, ha dichiarato: “Uno dei valori di Max Mara è ‘tradizione e innovazione’, un valore che il Gruppo incarnerebbe perfettamente con l’adozione di una politica fur-free e che si allineerebbe con le sensibilità moderne dei consumatori verso il benessere degli animali, la protezione dell’ambiente e la sostenibilità e con lo sviluppo di nuove e innovative tecnologie in ambito tessile. Un marchio come Max Mara, che è stato pioniere dell’imprenditoria del settore dal 1951, deve essere anche all’avanguardia dell’evoluzione della moda nel 2024.”

Visoni, volpi e cani procione – tutte specie utilizzate dal Max Mara Fashion Group – vengono allevati in gabbie piccole e spoglie per tutta la loro vita, privati della possibilità di esprimere i propri comportamenti naturali, per poi essere crudelmente uccisi per elettrocuzione o asfissia da gas e quindi scuoiati. La produzione di pellicce è anche devastante per l’ambiente e rappresenta un rischio per la salute pubblica. Secondo le ricerche peer-reviewed degli esperti di Foodsteps (commissionate da HSI), rispetto ad altri materiali, la pelliccia ha le più alte emissioni di gas serra per chilogrammo. L’impronta carbonica di 1kg di pelliccia di visone risulta 31 volte superiore a quella del cotone e 25 volte superiore al poliestere. Gli allevamenti di animali da pelliccia rappresentano, inoltre, il terreno ideale per la diffusione di malattie zoonotiche come il COVID-19 e l’influenza aviaria, con centinaia di focolai confermati negli allevamenti europei e nordamericani, negli ultimi anni. Tutto ciò risulta paradossale in un contesto in cui tessuti alternativi di alta qualità e rispettosi degli animali sono facilmente disponibili e adoperati dai competitor di Max Mara, come, ad esempio, KOBA® Fur Free Fur che incorpora ingredienti di origine vegetale e riciclati.

L’indagine sotto copertura più recente e più ampia sugli allevamenti di animali da pelliccia è stata condotta in sei paesi dell’UE tra cui la Finlandia, paese dal quale Max Mara attinge le sue pellicce di volpe e cane procione. Durante l’estate e l’autunno del 2023, investigatori indipendenti hanno condotto più di 100 accertamenti negli allevamenti, raccogliendo foto e video scioccanti. Sono stati documentati visoni, volpi e cani procione in condizioni di stabulazione orribili, casi di cannibalismo e automutilazione, animali feriti, malati, morti e moribondi, tra cui alcuni con arti, code o orecchie mancanti, gravi infezioni agli occhi, ferite infestate da larve.

L’appello fur-free può essere rivolto al gruppo Max Mara tramite questa pagina

Approfondimenti:
  • Decine di milioni di animali soffrono e muoiono ogni anno per mano dell’industria globale della pellicceria. La maggior parte di loro viene allevata in maniera intensiva.
  • I visoni di oltre 480 allevamenti in 13 Paesi sono risultati infetti da SARS-CoV-2 e si sono riscontrati focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità (H5N1) in allevamenti di visoni in Spagna e Finlandia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il potenziale di trasmissione e diffusione zoonotica negli allevamenti di animali da pelliccia.
  • L’allevamento di animali da pelliccia è già vietato in 20 paesi europei, di cui 15 Stati Membri dell’UE: Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Serbia, Slovacchia e Slovenia. Svizzera e Germania hanno introdotto standard di benessere animale talmente rigidi da aver di fatto posto fine all’allevamento di animali per la produzione di pellicce nei paesi.

Foto e video (creare account per il download) degli allevamenti di animali da pelliccia finlandesi; © Humane Society International.

Contatto: Martina Pluda: Direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

Humane Society International / Europa


Britta Jaschinski, co-founder of Photographers Against Wildlife Crime

BRUXELLES—Si tratta di un trionfo epocale per la conservazione della fauna selvatica e per il benessere animale quello realizzato ieri sera dal Parlamento belga che ha votato all’unanimità a favore della proposta di legge presentata da Zakia Khattabi, Ministro del Clima, dell’Ambiente, dello Sviluppo Sostenibile e del Green Deal, vietando così l’importazione di trofei di caccia provenienti da specie in pericolo di estinzione. Questa decisione, che arriva dopo quasi due anni dalla richiesta iniziale, effettuata tramite risoluzione, di un simile divieto da parte del Parlamento, aumenterà la tutela di specie animali quali leoni e rinoceronti.

L’approvazione della legge, sancita all’unanimità nella Camera dei Rappresentanti belga, rispecchia l’opinione di una larghissima maggioranza di cittadini belgi: secondo un sondaggio Ipsos del 2020 commissionato da Humane Society International/Europe, il 91% si è detto contrario alla caccia ai trofei e l’88% a favore di un divieto di importazione di qualsiasi trofeo di caccia.

Prima del divieto, il Belgio importava trofei di specie a rischio di estinzione come ippopotami, ghepardi e orsi polari. La nuova legge bloccherà l’importazione di trofei di caccia di molte specie attualmente minacciate di estinzione, o che potrebbero esserlo al persistere di attività venatorie e commerciali sregolate. Tutte le specie elencate nell’Allegato A del Regolamento europeo 338/97 sulla protezione delle specie di fauna e flora selvatiche, come giaguari, ghepardi, leopardi, zebre, scimpanzé, alcune specie di orsi bruni e l’elefante africano saranno protette dalla nuova legge, insieme a determinate specie dell’Allegato B dello stesso regolamento, tra le quali leoni africani, ippopotami, il rinoceronte bianco meridionale e pecore argali, anch’esse elencate nell’Allegato XIII del Regolamento (CE) n. 865/2006, che regola il commercio di flora e fauna selvatiche protette. La nuova legge supera la risoluzione del Parlamento del 2022, estendendo la protezione a un maggior numero di specie dell’Allegato B rispetto alle iniziali sei coperte dalla risoluzione.

Il deputato Kris Verduyckt (Vooruit, Socialisti fiamminghi), promotore della proposta legislativa, ha dichiarato: “Il nostro Paese sta finalmente vietando l’importazione di trofei di caccia di animali in pericolo di estinzione. La protezione di queste specie è incompatibile con l’importazione di trofei di caccia. Sono felice che la mia proposta legislativa sia ora incorporata nella nostra legislazione e spero che possa essere d’ispirazione per molti altri Paesi.”

Zakia Khattabi, Ministro del Clima, dell’Ambiente, dello Sviluppo sostenibile e del Green Deal, afferma: “Con l’approvazione del mio progetto di legge in plenaria questo giovedì, il Parlamento sta stabilendo una base legale per la risoluzione adottata all’unanimità il 24 marzo 2022. Era urgente e necessario proteggere queste specie minacciate e a rischio!”

Dopo aver sostenuto questa causa per anni e collaborato strettamente con i deputati belgi per ottenere il necessario sostegno parlamentare, Humane Society International/Europe plaude all’adozione di questa legge, che chiude con successo un complicato processo legislativo. L’organizzazione per la protezione degli animali ha lavorato per oltre due anni con i deputati belgi per garantire un divieto di importazione, ottenendo inizialmente una risoluzione parlamentare approvata all’unanimità nel 2022 che è poi diventata una proposta legislativa approvata dal Consiglio dei Ministri nel luglio 2023, prima dell’approvazione definitiva odierna.

“Oggi il Parlamento belga ha scritto una pagina di storia a favore degli animali, dimostrando il suo impegno costante e di sani principi contro l’uccisione insensata della fauna selvatica in pericolo”, ha dichiarato Ruud Tombrock, direttore esecutivo di HSI/Europe. “Con questa decisione, il Belgio si posiziona come leader nella protezione della biodiversità e delle specie a rischio. Siamo convinti che altri Paesi europei siano pronti a seguirne l’esempio e adottare una posizione ferma contro la caccia ai trofei, vietando l’importazione di tali “souvenir”. È giunto il momento di istituire un divieto a livello UE sull’importazione di trofei di caccia da specie in pericolo e protette, in linea con le opinioni dei cittadini degli Stati Membri dell’Unione Europea che condividono l’obiettivo di agire con cautela e protezione nei confronti degli animali e della biodiversità nonché per evitare la frammentazione del mercato unico dell’UE.”

Il divieto in Belgio invia un segnale positivo a sostegno dell’adozione di un divieto simile nella vicina Francia, dove una proposta di legge trasversale, bipartisan, è attualmente oggetto di dibattito all’Assemblea. Un simile divieto è stato proposto dalla deputata ecologista Sandra Regol con il sostegno di Corinne Vignon, presidente del Gruppo di Studio dell’Assemblea sulla Condizione e il Benessere degli Animali.

Prima della sua attuazione, la legge belga deve ricevere regia sanzione ed essere promulgata. Il testo sarà poi pubblicato sulla gazzetta ufficiale belga, il ‘Moniteur Belge’, entrando in vigore alla data specificata nel testo o, se non specificata, 10 giorni dopo la pubblicazione.

Anche in Italia, nell’attuale legislatura, sono state presentate due proposte di legge volte a vietare l’importazione, l’esportazione e la ri-esportazione, da e per l’Italia, di trofei di caccia ottenuti da animali appartenenti a specie protette dalla CITES (Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate di Estinzione). I testi sono attualmente assegnati alle rispettive Commissioni Giustizia alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica, in attesa di essere discusse.

Martina Pluda, Direttrice per l’Italia di Humane Society International/Europe, afferma: “È giunto il momento che anche il Governo italiano ascolti la voce dei cittadini e segua l’esempio di altri Stati Membri dell’UE, come il Belgio, che hanno preso una posizione chiara contro l’uccisione, l’oggettificazione e importazione di animali a rischio e in via di estinzione. Una proposta di legge per vietare l’importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia di animali appartenenti a specie protette è già stata presentata sia alla Camera dei Deputati sia al Senato della Repubblica. È cruciale accelerare il processo legislativo per dissociare l’Italia da questa pratica crudele e anacronistica, seguendo il percorso indicato dal Parlamento Europeo, che nel 2022 ha approvato una risoluzione a maggioranza, chiedendo agli Stati Membri di introdurre un divieto alle importazioni di trofei. È ora per l’Italia di schierarsi dalla parte della fauna selvatica e agire con responsabilità per tutelarla!”

Scarica le immagini di trofei di caccia e i materiali della campagna contro la caccia al trofeo

Approfondimento sulla caccia al trofeo:

  • La caccia al trofeo di specie in pericolo rappresenta una grave minaccia per la conservazione e per la tutela della biodiversità per le future generazioni. I cacciatori di trofei preferiscono uccidere gli animali più grandi e prestanti, la cui perdita può provocare il declino a cascata nelle popolazioni. Molte delle specie prese di mira, come gli elefanti africani, i rinoceronti e i leopardi, sono a rischio di estinzione e svolgono ruoli cruciali nel mantenimento di ecosistemi sani e della biodiversità.
  • Secondo un rapporto di HSI/Europe, l’UE è il secondo maggiore importatore di trofei di caccia dopo gli Stati Uniti, con una media di 3.000 trofei importati nel periodo tra il 2014 e il 2018. L’UE è stato anche il principale importatore di trofei di ghepardo, con 297 trofei di questa specie importati nell’UE tra il 2014 e il 2018. Le cinque specie principali importate nell’UE come trofei sono state: zebra di Hartmann (3.119), babbuino chacma (1.751), orso nero americano (1.415), orso bruno (1.056) ed elefante africano (952).
  • Il Belgio è il tredicesimo maggior importatore di trofei di caccia di specie protette a livello internazionale in Europa.
  • Nel maggio 2016, i Paesi Bassi hanno istituito un divieto all’importazione di trofei di caccia per oltre 200 specie elencate nell’Allegato A del Regolamento europeo 338/97 sulla protezione delle specie della fauna e flora selvatiche, nonché specie in pericolo di estinzione. Il divieto di importazione si applica anche alle seguenti specie dell’Allegato B: rinoceronte bianco, ippopotamo, muflone (pecora selvatica del Caucaso), leone e orso polare. Il divieto di rilascio di permessi di importazione coinvolge complessivamente 200 specie animali.
  • La Francia ha implementato un divieto all’importazione di trofei di caccia di leone nel 2015. Nel 2023, una proposta di legge volta a “fermare il rilascio di permessi di importazione per trofei di caccia di alcune specie in via di estinzione” è stata presentata.
  • Le importazioni di trofei di caccia in Finlandia sono state limitate nel giugno 2023. La nuova Legge sulla Conservazione della Natura include una disposizione che vieta l’importazione di singoli animali o delle loro parti per le specie più minacciate al mondo, minacciate dal commercio internazionale come trofei provenienti da paesi al di fuori dell’UE.
  • In Germania, la Ministra dell’Ambiente, Steffi Lemke (Verdi), ha annunciato l’intenzione di limitare l’importazione di trofei di caccia da specie animali protette. Nel 2022, la Germania ha terminato la sua adesione all’International Council for Game and Wildlife Conservation , un gruppo a favore della caccia al trofeo, nel 2022.
  • In Italia nel 2022, è stata presentata una proposta di legge volta a vietare l’importazione, l’esportazione e la ri-esportazione, da e per l’Italia, di trofei di caccia ottenuti da animali protetti dalla CITES. Dopo la caduta del Governo e le elezioni nel 2022, la stessa proposta di legge è stata nuovamente presentata in entrambi i rami del Parlamento, alla Camera e al Senato.

FINE

Contatto: Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589

“È un momento storico che non pensavo avrei testimoniato nel corso della mia vita” afferma JungAh Chae, direttrice di Humane Society International/Corea

Humane Society International / Europa


Jean Chung

SEUL—Oggi, con un voto dell’Assemblea Nazionale della Corea del Sud, è stato messo al bando il business della carne di cane. Un evento definito “storico” dagli attivisti di Humane Society International/Corea. Nel Paese, fino a un milione di cani vengono allevati e uccisi ogni anno per il consumo umano. Il divieto, che entrerà in vigore tra sei mesi con un periodo di transizione di tre anni, renderà illegali l’allevamento, l’uccisione e la vendita di cani e carne di cane per il consumo umano a partire dal 2027, con sanzioni fino a tre anni di reclusione o una multa fino a 30 milioni di won sudcoreani (KRW).*

Questa notizia giunge in un contesto di forte sostegno pubblico e politico. Attualmente si registrano oltre sei milioni di cani domestici nelle case coreane e la domanda di carne di cane è ai minimi storici. Un sondaggio d’opinione realizzato da Nielsen Korea del 2023 ha rivelato che l’86% dei sudcoreani non intende mangiare carne di cane in futuro e il 57% è a favore di un divieto.

JungAh Chae, Direttrice di Humane Society International/Corea, che ha strenuamente promosso l’introduzione di un divieto, ha accolto favorevolmente la notizia dichiarando: “Si sta scrivendo una pagina di storia. Non avrei mai pensato di testimoniare nel corso della mia vita l’introduzione di un divieto all’atroce industria della carne di cane in Corea del Sud. Questa vittoria storica per gli animali è la testimonianza della passione e della determinazione del movimento animalista. Abbiamo raggiunto un punto di svolta: la maggior parte dei cittadini coreani si rifiuta di mangiare cani e vuole vedere questa sofferenza relegata nel passato. Oggi i nostri legislatori hanno agito con decisione per rendere tutto ciò realtà. Anche se il mio cuore si spezza per i milioni di cani per i quali questo cambio di passo è giunto troppo tardi, sono felicissima che la Corea del Sud possa finalmente chiudere questo capitolo miserabile della propria storia e abbracciare un futuro amico dei cani.”

Le misure adottate prevedono anche la possibilità per allevatori di cani, operatori di macelli e proprietari di ristoranti di presentare domanda di risarcimento e, qualora accolta, di ricevere supporto governativo per la transizione o la chiusura di queste attività, similarmente al programma “Models for Change” di HSI/Corea. Dal 2015, Humane Society International ha infatti aiutato 18 allevatori di cani, in tutta la Corea del Sud, a passare a fonti di reddito alternative come la coltivazione di ortaggi (peperoncini e prezzemolo) o la fornitura di acqua.

HSI/Corea esorta il Governo a utilizzare il periodo di transizione di tre anni per collaborare con organizzazioni per la protezione degli animali, compresa HSI/Corea, per salvare il maggior numero possibile di cani, in uno sforzo coordinato, promosso dallo Stato.

Kitty Block e Jeff Flocken, rispettivamente Amministratrice Delegata e Presidente di Humane Society International, affermano congiuntamente: “Questa è davvero una giornata storica per la nostra campagna e gli sforzi per porre fine agli orrori dell’industria della carne di cane in Corea del Sud – una che speravamo di vedere da molto tempo. Avendo visitato numerosi allevamenti di cani da carne, conosciamo bene le sofferenze e le privazioni che questi poveri animali devono subire per un business che è finalmente costretto a chiudere la serranda. Questo divieto segna la fine dell’allevamento e della vendita di carne di cane in Corea del Sud e siamo pronti a contribuire con la nostra esperienza fino a quando ogni gabbia sarà vuota.”

La Corea del Sud si unisce a una crescente lista di paesi e territori dell’Asia che hanno vietato (con diversa applicazione) il commercio di carne di cane, tra cui Hong Kong, Taiwan, le Filippine, l’India, la Thailandia e Singapore, oltre alle città di Shenzhen e Zhuhai nella Cina continentale, la provincia di Siem Reap in Cambogia e 45 città, reggenze e province dell’Indonesia.

Foto e video del programma di chiusura degli allevamenti di cani da carne di HSI/Corea in azione (creare account per il download).

*La normativa prevede una pena fino a 2 anni di reclusione o una multa fino a 20 milioni di KRW per l’allevamento e la vendita di cani a scopo alimentare e fino a 3 anni di reclusione o una multa fino a 30 milioni di KRW per l’uccisione di cani per il consumo umano.

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885SE

Il proprietario ha deciso di abbandonare l’attività per dedicarsi alla gestione di un negozio di alimentari; gli animali superstiti sono stati portati in un rifugio per essere curati e in seguito adottati localmente

Humane Society International / Europa


Chau Doan/AP Images for HSI

THAI NGUYEN, Vietnam—Venti gatti e gattini, alcuni non ancora svezzati, che stavano per essere affogati in un macello di Thai Nguyen, in Vietnam, hanno avuto una seconda possibilità di vita dopo che il proprietario ha chiesto aiuto alla squadra locale di Humane Society International per chiudere definitivamente la sua attività. Il trentasettenne Pham Quoc Doanh ha gestito il suo ristorante e macello di carne di gatto per cinque anni, annegando fino a 300 gatti al mese da servire ai clienti come piatto chiamato “thịt mèo” (carne di gatto) e “tiểu hổ” o “piccola tigre”. Il rammarico per l’uccisione degli animali, e in particolare la consapevolezza che molti erano animali domestici rubati, lo ha portato a decidere di uscire definitivamente dal commercio.

La chiusura dell’attività del signor Doanh e il salvataggio dei gatti fanno parte del programma “Models for Change” di Humane Society International (HSI), lanciato l’anno scorso in Vietnam dopo aver operato con successo in Corea del Sud dal 2015. Il programma ha finora chiuso due macelli/ristoranti per cani e un macello/ristorante per gatti a Thai Nguyen.

Il signor Doanh ha dichiarato: “Da un po’ di tempo sento il sincero desiderio di abbandonare il crudele business della carne di gatto e passare a qualcos’altro il prima possibile. Se penso a tutte le migliaia di gatti che ho macellato e servito qui nel corso degli anni, è sconvolgente. Il furto di gatti è così comune in Vietnam che so che molti dei gatti venduti qui erano gli amati compagni familiari di qualcuno, e mi dispiace molto per questo. Mi rende felice sapere che, grazie a HSI, mia moglie ed io possiamo lasciarci alle spalle il commercio di carne di gatto e ricominciare da capo, continuando a servire la comunità locale senza più far parte di questo commercio brutale e alimentato dalla criminalità. Voglio che il commercio di carne di cane e di gatto sia vietato in Vietnam”.

Grazie a una sovvenzione una tantum fornita da HSI, il signor Doanh sta avviando un negozio di alimentari. Come parte dell’accordo, ha consegnato a HSI i restanti venti gatti e gattini del suo mattatoio, in modo che potessero essere salvati e dati in adozione a livello locale. I soccorritori di HSI hanno messo in salvo i gatti traumatizzati l’ultimo giorno di attività del macello e hanno assistito all’abbattimento dell’insegna “carne di gatto” del ristorante, simbolo della sua uscita dal commercio di carne di gatto.

Quang Nguyen, Responsabile del programma vietnamita di Humane Society International per gli animali da compagnia ha dichiarato: “Siamo entusiasti della prima chiusura di una attività di commercio di carne di gatto che abbiamo operato in Vietnam e speriamo che sia la prima di molte altre, dato che sempre più persone come il signor Doanh si allontanano da questo commercio crudele. Sebbene la maggior parte dei vietnamiti non mangi carne di gatto, persiste la credenza che il consumo possa curare la sfortuna, e l’entità delle sofferenze è sorprendente. Questi venti gatti e gattini fortunati sono sfuggiti a un destino terribile e troveranno una casa amorevole, ma il nostro lavoro continua per vedere implementato, a livello nazionale, un divieto al commercio di carne di gatto, attività che porta dolore e angoscia a così tante persone”.

Si stima che in Vietnam vengano uccisi il consumo umano circa un milione di gatti all’anno, tutti animali domestici rubati o randagi strappati dalle strade. I commercianti usano esche alimentari per attirare i gatti in trappole a molla fatte in casa. I sondaggi mostrano che ben l’87% delle persone ha subito il furto di un animale domestico o ha un conoscente a cui è stato rubato. In Vietnam, il furto di animali domestici sta diventando un problema sociale crescente., con una popolazione sempre più amante degli animali e proprietaria di animali domestici, frustrata dalla mancanza di forze dell’ordine che proteggano i loro animali da ladri e commercianti senza scrupoli. Oltre al furto di animali domestici, sono stati segnalati anche camion carichi di gatti vivi e macellati che attraversano il confine con la Cina. I gatti (e i cani) vengono spesso trasportati per distanze incredibili attraverso il Vietnam, persino nella stiva degli autobus passeggeri, spesso viaggiando per più di 24 ore senza pause, cibo o acqua, in condizioni soffocanti; molti muoiono durante il viaggio.

Un recente sondaggio d’opinione realizzato da Nielsen* (ottobre 2023) e commissionato da HSI, rivela che la carne di gatto è consumata da una relativa minoranza della popolazione vietnamita (21%), mentre la maggioranza (71%) è favorevole a un divieto al consumo e al commercio di carne di gatto. I motivi principali per cui non si consuma carne di cane e gatto sono la convinzione che si tratti di animali da compagnia e l’avversione per la crudeltà sugli animali.

Tutti i gatti salvati dal macello del signor Doanh sono stati portati in un rifugio realizzato ad hoc presso l’Università di Scienze Agrarie e Forestali di Thai Nguyen, dove sono stati vaccinati contro la rabbia e riceveranno cure veterinaria prima di essere resi disponibili per l’adozione localmente.

Fatti relativi al commercio di carne di gatto

  • I piatti a base di carne di gatto sono particolarmente diffusi nella capitale Hanoi e nella provincia settentrionale di Thai Binh.
  • Nel 2018, nove casse frigo contenenti quasi una tonnellata di gatti congelati è stata intercettata tra la provincia di Dong Nai, nel sud, e quella di Thai Binh, nel nord.
  • Nel 1998, il Primo Ministro ha emanato una direttiva che vietava la caccia, la macellazione e il consumo di gatti nel tentativo di incoraggiare il possesso di gatti come animali da compagnia, anche per tenere sotto controllo la popolazione di ratti. Tuttavia, non è stata intrapresa alcuna azione per combattere il commercio e la direttiva è stata abrogata nel 2020.

Video e foto dell’operazione di chiusura del mattatoio possono essere scaricate QUI

*Il sondaggio online di Nielsen sui cittadini vietnamiti è stato condotto nel settembre 2023 su un campione di 800 persone di età compresa tra i 25 e i 60 anni.

FINE

Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia: mpluda@hsi.org; 3714120885

 

Humane Society International


HSI

ROMA—Il  vettore di riferimento italiano ITA Airways, annuncia con orgoglio l’adesione alla campagna dell’Organizzazione internazionale per la protezione degli animali Humane Society International/Europe #NotInMyWorld e adotta una nuova policy aziendale che vieta il trasporto di trofei di caccia su tutti i voli della Compagnia, sia come cargo, sia come bagaglio al seguito dei passeggeri.  Si tratta di un’importante testimonianza dell’impegno dell’azienda per la conservazione della fauna selvatica, nonché di un contributo significativo per porre fine alla caccia al trofeo e per coltivare pratiche aziendali che riconoscono la responsabilità della comunità mondiale per la protezione della biodiversità.

Centinaia di migliaia di animali in tutto il mondo, inclusi quelli appartenenti a specie minacciate e in via di estinzione, vengono uccisi dai cacciatori di trofei per divertimento e vanto, contribuendo al declino delle loro popolazioni, a indebolire gli sforzi per la loro conservazione e alla diffusione di pratiche eticamente discutibili. A differenza della caccia di sussistenza, la motivazione principale di chi pratica questa attività è quella di uccidere animali considerati rari o particolarmente ambiti per le loro caratteristiche fisiche (criniera folta, zanne lunghe, dimensione, ecc.) per competizione e divertimento e trasformarli in oggetti da esporre come trofei, a testimonianza del successo ottenuto durante la caccia. Considerando che un numero significativo di cacciatori di trofei prenota viaggi venatori all’estero con l’intenzione di portarsi a casa questi macabri souvenir, il settore dei trasporti svolge un ruolo chiave nel facilitare questa industria eticamente discutibile e dannosa.

A livello nazionale, l’impegno di ITA Airways assume particolare rilevanza poiché l’Italia è tra i principali importatori in Europa. Tra il 2014 e il 2021, infatti sono stati importati 442 trofei di caccia provenienti da mammiferi protetti dalla Convezione sul commercio internazionale di specie della fauna e della flora in via di estinzione , tra cui ippopotami, rinoceronti, elefanti e leoni. Questi dati rivelano il coinvolgimento attivo del Paese nell’industria della caccia al trofeo, nonostante, secondo un sondaggio, l’86% degli italiani si opponga a questa pratica e il 74% sia a favore di un divieto di importazione dei trofei di caccia a livello legislativo.

Con l’adesione alla campagna, ITA Airways ha adottato una serie di misure tra cui:

  • Aggiunta dei trofei di caccia alla lista degli oggetti vietati:
  • ITA Airways ha ampliato la lista di oggetti vietati per il trasporto sia nei bagagli dei passeggeri, sia come cargo, includendo espressamente i trofei di caccia. Questa chiara proibizione garantisce che tali oggetti non siano accettati a bordo dei voli di ITA Airways.
  • Pubblicazione online della policy: La policy in materia di trofei di caccia è stata pubblicata sul sito web ufficiale di ITA Airways, offrendo trasparenza e accessibilità alle nuove direttive. Questo passo riflette l’impegno dell’azienda per una comunicazione aperta e responsabile.
  • Aggiornamento dei manuali operativi per le procedure di cargo e quelle di terra: ITA Airways ha rivisto e aggiornato i propri manuali operativi, assicurandosi che le nuove disposizioni in materia di trofei di caccia siano pienamente integrate nelle procedure di cargo e nelle operazioni di terra.
  • Diffusione della policy a personale, hub e fornitori: Le nuove misure sono state diffuse a tutti i livelli dell’azienda, compreso il personale di volo e di terra, nonché i fornitori e gli hub in cui la compagnia aerea opera. Questa diffusione garantisce la piena comprensione e adesione alle nuove disposizioni in materia di trofei di caccia.

Giovanna Di Vito, Chief Program Office, ESG & Customer Operations di ITA Airways sottolinea: “Il nostro convinto sostegno alla campagna di Humane Society International/Europe per fermare le importazioni di trofei di caccia in Italia e in Europa, riflette l’impegno costante di ITA Airways a favore del pianeta, del nostro Paese, delle comunità. La nuova policy della Compagnia, che formalizza il divieto di trasporto dei trofei di caccia sui propri voli, è un’azione concreta, il nostro contributo alla tutela della fauna selvatica e alla promozione di tale tutela. Riteniamo infatti che le aziende abbiano un ruolo fondamentale nel sostenere e diffondere le pratiche etiche che rappresentano un progresso effettivo verso un futuro più responsabile e sostenibile.”

Martina Pluda, Direttrice di Humane Society International/Europe in Italia, afferma: “L’adesione alla nostra campagna e la nuova policy aziendale di ITA Airways rappresentano un contributo altamente significativo all’obiettivo di porre fine alla crudele pratica della caccia al trofeo. Anche le aziende, infatti, svolgono un ruolo importante nell’azione collettiva necessaria per proteggere la fauna selvatica minacciata a livello globale. Con la campagna #NotInMyWorld di Humane Society International/Europe, continuiamo a rafforzare il nostro impegno per la salvaguardia delle specie in via di estinzione affinché divieti di importazione, esportazione e ri-esportazione dei trofei di caccia provenienti da animali protetti vengano introdotti in Italia e in Europa.”

Oltre a ITA Airways, sono sempre di più le compagnie aeree, gli operatori di cargo e le aziende del settore dei trasporti in tutto il mondo che hanno adottato politiche aziendali contro il trasporto di trofei di caccia. Consultare hsi.org/trophy-free-transport per una panoramica di tutte le aziende di trasporto impegnate.

Le informazioni sulla policy di ITA Airways sono disponibili

FINE

Per informazioni alla stampa:

  • Contatto HSI/Europe: Eva-Maria Heinen, Communications & PR Manager Italia/Germania: emheinen@hsi.org; 3338608589
  • Contatto ITA Airways: Pietro Caldaroni, Head of Communication and Institutional Relations; media@ita-airways.com

Courteney Cox, Ricky Gervais, Andie McDowell si uniscono ai vip indonesiani Bubah Alfian, Cinta Laura Kiehl, D.J Bryant, Davina Veronica, Luna Maya, Prilly Latuconsia per sostenere la fine della brutale attività

Humane Society International / Italia


HSI

JAKARTA, Indonesia—Più di 30 star del mondo del cinema, della moda e della musica – tra cui Billie Eilish, Charlize Theron, Clint Eastwood, Kim Basinger, Courteney Cox, Ricky Gervais, Andie McDowell, Jeff Bridges e Zooey Deschanel – hanno chiesto al Presidente Joko Widodo, in una lettera congiunta, di porre fine al brutale commercio di carne di cane e di gatto in Indonesia, dopo il salvataggio di animali disperati da uno dei mercati più noti del Paese, il “Tomohon Extreme Market”.

 

Più di 130mila cani e innumerevoli gatti vengono macellati ogni anno nei mercati pubblici dell’isola indonesiana di Sulawesi. Lo scorso luglio Caroll Senduk, sindaco della città di Tomohon, ha collaborato con le associazioni animaliste Humane Society International (HSI) e Animal Friends Manado Indonesia (AFMI) per mettere fine definitivamente alla vendita e alla macellazione di cani e gatti destinati al consumo umano nel noto mercato. Le due no-profit hanno inoltre salvato gli animali trovati ancora vivi nel mattatoio del mercato.

Nella lettera al presidente, le star, tra cui Dame Judi Dench, Alicia Silverstone, Alfie Boe OBE, Leona Lewis, Daisy Fuentes, Eddie Vedder, Goran Visnjic, Kristin Bauer e altri, hanno elogiato “quei leader in tutta l’Indonesia che hanno agito per sradicare il commercio di carne di cane e di gatto nelle loro giurisdizioni, salvando decine di migliaia di cani e gatti ogni mese da questo commercio crudele e pericoloso”. Attualmente sono 28 le città e le reggenze che hanno approvato direttive e regolamenti che vietano il commercio, oltre alla Regione Capitale Speciale di Giacarta e all’azione innovativa e progressiva intrapresa a luglio dalla città di Tomohon, che ha posto fine alla vendita e alla macellazione di cani e gatti, e della loro carne, nel mercato più malfamato della nazione – il Tomohon Extreme Market”.

La lettera si conclude esortando il premier a garantire “l’introduzione di un divieto a livello nazionale, in modo da poter presto celebrare un’Indonesia veramente libera dalla carne di cani e gatti”.

La lettera, firmata anche da alcune delle più grandi star indonesiane, tra cui Bubah Alfian, Cinta Laura Kiehl, D.J Bryant, Davina Veronica, Luna Maya e Prilly Latuconsia, ha riconosciuto il fatto che la maggior parte della popolazione indonesiana è favorevole al divieto. Le star hanno scritto: “Ci schieriamo con la stragrande maggioranza dei cittadini indonesiani e dei visitatori internazionali che si oppongono al commercio di carne di cane e di gatto e credono nella protezione degli animali dalla crudeltà e dallo sfruttamento; e plaudiamo ai leader che hanno preso provvedimenti per dare priorità alla salute e alla sicurezza dei loro cittadini”.

La lettera arriva in seguito alla notizia del divieto di commercio di carne di cane e gatto ottenuto al mercato di Tomohon da HSI e AFMI e del salvataggio degli ultimi 25 cani e tre gatti trovati vivi nei macelli che approvvigionavano il mercato. Tutti e sei i commercianti di cani e gatti che rifornivano e lavoravano al mercato hanno firmato un accordo storico, che a sua volta ha interrotto la vasta rete di ladri e trafficanti di animali coinvolti nel loro trasporto su lunghe distanze.

Le crudeltà sugli animali al mercato di Tomohon sono state documentate nel corso di diversi anni, mostrando cani e gatti vivi che si rannicchiavano e tremavano mentre i commercianti li tiravano fuori uno a uno dalla gabbia per colpirli ripetutamente alla testa e con la fiamma ossidrica per rimuovere la loro pelliccia, a volte mentre erano ancora coscienti. Di recente, a marzo e luglio di quest’anno, Humane Society International ha girato alcuni filmati sconvolgenti al mercato di Tomohon, tra cui file di carcasse di cani e gatti bruciati con la fiamma ossidrica esposte sulle bancarelle del mercato.

Lola Webber, Direttrice delle campagne di HSI per porre fine al commercio di carne di cane, ha dichiarato: “Siamo molto grati a queste star indonesiane e mondiali che usano la loro voce per parlare dei milioni di cani e gatti che subiscono gli abusi più orribili per il commercio di carne. Ci uniamo a loro nel lodare i leader indonesiani che lavorano con noi per porre fine a questa crudeltà e nel sollecitare il presidente Widodo a introdurre un divieto a livello nazionale”.

Frank Delano di AFMI ha dichiarato: “Il commercio di carne di cane e di gatto non è solo oscenamente crudele, ma mette anche a rischio la salute pubblica a causa della diffusione del virus mortale della rabbia durante la macellazione e il consumo dei cani. Vedere queste celebrità schierarsi con la maggioranza dei cittadini indonesiani nel chiedere la fine di questo miserabile commercio è davvero incoraggiante”.

Karin Franken di Jakarta Animal Aid Network, membro fondatore della coalizione DMFI, ha dichiarato: “L’Indonesia è una destinazione turistica in voga tra i viaggiatori provenienti da Stati Uniti, Australia, Regno Unito ed Europa: le celebrità che hanno firmato questa lettera rappresentano la comunità internazionale e nazionale che vuole vedere un’Indonesia libera dalla carne di cane e gatto. Questi poveri animali hanno sopportato abbastanza. Ci auguriamo che il presidente Widodo e i leader provinciali agiscano per liberare l’Indonesia dalla piaga di questo commercio crudele e pericoloso che infanga la nostra reputazione in tutto il mondo”.

Leggi la lettera

Scarica video/foto del salvataggio di HSI degli ultimi cani e gatti dal mercato di Tomohon (creare account per il dowload)

Scarica video/foto del commercio di carne di cane al mercato di Tomohon (creare account per il download):

FINE

Contatto: Martina Pluda, direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

Per HSI/Korea urge una rapida azione legislativa per “chiudere questo triste capitolo nella storia della Corea e abbracciare un futuro più etico per i cani”

Humane Society International / Europa


HSI

SEOUL—In un annuncio storico, il Governo della Corea del Sud ha dichiarato che entro la fine dell’anno in corso presenterà una proposta di legge per vietare l’industria della carne di cane, che vede fino a un milione di cani allevati e uccisi per il consumo umano ogni anno. In un incontro tenutosi oggi a Seoul tra il Ministero dell’Agricoltura, dell’Alimentazione e degli Affari Rurali, rappresentanti del partito esecutivo e gruppi animalisti coreani, tra cui Humane Society International/Korea (HSI/Korea), è stata annunciata una proposta di legge che, dalla data della sua approvazione, prevederà un periodo di transizione di tre anni. Ciò significa che il divieto entrerà in vigore nel 2027.

La proposta prevede anche compensazioni per aiutare gli allevatori, i commercianti, i macellai e i proprietari di ristoranti specializzati in carne di cane, legalmente registrati, a chiudere le poprie attività o a passare ad occupazioni alternative. Questa misura si ispira al programma “Models for Change” di HSI/Korea che dal 2015 ha lavorato con 18 allevatori di cani, in tutto il Paese, e ha permesso loro di passare alla coltivazione di piante e ortaggi, fornendo acqua e altri mezzi di sostentamento.

Questa notizia giunge a seguito di una crescente pressione pubblica e politica a favore di un divieto, che ha visto anche l’introduzione di cinque proposte di legge da parte dei membri dell’Assemblea Nazionale. La notizia è accolta con favore da HSI/Korea, uno dei principali gruppi animalisti che si batte per porre fine alla carne di cane in tutto il Paese.

JungAh Chae, Direttrice di Humane Society International/Korea, presente all’incontro con il Ministero, afferma: “La notizia che il Governo della Corea del Sud è finalmente deciso a vietare l’industria della carne di cane è come un sogno che si avvera per tutti noi che abbiamo lavorato instancabilmente per porre fine a questa crudeltà. La società coreana ha raggiunto un punto di svolta in cui la maggior parte delle persone ora rifiuta di mangiare cani e vuole vedere questa sofferenza relegata ai libri di storia. Con così tanti cani che soffrono inutilmente per una carne che quasi nessuno mangia, la proposta di legge del Governo offre un piano audace che ora deve essere urgentemente approvato dall’Assemblea, in modo che un divieto legislativo possa essere approvato il prima possibile per aiutare la Corea del Sud a chiudere questo triste capitolo della nostra storia e abbracciare un futuro più etico per i cani”.

Con l’acquisizione di maggiore consapevolezza in merito al benessere animale e con l’aumento dei numeri di cani domestici nelle case sudcoreane, che oggi sono oltre sei milioni, la domanda di carne di cane è diminuita. Gli ultimi sondaggi d’opinione, realizzati da Nielsen Korea su commissione di HSI/Korea, rivelano che l’86% dei sudcoreani non intende mangiare carne di cane in futuro e il 57% sostiene un divieto.

Humane Society International (HSI) riconosce che un breve periodo di transizione è inevitabile per lo smantellamento di questo commercio e per permettere agli attori coinvolti, dagli allevatori ai commercianti, di avviare altre attività. Tuttavia, HSI esorta il Governo a utilizzare questo periodo per collaborare con organizzazioni di protezione animale, come HSI/Korea, per salvare il maggior numero possibile di cani, in uno sforzo coordinato, sostenuto dallo Stato.

Il programma “Models for Change” di HSI/Korea ha permesso di salvare più di 2.700 cani in tutta la Corea del Sud e trovare loro famiglie adottive negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e in piccola parte in Corea del Sud. La maggior parte degli allevatori con cui HSI/Korea ha lavorato sperimenta crescenti pressioni sociali, familiari e finanziarie per abbandonare l’allevamento di cani.

Kitty Block e Jeff Flocken, rispettivamente Amministratrice Delegata e Presidente di Humane Society International, rilasciano una dichiarazione congiunta, affermando: “Questo è un giorno storico per la nostra campagna contro gli orrori dell’industria della carne di cane in Corea del Sud. Da molto tempo speravamo arrivasse. Avendo visitato allevamenti di cani destinati al consumo umano e visto in azione il programma ‘Models for Change’ di HSI/Korea, conosciamo troppo bene la sofferenza e la privazione che questi animali subiscono per un’industria il cui tempo è ora fortunatamente giunto al termine. Questo è l’inizio della fine dell’allevamento di cani per la loro carne in Corea del Sud. HSI è pronta a contribuire con la propria esperienza fino a quando ogni gabbia sarà vuota.”

Dati sulla carne di cane:

  • Anche se la maggior parte delle persone in Corea del Sud non mangia carne di cane, la convinzione che la zuppa di cane (bosintang) rinfreschi e rinvigorisca il corpo durante la calura estiva, in particolare durante il periodo del Bok Nal tra luglio e agosto, è ancora diffusa, soprattutto tra le generazioni più vecchie.
  • La maggior parte dei cani macellati per la loro carne in Corea del Sud viene uccisa per elettrocuzione; alcuni per impiccagione.
  • La carne di cane è vietata a Hong Kong, Singapore, Taiwan, in Thailandia, nelle Filippine, nonché nelle città cinesi di Shenzhen e Zhuhai, nella provincia di Siem Reap in Cambogia, in 32 città e reggenze indonesiane e nella provincia di Giacarta, in Indonesia.
  • Nonostante tutti questi divieti, si stima che ogni anno ancora 30 milioni di cani vengano uccisi per la loro carne in Asia.

Foto e video del lavoro di HSI/Korea (creare account per il download):

Petizione per mettere fine al crudele commercio di cani e gatti allevati per la loro carne in Asia

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Contatto: Martina Pluda, Direttrice per l’Italia, mpluda@hsi.org; 3714120885

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